GUIDI, Camillo
Nacque a Roma il 24 luglio 1853 da Michele e Livia Mordacchini. Si laureò nel 1877 presso la R. Scuola di applicazione degli ingegneri di Roma, dove rimase come assistente presso la cattedra di statica grafica fino al 1881, quando venne incaricato dello stesso corso presso la R. Scuola d'ingegneria di Torino. Nel 1887 vinse il concorso per la cattedra di scienza delle costruzioni, sempre a Torino, e la tenne sino al 1928.
Contemporaneamente, fu anche direttore del laboratorio sperimentale dei materiali da costruzione della stessa Scuola. Fu presidente per più di venticinque anni dell'Associazione italiana per gli studi sui materiali da costruzione (SIM), a partire dal 1911 (quando venne nominato ad interim dopo la morte di J. Benetti, fondatore dell'Associazione) e poi definitivamente dal 1919. Fu socio nazionale della R. Accademia delle scienze di Torino dal 1896; socio corrispondente della R. Accademia dei Lincei dal 1916; membro della Società dei XL e del Consiglio superiore dei lavori pubblici. Il 27 sett. 1929 divenne accademico d'Italia e in seguito accademico pontificio.
Nella prima parte della sua carriera accademica, il G. riorganizzò l'insegnamento della statica grafica; e, contrariamente alla moda dell'epoca di considerare la materia fine a se stessa, la ricondusse al ruolo di prezioso strumento della scienza delle costruzioni (tra le sue molte pubblicazioni di questo periodo: Lezioni di statica grafica, Torino 1885). Passato a coprire la cattedra di scienza delle costruzioni, il G. divenne un caposcuola, contribuendo in maniera fondamentale al rinnovamento dell'insegnamento della disciplina nelle scuole di ingegneria italiane. Tra i suoi più celebri e riconoscenti allievi si ricordano A. Danusso, che dal 1915 insegnò scienza delle costruzioni nell'Università di Milano, e G. Colonnetti, che prese il posto del G. nell'ateneo torinese dal 1928.
Nelle lezioni del G. occupò progressivamente un ruolo sempre più rilevante il metodo delle linee di influenza e quello dell'ellisse di elasticità, del quale fu tra i primi a riconoscere l'interesse teorico e applicativo. Tali metodi trovarono rapidamente spazio e sistematica trattazione nei cinque celebri volumi delle sue Lezioni sulla scienza delle costruzioni (pubblicati a Torino: I, Nozioni di statica grafica, 1891; II, Teoria dell'elasticità e resistenza dei materiali, 1891; IV, Teoria dei ponti, 1894; V, Spinta delle terre: muri di sostegno delle terre e dighe, 1894; III, Elementi delle costruzioni civili, 1896) e che divennero il testo di riferimento per più generazioni di ingegneri italiani. Le molteplici edizioni delle varie parti (nel 1940 la parte prima era giunta già alla quindicesima edizione e la parte seconda alla quattordicesima) dimostrano il lavoro continuo e sapiente con cui il G. tenne aggiornata e perfezionò la sua opera.
Al G. si riconosce soprattutto il merito di aver contribuito in maniera determinante all'avvio in Italia della sperimentazione sul cemento armato. Sebbene agli inizi del secolo in Italia il nuovo materiale fosse già conosciuto, per l'eco sulla stampa tecnica delle realizzazioni di F. Hennebique, di J. Monier e dell'impresa Wayss & Freytag, e cominciassero a comparire le prime realizzazioni grazie soprattutto ai concessionari del brevetto Hennebique, il mondo accademico non aveva ancora mostrato interesse nei confronti della rivoluzionaria tecnica costruttiva. Il G., dopo aver visitato i cantieri del suo allievo G.A. Porcheddu, concessionario per l'Italia settentrionale proprio del brevetto Hennebique, e aver condotto personalmente prove sperimentali nel laboratorio annesso alla Scuola, tenne nel maggio del 1900 alcune lezioni straordinarie del suo corso di scienza delle costruzioni, dedicandole esclusivamente al nuovo materiale. Per desiderio della Scuola, le lezioni assunsero la forma di conferenze pubbliche ed ebbero grande successo, divenendo il primo chiaro riconoscimento accademico in Italia delle potenzialità del cemento armato. Una sintesi di queste lezioni comparve con il titolo Le costruzioni in béton armato nella rivista L'Ingegneria civile e le arti industriali (1900, pp. 273-279, 289-295, 305-311, 321-328, 337-343). Successivamente il testo, completo e rielaborato, venne pubblicato come appendice alle Lezioni sulla scienza delle costruzioni (Torino 1906): qui il G. narrò la genesi del materiale, le sue proprietà, i metodi di calcolo fino ad allora proposti, illustrando con disegni i brevetti presenti sul mercato e le più importanti opere realizzate. L'opera divenne il più autorevole manuale sul materiale scritto in lingua italiana.
L'interesse di teorico e sperimentatore del G. nei confronti del nuovo materiale non si esaurì fino alla morte; e decine sono le pubblicazioni in cui presentava perfezionamenti di calcolo o introduceva in Italia tecniche innovative, già proposte in altri paesi, per costruzioni in cemento armato.
Profondamente consapevole della necessità di prove sperimentali per approfondire le conoscenze sui materiali, in qualità di direttore del laboratorio della Scuola di Torino, ne aggiornò le attrezzature e lo arricchì di strumenti di misura e di impianti, fino a farne il più efficiente centro italiano per le ricerche sui materiali da costruzione. Le sperimentazioni da lui condotte sul cemento armato vennero pubblicate in molte note (tra cui: Risultati sperimentali su conglomerati di cemento semplici e armati, ibid. 1905; Studi sperimentali su costruzioni in cemento armato, ibid. 1926); ma le sue ricerche spaziarono ad approfondire il comportamento anche di molti altri materiali.
Già nel novembre del 1902 il G. suggerì alla Municipalità di Torino di adottare un regolamento specifico per le costruzioni in cemento armato, al fine di cautelarsi da imprenditori senza scrupoli e dai rischi connessi all'immaturità del calcolo di tali strutture (Sulle costruzioni in "béton" armato, in Annali della Società degli ingegneri e degli architetti italiani, 1903, n. 2, pp. 33-46). In seguito, ebbe un ruolo chiave nell'elaborazione di una normativa nazionale: socio attivo della SIM fin dalla sua fondazione nel 1903, fece parte della commissione, nominata in seno all'associazione, con l'incarico di redigere una bozza di regolamento per le costruzioni in cemento armato da proporre al ministero dei Lavori pubblici.
Il testo elaborato dal G. e da altri (tra i quali S. Canevazzi e A. Muggia) venne poi adottato integralmente dal governo nel 1907. In qualità di presidente della SIM, il G. collaborò poi ai successivi aggiornamenti della normativa (L'Associazione italiana per gli studi sui materiali da costruzione, 1903-1937. Ricordi, Roma 1940).
Nella poliedricità dei suoi interessi, il G. si adoperò anche per promuovere lo sviluppo in Italia delle dighe ad arco, delle quali esaltò le caratteristiche e per le quali propose un metodo di calcolo derivato dalla teoria degli archi elastici che fu a lungo impiegato per questo tipo di strutture. Dopo il disastro della diga di Gleno del 1° dic. 1923, fece parte della commissione governativa per la revisione delle dighe d'Italia. Tra le molteplici pubblicazioni su questo argomento si ricorda la Statica delle dighe per laghi artificiali (Torino 1921).
L'ultimo atto pubblico della sua vita di studioso fu, a ottantasette anni, la presentazione all'Accademia pontificia di un breve scritto nel quale presagiva gli sviluppi delle costruzioni che sarebbero derivati dall'approfondimento del comportamento dei materiali in regime plastico (Sono ammissibili deformazioni plastiche nelle costruzioni?, in Annali dei lavori pubblici, 1940, n. 5).
Il G. morì a Roma il 30 ott. 1941.
Nel 1933 fu pubblicato a Torino un volume di Memorie di Camillo Guidi:raccolte e ripubblicate a cura di un gruppo di antichi studenti in occasione dell'ottantesimo genetliaco del maestro.
Fonti e Bibl.: R. Scuola d'ingegneria di Torino, Solenni onoranze a C. G., Torino 1928; C. G., in Annuario della R. Accademia d'Italia, II (1929-30), pp. 178-184; A. Danusso, In memoria di C. G., in Il Cemento armato, 1941, n. 11, p. 164; G. Colonnetti, C. G.: discorso commemorativo, pronunciato nella seconda tornata ordinaria del settimo anno accademico, il 5 giugno 1943, in Commentationes Pontificiae Academiae scientiarum, VII (1943), 11, pp. 283-297.