CAMBIANO DI RUFFIA, Giulio
Nacque a Savigliano (Cuneo) il 4 luglio 1544 da Giovannino, signore per la quarta parte del feudo di Ruffia (il cui casato con quelli di Beggiamo, Tapparelli, Solere e Oggiri formavano in Savigliano un importante "albergo") e da Giovanna Cassaudo. Rimasto orfano nel 1547, crebbe sotto la tutela della madre studiando dapprima a Moncalieri alla scuola di un ecclesiastico per passare quindi a Racconigi e infine a Torino presso lo storico e senatore Ludovico Della Chiesa, che egli seguì dopo il 1559 a Saluzzo per terminare gli studi di latino e di belle lettere e, più tardi, a Carignano dove rimase sino al 1562. Passato all'università di Mondovì, quindi a Torino quando l'ateneo vi fu trasferito nel 1566, il C. si laureò nel dicembre 1567 in leggi civile e canonica e venne subito dopo cooptato nel Collegio dei dottori in diritto della capitale subalpina. Chiamato a ricoprire l'incarico di podestà di Cherasco nel novembre 1568, percorse alcuni gradi dell'amministrazione minore assumendo nel 1570 le funzioni di vicario di Fossano e nel 1573 quelle di giudice di Chieri. Ma dopo due anni abbandonò la magistratura per ritirarsi nelle sue terre attendendo alla gestione degli affari domestici e ponendo mano nel contempo alla stesura di "quanto alla giornata occorreva". Ed è appunto a questa sorta di diario che egli terrà per quasi quarant'anni, sino al 1611, che è legata la sua notorietà di cronista attento e diligente della società piemontese nell'età della restaurazione di Emanuele Filiberto e nella prima metà del lungo regno di Carlo Emanuele I.
L'opera del C. comprende due volumi in folio, a uno dei quali, di quarantasette fogli, oltre ai bianchi, fu dall'autore posto il titolo di Memorabili estranei perché in esso tenne memoria di tutti i fatti di qualche importanza verificatisi in Piemonte dal 1542 al 1610 estranei alle vicende del suo casato; nell'altro volume di settanta fogli sono trascritti invece, di pugno del C., le nascite, i matrimoni e le morti avvenuti nella propria famiglia a cominciare dal 1541 per terminare a metà del 1611, con l'aggiunta di altre notizie relative ai suoi interessi privati. Per quanto riguarda i fatti anteriori al 1575, il C. si limitò a mettere insieme e a trascrivere una serie di ricordi tramandati in famiglia o alcune vicende di cui egli stesso aveva serbato memoria per gli anni più vicini al 1575. Ciò non toglie al suo diario una sostanziale unità di documentazione e di struttura narrativa.
Lo stile del C. semplice e scarno, ma in compenso schietto ed efficace, è certamente il miglior pregio dei Memorabili estranei. Siaggiunga che il quadro delle vicende riportate dall'autore è mosso e variato, ricco di annotazioni curiose e di spunti aneddotici. Di qui l'interesse della lettura che offre spesso una visione globale - sia pur minuta, asciutta e da angolazioni inconsuete o comunque singolari - delle consuetudini e dei costumi, della vita quotidiana, della pratica religiosa, del governo amministrativo e della vita economica del Piemonte cinque-seicentesco. Onde la narrazione si eleva talora da semplice descrizione statica degli avvenimenti ad analisi dinamica sull'evoluzione civile e sociale del ducato, dei suoi aspetti materiali, ideologici e culturali. Dall'affresco del C. emerge, soprattutto, il mondo nobiliare piemontese attraverso una serie di dati e di annotazioni che, pur nel loro carattere frammentario, costituiscono un contributo non secondario alla ricostruzione dei modi di vita, delle risorse finanziarie, dei moventi, delle tradizioni e dei pregiudizi della classe aristocratica. Numerosi sono infatti i riferimenti agli uffici e ai favori di corte, alle esazioni feudali e ai privilegi, al donativi e ai benefici delle più cospicue famiglie nobiliari, nonché ai contratti nuziali, alle liti di interesse, alle necessità di casa, ai patrimoni fondiari.
Ma - oltre alle vicende delle classi superiori, dei titolati di rango, degli elementi di corte, degli esponenti della nobiltà di toga in ascesa - il C. ebbe a spigolare e ad allineare, l'una dietro l'altra, parecchie notizie sugli avvenimenti più comuni relativi ad altri gruppi sociali: dallo svolgimento delle fiere paesane, dei piccoli commerci, delle stagioni e dei raccolti agricoli, al decorso delle epidemie, ai danni delle guerre e del passaggio delle milizie, ai torbidi locali, alle lotte di municipio. Sono, anzi, questi i brani del diario più originali, non solo per la loro fresca immediatezza, per certo carattere secco e disadorno della scrittura, ma per la larghezza, e spesso la novità, dei profili biografici e d'ambiente. Solitamente parco di riferimenti alle vicende politiche di carattere generale - con una predilezione semmai per "le - cose di Francia" -, il C. lo è infatti assai meno nella cronaca degli avvenimenti d'ogni giorno. Interessanti sono, per esempio, le sue osservazioni sull'andamento, della vita agricola, sulle vicende climatiche, le aspettative dei contadini, il rendimento della terra, le calamità naturali e quelle arrecate dagli eserciti.
Accanto alla narrazione di pesti, di riti religiosi, di miracoli paesani, di repressioni inquisitoriali, altrettanto folta e affollata di personaggi, di luoghi, di circostanze è la "cronaca nera": i fatti di sangue, i delitti comuni, le rapine, le estorsioni, i furti campestri, gli incendi dolosi di cascinali, le violenze di soldatesche sono ricordati con accenni rapidi ed essenziali. Ma il C. non dimentica di prender nota pure di quei misfatti che tra le pieghe lasciano trasparire motivi di sapore più schiettamente politico: un'improvvisa vampata di rivolta popolare nei confronti di un arbitrio, la violenta reazione individuale ad un sopruso, o ancora il colpo di mano fortunato per liberare dagli sbirri qualche povero disgraziato condannato alla galera.
I Memorabili, che terminano alla metà del 1611, vennero riportati alla luce da Vincenzo Promis e stampati - nel testo originario corredato da alcune note esplicative - a Torino nel 1870. Il C. morì a Ruffia il 23 ott. 1611. Aveva sposato nel giugno 1576 Ottavia di Bernardino Cambiano e in seconde nozze, nel settembre 1587, Apollonia del Carretto dei marchesi di Zuccarello.
Essendo venuto a morte prematuramente l'unico figlio maschio del C., Giovanni Domenico, la successione nell'investitura della quarta parte del feudo di Ruffia passò - con autorizzazione ducale del 12 nov. 1603 - ai nipoti del suo agnato Giuseppe Cambiano, generale d'artiglieria di Savoia ed autore di un Discorso historico manoscritto sulle guerre di Carlo Emanuele I contro la Francia nell'ultimo scorcio del XVI secolo.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Torino, Sezione I, Lettere particolari, C, mazzo 9, corrispondenza del 1572da Fossano; Ibid., Sezioni Riunite, Patenti Piemonte, reg. 27, f. 185; Torino, Bibl. reale, Storia patria 573: Cronica del conte di Ruffia la quale comincia all'anno 1542,e terminacoll'anno 1610;Ibid., A. Manno, Il Patriziato subalpino (dattiloscritto), III, ff. 190-191.