GAVASSETTI (Gavasetti, Gavassete), Camillo
Figlio di Stefano, nacque a Modena nel 1596. Suo padre era scultore e doratore; mentre suo fratello, Luigi, era pittore. È da supporre, quindi, che il G. abbia fatto il primo apprendistato nell'ambiente familiare, anche se le fonti, Vedriani e Tiraboschi, non forniscono sufficienti chiarimenti al riguardo.
Nel 1613 fu chiamato a giudicare, in contrapposizione a S. Badalocchio, un dipinto del pittore G. Borboni, fatto che testimonierebbe una certa sua notorietà e un'attività autonoma già avviata (Ceschi Lavagetto, 1989, p. 168). Nel palazzo comunale di Modena è conservata una sua tela ovale con l'immagine allegorica della Giustizia. L'opera, dapprima commissionata a B. Schedoni, maestro del G., fu condotta a termine nel 1616.
Le connotazioni lessicali schedoniane vi sono ancora molto evidenti, ma esse si attenueranno già nel 1620 nell'altra opera modenese del G., il soffitto ligneo della chiesa di S. Maria degli Angeli, detta "Paradisino", in cui dipinse teste di cherubini e ritratti "maschere", tra festoni di fiori, frutta e ortaggi, nella tradizione locale dei "mascherari", ancora all'interno del gusto decorativo tardomanieristico.
Il G. rimase a Modena fino al 1622, anno in cui fu bandito dai domini estensi. È in seguito documentato a Cremona, dove lavorò tra il 1624 e il 1625, e a Piacenza, dove rimase fino al 1629. A questi anni data il rinnovamento della sua pittura, che risente del clima carraccesco propagatosi in area emiliana. Tale rinnovamento si sostanzia nell'accoglienza di spunti da G. Lanfranco e A. Tiarini. A Cremona dipinse una tela con La decollazione di Giovanni Battista per la chiesa di S. Luca, firmata e datata 1624, ora nella Pinacoteca della città. È forse da riferirsi a questo periodo il dipinto con David che suonando l'arpa acquieta Saul, ora nella casa dei gesuiti al Gesù Nuovo di Napoli (Ceschi Lavagetto, 1989, pp. 169, 175).
A Piacenza, dove giunse grazie all'autorevole appoggio del cardinale Odoardo Farnese, coreggente del Ducato, gli vennero affidate la decorazione del presbiterio e l'esecuzione di una pala d'altare in S. Antonino. Nel contratto, firmato nel giugno del 1624, l'artista si impegnava a concludere l'opera per il 4 luglio 1626 (festa di S. Antonino); ma i lavori si protrassero in realtà per un tempo più lungo: durante un recente restauro, infatti, sono venuti alla luce la firma e la data 1628. È probabile che nel periodo di tempo intercorso fra la stipula del contratto e l'inizio dei lavori il G. nel 1625 eseguisse gli affreschi con La comunione e Il funerale di s. Girolamo nella cappella dedicata a questo santo in S. Sigismondo a Cremona (Ceschi Lavagetto, 1994, p. 131).
Nella prima cupola del presbiterio di S. Antonino il G. dipinse Dio Padre tra i quattro evangelisti attorniato da angeli e santi e, in quella verso l'abside, il Vegliardo dell'Apocalisse, accanto al quale, in una gloria di santi tra le nubi, sono riconoscibili i patroni della chiesa e della città.
Sempre a Piacenza, per la chiesa di S. Maria di Campagna, il G. firmò due tele di un fregio con storie bibliche, Rebecca al pozzo con Eleazar e l'Incontro di Rachele e Giacobbe al pozzo, pagate nel 1627. Nello stesso anno riscosse per conto del Tiarini il compenso per uno dei quadri del fregio, molto probabilmente l'Abigail davanti a David (Corna, p. 161). Resta incerta tra i due pittori l'autografia di un'altra tela del ciclo, Ruth nel campo dei mietitori.
Altra opera piacentina del G. è il S. Andrea condotto al martirio dipinto nel 1628 per la chiesa di S. Vincenzo e oggi in S. Brigida. Per S. Vincenzo dipinse anche la tela con Mosè che si slaccia i sandali ora a Paderno del Grappa (Treviso), presso l'Istituto dei padri filippini.
Nel 1627, al tempo delle committenze piacentine, sia il G. sia il Tiarini vennero chiamati a Parma per dipingere nel palazzo del giardino. In due stanze il G. eseguì affreschi, in seguito distrutti, con le storie tassesche di Sofronia e Olindo. Relativa alla committenza farnesiana è la tela con S. Matteo e l'angelo, ora nel palazzo reale di Napoli, l'unica rintracciata tra quelle elencate nell'inventario settecentesco dei quadri dell'appartamento parmense conservato nell'Archivio Farnesiano presso l'Archivio di Stato di Napoli (Ceschi Lavagetto, 1989, pp. 172, 175).
L'estremo capitolo della sua attività si svolse a Reggio Emilia, nella chiesa servita della Madonna della Ghiara. Il 19 luglio 1629 stipulò il contratto con i fabbricieri della chiesa per la decorazione ad affresco della cupola della cappella Pagani. Nei pennacchi eseguì le figure di Daniele, Geremia, Ezechiele e Isaia, più sopra allegorie di Virtù mariane e infine, nella cupoletta, Concerti di angeli che recano simboli mariani con al centro la Divinità.
A Reggio l'artista lasciò anche una Trasfigurazione in Ss. Pietro e Prospero; e nella stessa chiesa gli viene pure attribuito l'affresco del cupolino con l'Eterno in gloria (Nobili).
Al G. è stato assegnato da Zeri un dipinto nella Galleria Pallavicini di Roma, che rappresenta Diana e Atteone; il quadro dovrebbe essere cronologicamente vicino alla Decollazione del Battista di Cremona (1624). Ceschi Lavagetto (1992) gli attribuisce la tela con il Battesimo di Cristo nella chiesa di S. Maria Nascente a Chiavenna Landi (Piacenza). Secondo la studiosa essa dovrebbe essere datata al 1628, subito dopo la committenza parmense; mentre al periodo delle imprese reggiane si può collocare (Ceschi Lavagetto, 1994, p. 173) un S. Matteo e l'angelo nella chiesa di Cavazzoli, presso Reggio Emilia.
Il 4 genn. 1630 i fabbricieri della Madonna della Ghiara, evidentemente soddisfatti dei lavori che il G. aveva portato avanti nella chiesa, gli diedero mandato per alcuni dipinti che avrebbe dovuto realizzare nella parete sopra la porta maggiore, che probabilmente non eseguì. Il 19 marzo dello stesso anno il G. ricevette pagamenti per le pitture della cappella Pagani.
Dopo questa data non si hanno più sue notizie e ignoto è l'anno di morte.
Fonti e Bibl.: L. Vedriani, Raccolta de' pittori, scultori et architetti modonesi più celebri, Modena 1662, pp. 113-115; C.C. Malvasia, Felsina pittrice (1678), II, Bologna 1841, pp. 109, 129; F. Baldinucci, Notizie di professori del disegno (1681), Firenze 1975, pp. 186 s.; G. Tiraboschi, Notizie de' pittori, scultori, incisori e architetti…, Modena 1786, pp. 214-216; A. Corna, Storia ed arte in S. Maria di Campagna (Piacenza), Bergamo 1908, pp. 161, 166; A. Puerari, La Pinacoteca di Cremona, Cremona 1951, pp. 170 s.; F. Zeri, La Galleria Pallavicini, Firenze 1959, pp. 124 s; N. Artioli - E. Monducci, Gli affreschi della Ghiara in Reggio Emilia, Reggio Emilia 1970, pp. 105, 154, 185 s., 190 s.; F. Sidoli, C. G. pittore amava i pittori e le donne, in Reggiostoria, IV (1981), 1, pp. 20-24; F. Voltini, La chiesa di S. Sigismondo a Cremona, Cremona 1981, pp. 72, 76; F. Arisi - R. Arisi, S. Maria di Campagna in Piacenza, Piacenza 1984, pp. 278 s., 378 s.; Il palazzo comunale di Modena. Le sedi, la città, il contado, a cura di G. Guandalini, Modena 1985, p. 175; L'arte degli Estensi (catal.), Modena 1986, pp. 108 s.; P. Ceschi Lavagetto, Qualche aggiunta per C. G., in Paragone, XXXIX (1989), 557-558, pp. 168-175; A. Coccioli Mastroviti, in La pittura in Italia. Il Seicento, Milano 1989, II, p. 756 e ad indicem; L. Fornari Schianchi, Pitture e decorazioni nelle sale del palazzo, in La reggia di là da l'acqua. Il giardino e il palazzo dei duchi di Parma, Parma 1991, p. 171; P. Ceschi Lavagetto, Un dipinto di Chiavenna Landi restaurato, in Boll. stor. piacentino, LXXXVII (1992), pp. 99-102; Id., in La pittura in Emilia e Romagna, II, Milano 1994, ad indicem; U. Nobili, ibid., p. 393; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIII, pp. 298 s.