SCARAMPI (Scarampa, Scalampa), Camilla
SCARAMPI (Scarampa, Scalampa), Camilla. – Nacque intorno al 1470-1475 probabilmente ad Asti, come informano Luca Valenziano e Matteo Bandello (che menziona anche un fratello di Camilla, Luigi), piuttosto che a Milano, come riferiscono invece Filippo Argelati e Girolamo Tiraboschi, nella nobile famiglia astigiana degli Scarampi, da Scarampo (figlio naturale di Giorgino, signore di Camino) e da Margherita, che appartenne forse alla famiglia Tizzoni. Le notizie che ci sono giunte sono scarse e spesso confuse e pochi sono i dati dei quali si possa garantire almeno un buon margine di probabilità: anche per il cognome si trovano spesso le forme alternative Scarampa o Scalampa.
Il padre fu senatore di Milano nel 1476 e consigliere segreto nel 1479, in questo stesso anno podestà di Genova, quindi ambasciatore sforzesco a Venezia nel 1484. La notizia della morte di Scarampo, nel 1485, è riportata da Marin Sanudo; i funerali si svolsero a Venezia il 9 luglio e la salma fu tumulata nella chiesa di S. Domenico in Castello, poi demolita agli inizi dell’Ottocento.
Secondo Tonso Pernigotti (1817) Camilla Scarampi avrebbe avuto come maestro l’umanista Giuliano Montano, ma l’informazione è da accogliere con cautela; ricevette comunque una buona formazione, che probabilmente incluse anche lo studio del latino, anche se non si hanno notizie di suoi componimenti in questa lingua. Fu dunque una donna ‘educata’, anche se non propriamente ‘erudita’, bene inserita nel contesto della crescente presenza femminile sulla scena letteraria, sempre più ricca e articolata proprio nel passaggio dal XV al XVI secolo.
Entrata nella corte di Beatrice d’Este, si sposò entro il 1500 con Ambrogio Guidobono, di illustre famiglia tortonese. Figlio di Cavalchino II (morto nel 1494), Ambrogio fu pretore a Genova e poi questore ducale, quindi maestro delle entrate a Milano e questore del Magistrato ordinario dal 1503 al 1507; morì certamente prima del 25 novembre 1517, poiché in quella data Sabba Castiglione inviò a Scarampi una lettera consolatoria. Camilla e Ambrogio ebbero due figlie (Antonia, che secondo Bandello si fece monaca a Genova, e Virginia) e due figli (Nicolò Cesare, nato nel 1505 e poi capitano al servizio di Genova, e Fabrizio).
Qualche notizia è giunta sul cognato di Camilla, Gerolamo Guidobono Cavalchini, amico di Renato Trivulzio e poeta volgare e latino, sposato con Ippolita Guasco. Inoltre il 18 febbraio 1513 un Alessandro Guidobono fu nominato vicario generale e sindacatore ducale: non è noto il grado di parentela di Alessandro con il marito della poetessa, Ambrogio, tuttavia queste informazioni confermano la presenza di membri della famiglia Guidobono nell’amministrazione centrale e periferica dello Stato di Milano.
Scarampi visse l’esperienza effimera della Milano sforzesca degli ultimi anni del Quattrocento, di Ludovico il Moro e Beatrice d’Este, destinata a dissolversi con la morte di questa e l’imprigionamento del Moro. Molto probabilmente conobbe e frequentò i poeti e gli artisti che a quella corte erano stati chiamati: Bramante e Leonardo, ma anche Giovanni Antonio Amadeo, Bernardino Butinone, Bernardo Zenale, Gian Cristoforo Romano, Ambrogio Bergognone, e fra i letterati Lancino Curti e Piattino Piatti, il toscano Bernardo Bellincioni, e poi Gasparo Visconti, Niccolò da Correggio, Antonio Fregoso, Serafino Aquilano, Vincenzo Calmeta, Panfilo Sasso.
Grazie ad alcune testimonianze letterarie si può almeno sommariamente delineare la rete delle relazioni della poetessa. Interessante è la notizia della sua amicizia con Panfilo Sasso, di cui informa Castiglione nella già citata Epistola consolatoria, che a sua volta testimonia del legame tra lo stesso Castiglione e Scarampi, che risaliva probabilmente alla comune frequentazione dell’ambiente milanese. Nella dedicatoria a Giacomo Guicciardini, oltre a celebrare le virtù della donna, Castiglione informa di un legame improntato a devozione e amicizia, poi confermato alla fine della lettera, dove si avverte un sentimento di sincera affezione. È però Bandello l’autore che, con maggiore frequenza, ricorda la poetessa, accennando al suo salotto, lodandone le rime e addirittura citando alcuni versi di un suo sonetto. Dedicataria della novella I 13 e ricordata anche come abile narratrice, Scarampi appare ben introdotta nei salotti delle famiglie milanesi più in vista e negli ambienti filosforzeschi descritti da Bandello, cioè in quei salotti e cenacoli che, nell’alternarsi di periodi di dominazione francese e di brevi restaurazioni (Massimiliano Sforza dal 1512 al 1515 e poi, dal 1521, Francesco II), animarono la vita sociale e culturale della città, garantendo una sostanziale continuità.
Se le pagine di Bandello conducono ai primi decenni del Cinquecento, di Scarampi si hanno già alcune notizie a partire dalla fine del XV secolo. Da Valenziano, che entro il 1505 le dedicò Il Camilcleo celebrandone la bellezza e le virtù poetiche, apprendiamo dell’esistenza di una produzione poetica nota in quegli anni almeno all’interno della cerchia locale.
A questo stesso periodo riporta anche l’epigramma De Camilla Scalampa Mediolanensi che Iacopo Sannazaro mandò, nel febbraio 1503, a Iacopo d’Atri perché a sua volta lo inviasse a Isabella d’Este: forse Sannazaro conobbe Camilla Scarampi a Milano nell’estate del 1502, quando egli vi giunse al seguito di Luigi XII insieme a Federico d’Aragona, o, più probabilmente, a Pavia, in quella stessa estate. Poiché l’invio di poesie voleva essere un omaggio a Isabella, quello dell’epigramma su Scarampi lascia pensare che la poetessa fosse figura gradita alla duchessa, che poté incontrarla in uno dei suoi frequenti soggiorni milanesi.
Interessanti indizi si ricavano infine da una canzone di Enea Irpino da Parma, composta sicuramente fra il 1508 e il 1519 e dedicata, nel congedo, proprio a Scarampi, oltre che a Laura Brenzoni (Parma, Biblioteca Palatina, HH.V.31.700): sulla scorta di questi versi si può forse avanzare l’ipotesi che intorno agli anni Dieci le sue rime fossero note anche presso il circolo di Costanza d’Avalos a Ischia, proprio per il tramite di Enea Irpino, che con quell’ambiente era in contatto.
Non si conosce l’anno in cui morì: era sicuramente viva nel marzo 1523, come si ricava da una lettera dell’ambasciatore estense Alberto Bendidio; e lo era probabilmente ancora nella seconda metà degli anni Trenta, quando Bandello la celebrò nel IV dei suoi Canti XI. Nel XII volume della collezione Parnaso italiano si trova la seguente notizia: «noi qui la poniamo, avendo veduto in un manoscritto della Marciana, una volta appartenente ad Apostolo Zeno, esser ella passata in quest’anno [1540] a miglior vita» (Lirici..., 1851). Dunque in un manoscritto di Zeno si troverebbe la data della sua morte: ma il codice non è stato tuttora identificato, e la notizia non è riportata da altre fonti. Un termine ante quem, il 1548, è comunque fornito ancora da Bandello, che nella novella II 40 accenna alla poetessa come già morta da qualche tempo.
Opere. Di Camilla Scarampi sono noti a oggi solo pochi testi (ora riuniti in Tarsi, 2015), probabilmente i soli sopravvissuti di una produzione che dovette essere più copiosa e che è databile solo genericamente agli ultimi anni del Quattrocento e ai primi due o tre decenni del secolo successivo. Pur nella loro esiguità numerica, essi costituiscono un interessante esempio di imitazione del modello petrarchesco, seppure non ancora rigorosa ed esclusiva, e sono l’espressione di una personalità poetica dotata di una propria fisionomia.
Le scelte tematiche richiamano più la poesia petrarchista ortodossa che non quella cortigiana; a Scarampi rimangono estranei motivi specificamente ‘lombardi’ (come quello del ciclo stagionale) e la tendenza alla sperimentazione (anche dal punto di vista metrico), che è invece tipica dell’area lombarda. È una caratteristica che si spiega con la sua educazione, priva di un impianto rigorosamente umanistico, ma anche come frutto di una scelta precisa, non scontata nell’ambiente milanese a questa altezza cronologica (la prima edizione di Petrarca stampata a Milano risale al 1494). Ne risulta una produzione poetica che conserva un tono medio, estraneo alla gravitas poi prescritta da Pietro Bembo e che talvolta corre il rischio di una certa prosaicità.
Fonti e Bibl.: S. Castiglione, Epistola consolatoria a Camilla Scarampa nella morte del marito, Bologna, per Giovanni Maria de’ Simonetti, 1529; Jacobi Sannazarii Opera omnia, latine scripta, Venetiis, in aedibus haeredum Aldi Manutii et Andreae Asulani soceri, mense Septembri 1535; F.S. Quadrio, Storia e ragione d’ogni poesia, II, Milano 1741, p. 382, VII, 1749, p. 74; F. Argelati, Bibliotheca scriptorum Mediolanensium, II, parte I, Mediolani 1745, coll. 1301 s.; Lettera di D. A. Tonso Pernigotti patrizio tortonese al signor G.B. Signorio segretario della città di Tortona contenente notizie di Luca Valenziano, Tortona 1817, p. 17; G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, VII, parte III, Milano 1824, pp. 1740-1742; Lirici del secolo quarto, quinto, sesto e settimo cioè dal 1501 al 1835, Venezia 1851, coll. 548 s.; I Diarii di Marino Sanuto, I, a cura di F. Stefani, Venezia 1879, p. 782; G.M. Monti, Il canzoniere di un’eroina bandelliana, in Id., Studi letterari, Città di Castello 1924, pp. 250-267; G. Bertoni, Il Cieco da Ferrara e altri improvvisatori alla corte d’Este, in Giornale storico della letteratura italiana, XCIV (1929), 4, p. 278, nota 1; M. Bandello, Tutte le opere, I-II, Milano 1966, II, p. 908; A. Berruti, Tortona insigne, Tortona 1978, pp. 310-331; U. Rozzo, Un personaggio bandelliano: la poetessa Camilla Scarampa, in Matteo Bandello novelliere europeo. Atti del Convegno... 1980, Tortona 1982, pp. 419-437; L. Valenziano, Camilcleo, in Id., Opere volgari, a cura di M.P. Mussini Sacchi, Tortona 1984, pp. 36-56; M. Bandello, Le novelle, I-IV, a cura di D. Maestri, Alessandria 1992-1996, I, pp. 50, 116, 406, II, p. 360, III, pp. 84, 114, 121, IV, pp. 108, 134; M.C. Tarsi, Una poetessa nella Milano di primo Cinquecento: C. S. (e di un sonetto conteso a Veronica Gambara), in Giornale storico della letteratura italiana, CXCII (2015), 3, pp. 414-451 (con bibliografia).