CANDELORA
. Nome popolare (dal lat. candelorum "[festa] delle candele") della festa della Purificazione di Maria Vergine (2 febbraio), avvenuta quaranta giorni dopo la nascita di Gesù. Appunto col nome di "quaresima dopo l'Epifania" (nel giorno della quale si celebrava il Natale in Oriente), e quindi il 14 febbraio, appare in uso tale festa a Gerusalemme alla fine del sec. IV (Peregrinatio Silviae). Giustiniano la introdusse nel 542 a Costantinopoli fissandola al 2 febbraio; il nome della festa era ‛Υπαπαντή, cioè "incontro" con Simeone al tempio. A Roma, ai tempi di Sergio I (687-701) la festa, chiamata "giorno di Simeone", era celebrata con una processione da S. Adriano a S. Maria Maggiore, analoga a quelle delle altre feste della Vergine. Tale unione e il nome di Purificazione che la festa porta nel Sacramentario Gelasiano, indicano che essa era entrata nel ciclo delle feste mariane. Era d'uso portare le candele nelle processioni notturne; dal sec. X (Sacramentario di Corbia) ne è attestata la benedizione, che a Roma, ancora nel sec. XII, era impartita in Santa Martina al Foro. Non pare che la festa e la processione risalgano ai tempi di papa Gelasio (492-496), che l'avrebbe introdotta per sopprimere la fiaccolata pagana dei Lupercali al 15 febbraio. Sï può tuttavia notare che la Purificazione venne a cadere di fatto nel mese che prese il nome dalle februa o purificazioni (lupercaliche). Poiché la processione era di penitenza, ancora adesso la funzione della Candelora è in paramenti violacei.
Bibl.: I. Schuster, Liber Sacramentorum, VI, Torino-Roma 1924; K. A. H. Kellner, L'anno ecclesiastico, trad. ital., 2ª ed., Roma 1914; H. Grisar, Roma alla fine del mondo antico, II, trad. ital., 2ª ediz., Roma 1930; P. Batiffol, Études de liturgie et d'archéologie chrétienne, Parigi 1919.
Folklore. - La Candelora negli usi popolari è la festa dei ceri, i quali dopo la benedizione si conservano in casa, per accenderli all'occorrenza, contro le folgori, la grandine, le malattie del bestiame; o nel vegliare i morti, o nell'assistere gli agonizzanti, facendo loro cadere sul corpo qualche goccia di cera liquefatta. Talune donne, specialmente nella Savoia, vanno a raccogliere, in quel giorno, ramoscelli di nocciolo selvatico, per devozione, giacché, secondo la leggenda, la Madonna nel recarsi al tempio per la purificazione avrebbe staccato un ramo di nocciolo.
In quasi tutte le regioni d'Italia e d'Europa v'è qualche proverbio che allude al cambiamento delle stagioni (v. calendario, pp. 406-407). Si crede che, sull'alba del 2 febbraio, l'orso s'affacci dalla tana e osservi il cielo: se è nuvoloso, facendo tre salti per la gioia, annunzia ai mortali che l'inverno è fuggito; se invece è sereno, rintanandosi melanconicamente, dice che si avranno altri quaranta giorni di freddo. In luogo dell'orso, si trova alle volte il leone o il lupo, chiamato anche il lanuto, se pure sotto questo nome non si raffiguri un vecchio dalla folta barba, vestito di pelli, che ricorda il latino Mamurio Veturio, rappresentante del mese di marzo, principio dell'anno nuovo e termine del vecchio. Al popolo che s'affaccia a salutare il sorgere del giorno della Candelora, col motto: "Fuori, fuori, il verno è fuori!", il vecchio risponde: "Fuora o non fuora, quaranta giorni vi sono ancora!"
Bibl.: A. van Gennep, La Chandeleur et la Saint-Valentin en Savoie, in Revue d'ethnogr. et des trad. popul., XXII (1925), pp. 421-445, 587-612; G. Pitrè, Bibl. delle trad. pop. d'Italia, Torino 1894, s. v.; per i nomi popolari, C. Merlo, I nomi romanzi della candelora, Perugia 1915.