CAMISARDI (fr. Camisards, dalle camicie di cui si servirono in qualche attacco notturno)
Così furono chiamati quegli Ugonotti francesi della Linguadoca e del Vivarese, i quali presero le armi, dal 1702 al 1705, contro il re Luigi XIV, a difesa della libertà religiosa.
La guerra dei Camisardi è caratterizzata da un accanimento fanatico unito a singolari manifestazioni ascetiche e profetiche. Decretata la chiusura dei loro templi, i Camisardi si riunivano nell'oscurità della notte, nei boschi o fra le alte rupi, per celebrarvi il culto religioso in riunioni che si chiamarono assemblées o églises du désert. Né la violenza dei soldati regi, specialmente dei dragoni (dragonnades), riusciva a impedire le loro riunioni, né le prediche dei monaci che accompagnavano le truppe regie riuscivano a convertirli. La persecuzione eccitava anzi maggiormente il loro ardore religioso sino al fanatismo, tenuto desto e alimentato da predicatori laici in veste di ispirati e di profeti.
Pervasi da mistica esaltazione, i Camisardi si proclamavano "figli di Dio", "popolo di Dio", "soldati dell'Eterno", e affermavano di udire voci e suoni celestiali, incitanti alla lotta e annunzianti il prossimo trionfo. Circolavano per le loro mani scritti apocalittici, ove si vaticinava la fine imminente del Papato e la liberazione della Chiesa di Dio. All'esplosione veemente del loro spirito di rivolta non poco contribuì anche la crudele intransigenza dell'abate Francesco de Langlade du Chayla, ispettore delle missioni dirette contro i Camisardi, il quale faceva impiccare o imprigionare e torturare nella sua cura di Pont-de-Montvert (Lozère) quanti calvinisti poteva sorprendere. I Camisardi, riusciti, nella notte del 24 luglio 1702, a penetrare nell'abitazione dell'abate lo trucidarono insieme ai suoi famigliari e diedero la sua casa alle fiamme. Questo episodio, mentre provocava maggiori rigori da parte dell'intendente della Linguadoca Lamoignon de Basville, già odiatissimo per l'esoso fiscalismo, segnava nello stesso tempo l'inizio di una generale insurrezione dei montanari protestanti, attraverso tutto il Vivarese e la Linguadoca, al grido: "non più imposte e libertà di coscienza".
Ad alimentare la loro rivolta non mancarono eccitamenti ed aiuti da parte dei numerosi nemici di Luigi XIV, specialmente da parte degli Olandesi, mentre il re, impegnato nella guerra per la successione di Spagna, non era in condizione di poter fronteggiare con il necessario vigore la rivolta.
I Camisardi, guidati da uomini rozzi ma energici ed abili, che erano insieme capitani, predicatori e profeti, quali Ravenel, Catinat, Salomon, Mazel e principalnente il Cavalier, riuscirono a battere ripetutamente le truppe regie. La guerra fu feroce e senza quartiere. I Camisardi trucidavano preti, devastavano chiese, non risparmiavano donne né fanciulli; mentre l'intendente Basville e il luogotenente generale conte de Broglie rispondevano con le torture e con i roghi, distruggendo case e villaggi. A reprimere la rivolta venne inviato nel febbraio 1703, con pieni poteri e circa 20.000 soldati, il maresciallo Montrevel. Questi, un convertito, procedette nel modo più spietato contro i suoi antichi correligionarî: dall'ottobre 1703 al gennaio 1704, furono messi a sacco 460 luoghi e 20.000 persone furono ridotte senza tetto. I Camisardi adottarono per rappresaglia gli stessi metodi, trucidando nella sola diocesi di Nîmes 84 sacerdoti e mettendo a ferro e a fuoco circa 200 chiese. Durante l'inverno 1703-4, i Camisardi, comandati dal Cavalier, batterono ripetutamente il Montrevel. Il successo rinfocolò il loro fanatismo e la rivolta si estese. Gli abitanti di Nîmes, Montpellier, Orange, Uzès e di altri luoghi favorivano in tutti i modi i rivoltosi, provvedendoli del necessario.
Nell'aprile del 1704, Luigi XIV inviò il maresciallo Villars a sostituire il feroce ed inetto Montrevel. Il Villars adottò una diversa tattica, offrendo amnistia e perdono a quanti avessero deposto le armi e liberando i prigionieri che giurassero di sottomettersi, ma facendo immediatamente uccidere quanti fossero stati presi con le armi alla mano. Nello stesso tempo egli organizzò colonne volanti, sicché operava simultaneamente in più luoghi. La sua politica e la sua tattica ebbero esito favorevole. Uno dopo l'altro i comuni ribelli aderirono alle sue proposte e lo stesso Cavalier, nel maggio del 1704, venne, a Nîmes, a patti con lui. La pace fu però nuovamente turbata per opera di alcuni profeti, aizzati da emissarî olandesi. Con i sussidî e le armi ricevuti, i contadini ripresero la lotta, reclamando il completo ristabilimento dell'editto di Nantes. Ma la compagine dei Camisardi, specialmente dopo la defezione del Cavalier, era ormai fiaccata. Dei nuovi capi, il Roland fu ucciso, gli altri furono dispersi. Molti Camisardi emigrarono nella Svizzera, in Olanda, in Germania. Ancora la calma non era del tutto ristabilita, quando il Villars venne richiamato e sostituito con il maresciallo Berwick (gennaio 1705). Questi, instaurando una politica di violenza, aizzò i Camisardi a una lotta di vita o di morte. Accorsero essi in massa dalle gole dei monti, ma furono distrutti e il paese fu reso deserto. Sino al 1715, si accesero qua e là altri tentativi di rivolta, ma senza risultato.
Bibl.: A. Court, Histoire des troubles des Cévennes ou de la guerre des Camisards, Villefranche 1760 (2ª ed., Alais 1819); N. Peyrat, Histoire des pasteurs du désert, Parigi 1842; G. Frosterus, Les insurgés protestants sous Louis XIV, Parigi 1868; E. Bonnemère, Histoire de la guerre des Camisards, Parigi 1869; J. C. K. Hofmann, Geschichte des Aufruhrs in den Cevennen unter Ludwig XIV., Nordlingen 1837; Th. Schott, Die Kirche der Wüste, Halle 1893; Ch. Bost, Les Prédicants protestants des Cévennes et du Bas-Languedoc (1684-1700), voll. 2, Parigi 1912; J. Dedieu, Le rôle politique des protestants français, Parigi 1920.