BLASI, Cammillo
Nacque a Osimo il 5 nov. 1718, in una nobile famiglia, da Girolamo e da Maria Cristoferi Ferretti. Compiuti i primi studi in casa sotto la guida del padre Conti, entrò nel collegio Campana, studiando umanità con l'abate Paolo Ponticelli e, quindi, filosofia con il domenicano Teodoro Maria Mozachino, lettore nel seminario di Osimo: a questo il B. dovette l'indirizzo teologico agostiniano-tomistico che improntò tutte le sue opere, e che appare già nelle giovanili Theses philosophicae Peripatetico-Thomisticae, Macerata 1737.
Si tratta in particolare di trentanove tesi che, accettando intransigentemente la fisica aristotelica, filtrata attraverso s. Tommaso, s. Bonaventura e Alberto Magno, respingono le teorie di Cartesio e Gassendi, in polemica contro il gesuita Onorato Fabri, il quale aveva sostenuto l'origine del mondo oggettivo dai quattro elementi, senza necessità di forma sostanziale: primo accenno questo dell'antigesuitismo feroce del B., provocato non dal desiderio di colpire un ordine religioso che era di appoggio alle pretese anche temporali della Curia papale, ma da una visione rigidamente conservatrice nel campo teologico, morale e politico: disapprovava, insomma, la duttilità dei gesuiti, che spesso cercavano di accogliere quanto era possibile delle nuove idee per svirilizzarle.
Trasferitosi a Perugia, si laureò in utroque iure, nel collegio della Sapienza Vecchia, nel 1739. Nello stesso anno fu ammesso nel Collegio Piceno di Roma, frequentando, per il tirocinio legale, lo studio del curiale Vanni. Nel 1741 gli fu concessa dai Conservatori di Roma la nobiltà e la cittadinanza romana, con un diploma di aggregazione. Passò, quindi, nello studio del concittadino Girolamo Acqua, avvocato molto stimato, e, alla morte di costui, nel 1758, lo sostituì nella Curia, emergendo subito per la vastità della sua dottrina giuridica. Non tralasciava peraltro gli studi teologici, cui lo spingeva una profonda pietà religiosa: pubblicava, dapprima, le Lettere familiari intorno all'Immacolata Concezione della SS. Vergine spiegata secondo la mente e lo spirito dell'Angelico Dottore S. Tommaso, Roma 1764; quindi, le Osservazioni sopra l'oggetto del culto nella festa recente e particolare del SS.mo Cuore di Gesù, Roma 1765, apparse immediatamente dopo che la Congregazione dei Sacri Riti, con un decreto emanato il 6 febbr. 1765, permetteva di celebrare l'ufficio e la messa del Cuore di Gesù nel regno di Polonia e alla Confraternita, eretta in Roma sotto tale titolo.
Il B., pur accettando la decisione, ne vuole limitare gli effetti a proporzioni minori, specificando accuratamente quale debba intendersi l'oggetto del culto: per lui, infatti, che paventa il pericolo che una tale devozione possa trascinare verso un amore sensuale, il Cuore sta a significare l'amore stesso di Gesù: il cuore, cioè, è solo simbolo, mentre per i gesuiti esso è il centro e il principio dell'amore. L'opuscolo ottenne il favore del vasto e composito "partito" antigesuitico, che includeva anche il cardinale Ganganelli, divenuto poi papa Clemente XIV, il quale suggerì all'Amaduzzi di redigere una recensione elogiativa da inserire nelle Novelle Letterarie del Lami. Le discussioni e le polemiche si riaprirono con maggiore ardore dopo la morte di Clemente XIII, allorché rappresentarono uno dei mezzi più adatti per screditare la Compagnia di Gesù, facendola apparire fautrice di un culto idolatra ed eretico. L'attacco più violento fu sferrato proprio dal B. con il volume De Festo Cordis Iesu dissertatio commonitoria cum notis et documentis selectis, apparso a Roma nel 1771, ma pronto già dal 1769: il papa stesso - secondo l'Amaduzzi - avrebbe spinto l'autore alla pubblicazione, ordinando al cardinale Marefoschi di fare pressioni sul maestro del Sacro Palazzo, Ricchini, affinché ne permettesse la stampa. L'opera, che ebbe una vasta diffusione e due altre edizioni, a Venezia nel 1772 e a Norimberga nel 1774, accusa i sostenitori del culto del Sacro Cuore di aver travisato, celebrando il culto del Cuore carneo, il senso della decisione della Congregazione dei Sacri Riti del 6 febbr. 1765. Quanto alla visione di suor Margherita Alacoque, che sta all'origine della devozione, il B. ne poneva in dubbio la veridicità, in quanto essa contraddiceva a due precetti della religione cattolica: in primo luogo, infatti, il B. riteneva che la promessa della salvezza eterna fatta dal Cuore di Gesù ai suoi devoti non fosse conforme al divieto che sia a tutti rivelato il mistero della predestinazione; in secondo luogo, il punto del racconto della Alacoque, in cui ella narrava l'apparizione delle anime del Purgatorio, che avevano come unico segno della loro futura gloria l'assenza di odio verso Dio, sembrava al B. contrario al precetto che per ottenere la salvezza sia necessario non solo il non odiare Dio, ma anche amarlo per se stesso "amore di carità"). Per gettare maggiore discredito sulla nuova devozione, il B. la faceva derivare da un culto introdotto in Inghilterra dal calvinista Thomas Goodwin, e di là importato in Francia dal gesuita Colombière, direttore spirituale di Margherita Alacoque, e la metteva in connessione con la dottrina dell'altro gesuita Berruyer, già condannata da Roma, perché trovata infetta di nestorianesimo.
Risposero subito al B. due anonimi autori con la Lettera di un villeggiante ad un amico di città per avergli mandato il libro contro la festa del Sacro Cuore, Firenze 1771, e con le Osservazioni sopra l'epiteto commonitoria dato alla dissertazione del Sig. Avvocato Blasi dirette ad un amico, Lucca 1771. Entrava poi in lizza il gesuita G. B. Faure, con i Biglietti confidenziali critici, Lugano 1772, in cui respingeva i legami che il B. aveva trovato fra la devozione e l'eresia nestoriana sostenuta dal Berruyer e ribadiva che il decreto del 1765 prescriveva il culto del Cuore carneo. In favore del B. l'agostiniano Giorgi scriveva, sotto lo speudonimo di Cristotimo Amerista e con la collaborazione del somasco Bettoni, Adversus epistolas duas ab anonymo censore in dissertationem C. B. De Festo Cordis Iesu vulgatas,Antirrheticus,accedit Mantissa contra epistolium tertium nuperrime cognitum, Roma 1772; e lo stesso B. pubblicava le Lettere italiane aggiunte all'Antirretico in difesa della dissertazione commonitoria dell'avv. C. B. sopra l'adorazione e la festa del Sacro Cuore di Gesù, Roma 1772, alle quali replicò il Faure con i Saggi teologici per formare un errata corrige ai due volumi che recentemente ha pubblicato Christotimo Amerista, Lugano 1773.
Né la polemica si acquietò, ma il B. dovette difendersi ancora dal gesuita siciliano Benedetto Tetamo, autore del De vero cultu et festo SS. Cordis Iesu adversus C. B. commonitoriam dissertationem apologeticum, Venezia 1772, Con la Dissertatio commonitoria suimet interpres ac vindex contra nuperum Benedicti Tetami apologeticum, Roma 1773. Intervennero ancora contro la devozione il giansenista ligure Del Mare, e contro il B. lo Zaccaria nel 1773, il paraguaiano Boza y Solis nel 1774, lo spagnolo Guevara nel 1775, il portoghese E. Marques nel 1781 (tutti gesuiti), e, ancora nel 1788, G. Federici con le Note critiche controil cabalistico,erroneo,scandaloso libro col titolo: De Festo Cordis Iesu Dissertatio commonitoria, Napoli 1788, la cui virulenza parve eccessiva allo stesso Scipione de' Ricci.
Se l'antigesuitismo lo accomunava a giansenisti o ad illuministi, come il Del Mare, il Bettoni, il Giorgi, l'Alpruni, l'Amaduzzi, il B. si staccava interamente da essi per l'accettazione della bolla Unigenitus e la totale difesa delle prerogative papali, anche nel temporale. In occasione dell'emergenza di Parma del 1768 il B. scrisse Dello spirito della Chiesa coi Principi della Terra sopra l'una e l'altra podestà, in cui sosteneva la superiorità del papa sui principi nelle materie ecclesiastiche e miste, difendeva la bolla In coena Domini, affermava che al solo papa spetta l'autorità sopra i beni ecclesiastici, con espressioni talmente intransigenti, da indurre l'avvocato Pistorozzi, consultore dell'Inquisizione, al quale il B. aveva affidato il manoscritto, a suggerire di togliere alcune affermazioni "per concigliare la Pace, e non offendere la delicatezza de' Principi, de' Ministri, e del Popolo, che in oggi non vogliono sentirle" (Vat. lat. 7266, f. 219). Evidentemente tali considerazioni sconsigliarono la stampa dell'opera.
Già nella seconda parte di essa il B. aveva trattato del governo della Chiesa, ove, distinguendo la potestà d'ordine da quella di giurisdizione, sosteneva che la prima è uguale in tutti i successori degli apostoli, mentre la seconda "risiede nel Sommo Pontefice come in proprio fonte da cui si deriva negli altri Vescovi" (Vat. lat. 7266, f. 146v). Tutta dedicata alla difesa di questo primato del papa è un'altra operetta rimasta inedita (Vat. lat. 7268), De iuramento Propositionis Gallicanae contra infallibilitatem Romani Pontificis,Epistola ad Amicum. Un vivace attacco è diretto ai giansenisti che si rifiutano di rispettare le decisioni della S. Sede, dichiarando che nel libro di Giansenio non si trovano le cinque proposizioni condannate nel formulario di Alessandro VII. A confutare nel campo teologico le tesi dei giansenisti è diretta una terza opera rimasta manoscritta: De Gratia sufficiente Commentarium secundum principia Sanctorum Ecclesiae Doctorum Augustini ac Thomae (una copia in tre volumi si conserva nella Bibl. Angelica di Roma, mss. 1327-1329; un'altra copia, più ristretta nella Bibl. Apostolica Vaticana, Vat. lat. 7267). Il B. vi afferma che a tutti gli uomini vengono concessi da Dio gli aiuti generali e comuni della grazia sufficiente, la quale, con l'aiuto della volontà umana, porta alla salvezza. Come si vede il B., che è, stato da molti autori annoverato fra i giansenisti romani, unicamente per il suo antigesuitismo, è ben lontano dal condividere le loro dottrine teologiche e disciplinari.
Nel 1779, sotto Pio VI, il B. ottenne, per interessamento del card. Marefoschi, un beneficio nella basilica di S. Giovanni in Laterano.
Il B. morì a Roma il 27 agosto 1785.
Fonti e Bibl.: Bibl. Apost. Vat., Ferraioli 491, ff. 41, 48, 55v, 56v, 106r-v (lettere di Amaduzzi a Bandini); Roma, Bibl. Naz. Vittorio Emanuele, Fondo gesuitico 330, ff. 1-16 (scritti contro il B.); Roma, Bibl. Corsiniana, ms. 1550, ff. 94-121, 141-169v, 470 (scritti del Faure contro il B.); Novelle letterarie, Firenze, XXVI (1765), coll. 818-828; n.s., II (1771), coll. 582-585; Effemeridi letterarie, II (1773), pp. 25-27, 225-226; Annali eccles., 1788, p. 107; F. Vecchietti, Biblioteca Picena, II, Osimo 1791, pp. 268-272; Mem. di Scipione de' Ricci vescovo di Prato e Pistoia…, a cura di A. Gelli, I, Firenze 1865, p. 58; A. Bernareggi, Le polemiche circa la devozione del S. Cuore in Italia alla fine del '700, in La scuola cattolica, XLVIII (1920), pp. 23, 24-27, 28 n. 1, 29, 30, 100, 156; L. von Pastor, Storia dei Papi, XVI, 2, Roma 1934, p. 151; A. Colletti, Il giansenismo e la divozione al Sacro Cuore di Gesù, Modena 1938, p. 156; E. Codignola, Carteggi di giansenisti liguri, I, Firenze 1941, pp. XXVII, XL; III, ibid. 1942, pp. 692, 703, 704, 705, 734, 735, 736, 825; Id., Il giansenismo toscano nel carteggio di Fabio De Vecchi, I, Firenze 1944, pp. 21, 43, 48, 121 n. 2, 134 s., 135 n. 1; Id., Illuministi,giansenisti e giacobin nell'Italia del Settecento, Firenze 1947, pp. 581, 84, 90, 211; G. Cacciatore, S. Alfonso de' Liguori e il giansenismo…, Firenze 1944, pp. 583, 584, 587, 589; E. Dammig, Il movimento giansenista a Roma nella seconda metà del sec. XVIII, Città del Vaticano 1945, pp. 157, 184, 287, 288; M. Rosa, Atteggiamenti culturali e religiosi di G. Lami nelle "Novelle Letterarie", in Ann. della Scuola Normale Super. di Pisa, classe di lettere, storia e filosofia, s. 2, XXV (1956), fasc. 3-4, p. 329; E. Appolis, Entre zelanti et jansénistes. Le tiers parti catholique au XVIII siècle, Paris 1960, p. 406; A. Vecchi, Correnti religiose nel Sei-Settecento veneto, Venezia-Roma 1962, p. 557.