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BORGHESE, Camillo

di Gaspare De Caro - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 12 (1971)
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BORGHESE, Camillo

Gaspare De Caro

Nacque a Siena, da Pier Maria, in data imprecisabile, nella seconda metà del sec. XVI. Cugino dell'omonimo cardinale, figlio di Marcantonio, salito al soglio pontificio col nome di Paolo V, la sua carriera ecclesiastica si svolse al di fuori dell'influenza dell'autorevolissimo congiunto, il quale, del resto, ignorò sempre, programmaticamente, i suoi familiari del ramo senese, forse per un perdurante risentimento verso la città che aveva costretto suo padre all'esilio.

Entrato in prelatura a Siena, il B. fu nominato da Clemente VIII vescovo della diocesi pugliese di Castro, in Terra d'Otranto, l'8 sett. 1594, e dallo stesso pontefice fu trasferito, il 7 genn. 1600, nella diocesi toscana di Montalcino. Paolo V, il 24 genn. 1607, lo assegnò infine alla arcidiocesi di Siena, rimasta vacante per la rinunzia del suo titolare, il cardinale Francesco Maria Tarugi: fu questo, comunque, l'unico beneficio accordato al B. dall'augusto congiunto, un beneficio di tanta minor rilevanza se si considera che lo stesso cardinale Tarugi conservava sui proventi della mensa arcivescovile, pur dopo la sua rinunzia, una pensione annua di ben 2.500 scudi romani, che riduceva notevolmente l'importanza, almeno da questo punto di vista, della promozione del Borghese.

Invano, infatti, secondo i biografi del B., varie personalità del tempo, e persino qualche principe, fecero pressione su Paolo V perché concedesse al B. la porpora cardinalizia.

Il gelido atteggiamento del papa fu interpretato da alcuni contemporanei come l'espressione di una animosità personale e del tutto ingiustificata, dal desiderio di relegare a un rango modesto, che non oscurasse se stesso, il cugino. Ma probabilmente il pontefice era spinto alla sua intransigenza - se non proprio dalla preoccupazione di non esagerare nel suo nepotismo, già sin troppo oggetto delle maldicenze della Curia e delle corti europee - piuttosto dalle più sottili motivazioni psicologiche cui si è accennato, del tutto indipendenti da ogni questione personale con l'altro Camillo. Certo è che il papa, piuttosto che chiamare a Roma il B., già pervenuto ad alte dignità ecclesiastiche, preferì adottare nella famiglia Borghese, elevandolo alla porpora cardinalizia e alla dignità di cardinal nepote, il giovane Scipione Caffarelli, mostrando così di preferire un procedimento che di solito si giustificava soltanto in quei pontefici che non avessero congiunti del proprio casato.

Il B. comunque non sembra personaggio capace di meritare per virtù propria un posto di grande rilievo nella gerarchia ecclesiastica: la sua attività pastorale, nelle tre diocesi che gli furono successivamente affidate, non lasciò infatti alcuna traccia importante, e neppure si distinse per qualche particolare merito di dottrina.

Restano soltanto, a testimonianza dei suoi sentimenti religiosi e della sua cultura, le notizie relative a un suo singolare culto per una curiosa figura di mistico senese del sec. XVI, cui una tenace tradizione locale continuava ad attribuire straordinarie doti profetiche e strabilianti miracoli, il "pazzo di Cristo" Bartolomeo Carosi da Petroio, detto Brandano. Secondo il Misciattelli il B. nel 1612, nella sua qualità di arcivescovo di Siena, esortò con un editto la popolazione della sua diocesi a venerare come beato il singolare personaggio. Consentì poi alla pubblicazione di una Vita di Bartolomeo Carosi detto Brandano, s.l. né d., di C. Tursi, al cui manoscritto - conservato nella Biblioteca Nazionale di Firenze col titolo Profezie e vita di Brandano - èpremessa una lettera dello stesso B., di approvazione dell'opera.

Morì a Siena l'8 ott. 1612.

Fonti e Bibl.: I. Ugurgieri Azzolini, Le pompe sanesi, Pistoia 1649, I, pp. 101 s., 154; G. A. Pecci, Storia del vescovado della città di Siena, Lucca 1748, p. 350; P. Misciattelli, Mistici senesi, Siena 1914, pp. 252 ss.; G. Gulik-C. Eubel, Hierarchia catholica, III, Monasterii 1923, p. 158; P.Gauchat, Hierarchia catholica, IV, ibid. 1935, pp. 139, 208, 312.

Vedi anche
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