PAMPHILI, Camillo
PAMPHILI, Camillo. – Figlio secondogenito di Pamphilio e di Olimpia Maidalchini, nacque il 21 febbraio 1622 a Napoli, dove lo zio Giovanni Battista (futuro papa Innocenzo X) era allora nunzio apostolico. Due giorni dopo fu battezzato nella chiesa della Carità e retto al fonte battesimale da Michele Antonio Orsini, duca di Gravina, e da Giovanna Ruffo, principessa di Scilla.
La presenza nella sede partenopea di Pamphilio e Olimpia Pamphili, per i quali era stata predisposta un’abitazione separata ma contigua al palazzo della nunziatura, rappresenta solo un esempio del ruolo affidato dall’intraprendente prelato alla sua famiglia. A Napoli Olimpia, anche durante la gravidanza, frequentava l’aristocrazia italiana e spagnola, come testimonia la scelta dei padrini di Camillo. Nel 1624, rientrata a Roma, la coppia proseguì su più ampia scala questa attività, annodando rapporti utili e duraturi nell’ambito della Curia.
Camillo trascorse i primissimi anni di vita all’ombra dello zio, avviato verso una brillante carriera cui non era stata estranea la rete familiare.
Giovanni Battista Pamphili era nipote del cardinale Girolamo Pamphili, molto vicino all’ambiente degli oratoriani, e anche di Marcello Del Bufalo, uditore di Rota, nonché figlio del cugino del potente cardinale Girolamo Mattei. Questa rete di sostegno curiale era l’esito di una serie di matrimoni incrociati con le più influenti famiglie romane: una strategia dapprima intesa al radicamento in città e poi all’avanzamento sociale, di cui avrebbero beneficiato tutti i discendenti Pamphili.
Tornato da Napoli, Camillo visse a Roma con le sorelle Maria Flaminia e Costanza nel palazzo di famiglia compreso tra piazza Navona e piazza Pasquino, che Giovanni Battista e Pamphilio avevano diviso.
Tutti i fratelli Pamphili avevano fatto come il padre e lo zio di Camillo, con la conseguenza che tutta la famiglia continuava a risiedere attorno al nucleo originale del palazzo acquistato dal suo primo rappresentante al momento del suo trasferimento da Gubbio. Il numero mai eccessivo di figli maschi aveva consentito che, in vari momenti, le due ali del palazzo assurgessero contemporaneamente e senza gravi difficoltà al ruolo di corte cardinalizia e di residenza per la famiglia del primogenito.
Alla morte del padre nel 1639, si profilò per Pamphili la prospettiva di un matrimonio per perpetuare la discendenza, una prospettiva che non subì mutamenti nei primissimi tempi dopo l’elezione al soglio pontificio di Giovanni Battista (15 settembre 1644). La posizione riservata a Pamphili sembrò essere allora quella di nipote laico: il 27 settembre il papa lo nominò generale della chiesa; il 1° ottobre divenne comandante supremo della flotta pontificia, della guardia del corpo del papa, governatore di Borgo e delle più importanti fortezze dello Stato pontificio. Cominciò anche a circolare il nome di una possibile sposa. Soprattutto dopo che erano cominciate le trattative per le nozze della sorella Costanza con Niccolò Ludovisi, appartenente alla fazione filospagnola (il matrimonio sarebbe stato celebrato il 21 dicembre), per il giovane Pamphili si pensò a una filofrancese. Olimpia Maidalchini caldeggiava in particolare la candidatura della figlia di Taddeo Barberini, Lucrezia, allora dodicenne.
Le trattative non giunsero in porto e di lì a poco il destino di Pamphili mutò considerevolmente. Nel concistoro del 14 novembre 1644 Innocenzo X lo creò cardinale; il 12 dicembre ebbe la berretta e il diaconato di S. Maria in Domnica. Il papa gli conferì anche la legazione di Avignone. Dopo poco ottenne dalla Spagna il beneficio dell’arcivescovado di Toledo, mentre dalla Francia ebbe la ricca abbazia di Corbia. Venezia gli conferì l’aggregazione al patriziato. Il 10 ottobre 1645 fu anche nominato prefetto del tribunale apostolico della Segnatura delle grazie.
Il cardinal nepote era diventato dalla seconda metà del Cinquecento un’istituzione cardine dello Stato della Chiesa, ma Innocenzo X temperò tale prassi, affiancando a Pamphili come segretario di Stato Giovanni Giacomo Panciroli, a cui fu affidata una serie di poteri che il cardinal nepote fino a quel momento aveva accentrato su di sé. Intanto gli incarichi militari di cui Pamphili era stato insignito nel 1644 furono conferiti ai suoi due cognati, Niccolò Ludovisi e Andrea Giustiniani, dal 1640 marito della sorella maggiore Maria Flaminia. Ma questa divisione dei poteri ebbe breve durata. Secondo l’informatissimo Theodoro Ameyden, il papa già dal 1646 andava meditando di far sposare il nipote, unico erede maschio dei Pamphili romani, e in questa fase si riaffacciò all’orizzonte la possibilità di un’alleanza matrimoniale con i Barberini.
Dopo aver ottenuto dallo zio il permesso di abbandonare il cardinalato (21 gennaio 1647), Pamphili sposò (10 febbraio) Olimpia Aldobrandini, ricca erede di un cospicuo patrimonio familiare, nonché vedova di Paolo Borghese. La scelta della sposa scontentò tanto lo zio papa quanto la madre, più favorevole a un’unione con i Barberini, cosicché nessuno dei due prese parte alle nozze.
Nei primi tempi gli sposi furono costretti a vivere fuori da Roma e non vennero accolti nel palazzo apostolico. Dopo vari mesi in cui era rimasta vacante, nella carica di cardinal nepote fu surrogato dapprima un giovanissimo nipote di Olimpia Maidalchini, Francesco, di appena diciassette anni, poi Camillo Astalli, altro lontano parente della potente cognata del papa.
Trascorso qualche tempo nella villa degli Aldobrandini a Frascati, Pamphili e la moglie si stabilirono a palazzo Farnese, ospiti di una famiglia con cui gli Aldobrandini erano imparentati. Nel 1648 la nascita del primo figlio maschio della coppia, a cui venne imposto il nome di Giovanni Battista, favorì la riappacificazione con Innocenzo X, il quale di lì a poco istituì la primogenitura e il fedecommesso sui beni di famiglia. La coppia in seguito ebbe altri quattro figli: Benedetto, Anna, Flaminia e Teresa.
Pamphili non tornò ad abitare nel palazzo di Navona, ma risiedette con sua moglie nel palazzo al Corso, a S. Maria in via Lata, che era stato acquistato da Pietro Aldobrandini nel 1601 e dove Olimpia al momento degli accordi matrimoniali aveva chiesto e ottenuto dal primo marito Paolo Borghese e poi da Pamphili di continuare a risiedere.
Pamphili accettò di buon grado e allargò l’insula Aldobrandini Pamphili acquistando il 6 settembre 1659 per 20.384 scudi il palazzo al Collegio Romano, che era stato dei Salviati ed era in quel momento appunto del rettore del Collegio Romano. Il patrimonio immobiliare della moglie e la decisione di Pamphili di non condividere con la madre il palazzo di piazza Navona spostarono definitivamente il punto di riferimento urbano dei Pamphili: da allora tutti i primogeniti risiedettero al Corso.
La nuova residenza fu arricchita da una sontuosa quadreria che Pamphili cominciò a mettere insieme all’indomani del matrimonio con Olimpia; alcuni quadri rinascimentali venivano proprio dall’eredità Aldobrandini. Con il fedecommesso del 1651, le opere d’arte furono legate indissolubilmente ai primogeniti, impedendone la vendita e la dispersione. Della collezione di Pamphili facevano parte sin dalla metà del Seicento preziosi dipinti di Caravaggio, Claude Lorraine e Gaspard Dughet. Il figlio Benedetto avrebbe continuato l’attività intrapresa dal padre, arricchendo ulteriormente la raccolta. Questa non fu l’unica passione che Pamphili trasmise a Benedetto: entrambi possedevano una ricca biblioteca. Quella di Pamphili, ricostruibile attraverso un inventario, redatto probabilmente su istanza del figlio primogenito all’indomani della morte del padre, ospitava circa 3000 volumi, tra cui, accanto ai consueti libri di argomento devozionale e giuridico, c’era una vasta sezione di geografia e di letteratura di viaggio.
Nel 1651 i Pamphili acquistarono da Francesco Barberini per 687.298 scudi il feudo di Valmontone, insieme a quelli di Lugnano e Montelanico e ai castelli di Piombinara, Collenero, Montelungo e Pruna. Questi investimenti feudali, insieme con l’acquisto del feudo di San Martino al Cimino, fatto da Olimpia Maidalchini all’indomani dell’elezione di Innocenzo X, oltre a conferire ai Pamphili il titolo di principi, dal 1653 consentirono il loro ingresso nell’aristocrazia feudale.
Sembra che Pamphili avesse pensato di costruire quasi subito un nuovo e sontuoso palazzo a Valmontone, nell’ambito di una generale riqualificazione dell’abitato della zona. Tra le carte di famiglia si trovano riferimenti al cantiere dal dicembre 1653. Alla fine del 1654, tra i documenti della fabbrica compare il nome di Francesco Buratti, grande appaltatore delle fabbriche dei Pamphili. Dal 1658 sono documentati i primi incarichi per affrescare le sale del nuovo palazzo a opera di Gaspard Dughet, Guillaume Courtois e Giambattista Tassi e dall’anno successivo cominciarono a giungere i quadri. L’inventario del 1663 testimonia l’esistenza di 178 pezzi con una netta prevalenza di nature morte, uno dei generi preferiti da Pamphili. Quasi contemporeamente ai quadri giunsero da Roma le casse dei libri: dal 17 al 24 ottobre 1662 partirono infatti per Valmontone circa 400 volumi, tutti attentamente inventariati e con l’indicazione del formato.
La morte di Innocenzo X nel 1655 aveva intanto mutato i rapporti all’interno della famiglia. Nell’autunno del 1655 Pamphili e Olimpia Aldobrandini chiesero al neoeletto Alessandro VII Chigi di regolare il conflitto a proposito dello spillatico da corrispondere a Olimpia.
Quando aveva sposato Camillo, la Aldobrandini – in virtù anche dell’importanza della famiglia con cui si imparentava – aveva accettato di percepire per le proprie esigenze personali una somma che era soltanto la quarta parte di quello che il primo marito le corrispondeva, quando ella aveva quattordici anni. Morto Innocenzo X e con un Chigi sul trono di Pietro, si erano riproposte le giuste ragioni di Olimpia. Giacché Pamphili resisteva, la moglie aveva deciso di abbandonare il tetto coniugale e di stabilirsi nel monastero romano di Tor de’Specchi; la riconciliazione fu il risultato di una paziente redazione di carte e tessitura di relazioni. Il 13 agosto 1657, accompagnata da Berenice Chigi, cognata del papa e mediatrice tra le istanze dei due coniugi, Olimpia fece ritorno a casa. Nel frattempo Olimpia Maidalchini, particolarmente invisa al nuovo papa, era stata costretta a lasciare Roma e a trascorrere gli ultimi anni a tra Viterbo e San Martino al Cimino, dove morì di peste alla fine di settembre 1657.
Camillo, appassionato mecenate, dopo aver trascorso gli ultimi anni di vita nella cura del patrimonio di famiglia tra la quadreria romana e gli interventi architettonici nei palazzi Pamphili, morì a Roma nel palazzo al Corso il 26 luglio 1666.
La centralità della famiglia Pamphili dopo la morte di Innocenzo X fu garantita dalla solida rete di relazioni di Olimpia Aldobrandini, che si adoperò per concludere fruttuose alleanze matrimoniali attraverso i suoi figli di primo e di secondo letto. Maria Virginia Borghese sposò nel 1659 Agostino Chigi, il nipote del papa regnante. Flaminia Pamphili divenne, nel 1670, la moglie di Bernardo Savelli, figlio di una cugina di Olimpia. La Aldobrandini inoltre fu un vero deus ex machina nella conclusione delle nozze di Giovanni Battista con Violante Facchinetti e soprattutto di Anna Pamphili con Andrea Doria, nel 1670 e nel 1671.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio Doria Pamphilj, scaf. 1, b. 5; scaf. 86, bb. 1-2, 4, 65; scaf. 88, bb. 33, 45, 65; scaf. 89, b. 3; scaf. 93, bb. 41, 57, 58, 68, 71; FondoArchiviolo, bb. 106, 151, 201, 349; Ibid., Arch. storico del Vicariato, Parrocchia di S. Lorenzo in Damaso, Stati delle anime, bb. 61-63; Biblioteca apostolica Vaticana, Barb. lat. 4853, Th. Ameyden, Avvisi dell’anno 1646, c. 436; G. Moroni, Dizionario di erudizione ecclesiastica da S. Pietro sino ai giorni nostri, XXVIII, Venezia 1844, p. 235; LI, ibid. 1851, ad vocem; L. von Pastor, Storia dei Papi dalla fine del Medioevo, XIV,1, Roma 1932, pp. 30-32; R. Lefevre, Il patrimonio romano degli Aldobrandini nel Seicento, in Archivio della Società romana di storia patria, LXXXII (1959), pp. 1-24; D. Chiomenti Vassalli, Donna Olimpia o del nepotismo nel Seicento, Milano 1979, ad ind.; I. Fosi, All’ombra dei Barberini. Fedeltà e servizio nella Roma barocca, Roma 1997, ad ind.; A. Menniti Ippolito, Il tramonto della Curia nepotista. Papi, nipoti e burocrazia curiale tra XVI e XVII secolo, Roma 1999, ad ind.; O. Poncet, Innocenzo X, in Enciclopedia dei Papi, III, Roma 2000, pp. 321-335; B. Borello, Du patriciat urbain à la Chaire de Saint Pierre: les Pamphiljs du XVe au XVIIIe siècle, tesi di dottorato, Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales, Paris 2000, ad ind.; Id., Strategie di insediamento in città: i Pamphilj a Roma nel primo Cinquecento, in La nobiltà romana in età moderna. Profili istituzionali e pratiche sociali, a cura di M.A. Visceglia, Roma 2001, pp. 31-61; M. D’Amelia, Nepotismo al femminile. Il caso di Olimpia Maidalchini Pamphilj, ibid., pp. 353-399; B. Borello, Annodare e sciogliere. Reti di relazioni femminili e separazioni a Roma (XVII-XVIII secolo), in Quaderni storici, XXXVII (2002), 111, pp. 617-648; Id., Alleanze matrimoniali e mobilità sociale e geografica. Il caso dei Pamphilj (XV-XVII secolo), in Mélanges de l’Ecole Française de Rome. Italie et Méditerranée, CXV (2003), 1, pp. 345-366; Id., Trame sovrapposte. La socialità aristocratica e le reti di relazioni femminili a Roma (XVII-XVIII secolo), Napoli 2003, ad ind.; M. Di Gregorio, Nascita e morte di una quadreria: la collezione dei Pamphilj a Valmontone, in Palazzo Doria Pamphilj a Valmontone, a cura di B. Fabjan - M. Di Gregorio, Roma 2004, pp. 59-67; L. Maggi, La fabbrica pamphiliana di Valmontone: il palazzo e la collegiata, ibid., pp. 19-25; F. Cappelletti, Il palazzo di C. P. e la nascita della quadreria secentesca, in Il Palazzo Doria-Pamphilj al Corso e le sue collezioni, Firenze 2008, pp. 43 s.; A. Groppi, La sindrome malinconica di Lucrezia Barberini d’Este, in Quaderni storici, XLIII (2008), 129, pp. 728-730; S. Leone, The Palazzo Pamphilj in Piazza Navona: constructing identity in Early Modern Rome, London 2008, ad ind.; A. Mercantini, «Fioriscono di splendore le due cospicue Librarie del signor cardinale Benedetto Pamfilio»: studi e ricerche sugli Inventari inediti di una perduta Biblioteca, in The Pamphilj and the arts: patronage and consumption in Baroque Rome, a cura di S. Leone, Chestnut Hill 2011, pp. 211-230; M.A. Visceglia, Morte e elezione del papa. Norme, riti e conflitti. L’Età moderna, Roma 2013, ad ind.; B. Borello, Sapere di esserlo. Fratelli, sorelle, fratellanze e fraternità in età moderna, in corso di stampa; F. Cappelletti, Palazzo Pamphilj a piazza Navona. Storia di un cantiere cardinalizio e papale, in corso di stampa; B. Borello, I libri di C. P. al Palazzo al Corso, http://www.enbach.eu/it/banche-dati/biblioteche-accademie-musei/elenco-biblioteche,-accademie,-musei/accademia-di-camillo-pamphilj.aspx.