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calore

Enciclopedia Dantesca (1970)
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calore


Indica una proprietà dei raggi solari che dà la vita a tutte le cose (Cv III XII 8 Lo sole tutte le cose col suo calore vivifica), e, più particolarmente, fa maturare l'uva (Pg XXV 77 guarda il calor del sol che si fa vino), o produce l'evaporazione (XXVIII 99 l'essalazion de l'acqua e de la terra, / che quanto posson dietro al calor vanno); fino a diventare rappresentativo, assieme alla luce, della caratteristica essenziale del sole, in Rime LXXXlll 94 sì come il sole al cui esser s'adduce / lo calore e la luce / con la perfetta sua bella figura.

Sempre nell'ambito di argomentazioni scientifiche, designa, in Cv II XIII 21 e 25 (Marte... dissecca e arde le cose, perché lo suo calore è simile a quello del fuoco; Giove è stella di temperata complessione, in mezzo de la freddura di Saturno e de lo calore di Marte), la qualità fisica fondamentale di Marte, contrapposta alla freddura di Saturno.

In Pg XIX 1 il calor diurno è quello dei raggi solari, che consumato, al tramonto, dal freddo della Terra, e talor (quando questo pianeta si trovi all'orizzonte) dai gelidi raggi di Saturno, non riesce a intiepidire il freddo della Luna. Ancora in senso geografico-astronomico, in Cv III V 19 indica la caratteristica delle estati presso l'Equatore, che due volte l'anno ha la state grandissima di calore, e due piccioli verni: da notare, però, che c. non ha più il valore di proprietà del sole o di altro corpo celeste, ma sta per " caldo ", " calura "; nello stesso senso, riferito all'unicità della sensazione di caldo pur se sviluppato da più fonti, nel paragone di Pd XIX 19 Così un sol calor di molte brage / si fa sentir, che ripete per metafora i vv. 10-12 (v. CONCETTO).

Con significato tecnico ricorre in Cv II XIII 5, dove è ricordata come causa della generazione umana la vertude celestiale che è nel calore naturale del seme, sì come Aristotile e li altri Peripatetici ‛ pongono ' (cfr. Arist. Gen. anim. II 3, 736b 33-737a 1 " Inest enim in semine omnium quod facit ut fecunda sint semina, videlicet quod calor vocatur; idque... spiritus... et natura, quae in eo spiritu est, proportione respondens elemento stellarum ", e Alberto Magno Sum. theol. II 4, 2, 1). Qui il c. naturale è la φυσιχὴ θερμότης di Aristotele che, in connessione con l'influsso astrale (vertude celestiale), rende atto il seme alla generazione. Ancora con tale significato, in IV XXIII 7 l'umido radicale... lo qual è subietto e nutrimento del calore, che è nostra vita, intendendo che gli umori essenziali alla vita (v. UMIDO) subiscono l'azione e nutrono il c. vitale in un rapporto agente-paziente (cfr. Averroè Long. et brev. vitae paraphr. Venezia 1562, 147 V " Calor enim naturalis innatus est consumere humiditatem, cum sit quasi materia et nutrimentum illius ", e Alberto Magno Nutrim. et nutribil. 15 " humidum radicale est subiectum caloris "), e dal loro contemperarsi dipende la minore o maggiore durata della vita (per tutto ciò v. B. Nardi, Saggi di filosofia dantesca, Firenze 19672, 115 ss.).

A tale opinione va ricondotta l'espressione di Vn xxxl 10 19 Beatrice.../ no la ci tolse qualità di gelo / né di calore, ove D. vuol dire che la morte di lei non fu dovuta a cause naturali. Dice Alberto Magno (Mor. et vit. II 7): " causa prima et per se vitae in calido est et humido et non in spiritu. Scire etiam oportet quod calidum et humidum sunt causae longioris vitae et brevioris secundum naturam "; cfr. Arist. Long. et brev. vitae 3, Wilhelmus de Saliceto Ars chirurg., Venezia 1546, 340 " alteratio complexionis membri ad caliditatem aut ad frigiditatem ".

Vocabolario
calóre
calore calóre s. m. [lat. calor -ōris, der di calere «essere caldo»]. – 1. La sensazione determinata dalla vicinanza o dal contatto del corpo umano con un oggetto o con un ambiente caldi, cioè a temperatura più elevata di quella a cui si...
caloróso
caloroso caloróso agg. [der. di calore]. – 1. Che produce calore: fiamma luminosa ma poco c.; nel linguaggio pop. e fam., cibi c., bevande c., che incaloriscono, che provocano cioè disturbi di tipo infiammatorio; persona c., che non soffre...
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