SAINT-SAENS, Camille
Musicista, nato a Parigi il 9 ottobre 1835, morto ad Algeri il 16 dicembre 1921. Nel 1842 iniziò i suoi studî musicali sotto la guida del pianista C.-M. Stamaty, e presto li condusse a compimento presso P. Maleden, E. Benoît e D. Halévy. Precocissimo, a 5 anni leggeva senza sforzo partiture d'orchestra, componeva piccoli pezzi abbastanza chiari e corretti, improvvisava variazioni su melodie udite anche soltanto una volta. Nel 1846 diede il suo primo grande concerto pubblico, alla Salle Pleyel, eseguendo a memoria il concerto in si-b di Mozart, quello in mi-b di Beethoven, una fuga e un tema variato di Händel, un preludio e fuga di Bach e una toccata di Kalkbrenner. Come compositore esordì nel 1852 con una sinfonia in la minore, eseguita sotto la direzione di F.-J.-B. Seghers senza indicazione del nome dell'autore. L'impressione fu assai buona, e si pose in rilievo la sicurezza del costruttore, oltre a pregi singolari di sensibilità armonistica e strumentale. Questi riconoscimenti però cedettero subito a un diffidente riserbo quando si seppe che l'autore era il S.-S., allora nemmeno diciassettenne, e che - per di più - la sinfonia era già composta da un anno circa. Nello stesso anno 1852, presentatosi al concorso per il Prix de Rome, non ottenne che una distinzione secondaria, ma intanto vedeva assegnare il primo premio, in un concorso bandito dalla Società di S. Cecilia, ad una sua Ode in gloria della Santa. Questo lavoro fu eseguito con ottimo esito nel dicembre di quell'anno e ripreso poi altre volte. Nel 1853 il S.-S. diventa organista a S. Merry e nel '57 alla Madeleine. Intanto continuava l'attività di compositore, vincendo tra l'altro un nuovo concorso di S. Cecilia (1856) con una II Sinfonia. Nel '61 assume la cattedra di pianoforte alla scuola Niedermeyer, che gli varrà allievi come G. Fauré, E. Gigout e A. Messager. Come pianista viene acquistandosi grande rinomanza per quelle doti di nobiltà stilistica, nitidezza di tecnica, che fino alla più tarda età saprà conservare. Al conservatorio persistevano - nonostante tutto - le opposizioni contro di lui, e nel '64 gli viene nuovamente negato il Prix de Rome. In questo periodo lavora, oltre che a musiche da camera, sinfoniche e chiesastiche, anche ad opere teatrali, che non saranno però eseguite che alcuni anni dopo la composizione, né avranno del resto durevole favore: La Princesse jaune e Le timbre d'argent. Migliore la sorte delle altre musiche, tra le quali una cantata Les noces de Prométhée riporta il premio nel concorso indetto nel 1867 in occasione dell'esposizione universale di Parigi.
La sua notorietà di compositore e di pianista va diffondendosi anche oltre i confini di Francia, grazie alla stima da lui meritatasi presso maestri come F. Liszt, A. Rubinstein e perfino presso Wagner.
Un passo decisivo verso posizioni più propizie alla fortuna della propria carriera artistica è compiuto dal S.-S. nel 1871 col partecipare alla fondazione di quella Société nationale de musique che da allora costituirà il centro più importante della nuova vita musicale francese, sostenendo le opere non solo del S.-S. ma di tutti i sinfonisti allora osteggiati come astrusi novatori, e riuscendo a migliorare notevolmente il gusto musicale del pubblico. Più difficile la conquista dei teatri parigini: le prime opere non giunsero ad esecuzione se non dopo molti anni, mentre il capolavoro drammatico del S.-S., Samson et Dalila (su libretto di F. Lemaire), rifiutato a Parigi, era rappresentato a Weimar sotto la direzione di F. Liszt (per interessamento del quale l'opera era stata portata a compimento) nel 1877. Erano stati intanto composti molti lavori non teatrali, tra i quali i poemi sinfonici Le rouet d'Omphale, Phaëton, Danse macabre, La jeunesse d'Hercule, i primi quattro concerti per pianoforte, il primo concerto per violino e il primo per violoncello, oltre varie pagine da camera, da chiesa, ecc. S.-S. è già da allora tra i più celebri maestri francesi. Inviti ed onori gli vengono dall'Inghilterra, dalla Germania, dall'Austria, dalla Russia, e questi paesi egli visita in giri di concerti, presentando - ovunque con grande plauso - le sue migliori composizioni. Nell'81 entra all'Institut de France, e vede finalmente aprirsi per le sue opere le porte dei teatri di Parigi. Ai quali egli darà una serie di lavori di ogni genere, dall'opera seria, concepita secondo la tradizione del Grand-Opéra, alla comica, dal balletto alla "scène dramatique" (genere coltivato quasi unicamente dal S.-S.), i quali, accolti tutti con rispetto, alcuni (Henry VIII, del 1883) con viva ammirazione, non sapranno però raggiungere la solida fortuna del Samson, mentre il cammino del sinfonista, ancora ascendente, raggiungerà la sua maggiore altezza nella III Sinfonia in do minore, del 1886.
L'attività del compositore, unita a quella dell'interprete (il S.-S. amava prender parte, come solista specialmente ma anche come direttore, alle esecuzioni delle proprie opere), continua così e si svolge assai feconda per molti anni ancora. Di salute non molto forte, il maestro deve però cercare ormai sempre più spesso climi più miti, e tornare nelle terre del Sud, specialmente in Africa.
Così negli ultimi anni continuano ad apparire nuove composizioni, specie da camera: quartetti, sonate, ecc., sempre chiare e disinvolte, ma quasi mai si ripresenta il vecchio concertista. Carico di anni e di onori, egli termina in Africa i suoi giorni, durante uno dei suoi abituali periodi di cura.
L'arte del S.-S. è stata variamente giudicata nel mondo dei musicisti. Dapprima osteggiata, specialmente in Francia, come espressione d'una mentalità povera di caratteri nazionali, tutta cerebralmente intesa a costruzioni sinfoniche di modello germanico, quest'arte non ebbe che ad attendere un certo miglioramento della cultura musicale dell'ambiente parigino (mercé l'opera della Societé nationale) per vedersi rapidamente alzata a esponente della più alta e più ricca coscienza sinfonica del suo popolo. Tedeschi, Inglesi, Italiani conobbero - tra i sinfonisti di Francia - quasi soltanto l'autore della Danse macabre e della III Sinfonia, mentre il Samson prendeva posto nei repertorî subito dopo il Faust, la Carmen e la Mignon. Ma eran già mature - a questo punto - le condizioni che permettevano l'emersione, quasi si potrebbe dire "la scoperta", della ben più profonda, più solida, più originale figura sinfonica di C. Franck, seguita da una schiera di giovani devoti e agguerriti. Di fronte al quartetto di C. Franck tutta la musica da camera del S.-S. fu giudicata vuota di pensiero e d'interiori ragioni affettive e non molto ricca di interesse architettonico; le grandi composizioni corali-orchestrali non ressero il confronto con le Béatitudes, per ragioni analoghe. Rimanevano cosi non molte pagine: Samson et Dalila, la III Sinfonia, qualche concerto, ed anche queste non si salvarono dall'accusa di accademica frigidezza. Lo stesso Samson cominciava del resto a retrocedere, nei teatri, di fronte alle opere - molto più vicine alla sensibilità del pubblico - dell'allievo di A. Thomas: J. Massenet. Da questa parte si trovava l'opera del S.-S. troppo profonda e di natura troppo religiosa per il teatro: si tendeva a respingerla nell'Oratorio. Non si può dire che negli ultimi tempi tale posizione del S.-S. nel mondo dei musicisti e dei pubblici sia molto mutata. Né l'impressionismo d'anteguerra né le varie reazioni antiromantiche dei nostri giorni hanno infatti consentito un ripensamento di tale poetica e di tale prassi. È però possibile, già oggi, notare nell'opera di S.-S. alcuni caratteri generali abbastanza positivi: la naturalezza del discorso musicale (che sembra emulare - e che forse realmente lo può, se si prescinda dal valore umano dei concetti manifestati - quella d'un Mozart); naturalezza che giustifica la prodigiosa fecondità mostrando la musica come lo stesso linguaggio del S.-S. Il che spiega anche la mirabile chiarezza e proprietà di questo discorso, la cui sintassi può agire, pur scevra da ogni esibizionismo, in perfetta sufficienza struttiva. Il compositore si esaurisce spesso in questo suo eloquio, e dà ora nel comune, ora nell'accademico. Ma non mancano nella sua vasta produzione anche pagine in cui il giuoco di questo lucidissimo intelletto con le entità sonore da esso chiamate e poste in rapporto finisce per attrarre anche noi nei suoi concentrici cerchi. E nella III Sinfonia da quei cerchi si vien creando un mondo in cui l'intelletto si supera in tragica pienezza umana. Arte che si può non amare - come è difficile amare quella, pur di tanto superiore ma psicologicamente vicina, di un J.-Ph. Rameau - ma non sempre negare. La delicata fioritura di melodie e di risonanze che si leva intorno a Dalila, l'austera, cupa grandiosità - se non grandezza - dell'architettura della III Sinfonia, l'energica, lucente volontà dei concerti ben possono documentare - meglio che le rapite estasi del grande Franck di Liegi - le qualità positive tipiche dello spirito musicale della Francia ottocentesca.
Composizioni: L'elenco completo s'estende a 169 0pere numerate e a una quarantina fuor di numerazione. Tra le principali vanno ricordate: 15 opere teatrali e 7 tra scènes dramatiques, balletti e musiche di scena; 13 fra cantate e oratorî, 3 sinfonie (di 5 composte, 2 sono ripudiate) quattro poemi sinfonici, 5 concerti per pianoforte, 2 per violino e 2 per violoncello, pezzi sinfonici in varie forme: dall'Ouverture alla Rapsodia, dalla Romanza alla Suite, al Capriccio di genere; la Fantasia per 10 strumenti, Le carnaval des animaux (è in questo lavoro, il quadro Le cygne, reso celebre anche per l'interpretazione mimica della danzatrice Anna Pavlova), un Settimino, un Quintetto, due Quartetti, due Trii, molte sonate (di cui le ultime per strumenti a fiato e pianoforte); le Variazioni su di un tema di Beethoven per 2 pianoforti; messe, mottetti, liriche, ecc.
Scrisse inoltre saggi di critica musicale (notevole Harmonie et Mélodie, Parigi 1885), di scienze astronomiche, memorie autobiografiche, poesie, commedie ecc.
Bibl.: Della ricca bibliografia citiamo: R. Rolland, S.-S., in Musiciens d'aujourd'hui, Parigi 1903; J. Bonnerot, C. S.-S. Sa vie et son œuvre, 2ª ed., ivi 1923; J. Montargin, C. S.-S. L'œuvre, l'artiste, ivi 1919; G. Servières, S.-S., 2ª ed., ivi 1923; J.-G. Prodhomme, Camille Saint-Saëns, in Rivista musicale italiana, 1922.