Canada
'
(VIII, p. 623; App. I, p. 350; II, i, p. 495; III, i, p. 299; IV, i, p. 352; V, i, p. 477)
Geografia umana ed economica
di Elio Manzi
Il C. ha vissuto un cinquantennio di notevole sviluppo economico e demografico, pur tra profonde contraddizioni e lacerazioni interne, che l'ha condotto dalla condizione di Stato semidipendente dalla Gran Bretagna (alla fine della Seconda guerra mondiale), alla partecipazione al summit dei paesi più industrializzati del mondo.
A differenza di altri paesi sviluppati, dove il tasso di accrescimento è vicino allo zero e l'invecchiamento della popolazione preoccupante, il C. mantiene un incremento piuttosto elevato (12‰), leggermente superiore a quello degli Stati Uniti, e dovuto non solo al saldo naturale positivo, ma anche alla recente immigrazione. Trenta milioni di abitanti stimati per la fine del 20° secolo (28.846.761 al censimento 1996, di cui oltre 30.000 Inuit e 370.000 Amerindi) sono apparentemente pochi, su un territorio di ben 9.970.610 km², ma in realtà i Canadesi si concentrano in regioni relativamente poco estese: la densità media di popolazione in tutto il C. è di soli 3 ab./km², e oltre la metà vive nelle maggiori aree metropolitane; infatti, solo in quelle di Montreal e di Toronto risiedono più di 8 milioni di ab., equivalenti a poco meno del 30% del totale. La regione di Vancouver sul Pacifico (1.832.000 ab. nell'area metropolitana nel 1996) è l'unico polo urbano davvero importante di tutto l'Ovest e fondamentale per i contatti con la sponda opposta dell'oceano, specie con Cina e Giappone. A Vancouver risiede la seconda, dal punto di vista numerico, comunità cinese dell'America Settentrionale. L'area metropolitana di Vancouver subisce la forte attrazione della grande conurbazione statunitense di Seattle-Tacoma; la frontiera, soprattutto dopo l'istituzione del mercato comune nordamericano (NAFTA), non costituisce più un ostacolo, e si consolida la crescita nell'area dei Grandi Laghi di una megalopoli internazionale.
La natalità piuttosto elevata (12‰ nel quinquennio 1989-94), fenomeno tradizionale tra i francofoni cattolici, ha di fatto contribuito nei secoli alla sopravvivenza della lingua francese e della territorialità diversa del Québec, che è la provincia più popolosa dopo l'Ontario. I Canadesi francofoni (che attualmente rappresentano il 23,8% della popolazione totale) sono concentrati nella Provincia del Québec, ma piccoli gruppi di discendenti dei coloni francesi giunti nel Seicento vivono in province profondamente anglicizzate come Terranova e Nuovo Brunswick. Sono gli Acadiens, che non hanno un proprio territorio come i Québéçois, e tuttavia ne appoggiano le rivendicazioni separatiste.
Condizioni economiche
L'economia del C. è strettamente legata a quella statunitense: il commercio estero si svolge per oltre il 70% con gli Stati Uniti, per il resto con i paesi dell'Unione Europea, Regno Unito in testa, e con le due grandi potenze dell'altra sponda del Pacifico, Cina e Giappone, oltre che con la Corea del Sud e l'Australia. L'istituzione del NAFTA, l'accordo di libero scambio dell'America del Nord, sottoscritto da C., Stati Uniti e Messico nel 1992 ed entrato in vigore nel 1994, ha ulteriormente agevolato i legami con gli USA, per la ricchezza di legname, di fonti energetiche e di molti minerali presenti in C. e necessari all'industria statunitense.
Il C. è uno dei grandi produttori mondiali di frumento (305 milioni di q nel 1996) e uno dei pochi esportatori, il secondo al mondo dopo gli Stati Uniti, quasi alla pari con la Francia, sebbene il consumo interno medio annuo di cereali sia molto elevato. Questo ruolo ('strategico', perché la domanda di cereali si accresce con l'aumento della popolazione) negli ultimi anni è stato ciclicamente ridimensionato dalla siccità che colpisce le Grandi Pianure centrali, sia quelle canadesi sia quelle contigue statunitensi (come nel 1988, quando la capacità produttiva fu ridotta del 30%). Gli allevamenti canadesi di bovini (13,3 milioni di capi nel 1997) e di suini (12,1 milioni), pur non paragonabili quantitativamente con quelli del Brasile, degli Stati Uniti e dell'Argentina, sono sufficienti al fabbisogno interno. Nonostante la connotazione, in gran parte giustificata, di paese nordico, il C., soprattutto grazie ai litorali della Columbia Britannica, conta su produzioni agricole diversificate, tra cui quelle del vino (300.000 hl nel 1996), della frutta e degli ortaggi. Le foreste di conifere, estesissime e nel complesso ben curate, fanno del C. uno dei primi produttori ed esportatori di pasta di legno e di carta.
Peraltro, le produzioni che caratterizzano il C. come tradizionale esportatore di materie prime sono quelle minerarie, abbondanti e diversificate. Tra esse risultano di particolare rilevanza il petrolio (95,6 milioni di t nel 1997) e il gas naturale.
Ingente è la produzione di energia elettrica (oltre 554.000 milioni di kWh nel 1995), in buona parte di origine idrica. Il potenziale idroelettrico, tra i maggiori del mondo, consente di coprire il 60% del fabbisogno; ma anche la produzione geotermoelettrica ha registrato notevole sviluppo (32 milioni di kWh), e nella Baia di Fundy, sulla costa atlantica, è in progetto la costruzione di una centrale destinata a sfruttare il potenziale energetico delle maree.
Problemi ambientali
La protezione ambientale e paesaggistica in C. si estende su oltre il 7% del territorio, ed è garantita dal governo federale, dalle province, dai governi dei territori delegati dall'amministrazione federale; in particolare le aree protette a livello nazionale coprono circa il 5% della superficie: 494.000 km² comprendenti 426 zone (nel 1994) tra parchi, paesaggi tutelati, riserve integrali di vita selvatica, riserve della biosfera e riserve lacustri e marine. L'estensione delle aree protette ha conosciuto una forte accelerazione dalla metà degli anni Sessanta, con un raddoppio della superficie protetta nell'arco di un trentennio (l'istituzione del primo parco, Banff, risale al 1965).
La pesca dei salmoni è un'attività economica tradizionale nella Columbia Britannica, ma ai nostri giorni la sua decadenza è anche un segnale della situazione ambientale: gli effetti della pesca eccessiva, il taglio del legname e le estrazioni minerarie sui principali fiumi privi di dighe, come il Fraser e lo Skeena, hanno fatto diminuire la popolazione di salmoni a un quinto di quella del passato; la perdita non consiste soltanto nella diminuzione del pescato, ma soprattutto nell'indebolimento o nella scomparsa di numerosi ceppi originari di salmoni non allevati, anche se la situazione canadese risulta molto migliore di quella a sud del confine con gli Stati Uniti.
Nel 1993 il C. impose forti restrizioni alla pesca del merluzzo sui banchi di Terranova, citati in passato fra i più produttivi del mondo. Le dimensioni dei pesci andavano riducendosi di anno in anno, come pure la quantità del pescato, segnale inequivocabile di eccessivo sfruttamento. I battelli da pesca autorizzati della Provincia di Nuova Scozia sono diminuiti, per disposizione del Ministero della Pesca, da 455 nel 1990 a 170 nel 1993; l'industria della pesca atlantica contava su una media di 1,5 milioni di t di pescato annuo, ma le severe restrizioni imposte per evitare la distruzione completa di tale risorsa hanno ridotto il pescato a 800.000÷900.000 t; per fare fronte alla disoccupazione e al decadimento dell'industria collegata alla pesca, fondamentale per Terranova e la Nuova Scozia, il governo di Ottawa ha stanziato fondi per 400 milioni di dollari come sussidi per la disoccupazione e incentivi alle ristrutturazioni. Gli Stati Uniti attuano un analogo piano di salvaguardia per i contigui banchi di pesca del New England settentrionale; ma occorrono accordi globali con la Francia, che possiede le isole di Saint-Pierre et Miquelon presso Terranova, e con la Danimarca per i banchi di pesca della Groenlandia.
I Grandi Laghi, il maggiore ecosistema lacustre del mondo, su cui affacciano C. e Stati Uniti, sono stati sottoposti nei decenni trascorsi a tutte le forme di compromissione ambientale di origine umana; sul bacino idrografico dei Grandi Laghi, vasto 520.000 km², gravitano circa 40 milioni di ab., oltre a sistemi industriali e urbani imponenti. Ogni anno entrano nei Grandi Laghi notevoli quantità di rifiuti tossici, nonostante i miglioramenti dovuti a decenni di regolamentazione da parte dei governi del C. e degli Stati Uniti, e in base ad accordi congiunti dei due paesi; l'eutrofizzazione, dovuta all'eccesso di fosforo portato dal dilavamento delle terre agricole e d'allevamento, dai detersivi (nonostante la drastica diminuzione delle sostanze non biodegradabili) e dagli scarichi della navigazione, stimola la crescita di alghe, che sottraggono ossigeno alle acque; inoltre risulta ormai massiccia la diffusione di specie vegetali e animali esotiche, portate nel tempo dalle navi oceaniche, le quali ostacolano la vita delle specie locali, riducendo la biodiversità. Tuttavia la cooperazione fra C. e Stati Uniti ha portato ad alcuni risultati positivi, anche se parziali, che indicano la strada da seguire, ossia quella delle politiche transnazionali in campo ambientale, nell'ottica della dimensione umana del cambiamento ambientale globale.
In C. per lungo tempo si è protratto un dibattito politico teso a condurre i territori artici (soprattutto i Territori del Nord-Ovest) a una semi-indipendenza vigilata, o comunque a una forte autonomia, oppure alla trasformazione in decima e undicesima provincia, cioè in stati autonomi uniti nel vincolo federale e non più territori federali amministrati direttamente dal governo di Ottawa. Nunavut è il nome inuit della nuova entità provinciale istituita, infine, nell'aprile 1999. Gli Inuit, gli Amerindi e i Meticci, che costituiscono la popolazione nativa del Nord, avevano proposto di dividere il territorio in due grandi regioni: una a nord della treeline, la fascia estrema della foresta, detta appunto Nunavut, lasciata agli Inuit, e un'altra, detta Denendeh, a sud della tundra. Soprattutto l'istituzione di Nunavut ha presentato problemi connessi con le basi militari installate in aree remote al tempo della guerra fredda, inclusa una rete di radar e stazioni satellitari di avvistamento. Altre forme di contemperamento vanno individuate per lo sfruttamento delle ingenti risorse minerarie ed energetiche iniziato negli anni Settanta sia in Yukon che nei Territori del Nord-Ovest: la regione del delta del fiume Mackenzie si è rivelata promettente per il petrolio, come pure Norman Wells, tra le catene montuose Franklin e Mackenzie, il Mare di Beaufort e le isole dell'Artico; dunque tra i paralleli di 70° e 77° sono stati individuati importanti giacimenti petroliferi. Il loro sfruttamento ha comportato alcuni guasti ambientali, oltre gli alti costi necessari per perforare il permafrost, cioè il suolo perennemente gelato anche a notevole profondità, e per costruire una rete di oleodotti che conducano il greggio alle raffinerie dell'Alberta. Inoltre l'afflusso inevitabile di uomini, mezzi, tecnologie e investimenti in una regione pressoché vergine ha significato impatti sconvolgenti, sia pure per adesso in aree ristrette.
Quest'afflusso, già a partire dagli anni Sessanta, ha determinato il parziale abbandono dei generi di vita tradizionali (pesca per gli Inuit, caccia per gli Amerindi), fenomeno destinato ad acuirsi nei primi anni Duemila. Gli insediamenti attuali dei nativi sono un misto di tradizione e modernità, perché nei siti storici nella valle del Mackenzie per gli Amerindi, e sulle coste artiche raggiungibili via mare nei mesi estivi e quasi isolate nel resto dell'anno per gli Inuit, esistono alcuni servizi impiantati con l'aiuto del governo federale, e persino supermercati in quelli maggiori, come Pond Inlet.
Nel Nord, rispetto al resto del paese, i parchi sono in numero minore, cinque, ma molto più ampi degli altri. Il maggiore è Wood Buffalo - dichiarato dall'UNESCO sito di protezione mondiale - con una superficie di oltre 44.000 km², al confine tra l'Alberta e i Territori del Nord-Ovest, con paesaggio forestale e subartico e una popolazione di 6000 bisonti, il gruppo più numeroso al mondo. Il North Yukon National Park, creato nel 1984, protegge invece la più imponente migrazione stagionale dell'America Settentrionale, quella dei caribù; possiede ampie aree umide dove numerosissimi uccelli acquatici hanno dimora; inoltre vi si proteggono le tre specie principali di orsi (il nero, il grizzly e il bianco), minacciati altrove di estinzione. Un paesaggio ancora diverso offre il parco Anyuittuq nell'Isola di Baffin, mentre le bellezze delle montagne nordiche si ammirano nel Nohanni e nel Mackenzie.
La sfida dei prossimi anni è quella di preservare ambienti e paesaggi del Grande Nord e nello stesso tempo di sfruttare alcune delle immense risorse economiche, compatibilmente con lo sviluppo sostenibile. Il Nord polare della Terra, di cui il C. occupa una parte consistente, è una delle ultime frontiere per la sopravvivenza del pianeta, al pari delle più note foreste equatoriali. Inoltre, più a sud, l'estensione della foresta subartica e temperata fredda canadese, che è, insieme con la taiga siberiana, la più estesa del mondo, va preservata al di là degli interessi economici del momento, perché si tratta di uno degli ultimi grandi 'polmoni' della Terra. Secondo i dati della FAO, nel decennio 1980-90 la foresta boreale canadese non è diminuita di superficie, anzi ha avuto un lieve incremento. Tuttavia, secondo studi dell'Istituto per lo sviluppo sostenibile (ISD), la foresta originaria sarebbe diminuita di circa il 20% dal 1980, sostituita da foreste da taglio di nuovo impianto. Secondo il Worldwatch Institute, ogni anno in C. si tagliano circa 17.000 ha di foresta originaria, destinati, attraverso la polpa di legno e le cartiere, all'industria editoriale degli Stati Uniti. Nel decennio 1980-90 le emissioni di sostanze inquinanti, causa delle piogge acide, che avevano compromesso estese aree forestali, sono diminuite del 20%, e per il Duemila si prevede un'ulteriore riduzione, soprattutto di composti di zolfo, del 15%.
Bibliografia
F. Farnocchia Petri, Recenti tendenze nella crescita urbana canadese, in Nuova città, nuova campagna. L'Italia nella transizione, a cura di A. Celant, Bologna 1988.
Environment Canada, A report on Canada's progress towards a national set of environmental indicators, Ottawa 1991.
F. Farnocchia Petri, E. Manzi, L'America anglosassone, Torino 1991.
L.R. Brown, H. Kane, Full House: reassessing the Earth's population carrying capacity, New York 1994.
The growth of protected areas in Canada and China, in United Nations Environment Programme, Environmental data report 1993-94, Nairobi 1994, p. 152.
P. Weber, Proteggere la pesca oceanica e l'occupazione nel settore, in State of the world 1995. Rapporto sul nostro pianeta del Worldwatch Institute, ed. L.R. Brown, Torino 1995, pp. 35-64.
T.G. Northcote, D. Y. Atagi, Pacific salmon abundance trends in the Frase river watershed compared with other British Columbia systems, in Pacific salmon & their ecosystems: status and future options, ed. D.J. Stouder, P.A. Bisson, R.J. Naiman, New York 1997.
Politica economica e finanziaria
di Claudio Sardoni
La politica economica attuata dal governo federale negli anni Novanta, in particolare a partire dal 1994, si caratterizza soprattutto per l'impegno a ridurre il disavanzo pubblico. Tale politica è stata coronata da successo e, nel 1998, il bilancio federale risultava in avanzo. Sulla base di ciò, il governo intende realizzare significative riduzioni del rapporto debito pubblico/PIL e ridurre la pressione fiscale. La politica monetaria è stata tale da consentire significative riduzioni dei tassi che, negli anni più recenti, hanno toccato i loro minimi storici in un arco temporale di 35÷40 anni.
La fase recessiva iniziata nel 1990 era stata più grave del previsto e si era ulteriormente approfondita nel 1991, quando si era avuta una riduzione reale del PIL dell'1,9%. Nel 1991, l'occupazione diminuiva di circa il 2% e il tasso di disoccupazione (10,4%) tornava su livelli prossimi a quelli della recessione del 1981-82; l'inflazione era rimasta tuttavia piuttosto elevata (circa 5%). La ripresa del 1992 è stata assai debole, con una crescita reale del PIL inferiore all'1% e un'ulteriore crescita del tasso di disoccupazione (giunto all'11,8%). Ciò è dipeso soprattutto dalla contenuta dinamica dei consumi privati e dalla lenta ripresa dell'economia USA. La lenta ripresa ha prodotto anche un ulteriore peggioramento del deficit pubblico e della sua incidenza sul PIL, che ha toccato il suo massimo storico (8%) sin dal 1979. Il 1993 ha fatto registrare una ripresa più marcata, trascinata soprattutto da un buon andamento delle esportazioni e degli investimenti privati. L'occupazione ha ripreso a crescere (+1,4%) e l'inflazione è rimasta comunque contenuta (2,2%). La politica monetaria ha seguito un orientamento espansivo con bassi tassi d'interesse, mentre sul fronte fiscale sono continuati i tentativi di ridurre il peso del deficit pubblico (rimasto comunque a livelli prossimi a quelli del biennio precedente).
È con il 1994 che l'economia canadese realizza una crescita assai vigorosa, registrando un tasso di crescita del PIL (+3,9%) fra i più alti nell'OCSE e un buon aumento dell'occupazione (+2,1%). Sebbene in misura assai contenuta, anche la disoccupazione si è ridotta. L'economia ha tratto beneficio dai processi di ristrutturazione degli anni precedenti e dal buon andamento delle esportazioni, favorite dall'accelerata dinamica dell'economia USA. Malgrado la forte crescita, il tasso d'inflazione è sceso sotto l'1%. Anche il quadro fiscale è migliorato. Tuttavia la fase di forte espansione è stata breve e solo nel 1997 l'economia canadese è tornata a un tasso di crescita del PIL prossimo a quello del 1994.
Nel 1995, il tasso di crescita si è più che dimezzato a causa di una rallentata dinamica delle esportazioni e della domanda interna (soprattutto degli investimenti). Ciononostante il tasso di disoccupazione ha continuato a ridursi, tornando sotto il 10%. Sul fronte fiscale si è registrato un ulteriore miglioramento del rapporto fra deficit pubblico e PIL, grazie a sostanziosi tagli alle spese (programmi sociali e riforma del sistema di sussidi alla disoccupazione) e ai contenuti tassi d'interesse. Nel 1996, il tasso di crescita reale del PIL è rimasto basso (+1,2%); il tasso di disoccupazione è restato pressoché costante rispetto all'anno precedente e l'occupazione ha rallentato il suo ritmo di crescita. La politica fiscale adottata ha continuato a caratterizzarsi per l'impegno a ridurre quanto più possibile il fabbisogno finanziario del settore pubblico. L'incidenza sul PIL del disavanzo pubblico è giunta al 2%. Sul fronte monetario, il 1996 ha fatto registrare riduzioni dei tassi d'interesse, soprattutto a breve termine. Il saldo di parte corrente della bilancia dei pagamenti è stato positivo (3,3 miliardi di dollari USA, pari a circa lo 0,5% del PIL).
Il 1997 è il primo anno di forte crescita del PIL (+3,8%) dal 1994. I tassi d'interesse hanno continuato a diminuire (malgrado un aumento di quelli a breve sul finire dell'anno), e ciò ha contrastato gli effetti restrittivi della politica fiscale. Nel 1997, il C. ha realizzato un avanzo del bilancio pubblico federale pari allo 0,9% del PIL; ciò grazie al contenimento delle spese, al buon andamento dell'economia e ai bassi tassi d'interesse. Il governo federale si è impegnato a devolvere parte del surplus alla riduzione del debito. L'avanzo di bilancio è anche destinato al finanziamento di spese addizionali e a rendere possibile una riduzione della pressione fiscale. Dal 1° gennaio 1998 è entrato in vigore un nuovo piano pensionistico, che mira a rafforzare la sostenibilità del sistema previdenziale grazie a contributi più elevati e criteri più severi e più razionali nella concessione di pensioni e sussidi. Nel 1998, un ulteriore peggioramento del disavanzo corrente ha rallentato la crescita del PIL, ma la disoccupazione è ulteriormente diminuita.
Storia
di Luisa Azzolini
La recessione economica e la questione del Québec rappresentarono il banco di prova dei governi federali canadesi negli anni Novanta. La prima, mettendo in discussione lo stato sociale e il modello canadese di società d'immigrazione; la seconda radicalizzando l'opposizione tra concetto di cittadinanza e concetto di appartenenza culturale, al punto da pregiudicare l'idea stessa di stato federale applicato alla realtà multiculturale del Canada.
I precedenti immediati della questione del Québec, così come si venne affermando nel corso del decennio, si riassumevano nel rifiuto di ratificare la Costituzione federale del 1982 (riconoscendo quindi solo quella provinciale, giacché ogni provincia dello stato canadese possiede una propria carta costituzionale), e nel fallimento dell'accordo di Meech Lake avviato dal capo del governo conservatore B. Mulroney nel 1987. Tale accordo era originato dalla necessità di ricomprendere il Québec nel nuovo quadro costituzionale, conferendogli però lo statuto di 'società distinta' con specifici diritti di tutela della lingua e della cultura francese. Tuttavia ciò non solo implicava il riconoscimento di diritti comunitari che entravano in conflitto con quelli individuali tutelati dal modello di stato liberal-democratico fondato sul concetto di cittadinanza, ma accoglieva la 'diversità' di una collettività e la necessità di tutelare tale diversità, a discapito della 'diversità' delle altre 'nazioni' canadesi come le minoranze inuit e amerinde. Avendo incontrato l'opposizione delle province anglofone del Manitoba e del Newfoundland, l'accordo non poté essere ratificato entro la scadenza stabilita del giugno 1990.
Dopo il fallimento dell'accordo di Meech Lake furono avviati ulteriori negoziati dai quali emerse un nuovo programma di riforme costituzionali messo a punto a Charlottetown, nell'agosto 1992, da B. Mulroney e dai premier delle dieci province. In base a esso i governi provinciali avrebbero goduto di maggiori poteri soprattutto in ambito culturale, le popolazioni autoctone si vedevano riconosciuto il diritto all'autogoverno e al Québec veniva accordata una quota fissa pari a un quarto dei seggi nella camera bassa federale e tre giudici su nove nella Corte suprema canadese (ovvero l'organismo preposto alla tutela della Costituzione, nominato dal governo federale e pertanto a maggioranza anglofona). Il pacchetto di riforme costituzionali fu quindi sottoposto a referendum popolare nell'ottobre 1992, ma venne bocciato con il 54,4% di voti contrari, risultato che dimostrava, fra l'altro, la relativa debolezza dei partiti politici tradizionali.
Conservatori e liberali, infatti, si erano fatti promotori del referendum a livello federale (ma con defezioni fra i leader provinciali), mentre a esso si erano opposte le formazioni politiche di matrice locale, come il Parti Québéçois (PQ), il Bloc Québéçois (BQ) sorto nel 1990 per iniziativa di alcuni deputati conservatori del Québec e dichiaratamente secessionista, e l'anglofono Reform Party, di stampo conservatore e liberista, sostanzialmente avverso a qualsiasi concessione al Québec.
L'esito negativo del referendum diminuì ulteriormente il consenso attorno al governo di Mulroney, già compromesso dal persistere della difficile situazione economica, dall'alto tasso di disoccupazione (fra l'11 e il 15% a seconda delle province) e dall'introduzione di provvedimenti impopolari come un'imposta sui beni e i servizi. Inoltre l'attivo sostegno offerto dal Partito liberale al North America Free Trade Agreement (NAFTA), che sarebbe entrato in vigore il 1° gennaio 1994, gli alienò quella parte consistente dell'opinione pubblica che nell'istituzione di un'area di libero scambio fra Stati Uniti, Canada e Messico vedeva l'imposizione di un modello non solo economico ma anche culturale statunitense, lesivo dell'identità canadese, per quanto problematica potesse essere quest'ultima.
In tali frangenti Mulroney decise di lasciare, nel giugno 1993, la guida del partito e dell'esecutivo a K. Campbell, in attesa delle elezioni generali previste per il mese di ottobre. Queste registrarono il ritorno al governo del Partito liberale con J. Chrétien, che aveva impostato la propria campagna elettorale su grandi temi economici, come la riduzione della disoccupazione attraverso una politica di opere pubbliche e i tagli alle spese militari. Il dato più significativo delle consultazioni (ancor più del tracollo del Partito conservatore che mantenne due soli seggi), tuttavia, fu la netta affermazione del BQ, che con i suoi 54 seggi diventò il partito ufficiale d'opposizione.
Archiviata la ratifica del NAFTA da parte del Partito liberale al governo (inizialmente contrario all'accordo), la scena politica canadese continuò a essere dominata dalla questione del Québec, dove nel settembre 1994 il PQ, guidato da J. Parizeau, vinse le elezioni provinciali proponendo quindi, con il sostegno a livello federale del BQ, un referendum popolare sulla secessione del Québec dallo stato canadese.
L'iniziativa referendaria, fatta propria dal parlamento provinciale, aprì una serie di interrogativi politici e giuridici relativi all'eventuale vittoria dei secessionisti. Anzitutto, la Costituzione federale non prevedeva la secessione di una provincia dal corpo dello Stato federale attraverso una dichiarazione unilaterale di sovranità. Inoltre, assai dubbio appariva il ruolo che il neo Stato avrebbe assunto nell'ambito delle organizzazioni e dei trattati internazionali (NATO e NAFTA in primo luogo) e problematici i rapporti con il resto del C. anglofono, senz'altro scarsamente incline a fare ampie concessioni in materia economica e commerciale alla provincia secessionista. Infine, la quota di popolazione anglofona e autoctona del Québec difficilmente avrebbe accettato il nuovo Stato sovrano, richiamandosi a quello stesso diritto al riconoscimento che il Québec aveva invocato a tutela della propria 'diversità'.
Il referendum ebbe luogo il 30 ottobre e vide la sconfitta dei secessionisti che ottennero il 49,4% dei voti contro il 50,6% dei contrari (con uno scarto di appena 50.000 voti). In seguito a ciò Parizeau si dimise da leader del PQ e da premier della provincia del Québec e gli subentrò in entrambe le cariche L. Bouchard, già leader fondatore del BQ.
Nel corso del 1996 il governo federale concentrò i propri sforzi nella riduzione del deficit pubblico, nel contenimento dell'inflazione e nella riduzione della disoccupazione, che però rimase elevata, mentre il ridimensionamento delle spese sociali contribuì ad aumentare la sperequazione delle ricchezze. Di fronte al problema della riforma costituzionale il governo non assunse iniziative di rilievo, pur orientandosi verso una linea di condotta intransigente nel caso di un nuovo referendum e negando pertanto al Québec il diritto a un'eventuale secessione unilateralmente proclamata. In politica estera, il governo di Chrétien si oppose, con il sostegno del Messico, alla legge Helms-Burton del marzo 1996 con cui gli USA cercarono di impedire a imprese straniere di investire a Cuba sui beni nazionalizzati dal regime castrista.
Le elezioni federali del 2 giugno 1997 confermarono la tendenza alla frammentazione e alla separazione sempre più netta fra il livello provinciale e quello federale delle organizzazioni politiche. I liberali di Chrétien conservarono la maggioranza, ma scesero da 177 deputati a 155 (sui 301 della camera bassa), di cui 103 concentrati nell'Ontario, seguiti dal Reform Party (RP) con 60 seggi (otto in più rispetto alle elezioni del 1993) di cui uno solo al di fuori delle province dell'Ovest. Significativa la flessione del BQ, che si aggiudicò 44 seggi (concentrati nella sola provincia del Québec), ovvero 10 in meno rispetto alle elezioni precedenti.
Nell'aprile del 1999, il C. ha ridisegnato i propri confini interni con la formazione di un nuovo territorio autonomo, il Nunavut, fino ad allora parte dello Yukon, che è stato posto sotto l'amministrazione degli Inuit in base agli accordi del dicembre 1991 fra rappresentanti del governo federale e delle comunità inuit. La riforma risponde alle esigenze di una popolazione che reclamava da tempo un ritorno alle sue tradizionali attività economiche; a partire dagli anni Sessanta, infatti, l'espansione dell'industria estrattiva di gas e petrolio aveva violentemente trasformato le abitudini di vita e la stessa identità culturale degli Inuit.
Bibliografia
S.M. Lipset, Continental divide. The values and institutions of the United States and Canada, New York 1990.
L. Martin, Pledge of allegiance. The americanization of Canada in the Mulroney years, Toronto 1993.
D.J. Bercuson, B. Cooper, Derailed. The betrayal of the national dream, Toronto 1994.
P. Sniderman, J.F. Fletcher, P. Russel, E. Tetlock, The clash of rights. Liberty, equality, and legitimacy in pluralist democracy, ed. P.M. Sniderman, New Haven 1996.
G. Bourque, J. Duchastel, L'identité fragmentée. Nation et citoyenneté dans les débats constitutionnels canadiens, 1941-1992, Montréal 1996.
P. Drouilly, Indépendance et démocratie: sondages, élections et référendums au Québec 1992-1997, Montréal 1997.
R. Botwell, Canada and Quebec: one country, two histories, Vancouver 1998.