COOLIDGE, Calvin
Trentesimo presidente degli Stati Uniti d'America, nato a Plymouth (Vermont) il 4 luglio 1872. Laureato in giurisprudenza nel 1895 ad Amherst College, esercitò per qualche tempo la professione di avvocato, ma presto entrò nella vita politica, e dopo aver coperto cariche minori, fu eletto senatore dello stato di Massachusetts (1912) e presidente del senato. Tre volte fu eletto vice governatore del Massachusetts - 1916-1918 - e due volte governatore. In tale qualità, nel settembre del 1919, egli seppe attirare su di sé l'attenzione di tutta la nazione, per l'energia con cui seppe tener testa alla Federation of Labor (capeggiata allora da S. Gompers), impedendo il minacciato sciopero generale. Rieletto trionfalmente nel novembre, il C. fu scelto dal partito repubblicano come suo candidato per la vice-presidenza degli Stati Uniti nella campagna elettorale del 1920. Eletto, il C. assunse l'ufficio il 4 marzo, a fianco del presidente Harding che lo chiamò a far parte regolarmente del consiglio dei ministri, privilegio non goduto dai vicepresidenti prima di lui. Fu un'eccezionale preparazione per la suprema carica di presidente che passò automaticamente al C. per l'improvvisa morte di Harding (2 agosto 1923). Assumendo l'ufficio di presidente, il C. dichiarò che avrebbe seguito sostanzialmente la politica del suo predecessore. Non fece cambiamenti di ministri, finché le inchieste e i processi sull'amministrazione dei terreni petroliferi nazionali sotto il governo Harding non provocarono le dimissioni del Denby, ministro della marina, e dell'attorney general, ministro della giustizia, Daugherty (1924).
Nel suo primo messaggio al Congresso (dicembre 1923) il C. si dichiarò favorevole a una riduzione delle tasse; all'entrata degli Stati Uniti nella Corte permanente di Giustizia, ma con alcune riserve; all'esecuzione rigorosa della legge contro l'uso delle bevande alcooliche; all'aumento dell'esercito e della marina da guerra. Si dichiarò invece contrario: alla revisione delle tasse doganali; alla cancellazione dei debiti degli alleati; alla concessione di pensioni ai veterani della guerra mondiale (proposta che poco dopo, però, il Congresso fece legge, votandola nonostante il veto del presidente). Queste dichiarazioni rivelarono i capisaldi della politica seguita nei sei anni successivi della sua presidenza. Incontrarono il favore del popolo e procurarono poi al C. la grande maggioranza che, nelle elezioni del 1924, lo portò di nuovo al seggio presidenziale. Alle elezioni del 1928, nonostante le vive pressioni fattegli, non volle accettare la nuova candidatura propostagli, rimanendo fedele alla tradizione per la quale non si può essere presidente degli Stati Uniti per più di due volte.
Il C. si dedicò particolarmente - durante il periodo del suo governo - alle questioni economiche e finanziarie. Tenne sempre presenti due principî cardinali: il primo, che una classe o categoria di popolo non debba trarre profitto a spese di tutto il popolo; l'altro, che ogni progresso è il risultato dell'economia. In base al primo di questi due principî egli - che pure era nato da una famiglia di agricoltori - pose il veto (febbraio 1927) alla famosa legge McNary-Haugen, che mirava all'alleviamento della non felice situazione agricola per mezzo di un fondo di 250 milioni di dollari da adoperarsi in prestiti per regolare ed effettuare la vendita di prodotti agricoli dei quali v'era sovrapproduzione.
L'economia predicò dalla Casa Bianca in ogni occasione e per tutte le attività della vita, pubblica e privata. Fu così possibile attuare una larga riduzione delle tasse, con grande beneficio di ogni attività industriale e dell'incremento del capitale nazionale. Volle che l'intervento governativo, nelle industrie, nell'agricoltura, nel commercio, fosse ridotto al minimo possibile e l'accusa mossagli dall'opposizione di aver favorito la classe capitalista non trovò mai consenziente il popolo. Il C. è sempre stato favorevole alle società operaie, ma ha messo al disopra di ogni interesse l'inviolabilità dell'autorità dello stato; agli scioperi egli preferisce le conferenze fra operai e datori di lavoro; non approva invece l'arbitrato obbligatorio, considerandolo un'infrazione alla libertà individuale.
In politica estera due furono le questioni più importanti che il suo governo dovette risolvere: le relazioni con il Messico e col Nicaragua. Nel messaggio del 12 gennaio 1927 il C. accusò il Messico di aver appoggiato con rifornimenti di armi la rivoluzione nel Nicaragua, provocata da un partito ostile agli Stati Uniti e minacciante la sicurezza del canale di Panama. Di più, le leggi fondiarie messicane avrebbero provocato la confisca delle grandi proprietà statunitensi. Tuttavia, dopo due anni di lotta diplomatica le relazioni fra il Messico e gli Stati Uniti divennero migliori che non fossero state da lungo tempo. Quanto all'intervento statunitense nel Nicaragua, il C. lo giustificò con i diritti stabiliti da trattati e con il dovere di proteggere la vita e le proprietà degli Statunitensi. Il C. mise il veto a un progetto votato dal parlamento filippino per un plebiscito sull'indipendenza delle Isole; favorì l'accomodamento dei debiti di guerra degli alleati; si oppose fermamente al riconoscimento del governo sovietico russo; dichiarò all'inizio della sua presidenza che per gli Stati Uniti la Società delle nazioni era un incidente chiuso; promosse un congresso per la limitazione degli armamenti; fece conchiudere con diverse nazioni trattati di arbitrato e fece negoziare il trattato per l'abolizione della guerra; ma fu fautore insistente di forti difese nazionali per terra, per mare e per aria. Volle che i prestiti privati all'estero, frequenti sotto il suo governo, si facessero con oculatezza, per non incoraggiare preparativi di guerra. Tornò alla vita privata, non ricco, il 4 marzo 1929. Il C. è uomo che ama parlar poco, e pensa lentamente; i suoi discorsi pubblici, improntati a grande franchezza, contengono spesso passi di un'eloquenza incisiva che fa ricordare Lincoln.
Opere: Have faith in Massachusetts, a collection of speeches and messages, Boston 1919; The Price of Freedom, speeches and addresses, New York 1924; Foundations of the Republic, speeches and addresses, New York 1926; The mind of the President. Views on public questions, selected and arranged by subjects by C. Bascom Stemps New York 1926; Autobiography, New York 1929.
Bibl.: H. Green, The life of C., New York 1924; R. A. Woods, The preparations of C., Boston 1924; W. A. White, C. the man who is president, New York 1926; C. Rogers, The legend of C., New York 1928.