CAMPITELLI
Famiglia di tipografi editori, fu attiva a Foligno per duecentoquarantuno anni dal 1694 al 1935. L'azienda passò di padre in figlio secondo quest'ordine e periodo di attività: Niccolò (1694-1720), i fratelli Feliciano (1721-1780) e Filippo (1721-1765), Giambattista (1780-1824), Filippo (1824-1834), Girolamo (1835-1863) ed Egidio di Giuseppe, Francesco Bocci (1863-1893; marito di Francesca di Girolamo, assunse anche il cognome Campitelli), Giovambattista Bocci Campitelli (1880-1920), Franco (ma Francesco Bocci) Campitelli (1920-1935).
L'officina nacque intorno al 1694 per iniziativa di Niccolò, che si era trasferito a Foligno dalla vicina Macerata, ove lasciava suo padre Giovan Battista. La prima sede della stamperia fu al Trivio nell'angolo tra gli odierni corso Cavour e via Garibaldi, e il materiale tipografico gli veniva venduto da Gaetano Zenobi, che chiudeva la sua stamperia. La tradizione vuole che i Campitelli possedessero il "torchio della Divina Commedia", col quale era stata stampata a Foligno, nel 1472, la prima edizione del poema dantesco. Nel 1697 Niccolò fece un contratto per l'esercizio dell'arte tipografica in società col giovane Pompeo Campana, fratello di sua moglie Isabella; ma le stampe uscirono sempre e soltanto "Per Niccolò Campitelli", mentre il Campana iniziava poco dopo (1705?) l'attività tipografica in proprio.
Nel 1720 Niccolò moriva lasciando i beni e la ben avviata "Tipografia camerale ed episcopale" ai giovani figli Feliciano (Foligno 13 genn. 1708-9 giugno 1780) e Filippo, i quali ottenevano più tardi, nel 1760, anche la qualifica di "stampatori accademici" per l'Accademia Fuiginia della città. Essi sottoscrissero le loro stampe con la nota "Per Feliciano e Filippo Campitelli", tra il 1721 e il 1765. In quell'anno Feliciano, in seguito alla morte del fratello, rimase l'unico gestore dell'azienda fino al 1780, quando gli successe il figlio Giambattista.
Giambattista nel 1782 ottenne dal comune la prerogativa di "stampatore pubblico", facendosi prescegliere al posto di Giovanni Tomassini, che era "forestiero" originario di Pesaro ma divenuto genero ed erede del Campana. Nel 1811 conseguiva anche, dal governo napoleonico, il brevetto ufficiale di tipografo. Ma egli non siglò mai col proprio nome le sue stampe, ma vi appose sempre la nota col nome del padre "Per Feliciano Campitelli"; gli editti poi uscivano "in Roma ed in Fuligno", e nel periodo della dominazione francese recavano la nota "Per il cittadino Feliciano Campitelli stampatore nazionale". Dal 1780 quindi non si tenne più conto del nome del gestore-proprietario; ma sia la tipografia sia le stampe portarono sempre il nome di "Feliciano Campitelli" e così fino al 1920, quando leggeremo invece "Franco Campitelli editore".
Nella prima metà del sec. XIX la tipografia gestita dai successori Filippo, e poi da Girolamo e da Egidio di Giuseppe, attraversò un periodo di difficoltà per la concorrenza di Giovanni Tomassini, che li aveva sostituiti nel titolo di "stampatore pubblico e vescovile". L'azienda riprese vigore nella seconda metà del sec. XIX per opera di Francesco Bocci. La tipografia nel 1882 venne trasferita in sede più ampia presso i Canapè; le vecchie macchine furono sostituite con altre automatiche, prima a vapore e poi ad elettricità; il materiale tipografico fu rinnovato ed arricchito con caratteri, fregi, apparecchi per cromotipia, stereotipia e litografia; gli operai aumentarono in poco tempo da cinque a cinquantatré. Mentre lo stabilimento del Tomassini doveva chiudere nel 1891, Francesco Bocci Campitelli doveva ricorrere, a partire dal 1880, per la gestione della florida azienda all'aiuto del giovane figlio Giovanbattista. Questi, che partecipò alle esposizioni italiane ed estere collezionando diplomi e medaglie d'oro, e che nel 1884 aveva ottenuto da Umberto I l'autorizzazione a fregiare con lo stemma reale l'insegna della tipografia, tra il 1907 e il 1909 ebbe scontri con i propri dipendenti nel quadro delle prime lotte e scioperi nelle Marche nel settore cartario.
Il Reale stabilimento tipo-litografico "continuò ancora nella sua florida vita per i primi due decenni di questo secolo" (Cecchini, p. 21); l'unico erede rimasto, Franco Campitelli, il quale in effetti si chiamava Francesco Bocci Campitelli come il nonno, dopo aver stabilito in Roma (largo Goldoni 44) una seconda sede amministrativa della ditta, terminava l'attività per fallimento sancito con sentenza della Corte d'appello di Perugia il 19 maggio 1935.
La tipografia Campitelli iniziò la produzione con stampe religiose, libretti musicali, opuscoli di versi, fogli di notizie o avvisi periodici (giornali), almanacchi o lunari. La prima stampa che si conosca uscì nel 1694 per Niccolò Campitelli: S. Agnese vergine e martire. Oratorio a cinque voci con strumenti. Durante il secolo XVIII dai suoi torchi uscivano oltre 200 pubblicazioni, oltre ai fogli di editti delle magistrature, che dopo il 1782 competevano al Campitelli quale stampatore pubblico. Tra tanta produzione citiamo solo due opere di storia letteraria; la prima è del 1721: Notizie istoriche de' letterati e scritt. del Piceno distese e pubblicate da Giambattista Boccolini;l'altra è la Bibliotheca benedectino-casinensis di Mariano Armellini, datata però da Assisi nel 1731 e portata a termine più tardi da altri tipografi.
Con il secolo XIX i C. seguirono stancamente l'indirizzo precedente, subendo la forte concorrenza del Toniassini e soltanto dopo il 1860 poterono migliorare ed aumentare la loro produzione. Sono di questo periodo una serie di stampe eleganti, con ricche cornici, testate, iniziali e finalini, spesso in policromia; si trattava di pubblicazioni ufficiali dei comuni o altri enti, encomiastiche o celebrative, per avvenimenti, feste, nozze. Ricordiamo l'opuscolo che facevano stampare annualmente vari comuni per la Solenne distribuzione de' premi agli alunni delle scuole, oppure la stampa per le Nozze d'argento delle LL. MM. Umberto I e Margherita di Savoia, del 1893, la pubblicazione In memoria di Giuseppe Piermarini con il testo di Gaetano Moretti e molte riproduzioni a colori, e infine le stampe su raso e su seta. La ricchezza del materiale tipografico veniva illustrata, nel 1884, in una splendida raccolta di 43 tavole doppie, su cartoncino, di cm 42 × 27, incorniciate e raccolte sotto il titolo di Campionario dei caratteri, fregi,fusetti, ecc. Ricca ed elegante è pure la stampa presentata nel 1886, dopo la partecipazione all'Esposizione nazionale di Torino: La stampa nell'Umbria e la R. Tipografia di F. Campitelli di Foligno. Cenni storici di Antonio Mancinelli.
Dopo il '70, per la facilità delle relazioni con altre regioni, lo Stabil. tipogr. Francesco Campitelli si era creato circa 2000 nuovi clienti, quali comuni e enti o uffici pubblici dell'Italia centromeridionale, oltre ai privati, studiosi e insegnanti. La produzione aumentò, diventò varia e redditizia, soprattutto per gli Stampati, carte, buste, ..., ad uso delle Prefetture, Società Operaie, ecc. ecc., il cui catalogo veniva stampato periodicamente. Nel fervore di questa attività Franco Campitelli pensò, nel primo dopoguerra, a grandi imprese editoriali e tipografiche, pubblicando una decina di collane di nuove opere per ogni ramo dello scibile, le due riviste Aperusen (1921) e IlConcilio (1923), e stampando pure libri pregevoli come i Fioretti di sancto Francesco, del 1923: volume realizzato con matrici appositamente intagliate, e distrutte poi a stampa ultimata. Ma la produzione non incontrò il favore o l'interesse del pubblico, nonostante la pubblicità in una rassegna editoriale (Scampoli 1930); circa 45.000 volumi rimanevano invenduti nei magazzini determinando nel 1935 il crollo dell'editore.
Dalla stamperia del C. uscirono vari lunari o almanacchi tra cui era il noto Barbanera di Foligno. All'inizio, Niccolò Campitelli non fece altro che allinearsi, in questa produzione, con gli altri tipografi folignati. Furono pubblicati, tra l'altro, l'Apocatastasi celeste per l'anno 1698, il Discorso generale del famoso Moneti per l'anno 1743, ed Il famoso Barbanera, del 1774. Si trattava comunque sempre di lunari a foglio di cm 44 × 33 circa.
Fu Giambattista il primo tipografo editore del Barbanera in opuscolo o a libretto, di pp. 64 circa: l'almanacco che ebbe in seguito tanta fortuna e che si stampa tuttora a Foligno. Il primo che si conosca è del 1791, misura cm 15 × 11, e reca nel frontespizio un lungo titolo con la figura dell'astronomo che scruta gli astri: Moti celesti o siano pianeti sferici calcolati per il polo 42 di Roma, che possono servire per tutta Italia. Discorso astronomico, fisico, medico e storico per l'anno 1793 dell'astronomo parigino Barbanera... In Fuligno, per Feliciano Campitelli Stamp. Vescov. e Pubb.
Nella editoria del Barbanera entravano poi in concorrenza con il Campitelli, a Foligno, il Tomassini fino al 1891 e la Poligrafica Salvati fino al 1935, e ne apparvero anche delle contraffazioni a Loreto e a Napoli. Ma Giambattista Bocci, verso la fine del sec. XIX, aveva dato al libretto una vasta notorietà e diffusione, e ne spacciava circa 400.000 copie nell'Italia centromeridionale.
A Foligno fin dal 1680 con il Mariotti, e dal 1686 con lo Zenobi, si pubblicavano quei primi giornali settimanali o fogli di notizie detti allora Avvisi. Niccolò Campitelli ne seguì l'esempio, e due anni dopo aver impiantato la sua stamperia lanciava (1696) i suoi primi fogli di Avvisi, succedendo in questa attività allo Zenobi, e subendo subito la concorrenza (1706) di suo cognato Pompeo Campana.
I fogli di Niccolò, simili comunque agli altri, erano settimanali, in quattro pagine di cm 29 × 21, stampati su due colonne, ed avevano per titolo Fuligno (o Foligno dopo il 1711) con a fianco il numero e la data. Gli Avvisi dei C. vennero pubblicati per tutto il sec. XVIII, e riteniamo che vennero sopraffatti dalla nuova Gazzetta universale di Fuligno (1776-1871) pubblicata prima dal Campana e poi dal Tomassini; anche Notizie del mondo di Giambattista (1785?-1805?) ebbero per la stessa ragione breve durata e poca fortuna.
Nella fioritura di periodici tra il sec. XIX e il XX, i C. stamparono alcuni giornali, come Il polifono del 1882-83, L'Appennino umbro del 1893-95, Il costituzionale e Il risveglio liberale del 1913, L'alfiere del 1914, La vita del 1920-22, Lo squillo del 1921; ma si trattava allora di lavoro tipografico e non più di un'impresa editoriale.
Fonti e Bibl.: Sezione di Archivio di Stato di Foligno, Atti notarili, s. V, n. 203 (al 20 marzo 1697), n. 431 (al 20 dic. 1783), n. 772 (al 20 apr. 1840); Ibid., Atti civili, vol. 258 (all'8 ott. 1720); Foligno, Archivio storico del comune, Riformanze, vol. 101, cc. 62, 63, 70; Ibid., Archivio del duomo, Libri parrocchiali, n. 1281 (al 13 gennaio del 1708), n. 1305 (al 9 giugno del 1780);Foligno, Biblioteca comun., ms. F. 121: Annali tipografici di Foligno, passim;Ibid., ms. M. 168/18: La stampa a Foligno: estratti dall'Archivio comunale;Ibid., ms. M. 114: Onomastico, alla lettera C; A. Mancinelli, La stampa nell'Umbria e la R. Tipografia di F. Campitelli, Foligno 1886; Mostra dell'arte della stampa umbra, a cura di G. Cecchini, Foligno 1943, pp. 21-31.