COLONNA, Camillo
Nacque probabilmente alla fine del sec. XV da Marcello di Girolamo di Antonio e da Livia Anguillara o Margherita Monti. Il primo episodio in cui è possibile trovare coinvolto il C. è quello della battaglia combattuta nel 1525 alle Tre Fontane, nei pressi di Roma, con i suoi consorti contro gli Orsini, che davano man forte al duca d'Albany, mentre. questi, raggiunto dalla notizia della sconfitta di Francesco I, si allontanava dal Regno. Il C., con gli altri Imperiali, inseguì gli Orsini e i Francesi fino nelle vie di Roma.
Altra conseguenza della cattura di Francesco I era stata la rivolta di Siena contro Fabio Petrucci. Mentre il papa, per restaurare il suo alleato nel governo della città, inviava un esercito di più di settemilacinquecento uomini, il C., al comando di centocinquanta cavalli, si portò in difesa della città toscana contro le truppe pontificie e partecipò il 25 luglio 1526 alla battaglia di porta Camollia, che segnò la vittoria delle forze cittadine. Tuttavia fu ferito e cadde prigioniero. Quando il 26 settembre la fazione colonnese guidata dal cardinale Pompeo, zio del C., irruppe in Roma, anticipando gli orrori del sacco, tra le condizioni poste dal cardinale per il ritiro delle truppe dei ribelli dalla città fu la liberazione del C. senza il pagamento di alcuna taglia.
Non si sa dove fosse il C. l'anno successivo, durante il sacco dell'Urbe; certo si trovò coinvolto nei confusi combattimenti che si accesero subito dopo nella Campagna romana. Agli inizi del 1528 dette man forte a Ottaviano Spiriti e Pirro Colonna, che nell'intento di sottrarre la città alla giurisdizione papale si impadronirono della rocca di Viterbo, facendo seguire a questo colpo di mano disordini e crudeltà a spese della città. Nel medesimo anno il C. si portò nel Regno, che si difendeva dall'attacco del Lautrec, ma Il 28 aprile, partecipando alla battaglia navale di Capo d'Orso, che vide soccombere la parte imperiale, fu preso prigioniero, Ancora una volta il cardinale Pompeo venne in suo aiuto riscattandolo. Nell'ottobre troviamo il C. a Rieti, dove si rese colpevole, insieme con G. B. Savelli, di un saccheggio, che provocò la reazione dei cittadini, che gli infersero gravi perdite.
Fallita la spedizione del Lautrec e riavvicinatisi Clemente VII e Carlo V, il C. seguì come colonnello di fanti il principe d'Orange all'impresa di Firenze. Qui nell'ottobre del 1529 fu protagonista sfortunato di una scaramuccia, durante la quale il parente Stefano Colonna gli sottrasse Lastra a Signa, da lui custodita.
Nel 1532 il C., dopo aver arruolato a Roma tremila fanti, seguì il marchese del Vasto in, Austria, dove Carlo V organizzava la resistenza contro la minaccia turca. Si ha testimonianza del suo passaggio nel tardo autunno di quell'anno attraverso le terre trevisane, dove il suo contingente di truppe provocò danni, che causarono le proteste del podestà di Treviso presso l'imperatore.
Quando nel gennaio del 1537 fu ucciso a Firenze Alessandro de' Medici, il C. fu indotto a recarsi nella città toscana dall'ambasciatore spagnolo a Roma. Vi giunse una settimana dopo la morte del duca e fu ricevuto dai Quarantotto, presente Cosimo; a lui porse le condoglianze per il luttuoso avvenimento e, offrendo aiuti, i rallegramenti per la sua designazione. Nel medesimo anno, quando i Francesi invasero la Savoia, il C. militò nell'esercito imperiale ed ebbe l'incarico di difendere con duemila fanti la piazza di Susa, che però dovette cedere.
Quattro anni più tardi il C. partecipò alla sfortunata impresa condotta da Carlo V contro Algeri: insieme con Agostino Spinola e Antonio Doria, comandava il contingente di seimila italiani che presero parte alla spedizione. Nell'agosto del 1543 partecipò tra gli Imperiali alla battaglia di Düren, vinta da Carlo V sul duca di Clèves. Nell'aprile del 1544, combatté a Ceresole, alla testa di seimila fanti e sotto il comando del marchese del Vasto.
Nel novembre 1549, alla morte di Paolo III, il C. era a Roma e si affrettò a recuperare lo Stato al parente Ascanio Colonna, cui il papa lo aveva confiscato. In seguito i buoni rapporti con il congiunto si guastarono e nella contesa che divise Ascanio dal figlio Marcantonio prese posizione per quest'ultimo.
Nell'estate del 1552 Pietro di Toledo, viceré di Napoli, temendo contro la città un attacco francese sostenuto dalla flotta turca, dette incarico al C. di arruolare a Roma tremila fanti. L'anno successivo egli prese parte alla spedizione imperiale contro Siena, colpevole di aver scacciato il presidio spagnolo.
Dopo la conquista di Monticchiello, le truppe imperiali, guidate da Garcia di Toledo, cinsero Montalcino di un assedio che durò ottanta giorni. Scrivendo nell'aprile a Carlo V il C., che aveva già criticato l'inettitudine del comandante, si diceva scettico sulla riuscita, bencha vi si fossero profuse molte energie (cfr. Cantagalli). Conclusa il 15 giugno la spedizione con il ritiro dall'assedio delle truppe spagnole, il C., quando nel gennaio del 1554 riprese questa volta per iniziativa di Cosimo de' Medici la guerra contro Siena, fece parte del contingente di truppe napoletane inviate a sostenere i Fiorentini. Durante la campagna portò rinforzi ad Arezzo, attaccata dallo Strozzi, e pur sofferente per un attacco di gotta si fece condurre in portantina fuori della porta di S. Spirito per organizzare la difesa e incoraggiare i soldati. Partecipò anche nell'agosto alla battaglia di Marciano.
Avvenuto il 6 ag. 1555 l'episodio della sottrazione delle tre galere francesi dal porto di Civitavecchia, che provocò, le ire di Paolo IV e la lunga guerra fia Pontifici e Spagnoli, il C. fu convocato nella riunione indetta dal partito filoimperiale, che si tenne a Roma subito dopo. In quest'occasione egli fu uno dei più ostili al pontefice. Questi non glielo perdonò e, dopo aver fatto arrestare il 30 agosto il cardinale di Santa Fiora, riservò lo stesso trattamento al C., che il giorno dopo fu preso a Cave. Era accusato di aver congiurato contro il papa; fu liberato il 22 settembre, dopo la restituzione delle galere sottratte, ma dietro versamento di una cauzione di 50.000 scudi. Scoppiata però la guerra fra Paolo IV e gli Spagnoli, il C. fu di nuovo arrestato, con la moglie e il fratello, e rinchiuso in Castel Sant'Angelo. Dovette aspettare, la conclusione della pace di Cave (14 sett. 1557) per essere liberato. Morì a Roma l'11 dic. 1558.
Aveva sposato Vittoria Colonna, da cui aveva avuto Prospero, Pompeo e Marcantonio, Lavinia, Porzia e Faustina.
Promosse la compilazione degli statuti del castello di Colonna, che affidò ad Antonio Floridi da Ferentino, non, come afferma l'Ilari, nel 1506, ma in epoca imprecisata e comunque molto più tarda.
Fonti e Bibl.: Racconti delle Principali fazioni della guerra di Siena, a cura di G. Milanesi, in Arch. stor. ital., II (1842), p. 564; Id., Notizie della vittoria riportata dagli Imperiali presso Marciano, a cura di G. Milanesi, ibid., p. 586; M. Sanuto, Diarii, XLVI-LVII, Venezia 1897-1902, ad Indices; R. Ancel, Nonciatures de France. Nonciatures de Paul IV, Paris 1909, pp. 70, 263, 281 s., 629; P. Giovio, Lettere, a cura di G. G. Ferrero, I, Roma 1956, pp. 122, 314; R. Ridolfi, Diario fiorentino di anonimo..., in Arch, stor. ital., CXVI (1958), p. 550; A. Coppi, Mem. colonnesi, Roma 1855, pp. 298, 302, 308, 332 s.; A. Bertolotti, La prigionia di Ascanio Colonna, in Atti e mem. delle R. Deputaz. di storia patria per le prov. moden. e parmensi, s. 3. II(1884), pp. 115, 118, 159, 164, 169, 172; C. Argegni, Condottieri, capitani, tribuni, I, Milano 1936, p. 182; R. Cantagalli, La guerra di Siena.. ., Siena 1962, ad Indicem; L. v. Pastor, Storia dei papi, VI, Roma 1963, pp. 9, 370 s., 373 s., 419; A. Ilari, Frascati fra Medioevo e Rinascimento, Roma 1965, pp. 135 s.; P. Litta, Le fam. celebri ital., s. v. Colonna, tav. VI.