SUEZ, Canale di (A. T., 88-89 e 115)
Canale artificiale collegante l'estremo settentrionale del Golfo di Suez, nel Mar Rosso al Mediterraneo: allo sbocco meridionale è la città di Suez, al settentrionale Porto Said. Il canale, tutto in territorio egiziano, taglia l'istmo detto appunto di Suez, congiungente l'Egitto propriamente detto con la Penisola del Sinai, cioè l'Africa con l'Asia. Esso misura 161 km. di lunghezza, m. 9,50 di profondità, ed è largo da 70 a 110 m. alla superficie, 45 m. alla profondità navigabile e 32 m. sul fondo, piatto. Esistono stazioni, presso le quali sono scavati bacini, per permettere alle grandi navi di darsi il cambio: l'illuminazione a gas delle boe e l'uso di riflettori potenti rende possibile, dal 1887, la navigazione anche di notte. Il tempo occorrente per il transito è in media di circa 18 ore; per evitare danni agli argini del canale, la massima velocità consentita è di 10 km. all'ora, la velocità a tutta forza non essendo permessa che nei Laghi Amari.
Subito a S. di Porto Said, dove esiste il palazzo della Società del Canale e sorge una gigantesca statua a F. de Lesseps che ne fu il costruttore, il canale attraversa per una quarantina di km. la laguna salmastra detta Lago Manzalah, ormai in gran parte prosciugata, ed è fiancheggiato dalla ferrovia Porto Said-Ismailia; a el-Qantarah, presso alcune cave di pietre da taglio aperte dagli antichi Egiziani, la ferrovia per la Palestina attraversa il canale: è questo un centro militare importantissimo, e qui fu vittoriosamente respinto nel 1915 l'attacco turco contro l'Egitto. El-Qanṭarah (in arabo "il ponte") siede sopra uno stretto lembo di terra fra il Lago el-Manzalah e i Laghi Ballah, che il canale attraversa di poi. Dopo el-Firdān (km. 65), questo taglia le collinette di el-Gisr, alte 16 m. s. m., formanti il punto più elevato del tracciato, e lascia a destra Ismailia, a 77 km., al margine settentrionale del Lago Timsāḥ, che viene pure attraversato. In questo lago mette foce il Wādī Tumilāt, lungo il quale decorre dal 1863 un canale navigabile detto Ismailieh che trae origine dal Nilo, al Cairo, e reca acqua dolce potabile e per irrigazione, ai centri lungo il Canale di Suez. La regione circostante è interamente desertica. Dopo un tratto di una decina di km., scavato in parte nella roccia miocenica ricca di resti animali e di tronchi d'albero silicizzati, il canale, lasciato Serapeum, penetra nei Laghi Amari, vasti specchi d'acqua che si ritengono corrispondenti al Mara dell'Esodo, e nei quali la via è segnata da boe luminose e da fari; fin qui giunge la marea del Mar Rosso. Finalmente, uscito dal secondo di questi laghi il canale corre direttamente a S., costeggia per un certo tratto dal lato orientale il margine del Golfo di Suez, per evitarne i bassifondi, e si apre nel bacino di Port Tawfiq, di fianco al bacino artificiale di Port Ibrahim, a 2 km. dalla città di Suez.
Il canale accorcia circa del 63% il tragitto da Trieste a Bombay, della metà quello da Marsiglia a Bombay, del 44% quello da Londra a Bombay; del 26% quello da Rotterdam allo Stretto della Sonda, del 28% quello da Londra a Hong-Kong, ecc. La crescente importanza del canale per i traffici di tutto il mondo è chiarita dai seguenti dati relativi al numero e alla stazza delle navi transitate per il canale:
Nel 1870 l'Italia teneva il 6° posto con l'1,3% del tonnellaggio globale. Del tonnellaggio transitato nel 1934, il 55% fu britannico, il 10% tedesco, l'8% olandese, il 6,5% italiano, il 6,3% francese, il 5% norvegese e il 4,6% giapponese. Naturalmente, la percentuale italiana del tonnellaggio aumentò fortemente negli anni 1935-36 per le esigenze della guerra italo-etiopica.
Storia. - Nell'antichità vi fu, ma solo saltuariamente, una via navigabile fra il Mediterraneo e il Mar Rosso. Era una via indiretta che si serviva, dal Mediterraneo fino verso il Cairo, del braccio più orientale del Nilo, e, dal Cairo a Suez, di un canale artificiale attraverso il Wādī Tumilāt. Questo canale era chiamato "Canale dei Faraoni"; migliorato dall'imperatore Traiano, prese il nome di Amnis Traianus; insabbiatosi durante la decadenza bizantina, fu riattivato, ma solo per breve tempo, dagli Arabi con la denominazione di "Canale del Principe dei fedeli". Il primo disegno preciso di una comunicazione diretta fra il Mediterraneo e il Mar Rosso mediante il taglio dell'Istmo di Suez, fu ideato, sui primi anni del 1500, dai Veneziani, i cui floridissimi commerci con l'Oriente attraverso le vie carovaniere e i porti della Siria e dell'Egitto, siano esposti alla concorrenza sempre più minacciosa degli stati situati lungo l'Atlantico, in seguito alla scoperta della circumnavigazione dell'Africa (1498), che permetteva di giungere alle Indie direttamente per via marittima e di acquistare e vendere a più buon mercato i prodotti orientali. Di fronte a questo pericolo, i Veneziani concepirono l'audace disegno di tagliare l'Istmo di Suez aprendovi un canale dal Mediterraneo al Mar Rosso, canale che avrebbe anche ad essi permesso di giungere direttamente per via marittima ai paesi orientali, e molto più rapidamente che non circumnavigando l'Africa. Difficoltà d'ogni genere si frapposero all'attuazione della grande impresa, e sia il commercio sia la potenza della Serenissima furono condannati a fatale decadenza.
Da quel momento l'idea del taglio dell'istmo non fu più abbandonata. Nei secoli XVII e XVIII essa fu discussa soprattutto in Francia, al cui governo il disegno del canale fu la prima volta ispirato da un italiano, da ‛Uluǵ ‛Alī Pascià, d'origine calabrese, divenuto Bey dei Bey d'Africa. Ma furono solo progetti vaghi ed aspirazioni. Napoleone Bonaparte aprì la fase dell'attuazione. Durante la spedizione in Egitto egli fece da alcuni tecnici eseguire dei rilievi nell'istmo, recandosi personalmente sul posto. L'insuccesso della spedizione francese in Egitto e le guerre che seguirono, arrestarono il proseguimento di tali ricerche. Ristabilita la pace dopo le guerre napoleoniche, il disegno del canale divenne di più vivo e generale interesse. Nuove ragioni di carattere commerciale, tecnico e politico spingevano ad accorciare la via delle Indie. Mentre gl'Inglesi risolvevano imperfettamente tale problema mediante l'"Overland Route", cioè mediante un passaggio terrestre attraverso l'istmo, in Francia si riprese il progetto della via navigabile, per opera dei sansimonisti, i noti sostenitori d'una rigenerazione sociale per mezzo del lavoro. I sansimonisti diedero all'impresa del canale un carattere internazionale, che essa poi ha sempre conservato. P. Enfantin, uno dei capi più entusiasti della nuova dottrina, accompagnato da molti discepoli, ingegneri, architetti, operai, ecc., si recò nel 1833 in Egitto per persuadere Moḥammed ‛Ali, ad attuare la canalizzazione dell'istmo. Mohammed ‛Ali che comprendeva l'importanza dell'opera, fece favorevole accoglienza alla proposta dei sansimonisti. Ma rifiutò loro il permesso d'iniziare i lavori, se prima non avesse avuto sicure garanzie che il canale sarebbe appartenuto all'Egitto e che sarebbe rimasto aperto sempre a tutte le nazioni. Le sue diffidenze si appuntavano specialmente verso l'Inghilterra. Egli era solito dire che l'Inghilterra, dopo che il canale fosse stato costruito, avrebbe voluto applicarvi due porte, una sul Mediterraneo e un'altra sul Mar Rosso, e porsi la chiave in tasca. Vivo interesse prese allora alla questione del Canale di Suez anche il Principe di Metternich, il quale sperava di dare a Venezia, con il taglio dell'istmo, l'antico splendore dei traffici con l'Oriente. Il Metternich, nel 1842, si rivolse a Moḥammed ‛Ali per persuaderlo a dare il consenso all'esecuzione del canale. Moḥammed ‛Ali si dimostrò disposto, ma a condizione che il principe ottenesse dalle Potenze le garanzie necessarie per la piena indipendenza della nuova via navigabile. I sansimonisti, incoraggiati da queste trattative, ripresero la loro attività, e riuscirono a formare un gruppo di eminenti personalità del mondo della scienza, della finanza e della politica di tutti i paesi: l'impresa del canale, essendo d'un interesse universale, doveva avere un carattere internazionale, perché non sorgessero rivalità fra le potenze e non si suscitassero timori nel sovrano d'Egitto. Nel novembre del 1846 fu fondata la "Société d'Études du Canal de Suez". Sebbene i membri della società appartenessero a tutte le nazioni, essi furono divisi in tre gruppi: un gruppo francese, un gruppo italo-austriaco e un gruppo inglese. Ciascun gruppo era composto di dieci membri, a capo dei quali si trovava un ingegnere. Gl'ingegneri erano: Paulin Talabot per il gruppo francese, Luigi Negrelli per il gruppo italo-austriaco, e Robert Stephenson per il gruppo inglese. Dopo avere studiato i lavori precedenti, i tre ingegneri stabilirono un piano di lavori da eseguire sul terreno, e ne fecero la ripartizione fra loro. Eseguiti i lavori preparatorî per mezzo di tecnici da loro inviati in Egitto, i tre ingegneri vi si sarebbero dovuti recare insieme per fissare, con l'assistenza di Linant de Bellefonds, ingegnere francese al servizio di Moḥammed ‛Ali e che si era occupato a lungo della canalizzazione dell'istmo, il progetto definitivo per la costruzione del canale. I tecnici italo-austriaci e francesi si recarono in Egitto nel 1847, e compirono il lavoro loro assegnato. Gl'Inglesi non eseguirono la loro parte di lavoro; anzi, qualche anno dopo, lo Stephenson, senza avvertire i colleghi, andò in Egitto chiamato da 'Abbās, successore di Moḥammad ‛Ali, per iniziare la costruzione della ferrovia Alessandria-Cairo-Suez e per ostacolare così l'esecuzione della via marittima. L'Inghilterra fece sempre una fiera opposizione all'esecuzione del canale: essa temeva una minaccia commerciale e militare per le sue comunicazioni con le Indie da parte delle nazioni mediterranee, specialmente da parte della Francia, che pareva volesse stabilire una colonizzazione nell'istmo.
Mentre il Negrelli e il Talabot nel 1848 s'accingevano ad andare essi stessi in Egitto, ne furono impediti dalla rivoluzione scoppiata a Parigi e a Vienna. Nel 1849 morì Moḥammed ‛Alī e il successore 'Abbās, tetra figura di despota, avverso alla civiltà europea e sottomesso all'Inghilterra, accordò a questa la costruzione della linea ferroviaria da Alessandria al Cairo e ostacolò il progetto del canale. Nel 1854 ad 'Abbās succedeva Sa‛īd, molto propenso per le istituzioni europee. Il nuovo viceré era legato da cordiale amicizia con Ferdinando de Lesseps, che era stato console francese in Egitto proprio al tempo in cui v'erano arrivati i sansimonisti; e che aveva stretto relazione con i principali rappresentanti della Società di studî. Questi pensarono d'inviare il de Lesseps in Egitto perché ottenesse da Sa‛īd la concessione del taglio dell'istmo. Infatti il 30 novembre 1854, Sa‛īd diede al suo amico de Lesseps un atto di concessione con l'espressa riserva dell'approvazione del sultano. Ma questi si rifiutò di ratificare l'atto, soprattutto a istigazione dell'Inghilterra. Ciò nonostante Sa‛īd, il 5 gennaio del 1856, accordò un secondo atto di concessione meglio determinato, e approvò anche gli statuti della Compagnia universale del Canale di Suez, sempre però con la clausola dell'autorizzazione del sultano. Prima di risolversi al secondo atto di concessione Sa‛īd volle che una commissione internazionale di tecnici esaminasse gli studî fatti fino allora e si pronunziasse senza appello. A questa commissione parteciparono i più illustri ingegneri del tempo, ma ne furono esclusi quelli della Società di studî, dalla quale il de Lesseps, dopo aver ottenuto la concessione da Sa‛īd, si era bruscamente distaccato. Solo il Negrelli, per la sua alta competenza, non poté essere trascurato e fu invitato a prender parte alla commissione, di cui divenne il membro più autorevole e attivo. "Egli vedeva - come si espresse Linant de Bellefonds - le cose dall'alto, in grande, con un vero genio". Dopo un sopraluogo in Egitto durante i mesi di novembre e dicembre del 1855, la Commissione internazionale si riunì a Parigi nel giugno del 1856. Quattro progetti erano sottoposti al suo studio. Dopo averli lungamente esaminati, la commissione adottò il progetto che il Negrelli aveva determinato fin dal 1847. Per impedire l'insabbiamento, fu adottato il sistema proposto da Pietro Paleocapa, ministro piemontese dei lavori pubblici, che anche faceva parte della commissione (v. sotto). In tal modo nel primo consiglio d'amministrazione della Compagnia universale del Canale di Suez, determinato negli statuti del 1856, il gruppo italo-austriaco ebbe una rappresentanza uguale a quella francese e superiore a quella delle altre nazioni. Questa circostanza è rimasta finora ignorata, perché nel testo francese, i nomi dei componenti il consiglio non sono dati, mentre si trovano nel testo turco, che è l'originale e fa fede. Il Negrelli era destinato a essere il direttore generale dei lavori del canale, ma disgraziatamente egli fu colto dalla morte il 1° ottobre del 1858. Nel novembre dello stesso anno il de Lesseps aprì la sottoscrizione per la raccolta dei fondi; nel dicembre fu costituita la compagnia. I lavori di scavo furono cominciati nell'aprile dell'anno seguente. Messa di fronte al fatto compiuto e per l'energico intervento di Napoleone III a favore dell'esecuzione del canale, l'opposizione dell'Inghilterra s'attenuò, ma non cessò; e anche la Porta persisteva nel suo rifiuto di sanzionare quanto era stato fatto. Con l'avvento di Ismā‛īl al trono d'Egitto (18 gennaio 1863) la questione del canale entrò in una nuova fase. Ismā‛īl era decisamente favorevole all'esecuzione del canale, ma ostile alle eccessive concessioni, lesive della dignità e degl'interessi dello stato, che Sa‛īd aveva fatto a de Lesseps e che costituivano anche la causa principale dell'opposizione della Porta. D'accordo con questa, Ismā‛īl dopo avere regolato con la compagnia alcune questioni secondarie mediante le convenzioni del 18 e del 20 marzo 1863, fece ricorso al giudizio di Napoleone III perché la compagnia rinunziasse ai due privilegi più dannosi per lo stato egiziano: all'uso della corvée nei lavori del canale e al possesso di vasti terreni. La sentenza arbitrale di Napoleone, del 6 luglio 1864, dava causa vinta a Ismā‛īl, ma gl'imponeva di pagare alla compagnia la gravosa indennità di 84 milioni di franchi. In base a questa sentenza, Ismā‛īl e la compagnia conclusero il 22 febbraio 1866 un contratto che definiva i loro reciproci diritti e obblighi. Col firmano del 19 marzo 1866 la Porta confermava questo contratto e dava finalmente la sua autorizzazione per l'apertura del Canale di Suez. Il quale venne inaugurato il 17 novembre del 1869 in mezzo a splendide feste date dal khedive Ismā‛īl, alle quali parteciparono sovrani, principi e personaggi illustri dei principali stati del mondo.
Il contributo italiano. - Fra i dati di fatto di maggiore importanza che caratterizzano il contributo della scienza, della tecnica e del lavoro italiani nella concezione e nella realizzazione dell'opera è necessario richiamare i seguenti: 1. che il de Lesseps ottenne dal viceré d'Egitto il firmano di concessione per il taglio dell'istmo presentandosi come incaricato della Societé d'Études alla quale il Negrelli aveva già conferito il suo progetto, lo stesso progetto che nelle sue linee essenziali venne poi approvato ed eseguito; 2. che nonostante il de Lesseps fosse riuscito a scartare la societé d'Études facendo apparire come data a lui personalmente la concessione, questa nei suoi dieci articoli non contemplava rapporti diretti fra lui e il Viceré, ma fra tale principe e la costituenda Compagnia universale, la cui presidenza era attribuita al de Lesseps; 3. che nella commissione internazionale incaricata d'esaminare i progetti, il Negrelli fu l'unico membro che già avesse fatto parte della precedente Societé d'Études, mantenuto in quella precisamente per l'importanza dei suoi studî e per i progetti sull'Istmo di Suez.
Ciò premesso, conviene notare che Pietro Paleocapa fu subito indicato per la sua competenza, da tutti riconosciuta, come presidente della commissione internazionale, carica che, non potuta da lui accettare per le condizioni della sua salute, venne attribuita all'ingegnere Conrad, dietro designazione dello stesso Paleocapa. Nonostante questo fatto, lo scienziato italiano fu della predetta commissione il membro più autorevole, talché fu incaricato dal de Lesseps di preparare, nel novembre del 1856, uno studio sull'insabbiamento dei porti che servisse di base alla commissione per l'inizio del canale. Il Paleocapa scrisse allora quelle magistrali Considerazioni sul protendimento delle spiagge e sull'insabbiamento dei porti dell'Adriatico applicate allo stabilimento di un porto nella rada di Pelusio, che risolvettero le gravi difficoltà iniziali e che fra l'altro fecero accettare dalla commissione l'idea che il canale dovesse essere incassato e liberamente in comunicazione da ambo i capi del mare. Quanto alla rada di Pelusio, il Paleocapa la giudicava sicura contro gl'insabbiamenti provenienti dal mare e contro quelli originati dalle alluvioni del Nilo, quando solo se ne mutasse la condizione attuale con l'aprirvi un grande porto. Pure all'autorità del Paleocapa si dovette la determinazione che il canale fosse a tracciato diretto. Qualche mese prima che uscissero per le stampe queste Considerazioni, Paleocapa, come preparazione della prima seduta della commissione internazionale di Parigi, aveva risposto a un minuzioso questionario preparato dal de Lesseps, che in 14 punti essenziali contemplava tutte le opere da farsi a Suez, lungo la traversata dell'istmo, nel Lago Timsāḥ e nella rada di Pelusio. La Commissione, nelle sue sedute del giugno-luglio 1856, approvò le idee del Paleocapa. Frattanto si sviluppava nei suoi aspetti più gravi la nota opposizione dell'Inghilterra, capitanata da Lord Palmerston, all'esecuzione del canale, opposizione che raggiunse il suo momento più pericoloso il 1° giugno 1858, allorché R. Stephenson alla Camera dei Comuni proclamò che il canale, dato il suo lungo percorso in zona pianeggiante, si sarebbe tramutato in un grande lago stagnante, con le relative gravi conseguenze, fra le quali quella della malaria, ecc. Questa grave obiezione, proveniente da un uomo di alta fama scientifica quale era lo Stephenson, produsse in Europa una profonda impressione, talché le azioni del Canale di Suez, che già erano state distribuite in forte numero, ebbero un nuovo tracollo. ll de Lesseps pregò allora il Paleocapa di rispondere allo scienziato inglese con inoppugnabili argomenti scientifici, cosa che il Paleocapa fece con la sua famosa risposta pubblicata nel Journal de l'Isthme de Suez, la quale dimostrò tutta l'assurdità della teoria dello Stephenson. Fu in seguito a questa campagna così evidentemente destituita di ogni serietà scientifica, che il Gladstone alla Camera dei comuni classificò l'opposizione del suo paese come "scandalosa, illecita, illegittima, sostenuta con mezzi illegittimi". Nel rintuzzare gli argomenti di questa ingiusta campagna inglese, il Paleocapa fu efficacemente aiutato da Luigi de Negrelli, morto il quale il 1° ottobre 1858 (sei mesi prima dell'inizio dei lavori) l'opera di consulenza scientifica e tecnica del Paleocapa divenne anche più preziosa e necessaria, come dimostra ampiamente il carteggio passato fra lui, il De Lesseps, il B. Saint-Hilaire, il Voisin, il Conrad, L. Torelli, E. Gioja e molti altri (il carteggio è raccolto nel volume: A. Monti, Gli Italiani e il Canale di Suez, Roma 1936).
Il contributo di scienza e di tecnica dato dagl'Italiani all'opera del Canale di Suez non si limitò a quello del Negrelli e del Paleocapa, ma si esplicò anche nell'esecuzione pratica dei lavori, la quale vide moltiplicarsi difficoltà non potute prevedere. Va ricordato qui in modo speciale l'ingegnere torinese Edoardo Gioja, che, dapprima come segretario generale della compagnia, poi come esecutore del Canale d'acqua dolce, e finalmente, dalla metà del 1861, come capo della divisione di El-Gisr, merita che il suo nome sia legato alla grande impresa. Infatti il Seuil di El-Gisr, rappresentava geologicamente il punto culminante dell'istmo, quello che, a detta dei tecnici contemporanei, presentò le più aspre difficoltà, data la sua lunghezza da 8 a 9 chilometri e un'altezza media di 10 m. e mezzo con un punto culminante di 19 m. s. m., mentre il punto più depresso era di un metro e mezzo. Il Gioja, come risulta dai documenti raccolti nel carteggio predetto, assolse il suo compito in modo da suscitare le ammirate approvazioni del Lesseps e dei dirigenti tecnici inglesi e francesi, come il Voisin e il Miles, nonché del Paleocapa e di altre personalità italiane, fra le quali il generale Menabrea. A lui si deve anche l'adozione di macchine speciali per lo scavo della enorme quantità di terra, come pure l'interessamento pieno di saggezza e di umanità per le molte migliaia di lavoratori addetti all'esecuzione. A proposito dei lavoratori va anche ricordato, di fronte all'opera manuale degli sterratori reclutati in gran parte in Egitto, e in parte da tutta l'Europa meridionale, il lavoro intelligente di molti operai italiani specializzati, e particolarmente minatori, che furono chiamati espressamente dal Piemonte quando nel tratto fra i Laghi Amari e Suez si presentò un banco di roccia durissima che s'interrava inclinandosi fino a 8 m. di profondità presentando un blocco di circa 25 mila metri cubi.
È necessario anche tener presente, per un'equa valutazione storica e tecnica della somma di lavoro e di sforzi richiesta dal taglio dell'Istmo di Suez, che tale opera trovò in Italia un aiuto prezioso nell'opinione pubblica, sia sotto forma di larghe sottoscrizioni alle azioni emesse dalla Compagnia universale, sia sotto forma di propaganda e d'interessamento da parte delle camere di commercio, dei sodalizî scientifici e della stampa periodica. A non meno di 120 si contano i giornali italiani che dal 1855 al 1869 pubblicarono articoli diretti a dimostrare l'utilità mondiale del taglio dell'Istmo di Suez e a controbattere l'opposizione inglese. Due giornali, uno dal 1856 al 1859 e l'altro del 1864-65, sorsero espressamente ed esclusivanente dedicati al Canale di Suez: entrambi erano pubblicati a Torino: il Bollettino dell'Istmo di Suez, diretto da Ugo Calindri, e il Canale di Suez, promosso e diretto da Luigi Torelli. Il Torelli fu indubbiamente, fra gl'Italiani, colui che con maggiore entusiasmo e geniale attività si adoperò per il trionfo dell'iniziativa. A tale scopo egli si giovò anche della sua posizione politica come ministro dell'Agricoltura e Commercio, inviando nel 1865 una commissione di rappresentanti delle camere di commercio ad esaminare i lavori dell'istmo. Fu uno dei più attivi e infaticabili raccoglitori delle sottoscrizioni alle azioni in Italia, scrisse innumerevoli articoli a sostegno della grande impresa e fece pubblicare nel 1865 la carta idraulica del Mar Rosso rilevata dal Moresty, alla quale poi nel 1867 aggiunse le coste del Mediterraneo presso Porto Said con le misure ridotte al sistema metrico decimale e facendovi anche segnare il Canale di Suez. Non di ciò contento, il conte Luigi Torelli, per tenere sempre più desto il favore dell'opinione pubblica verso l'apertura dell'istmo, fece periodiche comunicazioni al R. Istituto di scienze, lettere e arti di Venezia sul progresso dei lavori del Canale di Suez, comparati con quelli del traforo del Moncenisio, lavoro gigantesco, che il Torelli considerava non meno grande e arduo di quello di Suez.
Regime giuridico del Canale di Suez. - Secondo quanto si è accennato, fino dalle sue prime origini l'impresa del canale si presentò con un carattere internazionale, e proposte per il riconoscimento della neutralità di sì importante via di comunicazione da parte delle Potenze furono fatte anche prima della sua costruzione. Nel primo e nel secondo atto di concessione il viceré Sa‛īd dichiarò solennemente, per sé e per i suoi successori, che il canale dovesse essere aperto a tutti e sempre, senza esclusione o preferenza di persone o di nazionalità, e che la compagnia dovesse avere carattere universale (cfr. soprattutto gli art. 14 e 15 del secondo atto). Il firmano con il quale il sultano diede la sua autorizzazione confermò pienamente il carattere internazionale del canale. L'apertura del canale alla navigazione rese più vivo l'interesse per la sua sicurezza, e più frequenti divennero le pratiche per la sua neutralizzazione. Le prime misure internazionali furono adottate dalla commissione del tonnellaggio che si riunì a Costantinopoli nel maggio del 1873; ma solo il 29 ottobre del 1888 fu definito il regime giuridico del canale, con una convenzione sottoscritta, anche a Costantinopoli, da Inghilterra, Francia, Italia, Austria-Ungheria, Russia, Spagna, Turchia e Paesi Bassi. Secondo è detto nel preambolo, la convenzione volle "consacrare lo stabilimento di un regime definitivo destinato a garantire in tutti i tempi e a tutte le Potenze il libero uso del canale marittimo di Suez e completare il regime sotto cui il canale era stato posto" dagli atti di concessione del viceré d'Egitto, del 1854 e 1856, ratificati dal firmano del sultano in data del 22 febbraio 1866. L'art. 1 dichiara: "Il canale marittimo di Suez sarà sempre libero e aperto, in tempo di guerra come in tempo di pace, a ogni nave di commercio o da guerra, senza distinzione di bandiera. In conseguenza, le alti parti contraenti convengono di non turbare in nessun modo il libero uso del canale, in tempo di guerra come in tempo di pace. Il canale non sarà mai soggetto all'esercizio del diritto di blocco". La neutralità del canale non è, quindi, come quella di un territorio, per es., della Svizzera e del Belgio, attraverso cui nessun passaggio è permesso per scopo di guerra. Il canale è dichiarato neutrale nel senso che nessun atto di ostilità può essere compiuto nei suoi limiti, ma esso deve rimanere aperto oltre che alle navi di commercio, anche a qualsiasi belligerante per spedizioni militari. Questi principî furono osservati durante la guerra ispano-americana del 1898, durante la guerra russo-giapponese del 1904-1905 e la guerra italo-turca del 1911-12. Durante la guerra mondiale un esercito turco-tedesco assaltò il canale e l'Egitto, che combatteva con gli Alleati contro gl'Imperi Centrali. L'assalto fu rapidamente respinto: il traffico fu interrotto solo per un giorno, il 3 febbraio, giorno della battaglia. I varî trattati seguiti alla guerra mondiale non hanno in nulla infirmato l'atto convenzionale del 1888, che resta pienamente in vigore.
Organizzazione amministrativa e finanziaria. - La Compagnia universale del Canale di Suez, secondo gli statuti del 1856, è una società egiziana, che però, in base al decreto imperiale francese del 7 maggio 1859, ha un'esistenza legale in Francia. La sua durata è di 99 anni; spirato questo periodo, il governo egiziano entrerà in possesso del canale dando congruo indennizzo alla compagnia; il governo egiziano può, se lo vuole, confermare la concessione per uno o più periodi successivi di 99 anni. Secondo gli statuti del 1856, la compagnia ha la sede sociale ad Alessandria. In realtà la compagnia non ha ad Alessandria neanche un ufficio; la sede sociale è al Cairo, e il domicilio amministrativo è a Parigi. Ma questo domicilio di Parigi presenta tutti i caratteri d'una vera sede sociale ed è stato anche eletto dalla compagnia come suo domicilio legale.
Il capitale iniziale della compagnia fu fissato a 200 milioni di franchi, diviso in 400.000 azioni di 500 franchi ciascuna all'interesse del 5%, oltre ai benefici nella proporzione fissata dagli statuti. Delle 400.000 azioni emesse, più della metà fu collocata in Francia. Dopo la Francia, i paesi che in proporzione del numero degli abitanti sottoscrissero più largamente furono il Piemonte, che acquistò 1353 azioni, e Venezia, che ne acquistò 1083. Le azioni destinate all'Inghilterra, all'Austria, alla Russia e agli Stati Uniti non furono vendute. Esse furono sottoscritte da Sa‛īd, oltre al numero delle azioni che era stato a lui riservato. Queste azioni appartenenti al governo egiziano, che costituivano poco meno della metà di tutte le azioni, furono poi acquistate nel 1875 dal gabinetto inglese con troppo rapida e abile manovra, profittando degl'imbarazzi finanziarî dell'Egitto, per i quali l'Inghilterra non era senza responsabilità. Le azioni acquistate per una somma alquanto inferiore ai 4 milioni di lire sterline resero all'Inghilterra, di soli profitti fino al 1932, 44 milioni di lire sterline.
I benefici dell'intrapresa sono ripartiti nella maniera seguente: 15% al governo egiziano; 10% ai membri fondatori; 2% agli amministratori; 2% agl'impiegati, 71% agli azionisti. Nel 1880 il governo egiziano, sotto la pressione dell'onnipotente rappresentante dell'Inghilterra, lord Cromer, contro il parere dei ministri egiziani, cedette per la somma di 22 milioni di franchi i suoi diritti al 15% al Crédit Foncier, e questo a una Società Civile costituitasi espressamente per la riscossione di tali diritti. La Società Civile emise 84.507 parti, il qual numero fu calcolato in modo che ciascuna parte ricevesse un dividendo eguale a quello attribuito a un'azione. In seguito, ogni parte civile fu divisa in cinque parti. I diritti al 10% dei benefici, riservati ai membri fondatori, furono divisi in 1000 parti, e nel 1880 in 100.000. Queste parti di fondatore si negoziano sul mercato come le azioni. Alcuni discendenti e aventi causa dei membri fondatori hanno citato in giudizio la compagnia, perché non avrebbe consegnate a detti membri le parti loro spettanti. Celebre è il processo intentato dalla signora Grois-Negrelli, figlia di Luigi de Negrelli. Tutti i processi hanno avuto finora esito sfavorevole. Durante i primi cinque anni di esercizio la compagnia non poté distribuire alcun dividendo; poi fu in grado di assegnare dividendi modesti. A cominciare dal 1880, il rapido incremento del traffico attraverso il canale iniziò un'era di grandi benefici per gli azionisti, e le azioni andarono acquistando un valore più volte superiore al valore iniziale. L'importante plus-valore delle azioni indusse l'assemblea generale, nel 1924, a raddoppiare il numero delle azioni senza aumentare il capitale complessivo di esse: si ebbero cioè 800.000 azioni del valore nominale di 250 franchi ciascuna. Le azioni sorteggiate sono sostituite da azioni con diritto ai benefici dell'impresa come le altre non sorteggiate, ma non all'interesse del 5%. Oltre ai titoli ricordati partecipanti ai profitti variabili, v'è una categoria di valori a rendita fissa provenienti dai prestiti contratti dalla compagnia per lavorî d'ingrandimento del canale, che era impossibile eseguire prelevando i fondi sui benefici.
Bibl.: La letteratura sul Canale di Suez è molto abbondante, come si può vedere dalle due bibliografie più notevoli compilate sull'argomento: J. Charles-Roux, L'Isthme et le Canal de Suez, Parigi 1901, voll. 2; II, pp. 465-540; R. Maunier, Bibliographie économique, juridique et sociale de l'Égypte moderne, Cairo 1910, pp. 177-212. Fra le opere più recenti meritano di essere ricordate: C. W. Hallberg, The Suez Canal. Its history and diplomatic importance, New York 1931; A.T. Wilson, The Suez Canal. Its past, present and future, Londra 1933; G. de Saint Victor, Le Canal de Suez, Parigi 1934; A. Sammarco, Les règnes de ‛Abbas, de Sa‛id et d'Isma‛il avec una aperçu de l'histoire du Canal de Suez, Roma 1935 (IV del Précis de l'Histoire d'Égypte par divers historiens et archéologues, edito dalla R. Società di geografia del Cairo. In quest'ultima opera del Sammarco, oltre ai più importanti lavori sul Canale di Suez, sono indicati e adoperati molti documenti rimasti finora inediti o ignorati, in base ai quali vengono rettificati errori di fatto e di giudizio finora generalmente accettati). Cfr. inoltre, A. Gruvel, Contribution à l'étude de la bionomie générale et de l'exploitation de la faune du Canal de Suez, Cairo 1936, in Mém. Inst. d'Égypte, XXIX.
Per il contributo italiano al Canale di Suez: M. Baratta, L. Negrelli e il Canale di Suez, Pavia 1925; id., Paleocapa e il taglio dell'Istmo di Suez, 1929; id., L'Italia e il Canale di Suez, Novara 1929; S. Manfredi, Luigi Torelli e il Canale di Suez, Sondrio 1930; id., I collaboratori italiani di F. Lesseps, Sondrio 1932; A. Monti, Gli Italiani e il Canale di Suez, Roma 1936.