BOITO, Camillo
Architetto, nato a Roma il 30 ottobre 1836, morto a Milano il 28 giugno 1914. È stato una delle figure più importanti e più rappresentative dell'architettura e della cultura artistica italiana nella seconda metà del secolo XIX e nell'inizio del XX. Fu studente in Germania, in Polonia ed a Padova, passò finalmente all'Accademia di belle arti di Venezia, dove, appena compiuti gli studî, successe al marchese Selvatico nella cattedra di architettura. Ma nel 1859 una minaccia di arresto da parte del governo austriaco lo costrinse a riparare in Milano, già liberata. Ivi fu chiamato, appena ventiquattrenne, a succedere nell'accademia di Brera allo Schmidt, nella cattedra di architettura che egli tenne per ben quarantotto anni.
Il B. ha recato, nelle gravi contingenze in cui si dibatteva allora l'architettura italiana, il sussidio, non tanto d'una energia d'arte, quanto d'una elevatezza di pensiero, e soprattutto di una cultura storico-artistica veramente superiore, che ne fa forse il vero fondatore degli studî di storia dell'architettura in Italia. Scrittore elegante e critico profondo, egli volse il suo versatile e brillante ingegno ai temi più diversi: dagli articoli sullo Spettatore e sul Crepuscolo, alle novelle (Storielle vane, L'anima d'un pittore, Gite d'un artista ecc.), ai volumi ponderosi, alle innumerevoli relazioni su questioni di edilizia e d'arte. Sono sue opere principali: un vasto studio sul Duomo di Milano (Il duomo di Milano, Milano 1889); una grande raccolta, a scopo didattico e divulgativo, di ornati di vario tempo (Ornamenti di tutti gli stili, Milano 1888); la rivista Arte italiana decorativa ed industriale, da lui fondata e diretta con analoghi intenti; e i due volumi Architettura del Medioevo in Italia (Milano 1880), e Questioni pratiche di belle arti (Milano 1893), in cui egli ha raccolto varî saggi già pubblicati: nel primo sono riprodotti gli studî sui Cosmati, sull'architettura medievale in Sicilia, su Santa Maria del Fiore di Firenze ed i progetti per la sua facciata, ecc.; nel secondo, le considerazioni sui concorsi artistici, sull'insegnamento dell'architettura e soprattutto sui restauri dei monumenti.
In questo campo appunto del restauro dei monumenti egli è stato, ed in parte può dirsi è ancora, il legislatore indiscusso. Con gli scritti, coi pareri dati in seno alla Giunta superiore delle belle arti, a cui ha appartenuto per un lunghissimo periodo, ed un poco anche con la sua diretta opera di restauratore, ad esempio nel S. Antonio di Padova, egli ha tracciato la via da seguirsi nei restauri moderni, determinando saldamente quello che può dirsi il criterio ufficiale sul complesso tema, più arduo certo in Italia che non in qualunque altra nazione per la grandiosità e la varietà del suo patrimonio monumentale. L'armonica unione che era in B. tra le qualità dell'architetto e quelle dello studioso, il bell'equilibrio della sua mente, la chiarezza della sua cultura, gli hanno consentito di trovare la giusta formula da contrapporre alla scuola, fin allora imperante, del Viollet-le-Duc, che intendeva riportare i monumenti all'unità stilistica, ovvero ai concetti unilaterali dei tecnici, solo preoccupati di eseguire consolidamenti ad oltranza, o degli archeologi o degli storici d'arte, che nulla vorrebbero mutato nelle opere architettoniche e decorative del passato, da loro considerate più nei loro elementi di studio che nella loro viva funzione d'arte.
E la formula del B. implica il rispetto alle espressioni di vario tempo sovrapposte sul monumento purché abbiano intenzione d'arte, la prevalenza data al restauro costruttivo su quello artistico, e l'affermazione del carattere di semplicità e di aspetto moderno in quelle opere che ragioni tecniche di rinforzo o ragioni pratiche di adattamento richieggano di aggiungere all'edificio antico.
Nella prefazione del volume ora citato su l'Architettura del Medioevo in Italia il B. espone incidentalmente i suoi principî sui nuovi mezzi e sulle nuove tendenze dell'architettura moderna italiana. Le forme medievali di vario tempo e di varia origine avrebbero dovuto essere studiate ed assimilate e fuse nelle moderne composizioni; poiché nella libertà spontanea e nella varietà inesauribile di quella produzione di architetti e di artefici dell'età di mezzo, nella facoltà assimilatrice dei più diversi concetti stilistici che in essa spesso si manifesta, il B. vedeva mezzi agili di adattamento ai tempi moderni e di ricollegamento alla nostra tradizione ben più che in qualunque altra corrente stilistica. Egli, affascinato dal suo stesso entusiasmo e dalla sua stessa eloquenza, non s'accorgeva che quelle forme, talvolta mirabili, avevano un significato solo nel loro ambiente e che appunto per la loro spontanea e libera vivezza erano lontane dagli schemi regolarmente geometrici moderni, e quindi non suscettibili di imitazioni senza cadere nel falso e nell'ibrido.
L'attività architettonica del B. ha quasi sempre seguito tali precetti, sovrapponendo reminiscenze di forme e di ornati bizantini o lombardi a organismi che nel loro tipo simmetrico e longitudinale rispondevano a un senso di classica proporzione. Notevoli fra le sue opere sono in Padova il palazzo delle Debite, il museo ed il fabbricato scolastico presso la loggia Carrarese, in Venezia lo scalone del palazzo Franchetti, in Gallarate l'edicola funeraria della famiglia Ponti, a Milano la casa di riposo dei musicisti.
Nell'insegnamento dell'architettura ebbe il B. l'alto merito di affermare l'importanza essenziale dell'unione della cultura umanistica, della preparazione tecnica e del tirocinio artistico, e di concretarla, d'accordo col Colombo, nelle istituzioni del politecnico e dell'accademia di Brera in Milano, sicché egli può dirsi un precursore dei concetti attuali d'insegnamento integrale. Come metodo didattico fu forse esageratamente liberista; poiché lungi dal plasmare tutti gli allievi in uno stampo, li incitava ad affermazioni personali rispondenti al loro animo, e i risultati concreti della scuola del B., non si possono dire, nel loro complesso, felici.
In ogni modo tutta la multiforme operosità del B., pur in quelle manifestazioni che a noi possono sembrare errate, è stata costantemente ispirata a una vera elevatezza, e ha pertanto validamente contribuito alla nuova valorizzazione dell'architettura italiana, anche se questa avviene per vie diverse da quelle da lui intravvedute.
Bibl.: G. Marangoni, Artisti contemp. C. B., in Emporium, XXVII (1908), pp. 405-22; Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, IV, Lipsia 1910; C. B., A cura del comitato per le onor. alla sua memoria, Milano 1916.