CANCRO (dal lat. cancer "granchio, cancro") o Carcinoma (dal gr. καρκίνωμα, da καρκίνος "granchio, cancro"; fr. cancer; sp. cancer; ted. Krebs; ingl. cancer)
Con questo termine si designano oggi tutti i tumori maligni (v.). Questi sono costituiti da proliferazioni cellulari atipiche, apparentemente spontanee, ad accrescimento progressivo, senza capacità di strutture definitive e prive di compiti determinati; tuttavia regolate da leggi proprie, non conformi a quelle dei tessuti normali; onde restano, almeno in parte, indipendenti dall'organismo in cui sorgono e si sviluppano.
Storia. - La storia del cancro risale ai primi albori della medicina scientifica. Nel periodo ippocratico la malattia venne ascritta ad alterazione di uno degli umori fondamentali: l'atrabile, o umore malinconico. Più tardi, dopo la scoperta della circolazione, si pensò ad un travaso di linfa. Il Paré, invece, affacciava l'ipotesi di un'alterazione del sangue. Con Bichat ed i suoi allievi, sul finire del 1700, con Laënnec, Dupuytren, Bayle e altri, si schiude la nuova era di ricerca anatomo-patologica, in cui il cancro non è più considerato come un travaso di umore, ma come un tessuto vero e proprio. Solo più tardi si apriva il periodo della ricerca istologica, alla quale portarono insigni contributi Raspail, Roger-Collard, Gluge, Schleiden e Schwann, Lebert, Broca, Verneuil, Virchow, Remak, Broussais, Durante, ecc. Esso coincide coi perfezionamenti portati al microscopio composto. Su questo terzo periodo, che ha segnato il cammino della scienza nel secolo scorso, s'innesta la fase contemporanea della ricerca biologica e sperimentale che, se non rivela l'arcano, rende meno fitta la tenebra che avvolge la malattia.
Etiologia e Patogenesi. - La più antica dottrina è quella umorale testé ricordata (Ippocrate, Celso, Galeno). Muta nei suoi aspetti, nell'interpretazione del meccanismo patogenetico a seconda del divenire della scienza, ma rimane inalterata nella sua intima essenza; nel riconoscere, cioè, la parte dovuta all'organismo e più esattamente ai suoi umori nell'insorgenza del male. I primi anatomici, come Vesalio, Falloppio, Leonardo da Vinci, cercarono di sottrarsi all'influenza della teoria umorale. Tuttavia, ancora in pieno secolo scorso rimanevano ad essa ligi anatomopatologi insigni, come Hunter e Monro.
Le nuove dottrine che oggi si disputano il campo, non cominciarono a spuntare, almeno talune di esse, che verso la metà del secolo scorso. Fra le dottrine fondamentali sono da ricordare: quella parassitaria, cellulare, embrionale, degli stimoli irritativi, dello squilibrio oncogeno.
Dottrina parassitaria. - La concezione di un'origine parassitaria derivò dalla biologia stessa dei tumori maligni. La sintomatologia del neoplasma dal suo insorgere all'ultimo divenire, le manifestazioni citologiche e istologiche, la reazione difensiva dell'organismo, confortavano l'ipotesi dell'intervento causale d'un agente vivo. La letteratura è ricca di lavori, nei quali una lunga falange di parassiti fu ritenuta responsabile del cancro.
Ricordiamo così: il Micrococcus neoformans di Doyen, il Bacterium tumefaciens di Blumenthal e Mayor, lo Spirillum microgyratum, ecc.; fra i Blastomiceti: il Saccharomyces neoformans di Sanfelice; fra gl'Ifomiceti: la Nectria ditissima, la Plasmodiophora brassicae, il Mucor racemosus, fra i Protozoi: dalle amebe semplici ai Flagellati (spirochete), agli Sporozoi (Coccidî, Gregarine, Sarcosporidî, Mixosporidî, Microsporidî); e anche Acaridi e Elminti, ritenuti vettori di un virus filtrabile (Borrel). A questo proposito sono da ricordare i recenti lavori di Gye e Barnard, che nel liquido di coltura del sarcoma dei polli trovarono dei corpi sferoidi, che interpretarono come virus filtrabile. Non mancano anche autorevoli sostenitori del pluriparassitismo patogeno (Roncali).
I seguaci della dottrina adducono a conforto delle loro vedute: a) la frequenza del cancro in talune località: case da cancro; vie, rioni, interi villaggi da cancro; corsi d'acqua, ecc; b) casi di trasmissione di cancro per coabitazione con malati od animali affetti da cancro, o per rapporti sessuali. Ma gli oppositori obiettano: a) che la maggior frequenza del cancro in talune località può spiegarsi per la riunione fortuita di persone, che per età, abitudini di vita, professione, regime alimentare sono, più o meno in egual misura, esposti alla malattia; b) che quanto alla trasmissione interumana, o interzootica, non si è riusciti a rilevare nessun caso veramente probativo e capace di resistere alla critica; c) che i tumori nel riprodursi, localmente o a distanza (metastasi), conservano sempre lo stesso tipo cellulare del tumore primigenio. E siccome i tipi cellulari dei tumori sono tanti, bisognerebbe ammettere un germe speciale per ogni tipo, il che sembra piuttosto fuori della realtà.
Dottrina cellulare. - Preconizzata da molti (Raspail, Roger-Collard, Gluge, Muller, Lebert, Vogel, Broca, Follin, Verneuil, ecc.) per altro non con identità di vedute, soprattutto riguardo alla struttura (omeomorfismo ed eteromorfismo cellulare), ebbe in Virchow il più autorevole sostenitore. Il grande patologo pensava che, sotto l'azione di stimoli irritativi, soprattutto cronici, si determinerebbe localmente, nel tessuto, un disturbo trofico, cioè nutritivo. E in seguito a questo si affievolirebbe il potere d'innervazione, regolatore della proliferazione cellulare, e si determinerebbe, nella regione, uno stato d'involuzione, per cui le cellule tornerebbero ad una fase regressiva: quella embrionale. Le cellule allora, non più tenute a freno dal diminuito potere inibitore d'innervarzione, comincerebbero a riprodursi tumultuariamente, senza differenziarsi istologicamente (indifferenza morfologica). Ma più tardi, superata questa fase, tornerebbero a evolversi e a differenziarsi riproducendo i varî tipi cellulari: quello epiteliale (epitelioma), quello connettivale (sarcoma), ovvero altri tipi fra i tanti dell'organismo.
Dottrina embrionale. - Dopo gli accenni indeterminati di Virchow, Récamier, Verneuil ed altri, spetta al Durante di averle dato un profilo ed un contenuto scientifico. In un cospicuo studio istologico sui nei materni, notò l'esistenza in essi di elementi di aspetto embrionale, i quali, sotto l'influenza di uno stimolo locale (meccanico, chimico, nutritivo) che agirebbe da momento causale, sarebbero capaci di passare dallo stato di inattività in cui sono ad uno stato di iperattività proliferante, determinando così, col moltiplicarsi degli elementi, l'insorgenza del tumore. La teoria di Cohnheim non differisce sostanzialmente da quella di Durante.
Dottrina degli stimoli. - In fondo, la dottrina degli stimoli non è che il complemento di quella cellulare ed embrionale. Sono varie le ipotesi formulate per spiegarne il meccanismo d'azione, fra cui: l'alterazione trofica del sistema locale d'innervazione ed il conseguente perturbamento del potere regolatore dell'attività proliferante; l'insorgenza d'un ritmo cinetico anormale di moltiplicazione delle cellule nella regione soggetta agli stimoli; l'alterazione dell'equilibrio e della subordinazione istologica dei tessuti; la formazione ectopica di elementi cellulari. Gli stimoli sono endogeni ed esogeni. Quanto alla natura, sono: meccanici (traumatismi); chimici (lavorazione del catrame (v.), della paraffina, dei prodotti arsenicali; il cancro dei fumatori); fisici (emanazioni di radio, raggi X, azione diretta della luce solare); patologici (erosioni, ulcerazioni, infiammazioni croniche, ecc.); parassitarî (Demodex folliculorum); di altra natura: tumori benigni (papillomi, adenomi, fibromi); ectopie di organi e malformazioni; i "nei" in regioni soggette a sfregamento o grattamento.
Dottrina dello squilibrio oncogeno. - La dottrina dello squilibrio oncogeno (dal gr. ὄγκος "tumore") è schiettamente italiana, dovuta al Fichera. Lo squilibrio oncogeno consisterebbe essenzialmente in una condizione organica generale, e quindi costituzionale, che si determina in rapporto agli elementi umorali regolatori della proliferazione cellulare; ed implicitamente, in rapporto alla fonte di essi (ghiandole a secrezione interna). Vi sarebbero elementi umorali, gli ormoni (v.), eccitatori della proliferazione cellulare che provengono dalle paratiroidi, ipofisi, ovaia e testicoli; ed elementi umorali antagonisti, inibitori, provenienti dal timo, dal pancreas, dalla milza, dal midollo osseo, dalle ghiandole linfatiche, dal fegato e, nella vita intrauterina, dalla placenta. L'equilibrio fra le due serie di elementi, inibitori ed eccitatori, costituisce la condizione essenziale per contenere in limiti normali l'attività proliferatrice. In questo equilibrio risiede la risorsa difensiva naturale dell'organismo contro i tumori. Ma col crescere degli anni (senescenza) od in seguito a una tara costituzionale, l'equilibrio può essere turbato o per diminuita efficienza degli elementi inibitori; o per il sopravvento degli elementi eccitatori; ovvero anche per i due meccanismi insieme. Cade così la barriera difensiva dell'organismo, che non potrebbe dominare più e regolare l'attività proliferante di elementi cellulari, attività che, concorrendo le circostanze predisponenti, finirebbe per degenerare in tumore. Questa dottrina trova ormai conferma nei lavori di una lunga serie di autori.
Cause e fattori predisponenti. - Al cancro sono state attribuite moltissime cause predisponenti. Talune di esse non sono certo prive d'importanza. Eccone le principali: ambiente esterno: cattiva esposizione del terreno, case malsane, eccessiva densità della popolazione (?); clima: non avrebbe un'azione diretta, come vedremo più innanzi, ma agirebbe indirettamente per le ripercussioni sulle abitudini, sul regime delle popolazioni; razza: ne parleremo più innanzi; religione: la pretesa immunità, per quanto relativa, degli israeliti, è un mito; eredità: nel senso d'una semplice predisposizione alla malattia, omologa ed omotopa, cioè, dello stesso tipo e della stessa sede (Fichera); professioni: l'esercizio di alcune industrie (lavorazione del catrame, distillazione del carbon fossile, lavorazione di prodotti arsenicali, le industrie chimiche in generale); alimentazione: l'eccesso di carne, l'abuso di alcoolici, il difetto di vitamine; tutti gli stimoli irritativi, di cui abbiamo fatto cenno, soprattutto se prolungati; certi stati morbosi e diatesici: la lue, l'artritismo, il gozzo, il diabete, e talune malattie nervose; persino la civiltà: si è giunti a dire che la frequenza del cancro è l'indice misuratore del grado di civiltà; indice paradossale che confonde la parvenza con la realtà!
Ripartizione geografica ed etnografica. - L'ecologia del cancro è universale, pur mostrando, nelle varie località, un diverso grado di frequenza. Raro nel clima glaciale, diviene comune nei climi freddi e nella zona temperata; digrada, quindi, col diminuire della latitudine, sino a raggiungere le più basse quote nella zona subtropicale e tropicale, ed un minimo verso l'equatore. Si disse, così, di regioni immuni nelle zone a climi estremi dell'Asia, Africa e dell'America. Ma ricerche ulteriori hanno dimostrato che non esistono queste oasi beate. Le indagini dell'Imperial Cancer Research Fund hanno provato che il cancro si trova dappertutto ove è ricercato da osservatori coscienziosi e competenti. Fibiger lo trovò fra gli Esquimesi; Hanseman, nei popoli del Centro e Sud Africa; medesimamente il Comitato tedesco del Cancro. La supposta immunità del Giappone è andata scomparendo con l'aumento dei centri investigativi. Osservazioni analoghe furono fatte in India, nell'Arcipelago oceanico inglese, in Egitto, in Islanda. Ma se non esistono zone d'immunità, esistono differenze cospicue fra paese e paese, anche dello stesso continente.
Il quadro ci mostra tali differenze, notevolissime; e ci fa rilevare che i paesi più colpiti in Europa sono fra i 45 e 62 gradi di latitudine boreale. Le differenze che si rilevano fra stato e stato sono ancora più accentuate fra circoscrizioni territoriali (regioni, provincie, dipartimenti, distretti, contee) dello stesso paese e fra i diversi centri urbani. Ma qui dobbiamo osservare, massime in riguardo alle città, che il fenomeno della distribuzione della mortalità per cancro è turbato nella sua manifestazione naturale dalla forza di attrazione dei centri urbani. L'esistenza di opere assistenziali, di cliniche, case di salute, ecc. in detti centri, costituisce un richiamo per i malati della provincia, che migrano così verso la città per andare ad ingrossare la falange dei malati locali. Ma, a parte l'influenza di questi fattori di perturbazione del fenomeno, le differenze fra località e località esistono, e anche in misura notevole, le cui cause, molto complesse, si presentano di difficile valutazione. Si è parlato, per spiegare le differenze, delle diversità di regime, di abitudini di vita connesse al clima; si è parlato dei nuovi orientamenti nell'attività professionale, soprattutto del sesso femminile; dello sviluppo assunto da talune industrie (catrame, prodotti arsenicali, ecc.) maggiormente incolpate di favorire il cancro. Vi sono però differenze che non si riescono a spiegare con l'influenza degli accennati fattori. Si è ricorso allora all'ipotesi della razza: e in questo ordine di idee furono fatte numerose osservazioni. Fu sempre rilevato, per esempio, che la malattia è più frequente nei Bianchi che nelle razze di colore, soprattutto nei Negri. Nelle statistiche tratte dalla Registration Area degli Stati Uniti (1891-1914), la mortalità per cancro, consideraia in toto, o nei quozienti specifici per età, ovvero anche nelle diverse sedi, apparisce costantemente superiore nei Bianchi in confronto delle razze di colore.
Sui rapporti fra razza e cancro esiste un notevole studio di Niceforo e Pittard compiuto per incarico del Comitato d'igiene della Società delle nazioni. Le gravissime difficoltà, inerenti alle molte imperfezioni del materiale antropologico e alla difformità delle statistiche delle cause di morte, non hanno consentito ai due autori di concludere in modo certo. Comunque, sembra potersi dedurre: a) che la razza mediterranea (Homo mediterraneus), varietà della specie euro-africana, dolicomorfa di Deniker, bruna e di piccola statura, è la meno colpita. Essa popola la penisola iberica, il sud della Francia e la parte centrale, meridionale e insulare dell'Italia; b) che la razza brachimorfa bruna (Homo alpinus, di media statura) che popola il centro e l'est d'Europa, e la razza dolicocefala bionda (Homo nordicus seu europaeus, di alta statura, che popola il Nord d'Europa) sono le più colpite. La documentazione antropologica non consente di determinare a quale delle due razze tocchi il triste primato della cancerosità. Ma in taluni paesi dove le due razze coesistono, quella dolicocefala bionda sembra più provata che i rappresentanti dell'Homo alpinus. Tuttavia, nel centro d'Europa (Baviera e taluni territorî dell'Austria) sono zone quasi interamente abitate da brachicefali di razza alpina e dinarica (l'Homo dinaricus: brachicefalo bruno, di alta statura; tipo bosniaco) che hanno tassi estremamente elevati di mortalità per cancro; c) non appare chiaro dal lavoro a qual livello della scala di frequenza siano la razza subbrachicefala bionda (Homo orientalis, tipo russo) e la razza mesocefala bruna di alta statura (Homo atlanto-mediterraneus del littorale meridionale della Spagna).
Statistica. - Secondo i rilevamenti di F. L. Hoffman, vi sarebbero nel mondo intorno a 500.000 morti di cancro all'anno. Ma se i quozienti del reputato demografo si avvicinano alla realtà, il numero dei morti dovrebbe essere molto maggiore.
La mortalità per cancro nei varî paesi raggiunge vette assai elevate. Anche l'Italia (v. tabella alla colonna seguente) ha partecipato all'aumento per quanto in misura minore di altri paesi.
La mortalità, che segnava 427 per milione di abitanti nel triennio 1887-1889, attraverso le varie oscillazioni annuali, ha raggiunto 714 nel 1923, con un aumento proporzionale del 67,2 per 100 in tutto il periodo dei 36 anni. Tale progressione contrasta con la grande diminuzione verificatasi della mortalità generale, della mortalità per malattie infettive e sociali, non esclusa la tubercolosi. Scendendo alle regioni italiane, si rilevano grandi differenze. Fra le più colpite sono la Toscana, l'Emilia e la Lombardia. Sono all'altro estremo, coi quozienti più bassi, la Sardegna, la Sicilia, la Calabria e le Puglie.
Sesso. - In Italia sono più colpite dal cancro le donne: 112 per ogni 100 maschi (1914-1916). La stessa prevalenza si riscontra negli Stati Uniti, nell'Inghilterra, in Baviera, mentre in altri paesi: Svizzera, Giappone, Olanda, i due sessi si equivalgono con una leggiera prevalenza dei maschi.
Età. - Il cancro appartiene essenzialmente all'età inoltrata. In Italia il quoziente di mortalità è minimo sotto i 20 anni. Da 20 a 40 si rialza alquanto. Da 40 anni in su, si eleva bruscamente per attingere quote sempre più alte, così da far pensare che la malattia possa considerarsi realmente come indice e funzione della senescenza (Fichera). In altre nazioni, salvo differenze non molto accentuate, il fenomeno si comporta come in Italia.
Stato civile. - Fra gli uomini, sembrano più colpiti i coniugati; e fra le donne, le maritate sogliono essere affette da cancro dei genitali più delle nubili. Il contrario avverrebbe per il cancro del seno.
Professione. - Mancano statistiche probanti. Secondo Aschoff il cancro colpisce, in ordine digradante di frequenza: gli operai di prodotti chimici (specialmente catrame e prodotti arsenicali), poi quelli addetti alle macchine, poi quelli delle industrie tessili, delle industrie alimentari, e, per ultimi, i lavoratori agricoli.
L'aumento del cancro. - L'aumento del cancro, rilevato attraverso il tempo, costituisce una questione sulla quale non sono punto d'accordo gli studiosi della materia. V'è chi grida all'oscura minaccia che incombe sull'umanità dall'onda incoercibile del male, e chi crede, invece, che l'aumento del cancro sia tutto, o quasi tutto, di natura statistica, cioè apparente, mentre altri parlano di stazionarietà. Senza dubbio parte dell'aumento è soltanto apparente; vi hanno concorso: i perfezionamenti portati ai servizî di assistenza nei varî paesi, il moltiplicarsi dei centri di diagnosi precoce, la maggiore esattezza diagnostica dei certificati di morte, la preoccupazione per la sorte di tanti infelici, per cui nell'opinione pubblica si vede il cancro anche dove talvolta non esiste. Ma che esista un certo aumento del cancro è dimostrato da varie considerazioni: 1. il ritmo progressivo di elevazione del quoziente di mortalità il quale non ha interrotto la sua ascesa, anche in questi ultimi anni, quando, soprattutto in alcuni paesi, i servizî sanitarî avevano attinto un alto grado di efficienza rivelatrice; o, quanto meno, non segnavano più apprezzabili differenze fra anno ed anno; 2. la modificata struttura della popolazione, per cui, in Italia, per esempio, troviamo nel censimento del 1921 tre milioni di persone da 40 anni in su più di quelle che aveva trovato il censimento del 1881 e questo contingente deve contribuire ad accrescere il numero dei casi riferiti alla totalità della popolazione; 3. la molto diminuita mortalità infantile, che fa sopravvivere un certo numero di coloro che portano una maggiore predisposizione al cancro; 4. la profonda trasformazione verificatasi negli usi e costumi dei popoli, soprattutto riguardo alla natura ed intensità delle occupazioni professionali; 5. la statistica delle sedi anatomiche dei tumori, la quale, in taluni paesi (Inghilterra, Stati Uniti) ci rivela un aumento, non soltanto nei tumori delle sedi profonde (dove i facili errori possono ingrandire la realtà) ma anche nei tumori delle sedi superficiali (seno, pelle, bocca) dove la diagnosi è agevole e dove il fenomeno ci apparisce nella realtà, vera e spirante. È però difficile valutare la misura dell'aumento reale, in confronto di quello apparente. In un rilevamento degli Stati Uniti l'aumento apparente viene ragguagliato a circa il 30 per 100 dei casi dati dalla statistica demografica.
La questione sociale del cancro. - La diffusione del cancro nel mondo è l'indice della sua grande importanza sociale. Il cancro va collocato tra i flagelli umani, accanto alla tubercolosi, alla sifilide, alla malaria, con la differenza che mentre queste malattie tendono a diminuire, il cancro, invece, prosegue il suo fatale cammino di ascesa. In tutti i paesi civili si sono costituite federazioni, società, comitati, istituti, ospedali, laboratorî sperimentali, centri di diagnosi per combattere e prevenire la malattia. Le più importanti fra queste associazioni sono: l'Imperial cancer Research fund (Londra); la British Empire cancer crusade (Londra); l'American Society for the control of cancer (New York); la lega Franco-anglo-americana (Parigi); il Komitee für Krebsforschung (Berlino); e la Lega italiana per la lotta contro il cancro, costituita il 25 febbraio 1922 a Bologna, con sede in Roma (Presidente attuale: A. Lustig), la quale al 30 giugno 1929 aveva già dato vita a 21 centri per la diagnosi precoce. In Italia è stato costituito un Ufficio centrale del radio presso l'Istituto di fisica in Roma. Esistono notevoli istituti e sezioni radiologiche. Il 25 aprile 1925 fu posta in Milano la prima pietra per l'erezione dell'Istituto nazionale Vittorio Emanuele III per gli studî sul cancro; dall'aprile 1928 al 1930 l'istituto ha accolto oltre 1500 cancerosi. Sono stati già creati e si vanno creando servizî speciali per cancerosi presso grandi ospedali italiani. Fra i più antichi servizî ospedalieri per cancerosi ricordiamo quello presso il Middlesex Hospital, Cancer Charity (Londra) fondato da John Howard, nel 1792; e l'Ospedale per cancerosi di Reims, fondato dal canonico Godinot nel 1740. I primi laboratorî per il cancro furono il Cancer Laboratory presso l'università di Buffalo; e quello presso il Middlesex Hospital (Londra), entrambi sorti nel 1899.
Legislazione. - La legislazione sul cancro è esigua, forse perché prevenuta dall'iniziativa privata. In Italia, in data 23 luglio 1926, fu emanato il r. decreto legge n. 1427 recante provvedimenti contro il cancro e i tumori maligni. Esso determina lo stanziamento d'un fondo nel bilancio del Ministero dell'interno per favorire la creazione di centri di accertamento diagnostico e per l'attuazione di corsi di preparazione scientifica e tirocinio pratico per i medici. Esistono disposizioni legislative per alcuni degli Stati Uniti. Così: per lo stato di Massachusetts la legge del 16 aprile 1925, con cui si dispone un'inchiesta per accertare la potenzialità ed efficienza dei servizî ospedalieri per il cancro. Con successiva legge 29 maggio venivano emanate norme per la prevenzione e cura del cancro nel Massachusetts. Per lo stato di New Hampshire la legge 30 aprile 1925, con cui s'incarica l'amministrazione sanitaria d'intraprendere un'inchiesta nosografica sul cancro. Per le Isole Filippine la legge 21 febbraio 1921, per favorire la propaganda e le opere assistenziali per il cancro. Con speciali norme legislative è resa obbligatoria la denunzia del cancro in 15 stati dell'Unione. In Francia fu presentato un disegno di legge in data 18 giugno 1924, tendente ad attribuire personalità giuridica ai centri regionali di lotta contro il cancro, quando ne sia disciplinata la funzione con regolamento approvato dal ministero del Lavoro, dell'Igiene, Assistenza e Previdenza sociale. In Inghilterra mancano norme legislative. La lotta è lasciata all'iniziativa privata, assai feconda ed illuminata. Il governo interviene per indirizzarla, e integrare le risorse per adeguarle al bisogno.
V. anche tumori.
Bibl.: A. Niceforo e E. Pittard, Considérations sur les rapports présumés entre le cancer et la race, in C. H. Cancer, XLIX, (1926); A. Niceforo, Les principaux résultats des deux enquêtes 1924 et 1925 sur les décès par tumeurs malignes en Italie, in C. H. Cancer, XLVI (1927); A. Dionisi, Signification des observations statistiques et anatomiques sur le cancer pendant huit ans dans sept instituts italiens d'anatomie pathologique, in C. H. Cancer, LIV (1927); G. Giardina, Enquête démographique et sanitaire sur le cancer en Italie, in C. H. Cancer, XXXVII (1927); E. Pestalozza, Considérations sur la fréquence du cancer de l'utérus, in C. H. Cancer, LV (1927), ecc.; A. Lutrario, Rapport d'ensemble sur les travaux du groupe italien des experts, in C. H. Cancer, LIII (1928); G. Fichera, Note sur la relation possible entre le cancer et la constitution, in C. H. Cancer, LXV (1928); id., Lutte contre le cancer, in C. H. Cancer, LXIII (1929).
V. anche: A. Lutrario, Diffusion des tumeurs malignes en Italie, in Bulletin de l'Off. int. d'hyg., VII (1923); Ligue franco-anglo-américaine contre le cancer, La lutte contre le cancer, Parigi 1923; Office int. d'hyugiène publique de Paris, Différences internationales dans la mortalité p. cancer, VI (1923); W. S. Bainbridge, Le problème du cancer, Parigi 1924; G. Fichera, La lotta contro il cancro, Bologna 1924; W. Schereschewsky, The course of cancer mortality in the ten original registrations for the 21 years period, 1900-1920, in Public Health Bulletin, CLV (1925); E. Pittard, Étude sur la répartition géographique et ethnique du cancer, Soc. de Géogr. de Genève, 1925; E. Franco, Concezioni vecchie e vedute nuove sulla genesi causale dei blastomi, Venezia 1925-26; P. Menetrier, Le cancer, in G. H. Roger, F. Widal, P. J. Teissier, Nouveau Traité de Médecine, XIII, Parigi 1926; E. Centanni, Sul virus oncogeno e sulle vie per la neutralizzazione, Venezia 1925-26. Cfr. poi la Statistica delle cause di morte, ed. dall'Ist. centr. di statist.; gli Atti del primo convegno nazionale per la lotta contro il cancro, ottobre 1927; il bollettino della Lega; Tumori, Archivio bimestrale.
Cancro delle piante.
Processo necrotico dei tessuti, principalmente corticali, nell'asse epigeo, od anche, più raramente, ipogeo, il quale può prodursi allorquando in una ferita i processi di cicatrizzazione risultano imperfetti o deviati da azioni esteriori diverse. Fu distinto un cancro aperto se, per deficiente proliferazione di tessuti corticali, rimane scoperta un'area più o meno estesa di legno, un cancro chiuso invece, se, per maggiore attività reattiva, si forma un tumore legnoso, coperto da corteccia, a eccezione dell'apice, ove esiste una più o meno profonda depressione, cioè una cicatrizzazione imperfetta. Brzezinski (1903) distingue altresì delle piaghe cancerose piatte, mancanti di attività cicatriziale ai margini. Dal punto di vista eziologico, nelle piante, il cancro ha un'origine prevalentemente parassitaria, in quanto lesioni predisponenti dei tessuti corticali possono favorire la penetrazione dell'umidità e di parassiti da ferite (tanto batterî quanto funghi), i quali con la loro attività disturbano o deviano i processi di cicatrizzazione. Lo stesso può avvenire allorquando si ripetano le medesime cause fisiche che hanno primitivamente occasionato il trauma, e perciò indipendentemente dall'azione successiva di organismi estranei. Non vi è sempre un limite preciso tra cancro e tumori: si può solo osservare che nelle piante, in generale, i tumori possono piuttosto paragonarsi a quelli benigni degli animali. Pertanto, l'identità di nome non significa identità di cause o di processi morbosi nelle piante e negli animali, ma un ravvicinamento puramente esteriore; per quanto gli antichi biologi (Linneo) avessero pensato a identificare tale malattia nei due regni.
Specificamente, abbiamo varie malattie delle piante denominate cancri, tra le quali possono ricordarsi le seguenti: cancro per freddo, dovuto esclusivamente all'azione di geli ripetuti; cancri parassitarî diversi, ad es.: del larice (da Dasyscypha Willkommî), del pero, melo, ecc. (da Nectria ditissima), del melo (da Sphaeropsis malorum), del pioppo del Canada (da Dothichiza populea), del castagno, "Javart" dei franc., (da Diplodina castaneae), della patata (da Chrysophlyctis endobiotica), di piante diverse (da Bacterium tumefaciens), degli agrumi (da Pseudomonas citri), ecc.
Bibl.: P. Vuillemin, in Bull. Soc. des Sc. de Nancy, 1900; Brzenzinski, in Bull. Ac. des Sc. de Cracovie, 1903, pp. 95-143, tavole II-VIII; J. Levin e M. Levine, in Journal Cancer Research, V (1920), pp. 243-260, figg. 1-15; M. Levine, in Proc. Soc. Exper. Biol. a. Med., XXI (1924); id., Studies on plant cancers (numerosi studî sotto tale titolo in periodici diversi); J. Magrou, in Rev. Scient., 1925, p. 33; V. Rivera, Il problema del cancro e quello delle infezioni microbiche nel mondo vegetale, Bari 1925.