ARA, Camillo
Nato a Trieste il 17 genn. 1876, studiò a Vienna, ove si laureò in giurisprudenza nel 1897. Due anni prima era uscito dalla comunità israelitica di cui faceva parte. Partecipò alle lotte politiche della sua città, contribuendo, nel 1898, a fondare insieme con R. Jersellitz e C. Piccoli l'associazione giovanile irredentista "Lega dei giovani". Sciolta questa dalla polizia l'anno successivo, l'A. entrò poco dopo nelle maggiori organizzazioni del partito liberal-nazionale, che in quel momento attraversava un grave periodo di crisi. Dopo la vittoria elettorale del 1897, la scissione, nel 1899, dell'ala democratica del partito, che propugnava una più forte accentuazione del motivo sociale rispetto a quello nazionale, e che riluttava all'eccessivo accentramento dell'organizzazione imposto dal capo del partito F. Venezian, aveva iniziato questo periodo di crisi, portando alla parziale sconfitta elettorale del 1901. La sconfitta, tuttavia, indusse i due schieramenti dei liberali e dei democratici a un ripensamento dei reciproci atteggiamenti, dal quale scaturì nello stesso anno un'associazione unitaria diretta da G. Benussi e in cui l'A. ebbe il compito di mantenere i contatti con le associazioni giovanili, che si andavano allora ricostituendo: ruolo importante, dato l'interesse che il partito liberal-nazionale portava naturalmente ai problemi della formazione scolastica e universitaria dei giovani. L'A. fu pure di quel ristretto comitato d'azione che F. Venezian aveva chiamato a dirigere la politica del partito. Riconquistate parzialmente le, posizioni elettorali perdute, la situazione divenne nuovamente critica nel 1906, con l'introduzione del suffragio universale, attraverso il quale l'Austria, non potendo contare su un partito specificamente governativo, tentava di avvalersi dell'appoggio più o meno volontario degli Slavi, di cui da tempo favoriva la continua immigrazione ed espansione economica, e dei socialisti, che in quegli anni andavano conquistando larghi settori del proletariato. Il suffragio universale, rendendo più acuti i contrasti interni della cittadinanza, determinò nelle elezioni politiche del 19o7 una grave sconfitta del partito italiano. Morto nel 1908 F. Venezian, gli successe alla direzione l'A., che con la sua opera di mediatore tendeva a sopire le polemiche mai interrotte delle frazioni. Circondato da validi collaboratori, egli procedette a una migliore organizzazione interna del partito, in modo da poter riconquistare le masse proletarie. Attraverso T. Mayer l'A. strinse contatti continuativi con il governo italiano, con la "Dante Alighieri", con la massoneria; proseguì inoltre l'azione di F. Venezian con la ripresa del tentativo d'intemazionalizzazione del problema triestino, in concomitanza con la crisi orientale (missione di Attilio Hortis presso Clemenceau). Questa impostazione politica ottenne i suoi frutti nelle elezioni amministrative del 1909 e del 1913 e in quelle politiche del 1911. Oltre che alla direzione del partito liberal-nazionale, l'A. svolse anche, a partire dal 1909, un'opera attiva nel consiglio comunale della città: egli presiedette infatti la commissione scolastica, controllando così quel settore fondamentale della politica dei partito che era la scuola.
Costretto dallo scoppio della guerra a compiere frequenti viaggi in Italia, per favorirvi e organizzarvi l'emigmione giuliana, l'A. s'inserì nell'attività dell'associazione "Trento-Trieste", contribuendo agli sforzi che essa spiegava per convincere i circoli governativi italiani all'intervento armato. Si trovò a fianco in questa opera il fratello maggiore Giuseppe, che fu anch'egli sempre profondamente impegnato nella battaglia patriottica a Trieste. Fuggito da Trieste, dopo essersi accordato con il socialista Puecher, cui aveva affidato, la difesa della italianità della città, e trasferitosi a Roma nei primi mesi del 1915, l'A. divenne insieme con T. Mayer collaboratore di G. Giuriati, che dirigeva l'associazione "Trento-Trieste" da Venezia: sempre con il Mayer, fimse da intermediario tra il Giuriati e il governo italiano, per un progetto diretto a provocare la guerra mediante un colpo di mano che il Giuriati doveva compiere in Friuli. Questo progetto venne meno per lo scoppio della guerra, cui l'A. partecipò come volontario, assegnato all'ufficio "Affari civili" aggregato al Comando Supremo, con il compito di preparare progetti e riforme per le provincie che sarebbero entrate a far parte dello stato italiano.
Rientrato a Trieste con le truppe italiane il 3 nov. 1918, si adoperò a che queste sbarcassero anche a Fiume. Comprese immediatamente come, dopo la liberazione, non vi fosse più spazio politico per il partito che egli dirigeva, la cui struttura egli non riteneva più adeguata ai problemi del momento.
Ritiratosi dalla lotta politica, l'A. si dedicò poi completamente alla sua professione di avvocato, ma contribuì anche, mediante molteplici incarichi nel mondo industriale, commerciale e fìnanziario, allo sviluppo e all'inserimento dell'economia giuliana in quella nazionale. Ma al centro dei suoi interessi rimase ancora la questione scolastica e universitaria, ultimo legame con la sua attività politica dell'anteguerra: la sua opera alla presidenza del Consorzio provinciale per l'istruzione tecnica, e alla presidenza del consiglio di amministrazione dell'università furono improntate sia a quell'ideale di corretta amministrazione che sempre lo contraddistinse, sia alla valorizzazione e all'inserimento della gioventù nella vita nazionale. Fu anche presente nell'opera di riorganizzazione del giornale Il Piccolo.
La posizione di notevole rilievo che l'A. occupava negli ambienti economici, il prestigio che gli derivava dalla ininterrotta lotta per gli ideali irredentistici, furono i motivi per cui il fascismo locale tentò di attirarlo nella sua sfera di influenza: nel 1924, infatti, in concomitanza con la politica di assorbimento delle correnti conservatrici del vecchio liberalismo, fu offerta all'A. la tessera del fascio, che, però, egli rifiutò, gesto che gli valse diverse persecuzioni. In seguito il suo atteggiamento mutò, ed egli accettò allora d'inserirsi nel regime, con una funzione, tuttavia, congeniale con il suo ideale liberale di una corretta amministrazione della cosa pubblica.
Nel 1932 egli divenne presidente della Sofindit; assorbita questa, nel 1934, dall'Istituto di Ricostruzione Industriale (I.R.I.), ne divenne vice-presidente, carica che continuò a mantenere fino al 1937. Il 1938, che vide l'applicazione in Italia delle leggi razziali, rappresentò la fine delle sue attività, in quanto fu costretto per la sua origine ebraica ad abbandonare tutti gli incarichi. Scoppiata la guerra e successivamente occupata Trieste dalle truppe tedesche nel 1943, egli si rifugiò a Roma per sottrarsi alle persecuzioni razziali. Liberata la capitale, riprese i contatti con il governo italiano, preoccupato della sorte di Trieste.
L'A. morì a Roma il 9 sett. 1944; le sue spoglie vennero traslate nella città natale.
Bibl.: A. Tamaro, Storia di Trieste, II, Roma 1924, pp. 531, 538, 553, 567, 571, 572; G. Giuriati, La vigilia, Milano 1930, pp. 36, 284, 304, S. Benco, Il "Piccolo" di Trieste, Milano 1931, pp. 138, 157, 176, 215; R. Alessi, in Il Giornale di Trieste, 6 novembre 1949; A. Scocchi, Gli Ebrei di Trieste nel Risorgimento ital., in Rass. stor. d. Risorg., XXXVIII (1951), pp. 639, 657; Id., Trieste viva, Roma1954, pp. 1-13, 43, 60, 61, 62, 101, 168, 294, 295.