ASTALLI, Camillo
Nacque a Sambuci, presso Tivoli, il 21 ott. 1616 da Fulvio e da Caterina Pinelli; studiò al Collegio romano e seguì i corsi di diritto civile ed ecclesiastico alla Sapienza, dove si addottorò il 2 apr. 1640. Privo di mezzi finanziari adeguati (la famiglia Astalli, di antica nobiltà, era economicamente decaduta), di relazioni importanti, senza particolari capacità politiche, "adorno di quelle qualità di lettere, che bastano per far strada alle Prelature, ma niente di più oltre" (G. Giustiniani), con una personalità, insomma, sbiadita e irrilevante, le più alte cariche della Curia sembravano essergli precluse, e per molti anni egli dovette limitarsi ad esercitare l'ufficio di avvocato concistoriale, sino a che, per uno straordinario colpo di fortuna, fu assunto a una posizione di grandissimo prestigio ed autorità, che, pur durata pochissimo, cambiò radicalmente le sue sorti e quelle della sua dissestata famiglia. All'origine dell'eccezionale mutamento furono le nozze di un suo frateuo, Tiberio, con Caterina Maidalchini, nipote di donna Olimpia Maidalchini Pamphili. L'A. venne così a trovarsi imparentato, sia pure alla lontana, con l'onnipotente cognata di Innocenzo X, la quale, ansiosa com'era di allargare la sua clientela tra la nobiltà romana, prese a proteggerlo e lo convinse a impegnare quasi tutto il suo scarso patrimonio nell'acquisto di un chiericato di Camera. In questa nuova carica l'A. servì con tanta umile deferenza il segretario di stato, cardinale G. Panciroli, che questi presentò la sua candidatura alla carica di cardinal nepote, rimasta vacante per la rinunzia alla porpora di Camillo Pamphili.
Il Panciroli contava naturalmente non soltanto sulla fedeltà, ma anche, soprattutto, sull'inesperienza e sulle scarse doti politiche dell'A., che gli avrebbero impedito di scaval5are la segreteria di stato. Meno chiari sono invece i motivi per i quali Innocenzo X finì per cedere alle pressioni del suo consigliere: probabilmente si lasciò trasportare dal risentimento verso i suoi familiari che lo avevano ripetutamente deluso; comunque, nel concistoro segreto del 19 sett. 1650, creò l'A. cardinale prete del titolo di S. Pietro in Montorio, lo adottò nella famiglia Pamphili, autorizzandolo a usarne il nome e lo stemma, lo dichiarò "cardinal padrone", con le prerogative d'uso del governo di Fermo e della legazione di Avignone, gli assegnò una rendita di 30.000 scudi e gli fece dono di 10.000 ducati, del palazzo Pamphili in piazza Navona e della villa fuori Porta S. Pancrazio.
Il gesto inaspettato del pontefice lasciò attonita la corte e colpi duramente donna Olimpia, che, maestra d'intrighi e sempre vigile custode del prestigio e degli interessi della famiglia del papa, da questo momento attese incessantemente alla rovina del Panciroli e dell'Astalli. Del resto, anche l'accordo tra il segretario di stato e il nuovo cardinal padrone venne meno assai presto, non rassegnandosi l'A. al ruolo secondario al quale lo destinava il suo protettore e tramando ai danni del Panciroli insieme con gli stessi Pamphili. In brevissimo tempo gli intrighi dei cardinal nepote e della famiglia Pamphili resero così inviso a Innocenzo X il vecchio segretario di stato, che questi dovette abbandonare la carica e la corte. Ma fu un effimero successo per l'A., che, rimasto solo alla direzione della Curia, non tardò a rivelare i suoi limiti e a perdere completamente la fiducia del pontefice: la sua situazione a corte divenne particolarmente critica allorché successe al Panciroli nella segreteria di stato un uomo di notevolissime capacità come il nunzio a Colonia Fabio Chigi, il futuro Alessandro VII, e divenne insostenibile quando Innocenzo X si riconciliò con donna Olimpia.
Fu lo stesso A. ad offrire a donna Olimpia l'occasione di colpire chi aveva mortilicato il suo prestigio e quello della sua famiglia. Per sottrarsi al completo isolamento politico egli aveva finito per legarsi strettamente al govemo di Madrid, col quale si manteneva in contatto attraverso il nunzio in Spagna Camillo Massimo, suo lontano parente; e quando, al principio del 1654,donna Olimpia e la famiglia Barberini, col favore di Innocenzo X, intrapresero segreti preparativi per una spedizione di dodicimila uomini contro il Regno di Napoli, del quale il pontefice intendeva rivendicare il donúnio, l'A. si preoccupò di informarne Filippo IV. Naturalmente gli Spagnoli si affrettarono a prendere le misure dei caso e il papa e i suoi consiglieri non tardarono a rendersi conto di essere stati traditi. Un protetto di donna Olimpia, il segretario della Cifra Decio Azzolini, riusci a dimostrare la responsabilità dell'A., che il papa decise di punire allontanandolo da Roma e inviandolo a reggere il vescovato di Ferrara (3 febbr. 1654).
L'A. probabilmente non comprese quanto fosse grande ormai l'ira del papa contro di lui e cercò di opporre resistenza al provvedimento: fu allora espulso dalla corte con la perdita di tutti i diritti, cariche e rendite, venne annullata la sua adozione nella famiglia Pamphili e fu obbligato a non allontanarsi dal suo feudo di Sambuci. L'A. rimase in esilio sino alla morte di Innocenzo (1655), non avendo voluto accettare un breve assolutorio inviatogli dal papa morente, perché voleva che gli fossero insieme restituite tutte le sue rendite. Tornato a Roma per il conclave, ostentò il suo odio per il papa defunto presentandosi al funerale senza i rituali indumenti del lutto. Prese parte al conclave militando fra i cardinali favorevoli alla Spagna. Alessandro VII lo riammise alla corte e gli restituì una parte dei suoi benefici. Filippo IV volle compensarlo di quanto aveva subito per le sue simpatie filospagnole, nominandolo protettore del Regno di Napoli e di Sicilia e facendogli ottenere, il 14 luglio 1661, il vescovato di Catania. Nel 1662 l'A. indusse Alessandro VII ad autorizzare la celebrazione con rito doppio dell'ufficio di S. Agata in tutta la Sicilia.
L'A. morì a Catania il 21 dic. 1663 e fu seppellito nella cappella di S. Agata della cattedrale.
Fonti e Bibl.: Relazioni di Roma di Giovanni Giustiniani ambasciatore ordinario a Innocenzo X, in N. Barozzi-G. Berchet, Le relazioni della corte di Roma lette al Senato dagli ambasciatori veneti nel sec. XVII, I, Venezia 1877, pp. 93 ss.; I. Ciampi, Innocenzo X Pamfili e la sua corte, Roma 1878, pp. 119 ss.; L. Boglino, La Sicilia e i suoi cardinali, Palermo 1884, pp. 62 s. e tav. IV, n. 47; L. V. Pastor, Storia dei Papi, XIV, 1,Roma 1932, pp 32-36, 143, 145, 201, 210, 275, 293, 297, 301 311; P. Gauchat, Hierarchia catholica..., IV,Monasterii 1935, pp. 29, 47, 142; G. Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, III, p. 83.