Vedi CANDELABRO dell'anno: 1959 - 1994
CANDELABRO (λύχνιον, λυχνία, λαμπτήρ, ϕανός, candelabrum)
L'elaborazione artistica di un tale oggetto domestico risale molto indietro nel tempo. I c. erano di tipi molto vari: alcuni erano destinati a reggere torce, candele che si fissavano su una punta sia centrale, sia laterali, oppure si inserivano in un bocciolo cavo; altri terminavano in una scodellina dove bruciava un lucignolo nel grasso o nell'olio o nella resina; altri poi erano sostegni a uno o più bracci, spesso floreali, nelle cui estremità si appendevano o si poggiavano su dischi a piattello le lampade a olio. Accanto a questi c. che si poggiavaflo a terra o sui mobili furono in uso, fin da remota antichità, quelli a mano e quelli simili alle nostre bugie.
Nella reggia di Alcinoo (Odyss., vii, 100) si ammiravano dei χρύσεοι κοῦροι, cioè figure dorate di efebi in funzione di candelabri. Rimane oscuro il modo come si debbano immaginare tali statue efebiche d'oro o di bronzo dorato. Se si considera inseparabile da tale adattamento la posizione simmetrica delle membra, la figura di sostegno può assumere l'aspetto, più o meno, di una "cariatide" (v.) secondo un motivo che si perpetua fino a tutto il IV sec. a. C. nei manici o sostegni di specchi di bronzo e in oggetti simili di terracotta.
Una diversa soluzione al problema dell'adattamento artistico della figura umana ad uso di c., è quella che vediamo realizzata (non prima, forse del, V sec. a. C.) in opere d'arte etrusca, dove accade d'incontrare la figura di un giovane o in aspetto di danzatore o di equilibrista, eretto sopra una gamba sola, reggendo alta con una delle mani una coppa-lucerna, oppure nell'aspetto comune del personaggio stante (qualche volta un tipo statuario di divinità), collocato al sommo di un treppiede e addetto a sorreggere, come una vera e propria cariatide, il resto dello stelo, variamente tornito, del candelabro. Di una tale creazione artistica l'originalità si direbbe spettare esclusivamente a toreuti etruschi. Successivamente (ancora nel corso del V sec. ed oltre), i c. etruschi di bronzo si riducono a bassi treppiedi, di elegante struttura, a base sormontata da un esile stelo scanalato come una colonna ionica, con una piccola figura statuaria o un piccolo gruppo statuario di coronamento, in mezzo a una fioritura di petali appuntiti per l'adattamento di candele. La figura-cariatide ripetuta più volte lungo lo stelo del candelabro, risulta una poco felice variante del tipo descritto, e di età tarda. Il tipo schematico accennato di c. di bronzo si ritrova a Pompei. Su esemplari pure d'età romana la base del c. assume la forma di una piramide triangolare allungata, tronca, da cui sorge lo stelo tornito.
Frequenti dovevano essere, anche nel mondo antico, i c. a più bracci. Famoso era il c. d'oro, a sette bracci, del tempio ebraico di Gerusalemme. Una raffinata creazione del tutto particolare era l'aureo λύχνος, opera di Kallimachos, quale si ammirava nel tempio di Atena Poliade sull'acropoli di Atene, con un sistema di alimentazione che garantiva il funzionamento della lampada per la durata di un anno, e con una specie di palmizio in bronzo a guisa di camino, che proteggeva il soffitto dal fumo prodotto dalla fiamma (Paus., i, 26, 7).
Le forme dei c. si moltiplicano nel periodo ellenistico; sappiamo che Alessandro aveva preso a Tebe un c. a forma di albero carico di frutti, i cui rami servivano a reggere lampade (Plin., Nat. hist., xxxiv, 3, 8) e questo tipo di lampadario perdurò nel periodo romano. Pompei ed Ercolano hanno dato vari esemplari sia di c. ad albero, sia di altri tipi derivati da creazioni di gusto ellenistico con fusto a colonna dal cui capitello bracci floreali sostengono lampade appese, o con statuette di Sileni, di Amorini sostenenti tralci floreali terminanti in piattelli per lampade; talvolta bronzi classici sono stati trasformati in c. con l'aggiunta di bracci e di altri elementi. Oltre a quelli bronzei si ha notizia di altri più preziosi (Dig., xxxiv, 2, 19, 8; Mart., xiv, 43) come quello incrostato di gemme dedicato da Antioco a Giove Capitolino e di cui si impadronì Verre (Cic., Verr., iv, 28). Più comuni erano quelli marmorei con base e fusto a pilastro, ma le officine neo-attiche alla fine dell'ellenismo cominciarono a produrre tipi con base a piramide triangolare finemente decorata di modanature e di figure nelle varie facce. Questo tipo marmoreo con base triangolare e fusto floreale continua nel periodo imperiale ed è noto soprattutto grazie alle scoperte nella Villa Adriana, presso Tivoli. I numerosi c. noti della Villa Adriana (parte ai Musei Vaticani, dove essi danno il nome a una Galleria, parte all'estero: Louvre, ecc.) sono tutti squisite opere di scultura in marmo, esemplari finissimi di arte ellenistico-romana: illustrativi pertanto di una moda che si può far risalire ad età augustea, ed anche più addietro. Tali c., destinati ad essere fissati sul terreno, o sopra un basamento, si reggono su basi tronco-piramidali, scolpite, poste a sostegno di uno stelo più o meno alto, ma sempre finemente lavorato a motivi vegetali di una ricchezza particolare (a cesti di acanto sovrapposti, e simili), dove quasi tutto è opera di scalpello. Non è escluso, ed è anzi in molti casi assai probabile, che tali massicci c. di marmo siano libere imitazioni, adattamenti e ingrandimenti, di c. di bronzo, dei quali, però, più nulla rimane. Una pallida testimonianza di c. romani di bronzo ci è fornita da uno dei rilievi del monumento sepolcrale degli Haterii, al Museo Lateranense
Nel tardo Impero, soprattutto nel IV sec., sembra che si diffonda l'uso di una particolare forma di c. marmoreo costituito da una base sagomata e da un pilastrino a cui si appoggia sul davanti un altorilievo a traforo con una sagoma a ogiva o semiovoidale, raffigurante vari soggetti: Leda, Orfeo, Bellerofonte, il Buon Pastore, Giona, ecc. e sormontato da un bocciolo cavo in cui si inseriva la candela. Alcuni studiosi hanno voluto vedere, invece, in questo tipo un ornamento acroteriale, basandosi soprattutto sul trovamento di uno nel ninfeo di Biblo. Provengono, soprattutto da centri dell'Asia Minore, da Costantinopoli, e sono stati attribuiti a fabbricazione microasiatica, forse di Afrodisiade. L'arte paleocristiana (pitture delle catacombe) non conosce il c. se non nella forma sua più semplice, quella che si può intendere col termine moderno di "candeliere". Tuttavia il sontuoso c. di marmo, in uso nelle più antiche basiliche cristiane di Roma e altri luoghi, per il "cero pasquale", deve avere avuto dei classici progenitori: i quali vanno ricercati appunto tra i c. di tipo "adrianeo" (v. anche arredamento).
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