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CAMPOCCIA

di Antonino Ragona - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 17 (1974)
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CAMPOCCIA

Antonino Ragona

Famiglia di ceramisti caltagironesi attivi fin dalla seconda metà del Seicento. Fra i più antichi iscritti alla Confraternita dell'Immacolata, fondata nel 1676 e composta per la maggior parte da ceramisti, si incontrano i fratelli Matteo e Diego Campoccia che tenevano insieme un'officina di ceramica nel quartiere di S. Giubano, presa a censo dal monastero del SS. Salvatore. Da Matteo nacquero diversi figli fra cui Antonino, primogenito, che già nel 1720 aveva una propria officina con forno. Figli di Antonino furono Nunzio, Nicolao, Gaetano e Giacomo. Fra questi si distinse Nunzio, dedito principalmente alla fabbricazione di vasellame a decorazione turchina, di cui esiste al Museo statale della ceramica di Caltagirone un grosso alberello datato e firmato. Nello stesso museo è pure di Nunzio un pannello funerario pavimentale firmato e datato 1754, proveniente dalla chiesa di S. Giacomo. Nunzio figura ancora in un documento del 1751 quale concorrente ed aggiudicatario, insieme con i maestri Francesco Palazzo ed Antonino Blandini, del rivestimento in maiolica del campanile della chiesa di S. Maria degli Angeli.

Il fratello di Nunzio, Giacomo, fu pure lui produttore di vasellame maiolicato, ed il Salinas, direttore del Museo nazionale di Palermo, in una sua privata corrispondenza dell'8 dic. 1905, ne ricorda un pezzo firmato. Agli atti del notaio S. Caruso in data 10 sett. 1794 è notata una fornitura di centododici capi di vasellame di diversa forma e grandezza "stagnata a dovere e pittata di buoni colori", fatta da Giacomo all'aromatario di Licodia Andrea Astuto. I figli di Giacomo, Antonino, Ignazio e Nunzio, natigli dalla moglie Concetta Nicastro, che aveva sposato il 22 sett. 1748, continuarono l'arte nella bottega paterna sita accanto alla chiesa di S. Agata. Antonino, il primogenito, sposatosi nel 1772, tosto ebbe una propria officina in via Carolina ove produsse vasellame e mattonelle. Nel 1793 eseguì il pavimento maiolicato dea chiesa di S. Francesco di Paola del tipo di quello in precedenza da lui fatto per la chiesa di S. Gregorio e nel 1795, insieme con il maestro Antonino Di Bartolo, quello della chiesa di S. Anna dei riformati di Monterosso. L'officina di Antonino nel 1798 passò al figlio Giuseppe.

Ignazio, il secondogenito di Giacomo ed il più capace maiolicaro della famiglia, nato il 14 sett. 1757, si dedicò quasi esclusivamente alla produzione di mattonelle ed ai rivestimenti architettonici in maiolica, che pure gli venivano richiesti da vari centri dell'isola. Da un atto del notaio C. Maiorana del 18 febbr. 1787 risulta che egli si obbligò, insieme con il plasticatore Angelo Mirasole originario di Aragona nell'Agrigentino ed imparentato con la nota famiglia di maiolicari caltageronesi Lo Nobile, di fornire i mattoni a rilievo e stampati in maiolica policroma per la decorazione del teatrino, progettato dall'architetto del Senato caltagironese, N. Bonaiuto. Lavorò col fratello minore Nunzio nel 1794 alla realizzazione dei pavimenti della chiesa e dell'oratorio di S. Stefano, da lui disegnati. Nello stesso anno eseguì quello della chiesa del SS. Salvatore a pianta poligonale come la precedente, e nel 1802 quello della chiesa del Rosario dei domenicani. Quest'ultimo pavimento, che può considerarsi l'opera più vasta ed impegnativa del maestro, è stato in gran parte salvato e collocato nel locale Museo statale della ceramica.

Constava di tre grandi campate, oltre alla parte absidale e a quella delle sei cappelle laterali. Il disegno, con grandiosa concezione compositiva, si snoda attorno ad uno scudo con paesaggio e due ampi rosoni con ricchi festoni e volute resi nell'armonica e tradizionale policromia di verde ramina, blu, giallo e manganese, ed intercalati da volatili e putti di cui otto cavalcanti enormi e simmetrici draghi. L'opera può considerarsi l'ultima imponente espressione della maiolica settecentesca caltagironese: questa, infatti, nell'Ottocento inizia il proprio declino.

Morti i fratelli, Nunzio nel 1801 ed Antonino nel 1803, Ignazio continuò da solo la sua fervente attività rivolta alla produzione di mattonelle maiolicate, fino alla morte avvenuta l'8 febbr. 1837. Fu sepolto nella chiesa di S. Giacomo.

Fra le ultime opere da lui compiute si ricordano i pavimenti della chiesa di S. Sofia e quelli delle absidi delle chiese della Madonna della Stella e di S. Giuseppe. In quest'ultima esisteva un pavimento ideato e dipinto nel 1755 dal valente maiolicaro Francesco Branciforti, che era compagno di lavoro dello zio di Ignazio, Nunzio. Ignazio lavorò nella sua bottega impiantata a S. Orsola, nuova località destinata alle fabbriche dei ceramisti, dopo lo spianamento delle loro officine esistenti a fianco della chiesa di S. Agata, per dar posto alla imponente costruzione del carcere borbonico, progettato da Natale Bonaiuto. Al pari del padre e degli zii, egli ricoperse cariche nella Confraternita di S. Lucia.

Il C. lasciò a proseguire la sua arte i figli Giacomo e Gesualdo avuti dalla moglie Rosa Benenati, che aveva sposato il 10 giugno 1781. Essi si dedicarono principalmente alla fabbricazione di vasellame maiolicato, mentre la ormai decadente arte dei pavimenti e dei rivestimenti architettonici in maiolica passava alla bottega del ceramista Giacomo Arcidiacono.

Fonti e Bibl.: Caltagirone, Arch. parr. di S. Giuliano, Libri dei battezzati, sposati e defunti, ad annos;Ibid., Arch. parr. di S. Giacomo, Libri dei battezzati, sposati e defunti, ad annos;Ibid., Bibl. del Seminario vescovile, Annali della devota Congregatione sotto titolo dell'Immacolata Concettione di Maria delli artisti... eretta ... nell'anno 1676 (ms.), pp. 194, 230, 231; Arch. di Stato di Catania, Not. S. Caruso di Caltagirone, 26 nov. 1792 e 30 genn. 1794; Sez. Arch. di Stato di Caltagirone, Not. F. Procaccianti di Caltagirone, 15 dic. 1793; Ibid, Not. C. Maiorana di Caltagirone, 4 lug. 1794; Ibid., Libro di fabrica di questo Conv. di S. Domenico di Caltagirone..., dall'anno 1790, ff. 77-91; G. Russo Perez, Catal. ragionato della racc. Russo Perez di maioliche sicil., Palermo 1954, p. 129; A. Ragona, La ceramica siciliana dalle origini ai giorni nostri, Palermo 1955, pp. 68 ss.; Id., N. Bonaiuto e la maiolica nell'architettura sicil. del Settecento, in La ceramica, IX (1954), 3, pp. 16 ss.; Id., Maiolicari caltagironesi, ibid., XI (1956), 12, pp. 47-49; Id., Un ceramista caltagironese ed un prepotente committente di Vittoria attraverso un documento dell'anno 1779, in Faenza, L (1964), 6, pp. 127-129.

Vedi anche
abside architettura   ● Struttura architettonica a pianta semicircolare, sulla quale si imposta una volta a calotta semisferica (catino), utilizzata come motivo di articolazione spaziale interna ed esterna di un ambiente (talora con funzione di contrafforte); può presentarsi anche con andamento poligonale, ... campanile Struttura architettonica destinata a sostenere le campane. Essenzialmente connesso all’architettura religiosa cristiana, isolato o incorporato nell’edificio della chiesa, è generalmente turriforme (donde anche la denominazione di torre campanaria) e sviluppato in altezza per facilitare la diffusione ... cappella architettura Edificio di culto di piccole dimensioni, isolato in modo da costituire un corpo autonomo; o ambiente, più o meno importante per forme e dimensioni, compreso, con la stessa destinazione di culto, nell’ambito di un maggiore e più complesso organismo architettonico, come la cappella di un palazzo ... Faenza Comune della prov. di Ravenna (215,8 km2 con 56.131 ab. nel 2008), situato sulla Via Emilia, presso la confluenza del fiume Lamone con il torrente Marzeno. Oltre la riva destra del fiume Lamone si trova il Borgo Durbecco. Florido mercato agricolo. È famosa in tutto il mondo per l’industria delle maioliche. ...
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