CALLO (dal lat. callun; fr. durillon; sp. callo; ted. Schwiele; ingl. corn; volgarmente occhio pollino) o tiloma (dal gr. τύλος "callo")
Ispessimento superficiale e circoscritto della pelle, di colore gialliccio semitrasparente, più o meno convesso, dovuto all'ammassamento e stratificazione dell'epidermide cornea. Si forma là dove la pelle è lungamente sottoposta a pressioni, ad attriti, quindi soprattutto sui piedi a cagione di calzature improprie e sulle mani spesso in modo caratteristico nelle diverse professioni manuali. In alcuni casi l'ispessimento è assai diffuso; talvolta è esteso a tutta la superficie palmare o plantare e in questi casi si deve pensare che una disposizione speciale del soggetto entri in prima linea nel determinarsi della lesione giacché la pressione fisiologica abituale portata sulle parti è già sufficiente a procurare le lesioni: è probabile anzi che in certi casi il fattore esterno non abbia veramente alcuna parte. Questa forma morbosa è nota col nome di cheratodermia (v.).
Il callo talora s'irrita, s'infiamma e suppura, complicandosi a linfangiti e a flemmoni. Per curare i calli è utile provocarne la macerazione, con bagni caldi, quindi procedere alla loro estirpazione mediante speciale coltello chirurgico, previa disinfezione contro gravi e talora anche mortali infezioni. Il rammollimento della massa callosa si ottiene anche molto bene con l'acido salicilico solo o unito con l'acido lattico, dandogli come eccipiente il collodion o la traumaticina: la proporzione della sostanza attiva all'eccipiente è di 1:10. L'azione di queste sostanze, prolungata per alcuni giorni, rende assai facile il distacco delle masse cornee dalla pelle.
Callo osseo (f. cal; sp. callo; ted. Knochennarbe, Knochencallus; ingl. callus). - Si chiama così il tessuto di cicatrice che si forma tra i monconi o margini di frattura di un osso e al quale si deve la saldatura, più o meno valida, dei frammenti. Si manifesta come un ingrossamento nodoso o fusiforme che sovrasta alla linea di frattura; quando è giovane è di colore rossastro, poi diviene bianco gialliccio, simile all'osso compatto.
Se ne comprende bene lo sviluppo seguendo i fenomeni di riparazione nelle condizioni più semplici, p. es. nella frattura a metà altezza di un osso lungo (omero, femore), a limiti netti, senza dislocazione dei frammenti, senza interposizione fra essi di altri tessuti (tendini, muscoli) e indipendentemente da altre condizioni patologiche preesistenti (rachitide, sifilide, osteoporosi, tumori, ecc.), o complicanti il trauma (infezioni). In seguito alla frattura si versa il sangue dai vasi del periostio, del midollo, dell'osso; la frattura e l'infiltrazione emorragica scollano il periostio e spappolano il midollo. I margini dei monconi ossei si necrotizzano in superficie per il grave disturbo della nutrizione prodotto dalla discontinuità delle parti e dall'imbibizione sanguigna. Affinché la breccia ossea possa essere colmata da osso nuovo, bisogna che sia eliminato il coagulo sanguigno fra i monconi e riassorbito l'orlo osseo caduto in necrosi, in modo che possano affrontarsi le superficie vive. Questo compito spetta alla reazione dei tessuti limitrofi alla linea di frattura, che si congestionano, divengono succulenti, si arricchiscono di nuovi vasi sanguigni e provvedono con i loro elementi cellulari mobilizzati, insieme con speciali cellule necrofore del sangue, a eliminare, fluidificandoli, il cruore e l'osso morto. Questi fatti si svolgono generalmente durante la prima settimana e sono la causa della tumefazione e del vivo dolore alla pressione o al movimento dell'arto leso. Eliminate le scorie morte, s'inizia un efficace lavoro di riparazione che procede dal periostio, dagli elementi vivi dell'osso sugli orli della frattura e dal midollo a merito del suo strato cuticolare (endostio). Si distingue così, schematicamente, nella massa che cementa i due monconi, un callo esterno che produce un ispessimento fusato dell'osso, un callo intermediario e un callo interno che riduce, e talvolta oblitera (almeno in primo tempo) il canale midollare. Lo sviluppo della massa cementante è dovuto alle cellule ossee giovani provenienti dalla matrice periostea, dall'endostio, dai margini della frattura, e ai vasellini sanguigni che si neoformano da quelli periostei, ossei e midollari e che si addentrano nel focolaio di frattura, circondati da mantelli di cellule neoprodotte. Concentricamente ai vasi, a spese del protoplasma cellulare, vengono elaborate lamelle omogenee di sostanza fondamentale, prima molle, osteoide, poi dura, ossea, per impregnazione di sali di calcio (fosfato e carbonato). La neoformazione di tessuto che colma la breccia fra i monconi è specialmente rigogliosa sulla loro superficie esterna e si manifesta con una tumefazione bene apprezzabile in corrispondenza della linea di frattura. Ma in seguito, la massa del callo si riduce, si ripristina il canale midollare e si passa così dal callo provvisorio al callo definitivo che, in condizioni ottime di guarigione, permette appena di riconoscere la linea di frattura.
In circostanze patologiche, quando, p. es., vi sia spostamento notevole dei monconi, frammentazione comminuta delle ossa, interposizione di tendini o di muscoli nel piano di frattura, ematoma vasto, invasione microbica del focolaio, il meccanismo della guarigione viene profondamente turbato; ne può derivare un callo mal costruito per eccesso (callo lussureggiante), o per difetto (callo aplastico); può mancare la fusione dei due frammenti che rimangono mobili per pseudoartrosi o neoartrosi o può avvenire la saldatura in posizione viziosa, determinando incurvamenti e accorciamenti delle ossa. Le masse callose possono comprimere e imbrigliare i nervi (p. es. il radiale) determinando gravi danni funzionali. La moderna tecnica chirurgica, con la sutura ossea, previene nei casi complessi il callo difettoso (v. fratture).
Patologia vegetale. - In senso lato, deve intendersi per callo (secondo Küster) qualunque tessuto cicatriziale delle piante, conseguente a traumi, o accidentali o anche prodottisi per esigenze tecniche colturali, come ad esempio l'innesto (callo da innesto). I tessuti costituenti il callo, possono essere, o semplici modificazioni delle cellule preesistenti (callo metaplastico), o invece possono risultare da accrescimento delle cellule (callo da ipertrofia), talora da accrescimento e moltiplicazione (callo da iperplasia). Si formano così i tessuti di varia costituzione, talora conformi a quelli preesistenti (callo omoplastico) come il sughero da ferite, talora offerenti differenze anatomiche (callo eteroplastico) come il legno da ferite che secondo alcuni, sarebbe il callo propriamente detto. (V. anche cataplasia).