CAMBIO (VIII, p. 507)
La seconda Guerra mondiale è scoppiata fra paesi che da tempo più o meno lungo praticavano il regime della moneta manovrata o presso i quali, in conseguenza di vicende storiche varie, vigeva il regime del controllo sul mercato delle divise. Lo svolgimento "libero, normale" di tale mercato era ormai quasi dovunque un ricordo remoto e il passaggio dalla condizione di pace a quella di guerra non porta certo la tendenza all'attenuazione, ma sempre quella all'irrigidimento dei vincoli sullo svolgimento delle operazioni economiche.
Nella generalità dei paesi belligeranti e in molti dei neutrali, pertanto, lo scoppio della guerra rese più rigoroso il regime del controllo sui cambî e implicitamente sul movimento internazionale dei capitali. Venne a cessare un "mercato delle divise", quale organizzazione per lo scambio tra la moneta interna e le divise, cioè i titoli rappresentativi di crediti in monete forestiere; e venne pure a cessare l'organizzazione per la constatazione dei prezzi correnti di tali titoli, ossia per la rilevazione dei corsi dei cambi. Nella generalità dei paesi incominciarono o continuarono a funzionare organismi ufficiali istituiti dallo stato o dalla banca di emissione, effettuanti in maniera coattiva la compera delle divise estere e specialmente dell'oro, e aventi il diritto di assorbire monopolisticamente tutte le divise e tutto l'oro comunque comparente sul mercato, e di autorizzare - per diritto d'imperio - quelle sole domande di divise e di oro che dovevano comunque essere soddisfatte. Le quotazioni rimasero, per lo più, durante gli anni della guerra e in genere anche più tardi, fisse, immobili, generalmente prossime a quelle terminali del tempo di pace, obbligatorie quali tariffe. La esistenza di corsi molto mobili dei cambî regolatori delle correnti internazionali dell'oro e del risparmio, regolatori delle vicende monetarie, coordinatori dei varî mercati nazionali del credito, è un fenomeno del passato.
Questa stabilità pressoché generale e perfetta dei cambî è una tra le caratteristiche economiche fondamentali della seconda Guerra mondiale e ha eliminato qualsiasi possibilità di ripetizione di certi fenomeni di patologia economica che ebbero una grande importanza e un vasto sviluppo durante la prima Guerra, quali la differenza fra prezzi interni e prezzi esterni, il valuta dumping, la vertiginosa circolazione internazionale della moneta scottante. Se queste manifestazioni patologiche furono evitate fu però a costo di irrigidimento e difficoltà nelle attività economiche.
Si riportano dalla XIV Relazione della Banca dei Regolamenti internazionali (Basilea 1943-444, p. 40) i fondamentali principî di questa stabilità: "1) dovunque il controllo è stato applicato in maniera efficace, solo i corsi ufficiali hanno avuto importanza per regolare i rapporti coi mercati esteri; 2) gli scambî internazionali di merci e servizî sono stati fatti per lo più per conto dei governi, e spesso - come nel caso delle forniture prestiti-affitti - senza dare luogo a pagamenti in contanti; 3) l'intervento dei fondi di perequazione dei cambî, la concessione di premî alla esportazione e all'importazione e altri provvedimenti, hanno compensato le ineguaglianze fra costi e prezzi di vendita, senza che sia stato necessario modificare immediatamente i corsi dei cambî ufficiali; 4) sono stati numerosi i paesi che hanno accumulato fondi considerevoli in oro e in divise estere (per es. i paesi dell'America latina nelle loro relazioni con gli Stati Uniti, e i paesi dell'area della sterlina nelle relazioni con l'Inghilterra), oppure che sono divenuti detentori di grossi saldi creditori nei conti di clearing (per es. la maggior parte dei paesi continentali europei, rispetto alla Germania); in entrambi i casi questi rapporti di debito e credito hanno reso difficile qualsiasi modificazione unilaterale dei corsi dei cambî; 5) infine con la maggiore stabilità nei prezzi, che si raggiunse dopo il 1942, non si sono più aggravate le disparità nei livelli dei prezzi di costo e di vendita fra questi varî paesi".
Solo nella seconda parte del tempo di guerra in alcuni pochi paesi dell'Asia e dell'Africa e in alcune isolate zone europee si è ammessa la formazione di mercati "neri" (clandestini, ma non ignorati) per il movimento sia di oro che di biglietti e altri titoli monetarî, con volume d' affari non esiguo. In qualche paese (India e Medio Oriente) già negli ultimi anni della seconda Guerra mondiale si è ammessa una certa vendita di oro tratto dalle giacenze governative, in vista dell'effetto psicologico che avrebbe potuto esercitare una certa diffusione del metallo presso il pubblico. Si sono così avute quotazioni dell'oro e delle divise, formalmente libere ma non certo conformi a quelle cui si sarebbe giunti ove non fosse esistito alcun intervento; queste quotazioni hanno un certo significato quale sintomo della dinamica del mercato.
Bibl.: Ellis, Exchange control in Central Europe, Harvard University Press 1941; C. Bresciani-Turroni, I cambî esteri in regime di carta moneta, Milano 1944; L. Federici, Teoria dei cambî, con particolare riguardo al caso delle monete segno, Milano 1945.
Legislazione valutaria in Italia. - Il controllo dei cambî attuato in Italia nel 1934 con una lunga serie di provvedimenti, fra i quali di particolare rilievo il r. decr. legge 26 maggio 1934, n. 804, il decr. min. 26 maggio 1934 e il r. decr. legge 8 dicembre 1934, n. 1942, seguiti da numerose norme di carattere regolamentare, mirava alla difesa della moneta nazionale attraverso un molteplice ordine di restrizioni, tra cui la denuncia obbligatoria e la cessione allo stato della valuta estera, comunque in possesso di persone fisiche e giuridiche italiane, il contingentamento delle importazioni e la subordinazione a licenze delle esportazioni. Fatta eccezione per qualche deroga di scarso rilievo nella sua applicazione, questo sistema rimase immutato nelle sue linee fondamentali sino alla fine della guerra.
Una prima revisione della materia concernente l'organizzazione e la disciplina degli scambî con l'estero, si ebbe con la soppressione del Ministero per gli scambî e per le valute - creato nel 1937 - disposta con r. decr. 2 giugno 1944, n. 150, modificato dal decr. legisl. luog. 5 ottobre 1944, n. 310, e il trasferimento al Ministero del tesoro delle sue funzioni in materia valutaria e al Ministero dell'industria, commercio e lavoro di quelle concernenti i rapporti economici con l'estero e la regolamentazione delle importazioni e delle esportazioni. Con il decr. legisl. luog. 17 maggio 1945 n. 331, venne poi disposta la cessazione dell'lstituto nazionale per i cambî con l'estero e il trasferimento dei suoi compiti e funzioni a un nuovo organismo, denominato Ufficio italiano dei cambî, al cui fondo di dotazione la Banca d'Italia ha conferito l'importo di 100 milioni di lire, assumendo la presidenza del consiglio di amministrazione nella persona del suo governatore. Con decr. legisl. luog. 22 dicembre 1945, n.809, fu costituito il Ministero del commercio con l'estero, al quale furono affidate tutte le attribuzioni relative ai rapporti commerciali con l'estero.
Un primo provvedimento tendente a favorire l'afflusso della valuta dall'estero e la sua cessione allo stato, fu adottato nel gennaio 1946 (decr. legisl. luog. 4 gennaio 1946, n. 2 e 28 gennaio 1946, n. 9) con l'istituzione di un fondo per l'adeguamento dei cambî ai prezzi internazionali, amministrato dall'Ufficio italiano dei cambî. A tal fine fu adottata una quota addizionale del 125% sui tassi di cambî, che erano stati fissati dal governo italiano di concerto con le autorità alleate, subito dopo l'occupazione, sulla base di 100 lire per 1 dollaro e di 403, 25 lire per 1 sterlina.
Una sostanziale modifica alla disciplina valutaria è stata introdotta però soltanto con il decr. legisl. luog. 26 marzo 1946, n. 139, in forza del quale l'Ufficio italiano dei cambî fu autorizzato a mettere a disposizione degli esportatori di merci di produzione nazionale, in conti aperti presso la Banca d'Italia o banche agenti, il 50% della valuta ricavata dalle esportazioni, da utilizzarsi dagli stessi esportatori o da loro cessionarî entro il termine di 90 giorni, ridotto poi a 60 giorni, per il pagamento di determinate merci da importare dall'estero. Con un decreto ministeriale del 13 aprile 1946, successivamente più volte parzialmente modifìcato, furono determinate le merci importabili mediante utilizzo di detti conti, distinguendo quelle la cui importazione è ammessa dalle dogane (lista A), da quelle per le quali è necessaria una licenza ministeriale (lista B).
La concessione del 50%, limitata in un primo tempo solo alla valuta ricavata da esportazioni di merci, è stata estesa successivamente ai proventi da operazioni di transito, a quelli delle lavorazioni per conto di committenti esteri e via via a tutte le specie di proventi in valuta estera. Con decr. min. 20 gennaio 1947, dette norme sono state estese anche alle valute trasferite in Italia a scopo turistico, di investimento, di mantenimento o di donazione a favore di residenti nel paese.
Particolari norme sono state adottate per regolare l'utilizzo della valuta introitata dagli armatori e dai noleggiatori di navi mercantili e dai cantieri navali, per i ricavi a fronte di costruzioni per conto dell'estero. Sull'argomento sono da ricordare i decr. min. 20 agosto 1946, 21 maggio 1947, 6 agosto 1947. Altre norme particolari, fra le quali il decr. min. 18 febbraio 1947 e le note del Ministero del commercio estero del 31 luglio e del 1° agosto 1947, riguardano le condizioni per l'approvvigionamento dall'estero della lana e del cotone.
A seguito del decr. legisl. luog. 26 marzo 1946 è sorto in Italia un mercato delle valute di esportazione. Il cambio di realizzo degli esportatori è risultato dalla media tra il cambio di esportazione e il cambio ufficiale, maggiorato, quest'ultimo, della quota addizionale del 125%. Con il decr. legge 1° agosto 1947, n. 693, venne abolita tale quota addizionale e il cambio ufficiale con il dollaro fu elevato, a decorrere dal giorno successivo, da 100 a 350. Con decr. min. del 2 agosto le parità legali della lira con le altre valute estere furono stabilite sulla base delle rispettive parità con il dollaro.
Un ulteriore passo verso la normalizzazione del nostro sistema valutario è stato realizzato con il decr. legge 28 novembre 1947, n. 1347, in virtù del quale l'Ufficio italiano dei cambî è stato autorizzato ad acquistare il 50% delle valute estere, negoziate non più al cambio ufficiale, ma a un prezzo corrispondente alla media del mese precedente delle quotazioni di ciascuna valuta sul mercato libero. Dal calcolo delle medie sono state escluse, per il dollaro, le quotazioni di chiusura inferiori a lire 350 o superiori a lire 650 e per le altre valute negoziate sul mercato libero (sterlina e franco svizzero) le quotazioni che in rapporto alle rispettive parità legali con il dollaro, risultino inferiori o superiori a detti limiti. Per le valute non quotate alle borse di Roma e di Milano il calcolo della media è fatto tenendo conto delle parità legali con il dollaro e della media di quest'ultimo come già indicato. I cambî medî mensili si applicano, con uno scarto del 20%, anche all'acquisto da parte dell'Ufficio italiano dei cambî delle valute estere che, trascorso il termine di 60 giorni dall'apertura del conto valutario, devono essere cedute all'Ufficio stesso ai sensi del decr. legisl. 26 marzo 1946, n. 139.
Il decreto stabilisce inoltre, nel caso di contratti tra ditte in Italia e ditte all'estero, regolarmente approvati dal Ministero del commercio con l'estero, che prevedono la fornitura da parte di ditte all'estero di materie prime da importare in Italia per la trasformazione in prodotti lavorati e semilavorati da esportare, che il compenso dovuto alle ditte in Italia per tali lavorazioni, deve essere fissato sotto forma di pagamento di un determinato importo, espresso in una delle valute estere che sono accettate dall'Ufficio italiano dei cambî. Tale importo deve essere ceduto all'Ufficio italiano dei cambî sino a concorrenza del 50 per cento del valore del produtto esportato, mentre la quota eventualmente eccedente rimarrà a disposizione delle ditte italiane interessate. Tutte le concessioni fatte a particolari rami dell'economia italiana e risultanti in contrasto con le norme del decreto (lana, cotone, ecc.), sono state dallo stesso revocate.
Un complemento del decreto ora riportato può considerarsi infine il decr. legge 2 marzo 1948, n. 211, con il quale sono state accordate sensibili facilitazioni per gli investimenti di capitali esteri in Italia. Fra l'altro il decreto dispone l'abolizione dell'autorizzazione del Ministero del tesoro, richiesta ai sensi del r. decr. legge 24 luglio 1942, n. 807, e consente il trasferimento all'estero dei frutti degli investimenti (limitatamente all'i % in più dell'interesse legale); dei capitali derivanti da un eventuale successivo realizzo (limitatamente all'ammontare della valuta originariamente importata), sempre che il trasferimento sia chiesto non prima di due anni dall'investimento e non superi il 50% per ogni biennio; dei capitali corrispondenti alla valuta investita in macchinarî per impianti industriali, purché il trasferimento non sia chiesto prima che siano trascorsi cinque anni dall'investimento.