CAMPONE di Farfa
Appartenente a una delle più illustri famiglie di Rieti, la gens Camponisca, fu educato nel monastero di Farfa sotto la guida dello stesso abate Ratfredo; studiò medicina, fu elevato al diaconato e nominato preposito dell'abbazia (risulta già investito della carica l'8 febbraio 932). Spinto dal desiderio di accaparrarsi le cospicue ricchezze di Farfa, si accordò con un altro monaco, Ildebrando preposito di Santo Stefano in Roma, e avvelenò il suo maestro Ratfredo (936). Immediatamente Ildebrando si recò a Pavia e riuscì a comprare da Ugo di Provenza re d'Italia la nomina abbaziale per C., il quale, frattanto, si era recato nelle Marche, dove, raggiunto da Ildebrando, riuscì a conquistare con le armi tutti i vasti possedimenti che Farfa aveva in quelle regioni. Conquistata quindi la stessa Farfa, mentre Ildebrando si insediava nel monastero di Santa Vittoria (Marche), instaurava nell'abbazia un governo stigmatizzato dalle fonti farfensi (spesso peraltro parziali: non ricordano infatti le numerose fondazioni che risalgono a C.) come il peggiore che abbia mai avuto l'abbazia. Presto i due complici vennero a lite e C. riuscì a espugnare il monastero di Santa Vittoria. Ma intanto la riforma monastica intrapresa da Alberico II principe dei Romani aveva raggiunto anche Farfa: un gruppo di monaci cluniacensi fu inviato a Farfa da Alberico. Avendo tentato l'abate di farli uccidere nel sonno, Alberico mosse contro Farfa e riuscì a cacciarne C. che si ritirò con la moglie Liuza e i numerosi figli a Rieti (947)
Bibl.: I. Schuster, L'imperiale abbazia di Farfa, Roma 1931, passim, ma spec. pp. 96-101 e le fonti ivi citate.