CAMILLO De Lellis, san
Nacque a Bucchianico (Chieti) il 25 maggio 1550 dai nobili Giovanni e Camilla De Compellis. Seguendo le tradizioni di famiglia, si arruolò diciottenne sotto le bandiere di Venezia in guerra contro i Turchi, al fianco del padre suo. Si distinse per valore in parecchi fatti d'arme, ma riportò una ferita al piede che lo costrinse a farsi curare all'ospedale di S. Giacomo in Roma. Impaziente e avido d'avventure militari, sebbene non ancora del tutto guarito, tornò al soldo d) Venezia a Cipro, alle isole Curzolari, e in Dalmazia. Passò poi al soldo della Spagna, e più tardi ancora s'unì con una compagnia di ventura militando in Africa. All'estro militare s'accoppiò nel giovane C. la passione del giuoco, che gli fu fonte d'amarezze e di miseria. Tuttavia anche in siffatta vita egli non ripudiò del tutto i principî religiosi appresi dalla madre; anzi di tratto in tratto era colto da impulsi di vita ascetica, tanto che pensò anche a farsi francescano. Il 2 febbraio 1575, dopo un'ammonizione d'un cappuccino, cavalcando sulla via di Manfredonia, ebbe una violenta crisi spirituale, che sboccò nel proponimento di lasciare il mondo. Entrato fra i cappuccini, non poté rimanervi per l'asprezza dell'abito che gli rendeva più acerba la piaga del piede che seguitò a tormentarlo tutta la vita. Si recò di nuovo a Roma per curarsi nell'ospedale di S. Giacomo dove, dimostratosi ottimo infermiere, fu eletto maestro di casa. Ivi egli raccolse (1582) i primi seguaci del nuovo ordine da lui fondato, dei Ministri degl'infermi (comunemente detti camillini), destinato all'assistenza corporale e spirituale dei malati e, benché contasse già 32 anni, intraprese gli studî di latino nel Collegio romano, e li continuò fino alla sua ordinazione sacerdotale (1584). Sisto V approvò la nuova congregazione (1586) e permise che i religiosi avessero sull'abito, come distintivo, una croce rossa. Gregorio XIV nel 1591 elevò la congregazione alla dignità di ordine, e da allora i Ministri degli infermi, oltre ai tre voti comuni a tutti i religiosi, emettono anche quello di assistere gl'infermi di qualunque malattia, anche contagiosa.
Eletto prefetto generale dell'ordine a vita, C. fu modello agli altri, stabilendo anche una forte disciplina di governo. Sopra un fondo di rude semplicità, spiccarono in lui risolutezza d'azione e magnanimità di cuore. Roma vide il prodigarsi della carità sua e dei Suoi religiosi, durante le carestie e le mortalità che frequentemente la colpirono alla fine del sec. XVI. Anche fuori di Roma, C. propagò la sua caritatevole istituzione, come a Palermo, Messina, Napoli, Milano, Mantova, Ferrara, Genova; già durante la sua vita non pochi dei suoi religiosi morirono nell'esercizio del loro ministero assistendo gli appestati a Napoli e Nola. Oltre alla piaga antica, C. sopportò negli ultimi anni della sua vita altre infermità che egli chiamava "misericordie di Dio". Consumato dalle fatiche, C. mori il 14 luglio 1614 in Roma, nella casa madre del suo ordine, la Maddalena, sua ordinaria residenza, e ivi fu sepolto. Benedetto XIV lo canonizzò nel 1746; e Leone XIII nel 1886 lo proclamò patrono di tutti gl'infermi e ospedali dell'orbe cattolico, e ne prescrisse l'invocazione nelle litanie degli agonizzanti.
Bibl.: S. Cicatelli, Vita del P. C. de L., Viterbo 1615 (Napoli 1620, Roma 1624); G. B. Rossi, Vita ven. P. C. De L., Roma 1651; Th. Blanc, Vie de St.-C. De L., Lione-Parigi 1860; A. Zimmerman, Der heilige C. De L., ecc., Friburgo in B. 1897; G. M. Monti, Il testamento di S. C. De L., in Rivista trimestrale di studî filosofici e religiosi, I (1920), p. 346 segg.; C. Oldmeadow, The First Red Cross, C. De L., Londra 1923; M. Vanti, S. C. De L., Roma 1929.