canale
s .m. – Campo di frequenze riservato a un’emittente televisiva; il termine è però diventato sinonimo di quest’ultima, intesa come l’apparato capace di produrre e trasmettere un programma. A partire dagli anni Novanta del 20° sec., la moltiplicazione dei c. avvenuta grazie alle nuove piattaforme (satellite, digitale terrestre) ha portato a precise scelte editoriali mirate a una diversificazione più netta, necessaria per catturare l’attenzione di un’audience con possibilità di scelta sempre più ampie. Questo processo ha portato alla convivenza nella televisione di una concezione broadcasting (programmazione tesa a raggiungere un’audience indifferenziata) e narrowcasting (programmazione mirata a una specifica audience). Dalla prima nascono i cosiddetti c. generalisti, che si rivolgono a un pubblico indifferenziato, puntando a un’audience la più ampia possibile (Raiuno, Raidue, Raitre, Rete Quattro, Canale 5, Italia1, La7, ormai anche MTV, pur con le loro differenze legate a scelte editoriali diverse). Dalla concezione narrowcasting nascono invece i c. tematici, che cercano di catturare uno specifico target di pubblico con una programmazione mirata, discriminando per genere (History channel; SkySport; CNN), gender (LeiTV), età (Kids TV), etc. Infine, soprattutto dopo la nascita del digitale terrestre, sono proliferati i c. semigeneralisti, la cui programmazione comprende generi tematici differenti per un pubblico trasversale (Rai4, dedicata ai giovani; Rai5, dedicata alla cultura).