PILOTTO, Camillo
– Primogenito di quattro figli, nacque a Roma il 6 febbraio 1888 da Libero, affermato attore e drammaturgo, e Antonietta Moro, eccellente 'seconda donna'. Dal padre ereditò il fisico massiccio e imponente, la bonarietà dell’indole – occasionalmente turbata da furie passeggere – e una rettitudine che lo accompagnò nel corso della lunga carriera. Sposò Giuliana Becagli.
Il padre, morto prematuramente, avrebbe preferito che Pilotto non intraprendesse la carriera di attore; tuttavia, all’età di quindici anni, questi decise dei seguire la propria vocazione e debuttò in teatro con Ermete Zacconi. Le sue prime interpretazioni stupirono per intensità e veemenza; l’influsso del maestro si manifestò nella tendenza a una recitazione realistica, che Pilotto declinò gradualmente in toni quotidiani, fino a giungere a una recitazione «parlata» (Castello, 1961, col. 136). Proseguì il suo apprendistato con Dina Galli, Edy Picello, Alfredo Sainati e nelle compagnie Irma Gramatica-Andò e Severi-Zoncada.
Tra il 1911 e il 1914 riscosse molto successo con la Stabile del teatro Manzoni di Milano, ma la sua carriera subì una svolta decisiva nel 1914, grazie a Emma Gramatica, che gli consentì di interpretare ruoli di primo attore e con la quale recitò in ditta a più riprese fino al 1928. Negli anni Venti il suo nome ricorreva anche accanto a quelli di Camillo De Riso, Esperia Sperani, Mariù Gleck e Luigi Carini (coi quali fu pioniere del dramma giallo); recitò inoltre nella compagnia del teatro d’Arte e nella Dannunziana.
Nel 1930, diretto da Anton Giulio Bragaglia, impersonò Macheath nella prima edizione italiana de L’opera da tre soldi, presentata col titolo La veglia dei lestofanti; l’anno successivo esordì con ottimi risultati nella rivista con la compagnia Za Bum (Le Lucciole della città). Nel 1933 interpretò Otello al fianco di Kiki Palmer con la regia di Pietro Sharoff, per poi tornare a calcare le scene con Emma Gramatica, suscitando l’entusiasmo dei critici parigini che lo elogiarono con slancio: «a volte imperioso e crudele, tenero e doloroso. Egli rivela sotto la sua rude e maschia scorza una sensibilità fortissima. Il suo tratto, il suo talento, la sua intelligenza, ci dicono che andrà molto lontano» (Puck, 1939, p. 370).
Negli anni Quaranta, Pilotto collaborò con Guglielmina Dondi, per poi entrare in compagnia con Bagni, Cortese e Zacconi; con Palmer e Scelzo recitò come protagonista in Zio Vania; successivamente fu diretto da Visconti nel ruolo di Creonte in Antigone di Jean Anouilh, mentre nella rivista Pio…Pio…Pio… recitò accanto ad Anna Magnani.
Nel dopoguerra lavorò principalmente presso i teatri stabili: a Milano fu un indimenticabile Cotrone ne I Giganti della Montagna di Giorgio Strehler, un eccellente Sganarello in Don Giovanni di Molière con la regia di Orazio Costa, un applauditissimo procuratore Karàul, protagonista di Querela contro ignoto. Nel 1949, chiamato a far parte del Comitato di studio per il teatro – istituito con il compito di risollevare la scena di prosa promuovendo nuove norme per la distribuzione dei sovvenzionamenti statali – Pilotto si schierò in favore delle compagnie minori cui riconosceva il merito di aver diffuso in modo capillare la cultura teatrale su tutto il territorio italiano. Nel 1950 collaborò con la Soffitta di Bologna, e successivamente con i teatri stabili di Genova, Napoli, Roma e Torino.
Partecipò al Crogiuolo di Miller (1955-56) con la regia di Luchino Visconti; nella stagione seguente fu con Annibale Ninchi, Filippo Scelzo e Aldo Silvani, e in seguito accanto a Carlo Ninchi e Vivi Gioi. Propose poi, con Laura Carli, un repertorio giallo al Ridotto dell’Eliseo di Roma e si unì alla compagnia S. Erasmo di Milano (1960). Tra le interpretazioni teatrali più importanti ricordiamo quelle di personaggi shakespeariani, quali Prospero ne La Tempesta (1948, regia di Strehler); Falstaff ne Le allegre comari di Windsor (1949; regia di Alessandro Fersen) e in Enrico IV (1951, regia di Strehler), Sir Tobia in La Dodicesima notte (1950, regia di Costa), Bottom in Sogno di una notte di mezza estate (1952, regia di Alessandro Brissoni).
Pilotto, noto e stimato anche in ambito cinematografico, comparve in innumerevoli pellicole. Esordì nel 1916 con un ruolo di cattivo nel film muto Il sopravvissuto, riscuotendo ampi consensi; nello stesso anno apparve anche in Partita doppia e in seguito in La capanna dello Zio Tom (1918), Federica d’Illiria (1919) e Tempesta nel nido (1926). Tuttavia toccò l’apice della popolarità con l’avvento del sonoro, muovendosi tra ruoli da primo attore e comprimario, e soprattutto grazie alla sua bravura di caratterista. Nel 1930 richiamò l’attenzione della critica sulla sua interpretazione del personaggio del padre in La Canzone dell’amore, primo film sonoro italiano.
Negli anni successivi apparve nuovamente al fianco di Emma Gramatica in La vecchia signora (di Amleto Palermi), per poi proseguire la sua carriera cinematografica con i De Filippo in Tre uomini in frak, e nel ruolo di teppista accanto a Marta Abba e Memo Benassi ne Il caso Haller di Alessandro Blasetti. Si cimentò sia in figure storiche – come il duca Alessandro in Lorenzino de’ Medici (1935, di Guido Brignone), Annibale in Scipione l’Africano (1937, di Carmine Gallone), il cardinal Massaia in Abuna Messias (1939, di Alessandrini) –, sia in personaggi di provenienza teatrale, quali il conte di Alba Fiorita ne La Locandiera (1944, di Luigi Chiarini). Furono molto apprezzate anche le sue interpretazioni più 'moderne', come quella del caporale degli Alpini in Scarpe al sole (1935, di Marco Elter) o di Giovanni Bertrani – un rinnegato che, dopo aver vissuto una vita indegna, si redime in Africa (Il grande appello, 1936, di Mario Camerini). Tornò spesso a recitare sotto la direzione di Palermi (La segretaria per tutti, Paraninfo, Porto, I due misantropi, La peccatrice), Gallone (Oltre l’amore, L’amante segreta, Messalina, Casta diva) e Raffaello Matarazzo (L’Anonima Roylott, L’albergo degli assenti, Giuseppe Verdi, La schiava del peccato, L’avventuriera del piano di sopra, Guai ai vinti!).
Molto apprezzato per la sua voce, svolse attività radiofonica e di doppiatore. Verso la fine della sua carriera lavorò anche in televisione in sceneggiati quali Piccolo mondo antico (1957, diretto da S. Blasi)) e Le anime morte, trasmesso postumo (1963, regia di E. Fenoglio).
Per ben sessant’anni Pilotto fu una presenza eclettica e costante sui palcoscenici e sugli schermi cinematografici, collaborando con i maggiori interpreti e registi del suo tempo ed esibendosi in un repertorio sorprendente per varietà e ampiezza. I critici dell’epoca lodarono più volte la sua recitazione spontanea, moderna e concreta, «antiretorica fino alla bruschezza, nelle sue frequenti spezzature», pur riconoscendo a Pilotto un’estrema duttilità che gli consentiva di spaziare dalla «virile drammaticità» alla «pittoresca comicità» (Castello, 1961, col. 136).
Considerato «ineguagliabile nelle parti di caratteri a tutto tondo» (O. Vergani, in Il Dramma, n.s., XXXIII [1957], n. 253, p. 44) e maestro nell’arte della truccatura, era in grado di rendere i personaggi comici con «sostanziosa e colorita cordialità» (R. Simoni, ibid., XXIV [1948], n. 52, p. 54) e di restituire appieno l’amarezza o la malinconia di quelli drammatici. La sua versatilità di caratterista gli permise di superare le strettoie dei ruoli e di partecipare a importanti messe in scena che contribuirono ad affermare il teatro di regia in Italia.
Morì a Roma, il 27 maggio 1963, a causa di un attacco cardiaco.
Fonti e Bibl.: Puck, Galleria-LXXI C. P., in Cinema, 1939, n. 71, p. 370; Enc. biografica e bibliograf. «Italiana», N. Leonelli, Attori tragici attori comici, Roma 1944, II, p. 224; G.C. Castello, P. C., in Enc. dello spettacolo, VIII, Roma 1961, coll. 135 s.; L. Ridenti, C. P. figlio d’arte esemplare, in Il Dramma, n.s., XXIX (1963), n. 321, pp. 44 s.; R. Chiti, C. P., in Diz. del cinema italiano. Gli attori, a cura di R. Chiti et al., Roma 1998, pp. 388 s.; G. Livio, Il caso Haller. Un curioso film, oggi perduto, per Benassi e la Abba, in Id., L’attore cinematografico. Alcune ipotesi metodologiche e critiche, Arezzo 2007, pp. 181-194.