CAMPEGGI, Camillo
Nato a Pavia nei primi anni del sec. XVI, entrò giovanissimo nell'Ordine domenicano dove conseguì il titolo di "magister sacrae theologiae". Dopo aver esercitato - all'incirca dal 1554 - l'ufficio di inquisitore "haereticae pravitatis" nella sua città natale venne inviato a Ferrara (1557), prima come sostituto di Giovanni Battista Visconte da Genova, poi come inquisitore generale del dominio di Ferrara, Modena e Reggio.
Nei suoi frequenti viaggi a Roma, dove dette "prova di molta energia" nella difesa della fede cattolica e fu nel 1559 "uno dei nominati per successore al maestro del sacro palazzo" (come risulta da una lettera di raccomandazione inviata da Renata di Francia a G. Grandi), si segnalò come teologo di rigorosa ortodossia e venne perciò inviato da Pio IV alla terza sessione del concilio tridentino, agendovi anche come informatore dei signori di Ferrara. Nel 1561 vi tenne una De mundi fallaciis atque ruina oratio, stampata nell'anno successivo a Venezia con una dedica dell'editore Andrea Arrivabene al cardinal Gonzaga (riedita a Brescia nel 1563 e infine inserita in Sacri concilii Tridentini historia, Lovanii 1567, pp. 175 s.; in Ph. Labbe-F. Cossart, Sacrosancta concilia, XX, Venetiis 1733, coll. 493-98; e in J. Le Plat, Canones et decreta concilii Tridentini, I, Antverpiae 1779, pp. 264-69). Nel 1562 fece vari interventi nelle congregazioni dei teologi costituite per discutere "de usu sacramenti eucharistiae" "de sacrificio missae", "de matrimonio". Infine venne nominato segretario della commissione dei "patres deputati ad revisionem indicis librorum prohibitorum" (1563).
Verso la fine del suo periodo di gestione del tribunale ferrarese dell'Inquisizione (che copre complessivamente quasi tutto il decennio 1557-1567)il C. diresse, in collaborazione coi suoi subalterni locali, i preparativi di una delle più importanti inchieste per la ricostruzione del dissenso ereticale all'interno del mondo monastico benedettino dell'Italia settentrionale: i residui della cosiddetta "Setta giorgiana". Di fronte al suo sostituto Niccolò del Finale viene infine resa una delle più importanti testimonianze di tutto il procedimento: l'abiura di don Antonio da Bozzolo.
Il 31 maggio 1567 il C. venne nominato inquisitore generale dello Stato mantovano in sostituzione di Ambrogio Aldegatti ritenuto troppo supino all'autorità del duca. La sua designazione s'inserisce infatti nella politica della "linea dura" sostenuta da Pio V. Appena preso possesso del suo ufficio mantovano, dette inizio a una vasta azione repressiva delle manifestazioni ereticali (cui non erano estranei ambienti altolocati della stessa corte) provocando però nel contempo un così grave dissidio tra autorità laica ed ecclesiastica che si renderà necessario affidare a Carlo Borromeo una missione di pacificazione tra i due poteri (febbraio-aprile 1568).
Risolta la vertenza a favore dell'Inquisizione, il C., che sosteneva che "gli heretici attendono alla mutatione de' stati" e si era liberato del grave caso del predicatore francescano Roberto da Cuoli interprete dell'opposizione antidomenicana, riprese nelle mani, indagando questa volta proprio dentro monastero cassinese di S. Benedetto che era stato al centro del movimento, la questione della setta di Giorgio Siculo (aprile-luglio 1568) e allargando poi le indagini anche ad altre città interessate.
Esaurita la sua missione di integrale restaurazione dell'autorità pontificia nello Stato mantovano, il 14 maggio 1568 il C. venne nominato vescovo di Nepi e Sutri e il 27 settembre, passate le consegne al suo successore, Benedetto Erba, partì per la nuova sede. Ma, prima ancora di poter impostare la sua nuova attività pastorale, venne improvvisamente a morte, alla fine del 1569, e fu sepolto nella chiesa cattedrale di Sutri.
Accanto all'attività, tuttavia predominante, di polizia religiosa il C. esercitò anche quella pubblicistica curando, "pro communi sacri officii ministrorum utilitate", l'edizione di uno dei testi fondamentali dell'inquisizione medievale, il De haereticis tractatus aureus di Ugolino Zanchini, arricchito "cum locupletissimis additionibus et summariis" e con in più "illustrium quorumdam doctorum consilia aliquot" (Romae 1568).Nella seconda edizione, che vide la luce dieci anni dopo la morte del suo curatore, vennero aggiunte anche delle "annotationes in Zanchinum cum animadversionibus in Campegium" fatte da Giacomo da Simancas (Romae 1579).Successivamente questa seconda edizione venne inserita nei Tractatus illustrium in utraque... iuris facultate iurisconsultorum, XI, 2, Venetiis 1584, pp. 234-271. Da notare ancora che in precedenza il C. si era inserito nella controversia tra cattolici e protestanti sul primato papale. Ci restano due opere a testimonianza di questo impegno: la prima, De auctoritate et potestate Romani pontificis, era stata pubblicata a Venezia nel 1555; la seconda, De primatu Romani pontificis contra Matthiam Flacium Illyricum, che era rimasta manoscritta, fu identificata e pubblicata dall'erudito secentesco domenicano J. T. Rocabertus, Bibliotheca maxima Pontificia, VII, Romae 1697, pp. 133-263.Qualche biografo gli assegna anche un Index ad privilegia crucesignatorum (partendo da una annotazione di A. De Altamura, Bibliothecae dominicanae incrementum ac prosecutio, Romae 1677, p. 335)e una orazione funerale per E. Braschi letta nel 1558 (sulla base di B. Ricci, Epistolae, Paduae 1748, III, p. 572).
Fonti e Bibl.: Concilium Tridentinum, ed. Soc. Goerresiana, Friburgi Brisgoviae 1901-1924, I, p. XXIII; II, pp. 362, 552; VIII, pp. 545, 720, 727 s.; IX, pp. 421, 1104; F. Ughelli-N. Coleti, Italia sacra, I, Venetiis 1717, coll. 1034, 1277; J. Quétif-J. Echard, Scriptores Ordinis praedicatorum recensiti, II, Lutetiae Parisiorum. 1721, pp. 201 s.; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, III, Bologna 1783, pp. 35 s. (ritiene erroneamente che il C. sia bolognese anziché pavese); S. Davari, Cenni storici intorno al tribunale della Inquisizione in Mantova, in Arch. stor. lombardo, VI (1879), pp. 775, 791; B. Fontana, Renata di Francia, II, Roma 1893, p. 432; H. Hurter, Nomenclator literarius theologiae catholicae, III, Oeniponti 1907, col. 126; L. v. Pastor, Storia dei papi, VIII, Roma 1924, pp. 220, 224; Mantova. La storia, III, Mantova 1963, pp. 33-35 (con una ottima indicazione dei fondi manoscritti mantovani da utilizzare per uno studio dell'attività del C. in quella città); E. Van der Vekené, Bibliographie der Inquisition, Hildesheim 1963, pp. 15, 21; C. Ginzburg, Due note sul profetismo cinquecentesco, in Rivista storica ital., LXXVIII (1966), pp. 212-217; D. Maselli, Per la storia religiosa dello stato diMilano durante il dominio di Filippo II, in Nuova riv. stor., LIV (1970), p. 348; V. Marchetti, L'arch. dell'inquisizione senese, in Boll. d. Soc. di studi valdesi, XCIII (1972), p. 83; Enciclopedia catt., III, p. 471 (segue erroneamente il Fantuzzi e assegna gratuitamente al C. anche la sede inquisitoriale di Faenza); Dictionnaire de théologie catholique, II, col. 1447; G. Gulik-C. Eubel, Hierarchia catholica, III, Monasterii 1923, p. 307.