Cammini della curiosita da Svetonio ad Apuleio
Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Il II secolo, epoca aurea dell’impero, non produce letteratura di primo piano. Con il venir meno di tensioni e conflitti, anche la cultura sembra rinunciare a mete impegnative: la scena letteraria è dominata dalle figure di Svetonio, Frontone e Gellio, eruditi accomunati dal gusto per il particolare e la curiosità. Curiosità che caratterizza anche Apuleio: le sue Metamorfosi hanno il sapore di un’epoca spiritualmente inquieta, se pure di pace e stabilità, e in cerca di verità e salvezza.
Sulla vita di Gaio Svetonio Tranquillo non abbiamo notizie molto precise. La data di nascita si colloca negli anni 70 del I secolo, mentre quella di morte non ci è nota. Sappiamo che ricoprì l’incarico di segretario di corte, probabilmente già sotto Traiano, con una triplice funzione: addetto agli archivi, curatore delle biblioteche pubbliche e responsabile della corrispondenza del princeps. Di lui non si hanno più notizie dopo il 122, anno in cui per motivi non chiari viene destituito dall’incarico.
L’attitudine dell’uomo di studi vissuto sempre tra biblioteche ed archivi trova conferma in una lista di opere perdute, tutte a carattere erudito, e nelle sue due opere biografiche: il De viris illustribus e il De vita Caesarum. La prima è una raccolta di brevi biografie di letterati, di cui è pervenuta soltanto, incompleta, la sezione intitolata De grammaticis et rhetoribus.
Il De vita Caesarum è invece un’opera di più ampio respiro, che fa di Svetonio il modello di scrittura biografica per eccellenza nella letteratura latina: si tratta di una raccolta di 12 vite di imperatori, a partire da Giulio Cesare, considerato il capostipite del principato. In un passo della Vita di Augusto Svetonio fornisce al lettore alcune importanti indicazioni di metodo, affermando che intende condurre l’esposizione delle vite singillatim, in modo particolareggiato, e neque per tempora sed per species. Al criterio cronologico si preferisce quindi procedere per “rubriche” dedicate ai vari aspetti della personalità dell’imperatore: sono primariamente i vizi e le virtù ad interessare Svetonio, che segna infatti le sue Vite di una forte impronta moralistica. L’abbandono dell’andamento cronologico decreta una netta divaricazione tra il genere biografico e le finalità e i metodi propri della storiografia; la scelta della suddivisione per species è finalizzata alla costruzione e alla definizione della personalità dell’imperatore: non attraverso uno sguardo di insieme o un’analisi degli eventi di maggiore rilevanza politica o militare, ma mediante l’indagine di aspetti minuti e talvolta di apparentemente scarsa importanza. Abitudini, manie, stranezze dei vari imperatori sono portate alla ribalta da Svetonio attraverso aneddoti che la storia ufficiale non tramanda. E, insieme all’uso di fonti più autorevoli ed affidabili, non è raro il ricorso al pettegolezzo e alla diceria, coerentemente con le esigenze di un genere che vuole intrattenere un pubblico curioso e non ambisce a diventare storia.
La rinuncia a una letteratura di grandi ambizioni caratterizza il panorama della prosa per tutto il II secolo. Ne sono un esempio le figure di maggiore spicco dell’epoca, Frontone e Gellio. Il primo è un personaggio decisamente influente sotto Adriano e gli Antonini: avvocato e retore di successo, ricopre importanti incarichi politici e si occupa dell’educazione dei futuri imperatori Marco Aurelio e Lucio Vero. Della sua produzione letteraria restano parte dell’epistolario, che comprende le corrispondenze con gli imperatori e con gli amici, e altre opere, anch’esse in forma epistolare, di argomento retorico.
La retorica è in assoluto l’interesse principale di Frontone, ampiamente trattato anche nell’epistolario, quando non prevale la dimensione strettamente privata. Frontone propone un modello di eloquenza, l’elocutio novella, che si caratterizza per la tendenza all’uso di parole rare ed arcaiche, ritenute portatrici di esattezza oltre che di eleganza. Che l’interesse per la forma prevalga decisamente sui contenuti risulta evidente anche dagli scherzosi esercizi retorici composti da Frontone, come le Lodi del fumo e della polvere, un esempio di eloquenza che non ha altro scopo se non l’evasione e il compiacimento per l’uso della parola in quanto tale.
A differenza di Frontone, Aulo Gellio non è un professionista della retorica, né della letteratura. Particolarmente rilevante nella sua biografia è il viaggio di istruzione in Grecia. Sono proprio le veglie notturne di un inverno ateniese la cornice delle Noctes Atticae, composte attorno al 170: si tratta di una raccolta di appunti e note sugli argomenti più disparati, concepita come una sorta di serbatoio di conoscenze utili per la memoria. Il materiale è assemblato senza un preciso criterio interno: la caratteristica più evidente è una curiosità intellettuale aperta ad un’estrema varietà di argomenti, dalla letteratura, al diritto, alla filosofia, all’ambito linguistico, relativamente al quale Gellio si pone sulla linea arcaizzante di Frontone. Non c’è un disegno di insieme, ma l’attenzione per i particolari in molti casi fa delle Noctes Atticae una straordinaria fonte di informazioni di carattere antropologico sulla cultura romana.
Alla stessa epoca risale un’altra opera, fonte per noi di preziose conoscenze, questa volta nel campo del diritto. Le Institutiones di Gaio sono l’unico testo giuridico conservatoci integralmente, grazie ad un palinsesto ritrovato a Verona nel 1816; gli altri testi latini di diritto sono infatti andati perduti poiché, una volta antologizzati nel VI secolo per la raccolta dei Digesta di Giustiniano, è venuta meno l’esigenza di conservare gli originali. Le Institutiones di Gaio, in quattro libri, espongono i principi basilari del diritto romano, suddivisi in tre sezioni, ad personas, ad res e ad actiones.
Di Apuleio, originario di Madaura, in Numidia, colpisce la singolare compenetrazione tra la dimensione autobiografica e il contenuto della sua opera per noi più interessante, il romanzo Le Metamorfosi (o L’asino d’oro). Perfino il praenomen di Lucio che alcuni codici gli attribuiscono deriva con ogni probabilità da una sovrapposizione con il protagonista del romanzo. Certamente la curiosità e la sete di conoscenza accomunano il Lucio delle Metamorfosi e la figura storica di Apuleio. Questi trascorre gran parte della sua vita viaggiando, come conferenziere e brillante oratore, e come studioso interessato ai campi più vari del sapere: la filosofia (philosophus platonicus è la qualifica che meglio sintetizza i vari aspetti della sua personalità), le scienze naturali, il misticismo e le religioni misteriche (a Roma è iniziato lui stesso ai culti di Iside e Osiride). In un’epoca in cui un confine labile separa scienza, misticismo e magia, non stupisce che un personaggio così particolare venga accusato di essere un mago: l’Apològia (o De magia) è l’autodifesa che Apuleio pronuncerà al processo per magia intentatogli dai parenti della moglie Pudentilla, dal quale uscirà assolto.
Tutti questi elementi e altri ancora confluiscono nelle Metamorfosi, note anche con il titolo di Asino d’oro. Apuleio utilizza un motivo e una struttura preesistenti, che si ritrovano in diverse fonti greche, riconducibili alla fabula milesia, un genere destinato ad intrattenere con un gusto particolare per i contenuti comici ed erotici. Ma in Apuleio il motivo del ragazzo che, trasformato in asino, vive una serie di avventure conservando sentimenti e sensibilità umana è il punto di partenza per la costruzione di un romanzo di grande originalità: il risultato supera ampiamente la dimensione, pur presente, della letteratura di evasione.
Se infatti dal punto di vista delle strutture narrative Apuleio coniuga i modelli della fabula milesia e del romanzo ellenistico di avventura, è nei contenuti che le Metamorfosi conducono ad un altro livello di lettura, intimamente connesso al mondo di Apuleio e al suo immaginario culturale e religioso. In quest’ottica la metamorfosi di Lucio in asino rappresenta la condizione di partenza di un percorso iniziatico: dalla caduta, la trasformazione appunto, passando per l’espiazione, costituita da una serie di prove e disavventure, anche degradanti, fino alla salvezza finale, con la restituzione a Lucio del suo aspetto umano nel contesto dell’iniziazione ai misteri di Iside. Il motivo isiaco, che ha il suo compimento nell’XI ed ultimo libro, è una presenza continua nel romanzo, così come costante è il tema della curiosità e del desiderio di conoscenza: è questa la spinta iniziale che porta Lucio in Tessaglia, tradizionalmente considerata la patria della magia, per scoprire i segreti delle arti occulte; ed è la curiosità di sperimentare su se stesso le pratiche magiche che determina l’errore della sua trasformazione in asino; ma è soprattutto la ricerca e la tensione verso una meta superiore il filo conduttore delle vicende che culmineranno per Lucio nell’approdo salvifico alla religione isiaca.
L’elemento della curiosità e del desiderio di conoscenza di Lucio passa anche attraverso l’ascolto delle molte storie incastonate nel tessuto narrativo delle Metamorfosi; tra queste spicca per estensione e ricchezza di significati la novella di Amore e Psiche. Non si tratta solo di uno splendido esempio di fiaba antica, ma di un mito che, letto allegoricamente, richiama il tema misterico dell’intero romanzo, riproducendone in piccolo i nuclei fondamentali: la fanciulla Psiche perde il suo sposo divino, Amore, per non aver resistito alla curiosità di conoscere il suo aspetto, e potrà riottenerlo solo dopo aver superato difficili prove. Ma Psiche, come rivela il suo stesso nome, secondo l’interpretazione allegorica non è altro che l’anima, e le sue peripezie per ritrovare il bene perduto costituiscono le tappe del suo cammino di purificazione. Se nel percorso di Psiche si rispecchia quello di Lucio, in Lucio certamente si rispecchia Apuleio: non è di poco conto che nel finale delle Metamorfosi, al momento dell’iniziazione al culto di Iside, Lucio sia presentato al sacerdote come “uno di Madaura”, quasi a conferma di un’identificazione per molti aspetti già implicita tra l’autore e il suo personaggio.