BERNERI, Camillo Luigi
Nato a Lodi il 20 maggio 1897 da Stefano e da Adalgisa Fochi, giovanissimo si avviò all'attività politica. Fece la prima esperienza a Reggio Emilia nella Federazione provinciale giovanile socialista, di cui divenne uno dei dirigenti. I suoi primi scritti apparvero sul quotidiano socialista reggiano La giustizia di C. Prampolini e G. Zibordi. Ben presto militò nella frazione rivoluzionaria; con la fine del 1915 il suo acceso e intransigente antimilitarismo lo portò però ad avvicinarsi sempre più agli anarchici. Quando il 20 luglio 1916 la polizia aprì a suo nome un fascicolo e cominciò a sorvegliarlo sistematicamente, il B. era ormai uscito dal partito socialista e aveva aderito al movimento anarchico. Sempre nel 1916 (anno in cui si trasferì ad Arezzo, ove la madre era insegnante) si ha notizia che cercasse di costituire un gruppo giovanile anarchico tra studenti. Nel 1917 fu chiamato sotto le armi; per le sue idee politiche fu però escluso dalla scuola militare, inviato sotto scorta al fronte e, dopo essere stato denunciato al tribunale di guerra, confinato nell'isola di Pianosa.
Verso la fine della guerra collaborò all'organo anarco-sindacalista bolognese Guerra di classe e al quindicinale napoletano Il grido, occupandosi particolarmente della rivoluzione russa e dell'atteggiamento verso di essa degli anarchici.
Nei suoi articoli il B. sosteneva le posizioni leniniste e criticava la poca chiarezza dei socialisti italiani verso la politica di Kerenskij. è però sintomatico il suo atteggiamento di riserva verso gli sviluppi che avrebbe potuto avere la politica leninista. Riserva che si andò accentuando negli anni successivi e assunse il carattere di un'aperta critica all'autoritarismo e al centralismo bolscevici (cfr. soprattutto Militarismo e bolscevismo, in Umanità nova, 29 ott. 1921).
Nel dopoguerra il B. portò a termine i suoi studi, laureandosi in filosofia nel 1922 a Firenze, ove fu in rapporto con G. Salvemini (che, con E. Malatesta, ebbe notevole influenza sulla sua formazione morale e culturale). Contemporaneamente partecipò all'attività anarchica, collaborando, tra l'altro, a Volontà, Il grido della rivolta, Umanità nova e, dopo l'andata al potere del fascismo, a Fede ! e Pensiero e Volontà. Spesso usava firmarsi "Camillo da Lodi" e "Camber".
Particolarmente intensa fu la collaborazione a Umanità nova.Quanto ai temi, si occupò, oltre che di polemica politica, di filosofia, di pedagogia e di sociologia. Per questi scritti, come del resto per quelli successivi dell'esilio, può valere quanto scritto nel 1952 dal Salvemini: "Aveva il gusto dei fatti precisi. In lui l'immaginazione, disciolta da ogni legame col presente, in fatto di possibilità sociali, si associava a una cura meticolosa per i particolari immediati nello studio e nella pratica di ogni giorno. Si interessava di tutto con avidità insaziabile. Mentre molti anarchici sono come le case le cui finestre sulla strada sono tutte murate… lui teneva aperte tutte le finestre" (cfr. anche, ma soprattutto per il periodo successivo, il giudizio di A. Garosci, Storia…, pp. 256 s.). Riprova di questa sua apertura intellettuale è la collaborazione a L'unità di G. Salvemini, a La critica politica di O. Zuccarini e soprattutto a La rivoluzione liberale di P. Gobetti (in quest'ultima cfr. soprattutto la sua definizione dell'anarchismo nel numero del 19 febbr. 1924). Forse più di ogni altro anarchico italiano il B. senti in particolare il valore morale e politico degli avvenimenti russi, che studiò con attenzione ed acutezza, anche se con una forse eccessiva tendenza ad idealizzare l'esperienza dei Soviet (cfr. in particolare, i suoi articoli in Umanità nova, 3,15, 29 dic. 1921; 11, 17 genn.; 7, 24 febbr.; 22 marzo e 4 giugno 1922). Questo interesse per l'esperienza bolscevica lo portò ad abbozzare una sorta di revisione dell'anarchismo tradizionale, accentuando certi spunti autonomistico-federalisti da lui stesso definiti: "Cattaneo completato da Salvemini e dal soviettismo". Nel 1925 pubblicò a Roma un opuscolo dal titolo Un federalista russo: Metro, Kropotkin.
Dopo la laurea insegnò a Montepulciano, Firenze (1923), Cortona (1924), Camerino (1925) e, nel 1926, a Bellagio e a Milano. Contemporaneamente, nonostante la sorveglianza della polizia, continuò a militare nel movimento anarchico (tra l'altro partecipò all'ultimo convegno clandestino dell'Unione anarchica italiana tenuto ad Ancona nel 1926) e fu, nel 1925, in contatto con il gruppo fiorentino del "Non mollare". Dopo l'emanazione delle leggi eccezionali espatriò in Francia.
Nell'emigrazione il B. fu, nell'ambito del movimento antifascista, uno degli elementi più attivi e dinamici; critico verso la passività della Concentrazione, sostenne la necessità di un'azione diretta e di una vigile azione contro i provocatori fascisti. La sua vita fu per questo tutt'altro che facile, sia perché dovette adattarsi a fare i mestieri più modesti (manovale, imbianchino, ferraiolo, ecc.), sia soprattutto per l'attiva sorveglianza della polizia francese e le mene degli agenti provocatori fascisti che, un po' per la sua pericolosità e un po' nell'intento di screditare l'antifascismo in esilio e provocare incidenti che inducessero il governo francese a prendere contro di esso provvedinienti limitativi dell'attività, gli si misero ben presto alle costole per comprometterlo.
Nel 1927-29 fu soprattutto in Francia e nel Belgio, dove organizzò una specie di controspionaggio che avrebbe dovuto proteggere l'antifascismo dagli agenti provocatori e dalle spie. Nel 1929 pubblicò a Marsiglia un opuscolo su Lo spionaggio fascista all'estero; due anni prima aveva dato alle stampe un altro opuscolo dal titolo Mussolini normalizzatore (Parigi 1927). A Bruxelles nel 1929 fu tra i promotori di alcuni gruppi di azione anarchica ai quali aderirono elementi spagnoli, ungheresi ed italiani. Nonostante la vigilanza, nel 1928-29 il B. cadde però nella rete della provocazione fascista, legandosi di stretta amicizia con un agente inviato dall'Italia, certo E. Menapace, che ne conquistò la fiducia prima "collaborando" a smascherare un altro agente provocatore (certo Savorelli che fu ucciso dal repubblicano T. Pavan) e poi incoraggiandolo a tentare alcune azioni contro esponenti fascisti in visita all'estero.
A questi contatti con il Menapace sono connesse successive polemiche e accuse, ingiuste e tavolta apertamente calunniose, contro il B., fatto passare da alcuni come un facilone e addirittura come un agente provocatore. Il rapporto del B. col Menapace ebbe fine nel dicembre 1929: dopo una lunga preparazione il Menapace accompagnò il B. a Bruxelles, e qui ne provocò l'arresto con l'accusa di voler attentare alla vita del ministro A. Rocco e di preparare altri attentati contro la delegazione italiana a Ginevra e contro il principe di Piemonte. Contemporaneamente a Parigi era arrestato anche A. Cianca, presso il quale il B. aveva depositato della cheddite.
L'arresto - anche se risultò chiaro che egli era stato vittima di una montatura - rese al B. la vita difficilissima. Il 22 febbr. 1930 il tribunale correzionale di Bruxelles lo condannò a 5 mesi di carcere per passaporto falso e porto d'armi abusivo; scarcerato il 22 maggio, fu espulso dal Belgio.
Rifiutato alla frontiera olandese, fece allora ritorno clandestinamente in Belgio, ma ad Anversa fu di nuovo arrestato ed espulso verso il Lussemburgo. Da qui nel luglio passò in Francia, ma venne tosto arrestato, essendo stato nel frattempo condannato anche in questo paese per detenzíone di esplosivi. Avendo interposto appello ed essendo la LIDU (Lega italiana dei diritti dell'uomo) intervenuta in suo favore, fu alla fine scarcerato; ma nel febbraio 1931 fu nuovamente arrestato, avendo la Cassazione francese respinto il suo ricorso e dovendo scontare quindi una condanna a un anno di carcere. Solo nel luglio 1931 fu definitivamente rimesso in libertà, ma rimase sottoposto a stretta sorveglianza e alla spada di Damocle di brevi permessi di soggiorno, da rinnovarsi di volta in volta, che lo facevano vivere sotto la continua minaccia dell'espulsione dalla Francia, mentre gli altri paesi si rifiutavano di accoglierlo. E l'espulsione sopravvenne infatti nel 1934: il B. però vi contravvenne e fu allora arrestato e condannato a sei mesi di detenzione. Scarcerato nel febbraio 1935, rincominciò l'odissea delle espulsioni, delle revoche, delle proroghe del permesso di soggiorno, sino a che nell'estate del 1936 non passò finalmente in Spagna, dove intanto era iniziata la guerra civile.
Durante questo periodo il B. svolse anche un'intensa attività pubblicistica collaborando a molti periodici di ispirazione anarchica, tra i quali Lotta umana e Guerra di classe di Parigi, La protesta-La protestation di Puteaux, La revista blanca di Barcellona, L'adunata dei refrattari di Newark, Studi sociali di Montevideo e La protesta di Buenos Aires. Nel 1934 fu anche corrispondente di Tiempos nuevos.Attraverso questi scritti andò progressivamente definendo la sua particolare concezione anarchico-federalista e prese più volte posizione sugli avvenimenti internazionali più importanti, denunziando con particolare vigore la miope politica sovietica verso la Germania e le sue responsabilità nell'affermazione del nazismo. Nell'ambito dell'antifascismo italiano il B. ebbe rapporti soprattutto con "Giustizia e Libertà" a cui guardava con una certa simpatia ritenendo che esso potesse finire per evolvere verso un vero e proprio socialismo libertario. Al contrario di altri anarchici, non vi aderì però mai, non ritenendo possibile rinunciare a certe peculiarità del suo anarchismo ed essendo convinto che l'anarchismo, proprio per queste peculiarità, avrebbe potuto avere un "ruolo autonomo e di primo piano" nella rivoluzione italiana ed evitare sia una soluzione comunista "dispotico-centralizzatrice", sia una soluzione "moderata", sia una soluzione "giacobina" (autonomista unitaria) di cui il "giellismo" in particolari situazioni politiche si sarebbe potuto fare propugnatore (nel qual caso il B. affermava che ne sarebbe stato avversario, mentre si sarebbe incontrato con esso se si fosse evoluto verso un "girondismo federalista"). Si vedano a questo proposito la sua polemica con C. Rosselli, in Giustizia e libertà, 6 e 27 dic. 1935, e il suo articolo Come vedo il movimento giellista, in L'adunata dei refrattari, 4 apr. 1936.
Passato in Spagna il 24-25 luglio 1936, il B. fece di Barcellona (cuore dell'anarchismo iberico) il centro della sua attività. Organizzò gli anarchici italiani in Spagna, tenne (con i primi del 1937) i rapporti tra la FAI (Federación Anárquica Ibérica) e i gruppi libertari in Francia, curò (dall'ottobre 1936) la pubblicazione del giornale in lingua italiana Guerra di classe, svolse una intensa attività pubblicistica e propagandistica (tra l'altro pubblicò un libretto dal titolo Mussolini alla conquista delle Baleari, Barcellona 1937) e contribuì con tutte le sue forze all'organizzazione e alla resistenza del regime repubblicano, sostenendo il punto di vista degli anarchici. In particolare il B. (che il 28 agosto partecipò allo scontro di Monte Pelato) fu tra i promotori e gli organizzatori della prima "colonna" di volontari italiani (di cui redasse il "patto" costitutivo). Per la sua organizzazione collaborò con C. Rosselli, cercando però di impedire che la "colonna" fosse da lui influenzata, ma, al contrario, che mantenesse il carattere anarchico con il quale l'aveva concepita. Da qui, verso la fine del 1936, una vivace polemica tra i due uomini politici che ebbe echi anche su Giustizia e Libertà e su Guerra di classe, polemica che finì per portare al ritiro di Rosselli e dei suoi amici dalla "colonna" che rimase sotto il controllo degli anarchici (va per altro detto che al momento della crisi il B. cercò invano di fare opera di mediazione).
Il contrasto più violento e drammatico fu però quello con i comunisti. Dello stalinismo il B. era sempre stato un deciso avversario. In Spagna a questa avversione di principio si aggiunsero numerosi altri motivi di contrasto, collegati al più generale problema dei rapporti comunisti-anarchici e alla diversa concezione della strategia del movimento rivoluzionario spagnolo. Con l'aggravarsi di questa situazione (il 16 dic. 1936 in un articolo La guerra e la rivoluzione, in Guerra di classe, il B. affermò che la Spagna era "tra due fuochi: Burgos e Mosca"), il B. credette possibile un compromesso sulla base di una sorta di spartizione delle zone d'azione: Madrid ai comunisti e ai socialisti, Barcellona agli anarchici e al POUM (Partido obrero unitario marxista: accusato di trotzkismo dai comunisti). Le sue speranze riuscirono però vane e così pure un suo estremo appello per la cessazione delle lotte fratricide. Sicché, scoppiato ai primi di maggio a Barcellona il conflitto tra comunisti e anarchici, il 5 maggio 1937 il B. fu, con un altro anarchico italiano, F. Barbieri, arrestato dalla polizia. Due giorni dopo furono ritrovati cadaveri. Due settimane dopo Il grido del popolo di Parigi (Bisogna scegliere, 20 maggio 1937), in polemica con Il nuovo Avanti che aveva reso omaggio alla memoria del B. (Il sanguinoso conflitto fratricida,15 maggio 1937), accusava il B. di aver provocato l'insurrezione contro il governo catalano e affermava che era stato giustiziato "dalla Rivoluzione democratica". La sinistra comunista lo commernorò invece come una vittima dello stalinismo, ne definì l'uccisione "un crimine di pretto stile squadrista" e lo annoverò tra gli apostoli del proletariato (Prometeo,30 maggio 1937).
Oltre agli scritti del B. citati, si vedano anche Le tre città,Firenze s.d., e Morale e religione, Roma s.d., entrambi con lo pseudonimo "Camillo da Lodi"; Il peccato originale (apparso nel 1931 come supplemento a En dehors), Pistoia 1955; Le juif antisémite,Paris 1936; La Massoneria e il fascismo, in Contro gli intrighi massonici nel campo rivoluzionario, New Jersey 1939. Varie sono anche le raccolte dei suoi scritti più significativi: si vedano soprattutto Pensieri e battaglie, 1ediz., Parigi 1938; 2 ediz., Napoli 1945; Guerre de classe en Espagne, Paris 1938; Scritti scelti di C. B.,a c. di P. C. Masini e A. Sorti, Milano 1964.
Fonti e Bibl.: Archivio Centrale dello Stato, Min. dell'Interno, Casellario Politico Centrale, n. 73478: B. C.(2 fascicoli); A. Tasca, C. B., in Il nuovo Avanti, 22 maggio 1937; A. Garosci, La vita di C. Rosselli, Firenze s.d., I, pp. 209 ss.; II, pp. 167 s., 170 ss., 178, 189 ss., 227, 245, 267; P. C. Masini, C. B. collaboratore di "Rivoluzione liberale", in Volontà, 1° giugno 1947; A. Fochi Berneri, Con te, figlio mio!, Parma 1948; C. Puglionisi, Sciacalli. Storia dei fuorusciti, Roma 1948, pp.150 ss.; G. Salvemini, Donati e Berneri, in Il Mondo, 3 maggio 1952; A. Garosci, Storia dei fuorusciti, Bari 1953, pp. 52, 61, 148, 158, 256, 295; G. Salvemini-E.Rossi-P. Calamandrei, Non Mollare (1925), Firenze 1955, p. 7; A. Borghi, Mezzo secolo d'anarchia, Napoli 1955, pp. 357 s.; A. Schiavi, Esilio e morte di F. Turati (1926-1932), Roma 1956, pp. 263, 372 s., 375, 382, 387 ss.; G. Caleffi, C. B. nel ventesimo anniversario del suo assassinio, in Volontà, maggio 1957, pp. 466-73; P. C. Masini, Glianarchici italiani e la rivoluzione russa, in Riv. stor. del socialismo, agosto 1962, pp. 135 ss.; P. Broué-E. Témine, La rivoluz. e la guerra di Spagna, Milano 1962, pp. 300, 310, 327; D. T. Cattel, I comunisti e la guerra civile spagnola, Milano 1962, pp. 170 s.