CALVART (Calvaert), Denis (Denys, Dionisio), detto Dionisio fiammingo
Nacque probabilmente ad Anversa dal mercante Denis Caluwaert e da Marguerite van de Venne, che dai documenti dell'archivio di Anversa risulta appartenessero alla media borghesia. I cognomi con cui il C. si firmava in Italia sono evidentemente semplificazioni italianizzate del cognome paterno. Nonostante le ricerche della Bergmans (1934), a cui ci si riferisce per tutti i documenti (fonti diverse sono esplicitamente indicate), non è stato possibile stabilire con esattezza la data di nascita del C., la prima data certa che gli si riferisce è il 1556, anno in cui è citato come allievo del paesaggista di Anversa Christian (Cerstian) van den Queborn (Queckborne, Queborne).
Il Malvasia (1678) afferma che il C., già esperto nella pittura di paesaggio, venne in Italia "invogliatosi d'avanzarsi anco alle figure, per poterne poi arricchire quelle sue verdeggianti e amene vedute"; Bolognini-Amorini aggiunge che egli lasciò Anversa sui venti anni, attratto, come molti altri giovani delle Province Unite, dalla fama di Roma e della pittura italiana. Giunto a Bologna, il C. fu ospitato dai mecenati Bolognini che lo indirizzarono alla scuola di Prospero Fontana, presso il quale restò non più di due anni. Il secondo maestro bolognese del fiammingo fu L. Sabbatini, l'apprendistato presso il quale si tramutò in collaborazione vera e propria a partire dal 1572, anno in il Sabbatini fu invitato a Roma dal nuovo pontefice, Gregorio XIII (il bolognese Ugo Boncompagni), a dirigere i lavori di decorazione della sala regia in Vaticano. I registri della Depositeria pontificia (Bertolotti, 1880) documentano pagamenti al Sabbatini e la presenza tra i suoi collaboratori di un Dionisio fiammingo dal luglio al novembre 1573. È dunque dopo questa data che il C. abbandonò il Sabbatini. Rimase tuttavia a Roma e si dedicò esclusivamente allo studio dei pittori da lui considerati eccellenti, Raffaello in primo luogo. È il periodo delle copie e dei numerosi disegni che gli procurarono nuova fama e protezioni, come quella del cardinale d'Este. Secondo il Malvasia (1678), reso omaggio al papa sul finire del 1574, l'anno seguente il C. rientrò a Bologna.
Poiché non è nota l'opera del van den Queborn e molto vaghe sono le notizie circa l'attività iniziale del C. come paesaggista, bisogna pensare che le nozioni di pittura del giovane artista, quando giunse a Bologna, non differissero sostanzialmente da quelle che il milieu di Anversa allora forniva; di qualche importanza, ma non determinanti, sembrano essere stati i contatti, stabiliti in patria, con alcuni "romanizzanti", con Frans Floris e Martin de Vos in particolare. Presso il primo maestro bolognese, il Fontana, il C. si applicò allo studio della prospettiva e dell'anatomia, ma destinato al lavoro di bottega, non poté che affinare le qualità native di disegnatore finito e corretto. Diverso fu il rapporto col Sabbatini che, proponendo al giovane occasioni di lavoro di maggior impegno, all'insegna di più aggiornate cadenze formali e cromatiche (proprie della cultura manieristica bolognese dell'epoca), lo avviò decisamente alla pittura di figura e di "historia". In collaborazione con il maestro il C. eseguì la Sacra famiglia con l'arcangelo Michele (Bologna, S. Giacomo Maggiore) e la Assunzione (Bologna, Pinac. naz.); del 1568 è l'allegoria della Vigilanza (ibid.), che il C. dipinse finalmente senza alcuna collaborazione. Prima del viaggio a Roma si devono collocare anche il Noli me tangere (ibid.), il Battesimo di Cristo (Bologna, museo Davia-Bargellini) e il S. Francesco che riceve le stigmate (Bologna, Corpus Domini). Determinante fu, a Roma, il contatto diretto con le opere di Raffaello, di Michelangelo, di Sebastiano del Piombo nonché del Vasari, che di quei modelli offriva, con eclettica formula, una facile ma fortunata sintesi: ne sono testimonianza opere come la Flagellazione (Bologna, Pinac. naz.) e l'Arcangelo Michele (Bologna, S. Petronio). Su queste componenti non tardò poi a inserirsi il forte richiamo del Barocci che, quale comune denominatore di cultura, poté fungere da tramite mentale fra il fiammingo e Annibale Carracci (Madonna con S. Bruno e Visione di S. Francesco della Pinacoteca nazionale di Bologna).
Nel centro emiliano il C. aprì una scuola alla quale accorsero in folla i giovani; il lungo elenco comprende, oltre a Vincenzo Spiziani, Gabriele Ferrantini, Pier Maria da Crevalcore, G. Battista Bertusio, Matteo Bordone, il più nobile Francesco Gessi e altri ancora, anche il Reni, il Domenichino e l'Albani. Questi ultimi, però, nel giro di pochi anni, lasciarono il fiammingo per aggregarsi alla Accademia degli Incamminati, fondata dai Carracci nel 1582. Del 1584 è l'atto di acquisto da parte del C. di una casa in Bologna in via Mascarella (rogito del notaio Giulio Velei, in Gualandi, 1843, p. 163) e circa nello stesso periodo deve essere avvenuto il matrimonio del pittore con Camilla di Alberto de' Brini. Del 1602 e probabilmente un viaggio a Roma (se è il C. il Dionisio di cui parla Lodovico Carracci in una sua lettera datata Roma, 8 giugno 1602, pubblicata in Giordani) e del 1610 è una sosta a Modena - documentata dalla Cronaca Spaccini sotto la data 14 apr. 1610 - avente come scopo la ricerca di "quadri vecchi di pittura" nei conventi modenesi; dello stesso anno è il testamento a favore della moglie (Bologna, Archivio notarile, Protocollo dei testamenti, f. 67, pubblicato in Gualandi, 1841, pp. 20-22). Il C. morì nel 1619 e fu sepolto solennemente a Bologna alla presenza dei membri della Accademia degli Incamminati.
Priva di basi programmatiche fu la scuola, a suo tempo assai celebrata, che il C. aprì a Bologna. All'insegna del più assoluto eclettismo i giovani vi apprendevano le regole della pittura avendo come modelli i più grandi maestri del Cinquecento, mediati dalla cultura manieristica, nonché "i più famosi bassi rilievi, i più insigni getti, le più singolari teste, i più ricerchi torsi che andassero in volta" (Malvasia). È proprio questa mancanza di scelte di fondo che impedisce di individuare nella scuola del C. il precedente della Accademia degli Incamminati, fondata dai Carracci con precisa volontà innovatrice. Ragioni d'arte, quindi, e non semplicemente il carattere del maestro (che le fonti vogliono diventato nel frattempo violento e intrattabile) allontanarono da lui i migliori discepoli. Pittore molto richiesto, il C., attraverso la bottega, produsse numerosissime tavolette devozionali su rame ed eseguì, tra il 1575 e il 1619, una gran mole di lavoro per le chiese di Bologna: del 1579 è la Caduta di S. Paolo (Parigi, Louvre); del 1582 la Annunciazione di S. Maria dei Bulgari; di poco anteriore il Martirio di s. Orsola di S. Maria della Vita; del 1583 il Martirio di S. Lorenzo (parrocchiale di Castellarquato Piacentino); di qualche anno posteriore è l'Annunciazione di S. Domenico (Bologna); dell'ultimo decennio del secolo sono la Sacra Famiglia con s. Elisabetta, s. Giovannino e s. Domenico, firmata e datata 1596 nella galleria Rizzi a Sestri Levante (G. V. Castelnovi, La Gall. Rizzi..., s. l. né d., p. 15), la Vergine con s. Francesco e s. Domenico della Pinacoteca di Dresda (1598), il S. Gregorio che mostra il Corporale a un eretico, in SS. Gregorio e Siro, e la Vergine con le ss. Caterina e Lucia e il B. Riniero, in S. Giacomo Maggiore (Bologna). Nel 1601 il C. si impegnava a dipingere, in due anni e mezzo, il Paradiso per la chiesa dei Servi (Gualandi, 1840, pp. 3-6) ed eseguiva la Presentazione al tempio per la serie dei misteri della cappella del Rosario in S. Domenico, affidata ai più noti pittori allora residenti in Bologna (B. Cesi, L. Carracci, G. Reni, F. Albani, il Domenichino e altri). La Vergine e S. Francesco (Bob Jones University, Greenville, S. C.) è firmata e datata 1607. Del 1614 son la Danae (Lucca, Pinac. naz.: vedi C. C. Malvasia, Vite..., a cura di A. Arfelli, Bologna 1961, p. 94) e la Presentazione al tempio (Bologna, Pinac. naz.). Lavoro particolarmente impegnativo, e condotto probabilmente in diverse riprese, fu la decorazione a fresco, oggi solo parzialmente leggibile, del palazzo Bolognini del Farneto a San Lazzaro di Savena (Bologna).
Fonti e Bibl.: Modena, Archivio comunale: G. B. Spaccini, Cronaca... (1588-1636) (ms., s. d.), 14 apr. 1610; F. Scannelli, Il microcosmo della pittura [Cesena 1657], edizione anastatica a cura di G. Giubbini, Milano 1966, ad Indicem; C. C. Malvasia, Felsina pittrice (1678), a cura di M. Brascaglia, Bologna 1971, ad Indicem;Id., Le pitture di Bologna (1686), a cura di A. Emiliani, Bologna 1969, ad Indicem (riporta, per ciascuna opera, i rimandi alle fonti e alle guide); G. B. Passeri, Vite dei pittori... in Roma, Roma 1772, pp. 1, 2, 57,-58, 276, 277;F. Baldinucci, Notizie..., X, Milano 1812, pp. 319, 373, 381, 387; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia, Milano 1823, V, p. 63; A. Rolognini-Amorini, Mem. della vita del pittore D. C., Bologna 1832; G. Giordani, Sei lettere pittoriche... Nozze Hercolani-Angelelli, Bologna 1836, pp. 9, 25;[M. Gualandi], Mem. orig. ital. risguardanti le Belle Arti, I, Bologna 1840, pp. 3-8; II, ibid. 1841, pp. 20-22; IV, ibid. 1843, pp. 158, 163; G. Rosini, Storia della pitt. ital., I, Pisa1848, p. 30; VI, ibid. 1852, p. 4; G. Campori, Artisti… negli Stati estensi, Modena 1855, pp. 110, 130, 434; A. Bertolotti, Artisti belgi ed olandesi a Roma nei secc. XVI e XVII, Firenze 1880, p. 53; S. Bergmans, Catalogue critique des øuvres du peintre D. C., in Acad. de Belgique, classe des Beaux-Arts, Mémoires, III (1931), 2;Id., D. C., ibid., IV (1934), 2; A. Venturi, Storia dell'arte ital., IX, 6, Milano 1933, pp. 718-730; E. Mauceri, Opere di D. C. e G. G. Sementi, in IlComune di Bologna, XXIII (1936), 1, pp. 6 s.; A. C. Quintavalle, Precisazioni e restauri sulla... Gall. di Parma, in Boll. d'arte, XXXI(1937), pp. 220 s.; A. Petrucci, L'incisione carraccesca, ibid., XXXV (1950), p. 134; F. W. H. Hollstein, Dutch and Flemish Etchings, Engravings and Woodcuts ca. 1450-1700, IV, Amsterdam s.d., p. 85; P. Fierens, in IFiamminghi e l'Italia (catal.), Venezia 1951, pp. 20, 44 (recens. di G. Ronci in Bollett. d'arte, XXVII [1952], p. 91); A. Griseri, Una revisione nella Gall. dell'Accad. Albertina…, in Boll. d'arte, XLIII (1958), p. 77; A. Ottino della Chiesa, S. Pietro che consegna le chiavi a s. Clete proveniente dalla parrocch. di S. Alessandro di Copreno (Milano), ibid., XLIX (1964), p. 375; G. Cuppini-A. M. Matteucci, Ville del Bolognese, Bologna 1967, ad Indicem;R. Roli, I quadri e i dipinti.. dal 1500 al 1800, in Il tempio di S. Giacomo Maggiore in Bologna, a cura di C. Volpe, Bologna 1967, pp. 167, 168;A. Morselli, Intorno a un quadro dimenticato del C., in Atti e mem. della Deputaz. di st. patria per le prov. di Romagna, XVII-XIX(1965-68), pp. 375-388 (una Madonna nella parrocchiale di Fiorentina, frazione di Medicina); A. Emiliani, La Pinacoteca nazionale di Bologna, Bologna, ad Indicem;G. von der Osten-H. Vey, Painting and Sculpture in Germany and the Netherlands from 1500 to 1600, Harmondsworth 1969, p. 332; N. Gabrielli, Gall. sabauda, Maestri ital., Torino 1971, pp. 88 s. (ma vedi F. Zeri, in Quaderni d'emblema, II, Bergamo, 1973), p. 107; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, V, p. 411; Enc. Ital., IV, p. 168.