CALTAGIRONE (A. T., 27-28-29)
Città della Sicilia orientale, situata in pittoresca posizione sulle alture che collegano i Monti Erei agli Iblei, presso le sorgenti del fiume cui dà il nome a 608 m. s. m. Al tempo della dominazione saracena ebbe il nome di Qal‛at al-ghīrān (castello delle grotte), da cui l'attuale deriva. Antica e fiorente è l'industria delle terrecotte e delle ceramiche, per le quali sono utilizzate argille locali. Il territorio del comune, uno dei più vasti della Sicilia e del Regno, è coltivato a cereali, a vigneti ed ulivi e in parte è coperto di boschi di querce da sughero che alimentano una notevole lavorazione. Vi si contano anche miniere di zolfo e cave di pietra da taglio, oltre i depositi di argilla ricordati e le agate che si rinvengono nel letto del fiume Dirillo. Esso contava nel 1921 una popolazione di 38.017 ab. contro 24.417 che ne annoverava nel 1861. La città ne conta 30.854 e gli altri vivono aggruppati in casali e case isolate. In un vasto territorio di proprietà del comune è in via di costruzione un nuovo centro agricolo, provvisto di istituzioni educative ed assistenziali, cui è stato dato il nome di Mussolinia. Caltagirone è collegata a Catania da un tronco speciale di ferrovia di 91 km., e un altro tronco in costruzione dovrà congiungerla a Piazza Armerina.
Arte. - Chiare vestigia dell'antichissima civiltà siculo-greca sono nitidamente visibili a pochi chilometri dall'attuale abitato di Caltagirone. A oriente, la Montagna con tre necropoli sicule sovrapposte, dalle quali è stata ricavata una cospicua raccolta di suppellettili funerarie, attualmente conservate nel Museo di Siracusa. A mezzogiorno, il Poggio Fanales con tombe greche; e infine a occidente le tracce di una città siculo-greca, con gli avanzi dello Anactoron. L'attuale abitato di Caltagirone non conserva quasi nessuna fabbrica anteriore al sec. XVIII. Dopo i terribili terremoti del 1542 e del 1693 fu ricostruita ab imis, e caratteri del sec. XVIII prevalgono nelle sue considerevoli chiese barocche: l'ex-matrice (a tre grandi navate con colonne doriche abbinate), col suo alto e mirabile campanile; S. Giorgio che ha una tavola quattrocentesca forse dovuta a un maestro catalano; San Giacomo Apostolo, col portale di Antoniuzzo, figlio di Antonello Gagini; S. Francesco, con antica porta gotica, murata in un angolo della sacrestia; la Chiesa dei gesuiti, che possiede una Natività di Polidoro da Caravaggio; il Salvatore, con la Vergine di Monserrato di Antonello Gagini; il Rosario, ecc. A circa due chilometri dalla città, sorge poi la basilica di S. Maria di Gesù con l'alto e aguzzo campanile dalla cuspide rivestita di lucentissime maioliche policrome settecentesche, e con una Madonna di Antonello Gagini.
Fra gli edifici moderni - che conferiscono alla città aspetto assai decoroso - notevoli sono il palazzo del municipio e quello del Monte di Pietà. Notevole anche la villa pubblica disegnata da G. B. Basile.
Caltagirone ha fama per le sue maioliche, che si vogliono prodotte fin dal periodo di dominazione araba. Ma - come per le fabbriche - così per le maioliche caltagironesi, rarissima è la traccia di cose anteriori ai secoli XVII e XVIII. Oltre alle stoviglie ornate si produssero le piastrelle figurate di cui son decorati taluni edifici cittadini, come il cosiddetto Teatrino. Altra nota d'arte caltagironese è data dalle espressive figurine di terracotta, nelle quali ha eccelso G. Bongiovanni (1771-1859).
Storia. - Che la località sia stata abitata già in tempi antichissimi dimostrano le scoperte fatte a poca distanza dalla città; ma la storia dell'abitato ci è completamente ignota, anche per l'età bizantina e saracena. Sappiamo solo che se n'impadronirono i Saraceni, nel sec. IX; che nel 1030 i Genovesi riuscirono a cacciarli, che infine i Normanni s'insediarono nella città nel 1090. Da allora in poi rimase sempre città demaniale; dovette tuttavia più di una volta subire i soprusi dei baroni, specialmente nel sec. XIV: dei Chiaramonte conti di Modica, dei Moncada, degli Alagona. Alfonso il Magnanimo parve addirittura cancellare i diritti della città, allorché la diede in feudo (o in appannaggio) a Pietro, duca di Noto. Ma nel 1464 la città tornò alla Corona. Ben popolata e relativamente prospera per l'industria delle maioliche, Caltagirone aveva titolo di città, pur non essendo ancora sede vescovile (lo fu solo dal 1818), quando il terremoto del 9 gennaio 1693 la distrusse. Ma non impiegò molto tempo a risorgere. Nel 1799 vi scoppiarono movimenti contro molti dei signori sospetti di giacobinismo; si mantenne, invece, tranquilla nel 1820 e nel 1848.
Bibl.: F. Nicotra, Diz. illust. dei comuni siciliani, Palermo 1907; L. Sturzo e altri, Guida di C., Caltagirone 1909; P. Orsi, Di un'anonima città siculo-greca a monte S. Mauro presso C., Roma 1911; L. Grassi, La tradizione artistica della Faenza di Sicilia, Bologna 1929; N. Galizia, Caltagirone, Milano s. a.