CALMIERE (fr. prix établi par l'autorite; sp. precio establido par las autoridades; ted. Schrankenpreis; ingl. compulsaryprice)
Calmiere o meta è la fissazione da parte della pubblica autorità del prezzo massimo di vendita di una data merce sul mercato.
L'antichità classica. - L'antichità greca, e nelle comunità, come Sparta e Creta, a regime chiuso e rigorosamente controllato dal governo, e nelle città democratiche come Atene, ebbe sempre vivo il concetto della sorveglianza attiva e continua che lo stato doveva esercitare non solo sopra la proprietà ma anche sopra ogni genere di commercio, e Aristotele (Rhet., I, 4, p. 1359 b, 18) pone fra i doveri dell'uomo politico quello di curare le importazioni e le esportazioni delle merci. I divieti pertanto dei governi di esportare p. es. il grano dal territorio dello stato o le disposizioni per avocare al monopolio dello stato l'una o l'altra specie di produzione, sia pure temporaneamente, agirono a quando a quando in effetto come calmiere dei prezzi in momenti di particolare crisi economica. D'altra parte la stessa difficoltà del commercio esterno fra gli stati e la mancanza di un'organizzazione mondiale del commercio, accompagnata in generale da una produzione locale sufficiente ai bisogni e dalla limitazione dei bisogni stessi, impediva che i prezzi raggiungessero altezze troppo gravi. Malgrado questo l'antichità greca non ignora casi di veri e proprî calmieri, come è quello al quale si accenna in Aristofane (Eccles., 813 segg.) dove si parla di un decreto fatto sul sale, che lo scoliaste spiega come un decreto di calmiere. Nell'antichità romana conviene distinguere tra un primo periodo (fino alla presa di Cartagine) in cui la buona coltivazione delle terre, la semplicità dei costumi, la scarsa organizzazione del commercio esterno creano una condizione di vita che non sempre richiede interventi dello stato per limitare le tariffe; e un secondo periodo in cui varie cause creano una situazione sempre più grave di disagio economico, che spinge a volta a volta lo stato a intervenire con disposizioni d'imperio e tra l'altro con applicazioni di tariffe di calmiere. Si tratta però quasi sempre di procedimenti indiretti, cioè dell'applicazione di mezzi intesi a ottenere in ultima analisi il ribasso dei prezzi, piuttosto che un'effettiva dichiarazione ex imperio dei prezzi massimi praticabili. Tale la distribuzione semigratuita di grano, e di altri generi di prima necessità, che servì da calmiere per i venditori privati, e tale il monopolio del grano assunto dall'Impero al tempo della sua decadenza. Se dobbiamo credere a Macrobio (Sat., II, 13), Silla nell'81 a. C. avrebbe nella legge suntuaria contro il lusso della tavola prescritto fra l'altro il prezzo massimo di alcune vivande e Tiberio, secondo Svetonio (Tib., 34), avrebbe prescritto che ogni anno il senato fissasse un limite ai prezzi delle derrate. Diocleziano con l'edictum de pretiis del 301 d. C., pur essendosi forse proposto scopi militari più che finanziarî, stabilì effettivamente una tariffa massima generale di tutte le merci e di tutte le prestazioni d'opera, che resta il monumento più interessante, sebbene il meno efficace nei suoi effetti, tra quelli di cui l'antichità ci ha lasciato il ricordo. Qualcosa di simile tentò nel 354 ad Antiochia il cesare Gallo malgrado l'opposizione dei magistrati municipali secondo ci attesta Ammiano Marcellino (XIV, 72); e altra analoga limitazione fu proclamata da Giuliano nel settembre del 362 (cfr. Klio, XVIII, 1923, p. 167 segg.) pure ad Antiochia per far ribassare il prezzo delle vivande (Misopogon, p. 476 Hertlein). Solo Alessandro Severo secondo Lampridio (Alex. Sev., 21) si rifiutò malgrado le vive insistenze del popolo di abbassare d'imperio il prezzo di alcune derrate, ma prese altri provvedimenti più utili ed efficaci allo scopo.
Bibl.: A. Boeckh, L'economia pubblica degli Ateniesi, trad. it., in Bibliot. di storia economica Pareto, Milano 1899 segg., I, i, p. 3 seg. e specialm. p. 113 segg.; Dureau de la Malle, L'economia politica dei Romani, trad. it., in Bibl. di storia economica Pareto, I, ii, p. 1 seg. e specialm. p. 512 seg.; Cuq, s. v. Lex, in Daremberg e Saglio, Dictionnaire des antiq. gr. et rom., III, p. 1141; Humbert, s. v. Aediles, ibid., I, p. 99; Lecrivain, Sumptuariae leges, ibid., V, p. 1563; Th. Mommsen, Über das Edict Diocletians de pretiis rerum venalium e Das diocletianische Edict über die Waarenpreise, in Gesamm. Schr., II, Berlino 1906, pp. 292-340; Michaelis, Valutazione critica dei prezzi dell'editto di Diocleziano dal punto di vista economico, in Biblioteca di storia economica Pareto, III, p. 641 seg.; Blümner, Der Maximaltarif des Diokletian, Berlino 1893; Rostovzeff, The social and economic history of the Roman Empire, Oxford 1926, p. 469 seg.; Allard, Iulien l'Apostate, II, Parigi 1903, p. 42 seg.
Medioevo ed età moderna. - Durante il Medioevo e l'età moderna sino al principio del sec. XIX, nella generalità dei paesi, la politica annonaria si è imperniata assai largamente sulla fissazione legale del prezzo delle vettovaglie, e contemporaneamente su altre forme di regolazione restrittiva della circolazione, del consumo e del commercio delle materie alimentari. Innumerevoli esperienze hanno mostrato la vanità e i danni di una simile legislazione. Spesso la storia politica ed economica ha narrato casi di calmieri presto violati, o aboliti, o sostituiti da una parziale libertà di commercio, non appena avvertiti cioè i danni recati dalla regolazione dei prezzi e del mercato; ma nonostante le esperienze, la fiducia nei calmieri è andata molte e molte volte risorgendo nei varî paesi.
Non sarebbe possibile riportare qui dati particolari intorno alla legislazione sui prezzi delle derrate. La letteratura italiana, che tra la fine del sec. XVIII e il principio del XIX ha svolto la critica della politica annonaria, ha presentato molte notizie e riprodotto caratteristici testi legislativi. Copiosi documenti figurano specialmente nelle opere del Verri, del Gioia, del Fabbroni. Molti dati sulle assise annonarie figurano nelle Cronache dei Villani, in altre opere sulla storia di Firenze e in molte cronache e storie delle città italiane. Né va dimenticata la preziosa divulgazione del Manzoni nei Promessi Sposi circa le vicende annonarie della Lombardia nel 1629-30. Una clamorosa esperienza di regolazione legale dei prezzi delle vettovaglie è avvenuta alla fine del sec. XVIII nella Francia rivoluzionaria.
Nel sec. XIX prevalse in tal materia l'indirizzo liberale e la regolazione ufficiale dei prezzi delle derrate alimentari ebbe in genere uno sviluppo piuttosto scarso. Non è da credersi per questo che l'antico principio del calmiere sia oggi scomparso. La legislazione amministrativa italiana ad es. autorizza ancora i comuni a introdurre calmieri, ma come provvedimenti eccezionali (v. le disposizioni del regolamento per la legge comunale e provinciale, regio decr. 12 febbraio 1911, n. 297). Calmieri sono stati infatti introdotti sporadicamente, anche nei primi anni del sec. XX, anteriormente alla guerra mondiale soprattutto lungo le fasi di ascesa nel livello generale dei prezzi.
La regolazione dei prezzi delle derrate alimentari da parte dello stato e degli enti locali ha avuto però lo sviluppo massimo che ricordi la storia durante la guerra mondiale e il periodo immediatamente successivo. In Italia l'azione dello stato relativa ai prezzi si è svolta talora nei confronti dello stato stesso verso i detentori e talora nei confronti dei privati pure verso i detentori delle merci. La prima forma si ha con le tariffe per le requisizioni, la seconda ha voluto tutelare gl'interessi dei consumatori impedendo il formarsi di prezzi ritenuti troppo elevati. I calmieri per le forniture militari avevano significato in quanto imponevano prezzi inferiori a quelli che liberamente si sarebbero formati sul mercato (imposta sui produttori a vantaggio dell'erario); negli altri casi costituivano invece un'imposta sui produttori a favore di consumatori.
Di solito i calmieri disposti dallo stato per derrate di vasto consumo, specialmente quando lo stato interveniva anche altrimenti nel commercio e nell'approvvigionamento, sono stati uniformi per tutto quanto il territorio, lasciandosi invece ai prefetti e ai comuni la cura di fissare prezzi varî per le singole circoscrizioni: soprattutto rispetto a talune derrate che avessero subito una seconda elaborazione, o fossero di produzione e consumo locale; in qualche caso, specialmente per i cereali, ai prezzi generali adottati dallo stato hanno fatto riscontro prezzi particolari più elevati per i prodotti di talune regioni.
Il movente politico della regolazione dei prezzi è stato provato dall'adozione di calmieri generali e speciali, anche dopo la guerra, anche quando cioè le difficoltà fondamentali della produzione erano ridotte o cessate. L'intendimento politico è emerso specialmente per le regolazioni legali effettuate in coincidenza con i rialzi provocati nel livello generale dei prezzi dall'inflazione monetaria.
La pratica dei calmieri è continuata più o meno estesa anche negli anni posteriori all'immediato dopoguerra, sia durante fasi di ascesa nei prezzi, sia in coincidenza con la deflazione e altri provvedimenti di politica monetaria restrittiva, in vista di promuovere un ribasso nel costo della vita per le famiglie operaie, in riscontro a una riduzione nel livello dei salarî. L'abolizione dei calmieri è stata decretata poi nella primavera del 1930, in connessione con la mancata tendenza discendente nel livello dei prezzi del commercio all'ingrosso, svoltasi fra il 1929 e il 1930.
Di solito il calmiere è stabilito rispetto a derrate alimentari di consumo popolare, ma si hanno esempî di calmieri disposti per altri tipi di merci; così, durante e dopo la guerra mondiale, si sono stabiliti calmieri per stoffe, calzature, indumenti varî e altri articoli. Abitualmente il calmiere è fissato per la generalità degli acquirenti, talora soltanto per dei consumatori appartenenti a dati nuclei sociali; quasi sempre è disposto unicamente per il commercio al minuto, qualche volta anche per stadî più arretrati del movimento commerciale. I prezzi, così disposti d'autorità, spesso rimangono in vigore per un tempo molto più lungo di quello per cui in media rimangono stabili le quotazioni sul libero mercato: tale lenta variabilità dei calmieri si riconnette col fine stesso di questa politica annonaria e deriva anche dalla difficoltà di apportare frequenti variazioni ai prezzi legali.
Se si considera un mercato del tipo che la dottrina economica designa come "perfetto" (nel quale, cioè, gli operatori siano mossi unicamente da moventi economici e abbiano conoscenza del mercato e del proprio interesse, i beni scambiati siano di qualità ben definita, e la domanda e l'offerta di beni siano spostabili attraverso lo spazio) e se si suppone l'esistenza di una perfetta concorrenza bilaterale, la fissazione del prezzo (massimo) per atto d'autorità è generalmente assurda o dannosa. Il prezzo che si forma liberamente sul mercato per il bene che si considera, nelle postulate condizioni di concorrenza, è infatti, per un dato istante, unico, uniforme per tutte le dosi scambiate, coordinato con tutti gli altri prezzi di beni e servigi che contemporaneamente si formano e coi prezzi che si prevede debbano formarsi in avvenire, corrispondente alla più efficace distribuzione fra gli operatori dei mezzi produttivi e dei beni esistenti, di fronte ai bisogni attuali e futuri. In tali condizioni quindi, un'interferenza dello stato che modifichi lo svolgimento della concorrenza e che importi la formazione di un diverso prezzo, addurrebbe a una minore utilizzazione dei beni e servigi produttivi esistenti.
Se il prezzo di calmiere è conforme a quello che risulterebbe determinato dalle circostanze del mercato, cioè conforme al costo per il produttore marginale, il calmiere è inutile: se è inferiore, esso significa gravame sul produttore o commerciante a beneficio del consumatore; significa recisione della rendita del produttore, passaggio dei consumatori dalla posizione di extramarginali a quella di intramarginali. Ma reciprocamente, in un istante successivo, si verifica immancabilmente il passaggio di produttori dalla posizione di intramarginali a quella di extramarginali. È così immancabile una posteriore riduzione della produzione, alla quale, in un ulteriore istante, farà necessariamente seguito un'elevazione del calmiere. Il calmiere adduce pertanto a uno sconvolgimento del mercato, sconvolgimento che, secondo lo schema tipico, è solo transitorio; la presunzione di questa transitorietà promuove il ritiro di offerta nell'attesa di una posteriore elevazione del prezzo ufficiale: così il calmiere, sovente, oltre a ridurre la produzione, fa immediatamente sparire la merce dal mercato.
Di rado si realizza pienamente la "perfezione" del mercato e quindi l'uniformità del prezzo: spesso si formano prezzi diversi per merci fondamentalmente uniformi o solo lievemente disuguali, in vista dell'approvvigionamento di consumatori trovantisi in condizioni economiche e sociali diverse: questa varietà di prezzi ha forte influenza sulla distribuzione delle merci fra i varî ordini di consumatori, e spesso torna di vantaggio ai consumatori meno abbienti. Il calmiere elimina questa formale discriminazione di qualità e di prezzi, poiché una minuta e ricca catalogazione per tipi darebbe luogo a gravi difficoltà, incertezze e frodi; ma riduce o anche elimina la discriminazione effettiva delle qualità delle merci. L'uniformità dei prezzi legali succedendo, infatti, alla spontanea complessità, provoca naturalmente la produzione solo delle qualità inferiori; si verifica la legge di Gresham per le merci: le merci peggiori cacciano le migliori dal mercato, poiché così alle une come alle altre corrisponde lo stesso prezzo legale.
ll calmiere uniforme e basso tende ad accrescere la domanda dei consumatori più poveri; dilata la domanda complessiva mentre riduce l'offerta; questa condizione non può protrarsi a lungo; essa conduce all'abbandono o violazione o elevazione del calmiere, o al razionamento, al commercio statale monopolistico delle merci e finalmente all'adozione di prezzi "politici" dei beni. La nozione della transitorietà del provvedimento provoca accaparramento da parte dei consumatori o formazione di giacenze presso i commercianti.
Nonostante la vigilanza dell'amministrazione pubblica, sono assai frequenti i casi di violazione; si forma facilmente un commercio clandestino a prezzi superiori agli ufficiali, e quindi una deplorevole speculazione basata sulla violazione delle leggi con sopraredditi immorali, accentuati dal fatto della illegalità e della antipatia e pericolo che l'illegalità stessa coinvolge.
Il calmiere è inoltre assai meno plastico dei prezzi liberi, non si adatta alle mutevoli circostanze della produzione e del commercio, talora ignora i fattori stagionali. L'inevitabile semplicità delle tariffe, l'uniformità del prezzo che è insita nell'essenza medesima dell'istituto, adducono facilmente alla formazione di taluni particolari lucri, del tipo appunto che il calmiere vorrebbe evitare. L'accennata difficoltà di specificare e individuare le qualità reca non lievi perturbamenti al commercio, specialmente al commercio al minuto, in cui (in particolare per talune vettovaglie) avvengono di necessità miscele ed elaborazioni per l'adattamento ai gusti dei consumatori, e consente a commercianti poco onesti di spacciare al prezzo ufficiale merce di tipo inferiore al previsto. L'artificiale semplificazione del mercato che deriva dal calmiere, va anche oltre i limiti che sarebbero comportati dall'istituto stesso; il calmiere vuole essere il prezzo massimo consentito e di solito (ma non sempre) ammette la percezione di prezzi inferiori e quindi una qualche discriminazione per qualità di merci e per clienti: ma praticamente una tale graduazione manca sempre e il prezzo massimo diventa anche minimo.
Il calmiere è, sotto vario riguardo, uno strumento tecnico di difficile maneggio. I funzionarî deputati alla sua formazione o revisione talora non hanno sufficienti nozioni economiche, commerciali, merceologiche; talora (almeno inizialmente), nel determinare i prezzi legali, procedono a tentoni, per approssimazioni successive, su pressioni o clamori di gruppi sociali interessati.
Per la fissazione del calmiere talora si richiamano astratti concetti di etica economica, stabilendosi che il prezzo ufficiale debba essere "equo" "giusto", o corrispondente al "costo normale" e talora, con un meccanismo di "scala mobile", si adatta il prezzo ufficiale di un bene (per es. pane) al prezzo libero di un altro (per es. grano). La moderna dottrina ha ormai eliminato il vago indefinibile concetto di "giusto prezzo"; secondo quanto già notava Ferdinando Galiani (Della Moneta, Napoli 1750, I, iii) il "prezzo corrente" è il "giusto". Indefinibile è anche il "costo normale", specialmente data la complicazione odierna dei processi tecnici e dell'organizzazione produttiva, per cui molti prodotti si ottengono a costi congiunti. Le vettovaglie (cioè i beni per cui generalmente si stabiliscono i calmieri) sono in gran prevalenza prodotti agricoli; la contabilità agraria è in condizioni assai incerte e arretrate e riesce, così, difficile determinare precisamente il costo di produzione delle derrate; tale costo non è solo incerto, ma anche molto vario da tempo a tempo, da plaga a plaga. E anche rispetto alla produzione industriale, il costo di produzione varia da impresa a impresa e, per una stessa impresa, da ciclo a ciclo. Il Marshall ha distinto fra le imprese operanti in un mercato (in condizioni di libera concorrenza) quella che egli designa come "rappresentativa", "una ditta che ha avuto una vita discretamente lunga, un buon successo, che è amministrata con abilità normale, e che può realizzare quelle normali economie, interne ed esterne, pertinenti al complessivo volume della produzione, tenuto conto della classe di beni prodotti, delle condizioni di spaccio e dell'ambiente economico in generale" (Principles of economics, 1890, IV, x111, 2); il costo di produzione corrispondente a questa impresa potrebbe essere considerato come "normale" agli effetti della formazione del calmiere. Ma il concetto marshalliano di representative firm si presenta tuttora incerto, dubbio nei dibattiti dottrinali e comunque non adduce praticamente, meglio che il tradizionale aggettivo "normale", alla designazione di un chiaro principio per determinare la misura del "costo" da adottare quale prezzo ufficiale.
Specialmente ardua risulta la determinazione del calmiere quando la merce è consumabile non solo nello stadio tecnico finale, ma anche in uno o più stadî intermedî; tale è il caso del latte e dei latticinî, della frutta e degli ortaggi freschi o conservati. Nel libero mercato, in questi casi, i prezzi rispettivi si fissano in base alla domanda e all'offerta di ciascuno degli articoli, e variano attraverso il tempo, secondo l'alterarsi delle condizioni di domanda e di produzione, realizzandosi, attraverso oscillazioni, una varia distribuzione, che è tendenzialmente la più efficace, della complessiva disponibilità di materia prima fra i successivi tipi di prodotti, secondo il mutare dei gusti e degli ostacoli. Col calmiere questa plasticità dei prezzi non si ha e può darsi che la distribuzione, ad es., del latte fra i varî impieghi, non risulti la migliore possibile in confronto con quella che deriverebbe dallo spontaneo presentarsi dei desiderî dei consumatori.
La pratica dei calmieri è stata sin dall'antichità estesissima. Sebbene l'espediente del calmiere, volto a mitigare il prezzo delle merci nell'interesse dei consumatori, sia - come appare dall'analisi esposta - assurdo e dannoso, tuttavia questo provvedimento di politica annonaria ha avuto ancora non rare applicazioni anche nel sec. XIX, e poi estesissime, dovunque, negli anni della guerra mondiale e, in qualche misura, anche nel dopoguerra. Questo persistere dell'antico procedimento di politica annonaria e questa vasta estensione che la fissazione legale dei prezzi ha assunta ai nostri giorni, nonostante la critica dottrinale largamente svolta dagli economisti fino dalla seconda metà del sec. XVIII, si spiegano considerando: a) che i fenomeni relativi al commercio al minuto, specialmente rispetto alle vettovaglie destinate alla classe meno abbiente, non devono essere giudicati solo da un punto di vista economico; b) che il commercio al minuto è assai diverso da un mercato perfetto.
Riguardo al primo punto, l'importanza etica e politica dell'approvvigionamento alimentare della popolazione è ben nota, importanza che si accentua in caso di guerre, cataclismi, carestie, rivolte, ecc.; in ogni tempo, i governi hanno rivolto quindi particolare attenzione alle vicende annonarie e spesso hanno adottato consciamente misure vane, pur di dare al popolo la sensazione che "qualche cosa si fa" per migliorare la situazione alimentare. Il calmiere è evidentemente un provvedimento politico che può avere tale funzione psicologica. Riguardo al secondo punto, sarebbe vano negare che il "mercato reale" nel commercio al minuto, specialmente per le vettovaglie di tipo popolare, soprattutto in caso di guerre, rivolte, ecc., sia ben lontano dal tipo del "mercato perfetto"; il "mercato perfetto" è un'astrazione teorica che mai si realizza. Nel piccolo commercio delle vettovaglie non si ha la piena conoscenza delle condizioni degli operatori, non si ha la fluidità dell'offerta e della domanda, non si ha l'unicità del prezzo; la concorrenza manca o è imperfettissima, avvengono facilmente accordi fra i detentori di generi, si formano prezzi molteplici, si creano agevolmente posizioni monopolistiche, si realizzano benefici eccezionali, cospicui. L'elasticità dell'offerta è minima; tale elasticità, rispetto a una nuova produzione, può agire solo lentamente, poiché per le vettovaglie il ciclo produttivo raramente è inferiore a un anno: difficilmente può agire con spostamenti topografici o cronologici di offerta, spostamenti talora malagevoli o impossibili o tali che la politica annonaria cerca impedire, pur con varî risultati. Queste sono le circostanze che spesso concretamente attenuano alquanto la portata delle obiezioni teoriche all'intervento dell'autorità nella formazione dei prezzi al minuto delle vettovaglie o, comunque, spiegano la vasta applicazione di calmieri verificatasi durante la guerra.
v. annona.