BOLDONI, Camillo
Nato a Barletta il 15 nov. 1815 da Michele, colonnello di artiglieria, entrò nel collegio militare di Napoli nel 1826. Nel 1835, già sottotenente, passò nell'arma di artiglieria e nel 1848, col grado di capitano, prese parte alla prima guerra di indipendenza col corpo di spedizione napoletano inviato nel Veneto sotto il comando di Guglielmo Pepe. Quando Ferdinando II di Borbone, abbandonando l'impresa, richiamò nel Regno delle Due Sicilie le sue forze militari, il B. fu tra gli ufficiali, come Pepe, Ulloa, Cosenz, i due Mezzacapo, Carrano e altri, che preferirono continuare a battersi per la causa della indipendenza italiana, sciogliendosi dal vincolo di fedeltà che li legava alla dinastia borbonica.
Combatté con abilità e coraggio in difesa di Venezia assediata dagli Austriaci (1848-49), distinguendosi nei fatti d'arme di Mestre, Marghera, forte di Brondolo e casa Trevisani. Dopo la capitolazione della città si recò esule nel Piemonte, dove visse modestamente e piuttosto appartato fino al 1859.
In occasione della seconda guerra d'indipendenza fu chiamato in servizio dal governo piemontese col grado di luogotenente-colonnello e gli fu affidata l'organizzazione dei circa 3.000 volontari inquadrati nel reggimento Cacciatori dell'Appennino. Iniziate le ostilità, il B., anziché ottemperare all'ordine di Garibaldi di raggiungerlo nel nord del Piemonte, preferì attenersi alle disposizioni impartitegli da Alfonso Lamarmora, ministro della Guerra, che interpretava le direttive dei circoli militari e moderati tendenti a limitare al massimo il contributo dei volontari garibaldini, e marciò su Piacenza, che liberò e occupò prima ancora dell'arrivo delle truppe francesi di Napoleone III. L'episodio provocò indignazione, risentimento e polemiche in Garibaldi e nei democratici. Il B. comandò successivamente il 2º reggimento della brigata Cacciatori delle Alpi, che venne trasformato poi nel 52º fanteria.
Nell'agosto 1860, mentre Garibaldi, liberata la Sicilia, si accingeva a sbarcare nel Mezzogiorno continentale e la dinastia borbonica si dimostrava impotente a fronteggiare il moto liberale e unitario, Cavour inviò nelle province meridionali numerosi ed esperti agenti civili e militari per tentare di ottenere l'adesione dell'esercito borbonico al moto unitario e per provocare un'azione insurrezionale che conquistasse il potere prima dell'esercito garibaldino.
Il B. venne inviato in Basilicata dal moderato Comitato dell'Ordine di Napoli. Il suo compito fu prevalentemente militare, essendo stato incaricato di organizzare e disciplinare le forze insurrezionali mobilitate dai proprietari liberali lucani. Il movimento promosso in Corleto Perticara, con l'apporto di altri centri della provincia, s'impadronì di Potenza il 18 ag. 1860, quando Garibaldi si trovava ancora sullo Stretto di Messina.
Quindi la prodittatura moderata-democratica lucana, impersonata da Giacinto Albini e Nicola Mignogna, affidò al B. il comando di tutte le forze insurrezionali della provincia.
Fronteggiato un timido tentativo di truppe regolari borboniche di riconquistare Potenza, il B. dispose l'irradiamento verso le province finitime di cinque colonne armate, per favorire il dilagare dell'insurrezione e mantenere nell'ordine le masse contadine diffidenti verso il moto unitario e in fermento per la rinnovata aspirazione alla occupazione delle terre demaniali e contestate. Il B. appoggiò personalmente la contrastata instaurazione di un governo provvisorio liberale-unitario in Altamura, nel Barese.
Nei primi giorni del settembre 1860 Garibaldi, avanzando rapidamente verso Salerno, confermò da Casalbuono al B. il comando degli insorti (c. 3.000), inquadrati nella brigata dei Cacciatori Lucani, in seguito denominata Brigata Lucana e incorporata nella divisione Cosenz. Il B. guidò la brigata fino a Napoli, dove entrò il 19 settembre. Qui la dittatura garibaldina, in quel momento controllata dai democratici, lo allontanò piuttosto bruscamente dal comando, considerandolo un esecutore ligio delle direttive cavouriane che chiaramente miravano ad impedire un'avanzata garibaldina verso Roma e ad assumere il controllo del processo "rivoluzionario" sviluppatosi in tutto il Mezzogiorno.
Eletto deputato alla Camera per il collegio di Corleto Perticara nella VIII legislatura (1861), il B. comandò, quindi, il 42º reggimento fanteria e organizzò poi la guardia nazionale mobile dell'Aquila e di Bologna. Nel 1866, in occasione della terza guerra d'indipendenza, inquadrò i sei battaglioni arruolati nel dipartimento di Napoli. Gli venne quindi affidato il comando degli Invalidi e dei Veterani di Napoli. Collocato a riposo nel 1872 col grado di maggiore-generale, morì in Napoli il 3 genn. 1898.
Bibl.: M. Lacava, Cronistoria documentata della rivoluzione inBasilicata del 1860, Napoli 1895, pp. 812-817; G. Racioppi, Storia dei moti di Basilicatae delle provincie contermini nel1860, Bari 1910, pp. 138 ss.; G. Ferrarelli, Memorie militari delMezzogiorno d'Italia, Bari 1911, pp. 287-291; M. Nobili, Corrispondenza tra Emanuele e Carlo Fenzinel 1849, in Rass.stor. del Risorg., XXVI (1939), pp. 325-328; E. Pedio, La Prodittatura lucana nel 1860, in Atti del XXIII Congresso distoria del Risorgimento italiano, Roma 1940, pp. 317-337; T. Sarti, Il parlamento subalpino e nazionale..., p. 140; Dizion. delRisorgimento naz., II, pp. 319 s.