CAETANI, Camillo
Nacque nel 1495 da Guglielmo, signore di Sermoneta, e da Francesca di Bruno Conti, della nobile famiglia romana. La sua prima infanzia fu fimestata dalla persecuzione alla quale Alessandro VI, deciso ad attribuire ai Borgia la signoria di Sermoneta, sottopose la sua famiglia dopo l'accusa pretestuosa di ribellione elevata contro il padre e contro lo zio, il protonotario apostolico Giacomo Caetani.
Nel 1499, dopo un breve assedio, la rocca di Sermoneta cadde nelle mani dell'esercito papale al comando del commissario apostolico Geremia da Volterra, e i Caetani dovettero disperdersi per sfuggire ai loro persecutori: mentre Guglielmo trovava rifugio alla corte di Mantova, il C. veniva posto in salvo dalla madre nei feudi degli Orsini di Bracciano. Tre anni dopo, tuttavia, quando Cesare Borgia si rivolse contro gli Orsini, anche questo asilo si dimostrò insicuro, e il C. fu affidato dalla madre a una modesta famiglia di Pitigliano, che clandestinamente lo ospitò e lo protesse fino a quando, nel 1503, con la morte di Alessandro VI e la dissoluzione del potere dei Borgia, i Caetani superstiti fecero tutti ritorno a Sermoneta.
Nel 1513 il C. sposò Beatrice Gaetani d'Aragona, figlia di Onorato, consanguineo dei Caetani di Sermoneta, e di Lucrezia d'Aragona, figlia del re di Napoli Ferdinando I. La sposa recava in dote 9.000 ducati d'oro e il matrimonio ristabiliva, dopo antichi dissensi, l'alleanza tra due rami della medesima famiglia ugualmente interessati alla difesa contro i Colonna che, capeggiati da Prospero, non smettevano di avanzare le loro pretese sui feudi di ambedue.
Con il matrimonio, e soprattutto con la nascita del primogenito Bonifacio, nel novembre del 1514, il C. venne praticamente affiancando il padre nella direzione dello Stato di Sermoneta; accanto a lui affrontò le congiure dei congiunti Caetani di Norma, che in tre occasioni - nel 1515, nel 1517 e nel 1519 - tentarono di impossessarsi con un colpo di mano della rocca di Sermoneta e dei feudi che ne dipendevano, attratti soprattutto dalle nuove condizioni di floridezza che quella signoria attraversava grazie alla oculata amministrazione di Guglielmo Caetani. L'ultimo di questi tentativi fu sostenuto dallo stesso Prospero Colonna e Guglielmo dovette fare ricorso alla protezione di Leone X contro il potente avversario.
Morto il padre nel dicembre del 1519, il C. ereditò, con la signoria di Sermoneta, una brillante situazione finanziaria, poiché Guglielmo, sin dal suo stabilimento nella signoria, aveva provveduto a vasti miglioramenti delle culture e intrapreso una attività di prestiti a interesse che si era rivelata assai proficua: tra i debitori dei Caetani - collegati anche con la banca Chigi - erano alla morte di Guglielmo alcuni influenti prelati di Curia, come i cardinali Alessandro Cesarini e Alessandro Farnese, e altri noti personaggi, come il conte Annibale Rangoni, Giovanni dalle Bande Nere e Antonio Caffarelli. Si rinsaldavano perciò in quegli anni i legami del signore di Sermoneta con Leone X, sempre bisognoso di denaro per la sua avventurosa politica e per le sue spese prestigiose, ed è credibile che il C. intendesse assicurarsi la protezione del pontefice contro la minaccia dei Colonna quando, nel 1521, concesse al papa il prestito gratuito di 10.000 ducati.
Nello stesso anno il diarista veneto Sanuto annotava che "il papa fa ogni cossa per trovare danari et si dice tratava vender Teracina per ducati 100 mila al signor di Sermoneta" (Diarii, XXVI, 368). La notizia è verosimile, considerata l'avventurosa politica finanziaria alla quale il papa era spinto, oltre che dalle sue necessità, dalla fertile fantasia affaristica del suo camerlengo, il card. Armellini Medici. Se la proposta non ebbe seguito, fu probabilmente non tanto per l'improvvisa morte del pontefice, quanto per l'impossibilità del C. di avere a sua disposizione una somma così ingente.
Morta la prima moglie, il C. sposò nel 1523 Flaminia Savelli, dalla quale avrebbe avuto nel 1526 Nicola.
Grazie all'accorta politica di Guglielmo Caetani, fedelmente seguita anche dal C., la signoria di Sermoneta aveva potuto godere di un ventennio di pace, sebbene l'Italia e lo stesso Stato della Chiesa fossero stati in quel periodo dilaniati dal conflitto egemonico franco-spagnolo. Orientati tradizionalmente verso il partito francese, per la loro tradizionale ostilità ai Colonna e la correlativa amicizia con gli Orsini, i Caetani erano però sempre riusciti a non compromettersi apertamente: avevano così potuto non soltanto rafforzare sia politicamente sia economicamente il proprio Stato, ma anche fronteggiare validamente l'aggressività dei feudatari vicini.
Le vicende seguite nel 1525 alla disfatta francese di Pavia resero però impossibile l'accorta neutralità del signore di Sermoneta, contro il quale valse, più che la simpatia per i Francesi - comunque non concretatasi in atti di guerra -, la parentela con gli Orsini: i suoi feudi furono invasi dai Colonnesi e dagli Spagnoli, un suo castello fu conquistato, furono saccheggiati e devastati i campi ed il bestiame. Al C., asserragliatosi con i suoi nella rocca di Sermoneta, non rimase, per evitare più gravi iatture, se non il ricorso all'unico argomento che potesse fermare gli Spagnoli, ed impegnarli anzi a trattenere i Colonnesi: nel marzo del 1526, tramite il cardinale Alessandro Cesarini, consegnò agli invasori una taglia di 5.000 ducati d'oro, in virtù della quale il duca di Sessa ordinò che il territoriodi Sermoneta fosse sgombrato.
La conseguenza più grave di questo episodio fu, tuttavia, quella di spingere il C. ad affiancarsi a Clemente VII nei preparativi di guerra contro gli Spagnoli. Nel conflitto imminente Sermoneta veniva ad assumere una grande importanza, perché controllava l'accesso dal Regno di Napoli allo Stato ecclesiastico attraverso le Paludi pontine e poteva impedire i collegamenti tra il Regno ed i feudi dei Colonna. Perciò nel luglio del 1526 Clemente VII affidò al C. il comando militare di Campagna e Marittima, nonché quello della custodia di Velletri, e di lì a poco in viava a fiancheggiarlo Ottaviano Conti e Ranuccio Farnese. Non si hanno notizie sulle vicende militari alle quali il C. partecipò: certo è che la sua adesione al partito francese, con esplicite profferte di devozione e di aiuti fatte ai maggiori rappresentanti di Francesco I, Andrea Doria e Renzo da Ceri, e gli aiuti effettivamente prestati al tentativo di spedizione franco-pontificia nel Regno di Napoli lo compromisero definitivamente agli occhi degli Imperiali. Gli valse, dopo il sacco di Roma, l'aiuto del padre della prima moglie, Onorato Gaetani d'Aragona, che mediò la sua sottomissione presso il Moncada, viceré di Napoli, resa indispensabile dopo che la rocca di Sermoneta era stata occupata, nel maggio del 1527, da duecento soldati spagnoli. Il C. fu costretto a pagare una pesante taglia ed a consegnare in ostaggio il figlio Bonifacio.
Un miglior periodo si aprì per il C. nel 1534, con l'elezione al pontificato di Alessandro Farnese, suo cugino in primo grado per essere figlio di una zia del C., Giovannella Caetani: Paolo III infatti elevò il figlio del C. Nicola alla porpora cardinalizia, una dignità che i Caetani finalmente recuperavano dopo lunga assenza dal collegio cardinalizio ed alla quale avevano assiduamente rivolto i loro pensieri, sia per rinverdire i fasti di Bonifacio VIII, mai dimenticati nella famiglia, sia per emulazione nei confronti degli Orsini e dei Colonna.
Nel 1535, di ritorno da Tunisi, Carlo V si fermò a pernottare nella rocca di Sermoneta, fastosamente ospitato dall'antico partigiano dei Francesi; il C. volle poi scortare l'imperatore a Roma e con Pier Luigi Farnese rappresentò il papa nelle accoglienze ufficiali tributate a Carlo V nella basilica di S. Paolo.
Negli anni seguenti il C. si dedicò prevalentemente all'amministrazione dei suoi feudi. Istituì in Sermoneta un Monte di Pietà per soccorrere i vassalli indigenti, provvide ai restauri della chiesa di S. Michele Arcangelo, in Sermoneta, e dell'abbazia dei SS. Pietro e Stefano di Valvisciolo. Nel 1548 ospitò Paolo III in Cisterna e negli stessi anni affidò all'architetto militare Giacomo Castriotto vari lavori di rafforzamento della rocca di Sermoneta.
Rimasto sostanzialmente ai margini della vita politica, il C. vi fu nuovamente indotto dalle iniziative del figlio Nicola, schieratosi nettamente col partito francese nel collegio dei cardinali. E dalla sua rocca di Sermoneta, durante la guerra di Siena, si impegnava con il re di Francia Enrico II a difendere la via di comunicazione che dal Regno di Napoli portava al Nord contro eventuali invii di soldatesche spagnole, un impegno che peraltro non fu necessario attuare.
Morì in Sermoneta il 7 ott. 1554.
Fonti e Bibl.: M. Sanuto, Diarii, XXVI, Venezia 1889, col. 368; XXX, ibid. 1891, col. 553; XXXVIII, ibid. 1893, col. 107; A. Borgia, Istoria della Chiesa e città di Velletri, Nocera 1723, pp. 404 s.; P. Pantanelli, Notizie istoriche… appartenenti alla terra di Sormoneta, Roma 1911, ad Ind.;L. von Pastor, Storia dei papi, IV, 2, Roma 1929, pp.213, 315; C. Caetani, Domus Caietana, II, San Casciano Val di Pesa 1933, ad Indicem.