Al tempo della Kampuchea Democratica – questo il nome ufficiale della Cambogia durante il regime dei Khmer Rossi (1975-79) – il popolo cambogiano è stato vittima di evacuazioni forzate, torture, esecuzioni pubbliche e altri gravi crimini. Si stima che circa tre milioni di cambogiani siano morti in quel periodo.
Nel 2001 il parlamento cambogiano ha costituito, all’interno delle corti giudiziarie, un tribunale competente circa i crimini contro l’umanità commessi durante il regime di Pol Pot: le Camere straordinarie. Tuttavia, considerando la debolezza del sistema giudiziario nazionale, nel 2003 il governo ha siglato un accordo con le Nazioni Unite per definire la partecipazione della comunità internazionale alle Camere straordinarie. In base ad esso, al tribunale nazionale sono stati applicati standard internazionali e vi prende parte anche personale internazionale. Anche a causa della burocrazia e della scarsità di fondi, le Camere straordinarie hanno potuto cominciare i propri lavori solo nel 2007, a distanza di più di 30 anni dai fatti. Nel 2008, cinque persone (tra cui il capo di stato e alcuni ministri dell’epoca) sono state incriminate, mentre Pol Pot è morto prima di poter essere processato. Nel luglio 2010 la prima persona processata davanti alle Camere straordinarie, Kaing Guek Eav, è stata condannata a 35 anni di detenzione per vari crimini, tra cui sterminio e tortura.