CANDIDATURA
. Nell'età antica, in Roma, sedici mesi prima dell'entrata in funzioni, cioè un anno prima delle elezioni, chi intendeva presentare la sua candidatura iniziava le visite presso tutte le sue conoscenze, andava per il foro con una toga bianca (onde il nome di candidato) ed anche imbiancata con del gesso, per attirare l'attenzione del pubblico, distribuendo strette di mano, sovente accompagnato da clienti, amici e segretarî. Nelle conversazioni private che formavano l'essenziale della sua propaganda, il candidato soleva esporre il suo programma e dare le consuete assicurazioni agli elettori. In progresso di tempo (368 a. C.) si tende a limitare il sistema di solito usato nelle candidature, proibendo certe forme eccessive di propaganda, soprattutto quella esercitata fuori Roma e vietando la costituzione di associazioni elettorali. Una legge Cornelia Baebia del 181 forse stabilì, iniziando la serie storica delle leggi circa la repressione dell'ambito, la pena di morte per il reato di corruzione elettorale; nel 159 si ebbe una nuova legge detta Cornelia Fulvia: ma gl'interventi legislativi si limitarono a proibire la corruzione, la propaganda fuori di Roma, ritenuta pericolosa, e le associazioni elettorali permanenti. Durante le operazioni elettorali, poi, i candidati, fatta la declaratio ufficiale della candidatura, usavano disporsi sulla piattaforma su cui era posto il seggio del magistrato presidente il comizio. Sotto l'impero, introdottosi l'uso delle candidature Caesaris, cioè proposte dall'imperatore, l'elezione dei candidati raccomandati dall'imperatore divenne di fatto, se non di diritto, obbligatoria. Il diritto di proporre i candidati fu riconosciuto dapprima a Giulio Cesare, e tutti gl'imperatori poi, in misura diversa, ne fecero uso, raccomandando però, almeno per le magistrature inferiori al consolato, un numero di candidati inferiore a quello dei posti disponibili, sicché rimaneva ancora un certo campo d'azione al corpo elettorale, che era ormai il senato. I candidati imperiali eletti erano detti candidati principis.
Bibl.: Th. Mommsen, Röm. Staatsrecht, I, 3ª ed., Lipsia 1887, p. 477 segg.; II, ii, 3ª ed., p. 923 segg.; G. De Sanctis, Storia dei Romani, IV, i, Torino 1923, p. 495 seg.; W. Kubitschek, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., III, col. 1465 segg.
Modernamente la parola candidatura non si usa quasi più che in relazione alle elezioni politiche. La candidatura può essere libera, o vincolata all'adempimento di certe formalità. Tuttavia, anche quando è libera, si esclude generalmente che possa essere proposta la candidatura di una persona, senza il suo consenso.
In Inghilterra la giurisprudenza ritiene iniziata la candidatura con la designazione, fatta dal candidato, di un proprio agente elettorale. Non ha, però, efficacia giuridica positiva che la candidatura dichiarata da due elettori inscritti, nel giorno fissato dal decreto (writ) di convocazione del collegio, al funzionario che presiede alle operazioni elettorali (returning officer). Se il numero dei candidati così presentati (nominated) non supera quello dei deputati assegnati al collegio, essi sono senz'altro proclamati eletti (v. un'analoga disposizione nell'art. 55 dell'ordinamento delle elezioni al sejm polacco del 28 luglio 1922). Se sono in maggior numero si procede alla votazione (poll), nel giorno a ciò destinato. Il conteggio dei voti si fa in presenza degli agenti (non dei presentatori) dei candidati.
In Francia, dopo l'introduzione del suffragio universale (1848) le candidature furono libere, sino al 1889. Durante il secondo Impero, però, un senato consulto del 17 febbraio 1858 impose ai candidati il previo giuramento di fedeltà alla costituzione e all'imperatore. Più tardi il timore di un'elezione plebiscitaria del famoso Boulanger indusse all'emanazione della legge del 17 luglio 1889, che vietò le candidature multiple per le elezioni alla camera dei deputati. La disposizione è rimasta ferma nelle successive leggi elettorali del 1919 e del 1924. Per conseguenza è stabilito l'obbligo della dichiarazione scritta di ciascuna candidatura, da depositarsi in prefettura 12 giorni prima dello scrutinio. Le dichiarazioni contemporanee di candidatura in più collegi (e anche in più liste di uno stesso collegio, essendo in vigore lo scrutinio di lista) sono tutte nulle; se successive, è valida solamente la prima. Inoltre sono comminate rilevanti pene pecuniarie, sia contro i candidati che non si conformino alle disposizioni di legge, sia contro coloro che facciano pubblica propaganda nell'interesse di una candidatura non dichiarata regolarmente. Naturalmente l'obbligo della preventiva dichiarazione sussiste in tutti i paesi che hanno adottato il sistema proporzionale (p. es. in Germania), essendo un presupposto del sistema stesso. Va anche ricordato, come singolarità, il sistema della legge danese dell'11 aprile 1920, secondo il quale l'elezione ha luogo per dipartimenti, ma il diritto di presentazione delle candidature spetta in primo luogo ai circondarî. Negli Stati Uniti l'obbligo legale della preventiva presentazione non esiste, ma, in pratica nessuna candidatura può avere la menoma probabilità di successo se non è lanciata e patrocinata dalle onnipotenti organizzazioni dei partiti.
In Italia la candidatura politica è stata interamente libera sino alla legge del 30 giugno 1912. Questa legge stabilì che per avere la facoltà di fare apporre sulle proprie schede un contrassegno (in modo che anche gli elettori analfabeti potessero distinguerle) il candidato dovesse presentare a ciascun segretario comunale del collegio (oppure al presidente dell'ufficio di ciascuna sezione) una scheda tipo. Inoltre, per poter avere proprî rappresentanti negli uffici delle sezioni era prescritto di farne la designazione per iscritto e di presentarla nei modi e nei termini suddetti. Ai fini di questa rappresentanza la candidatura di chi non fosse il deputato uscente del collegio doveva essere proposta con dichiarazione sottoscritta da almeno duecento elettori. Si rese, così, indirettamente obbligatoria (cioè praticamente necessaria) la preventiva dichiarazione della candidatura. Inoltre ai candidati dichiarati si diede il vantaggio di vedersi attribuiti, in caso di omonimia, i voti dati eventualmente a un omonimo, non candidato. Questa disposizione è stata ripetuta nelle leggi elettorali successive. La legge del 15 agosto 1919, avendo introdotto la rappresentanza proporzionale, rese la dichiarazione della candidatura direttamente obbligatoria, e impose ancora altri limiti. Essa prescrisse, che le liste dei candidati fossero presentate da almeno 300 elettori, e che la candidatura fosse accettata con dichiarazione firmata ed autenticata. Nessun candidato poteva essere inscritto in più d'una lista dello stesso collegio (valida era solamente la prima accettazione di candidatura, nulle le successive). Nessuno poteva accettare la candidatura in più di due collegi. Le liste dei candidati dovevano essere presentate alla prefettura, unitamente agli atti di accettazione delle candidature. La commissione elettorale provinciale provvedeva a togliere dalle liste i nomi dei candidati per i quali mancasse la prescritta accettazione e a cancellare dalle liste i candidati già compresi in una lista presentata in antecedenza. La legge del 13 dicembre 1923, che costituì il collegio unico nazionale, mantenendo però, per taluni effetti, la distinzione delle circoscrizioni (v. collegio elettorale), stabilì che le liste dei candidati dovessero essere presentate, da almeno 300 elettori, alla cancelleria della corte d'appello designata per ciascuna circoscrizione, unitamente agli atti di accettazione delle candidature. La legge del 17 gennaio 1926, che ristabilì i collegi uninominali e che non trovò applicazione, perché fu abrogata dalla radicale riforma del 1928, recava, quanto alle candidature, le seguenti disposizioni. Salvo il caso del deputato uscente, per il quale basta una dichiarazione da lui sottoscritta in forma autentica, ogni candidatura deve essere proposta con dichiarazione sottoscritta da almeno 400 elettori. Le dichiarazioni di candidatura devono essere presentate alla commissione elettorale provinciale. Questa verifica l'adempimento delle prescrizioni dettate dalla legge, e in caso di inosservanza respinge le candidature. Se in un collegio è presentata una sola candidatura la commissione provinciale trasmette dichiarazione conforme all'ufficio elettorale centrale, con invito a provvedere alla proclamazione dell'unico candidato (imitazione della regola vigente in Inghilterra).
La fondamentale riforma politica, attuata con la legge del 17 maggio 1928 ha trasformato di sana pianta anche le discipline relative alla candidatura. È data facoltà di proporre complessivamente 800 candidati, alle confederazioni nazionali di sindacati legalmente riconosciute. Queste proposte sono ripartite fra le 13 confederazioni in diversa misura, secondo l'importanza loro nel quadro dell'attività nazionale, economica, artistica e professionale (v., per i particolari, il Testo Unico della legge elettorale politica del 2 settembre 1928). Altre 200 proposte possono presentare complessivamente gli enti e le associazioni aventi importanza nazionale e perseguenti scopi di cultura, di educazione, di assistenza o di propaganda. Essi sono precisati, con la rispettiva quota di proposte, in un apposito r. decr., soggetto a revisione ogni triennio. Tutte queste proposte affluiscono al Gran Consiglio nazionale del fascismo, che forma la lista dei designati alla deputazione, scegliendoli liberamente fra i candidati proposti, o anche fra le persone di chiara fama nelle scienze, nelle lettere, nelle arti, nella politica e nelle armi, che non siano comprese nel novero dei candidati. La lista consta di 400 nomi, ed è sottoposta all'approvazione del corpo elettorale, costituito in collegio unico. Il voto si esprime per sì e per no. Se i voti affermativi eguagliano o superano i negativi la lista è approvata, e tutti i designati sono proclamati; in caso contrario si procede alla rinnovazione dell'elezione, col sistema delle liste concorrenti. Data questa ipotesi, possono presentare liste di candidati tutte le associazioni e organizzazioni che contino 5000 soci, regolarmente inscritti nelle liste elettorali. Le candidature devono essere accettate con dichiarazioni autentiche. Le liste devono essere munite di contrassegni, e nessun candidato può essere compreso in liste portanti contrassegni diversi. L'osservanza di queste disposizioni è controllata dalla corte d'appello di Roma, funzionante da ufficio elettorale nazionale. Essa provvede a cancellare i nomi dei candidati per i quali manchi la prescritta accettazione, o che siano già compresi in una lista presentata in precedenza.
Bibl.: W. R. Anson, Loi et pratique constitutionnelles de l'Angleterre, I, Parigi 1903; F. Stier-Somlo, Reichs- und Landesstaatsrecht, Berlino 1924; W. Jellinek, Die deutschen Landeswahlgesetze, Berlino 1926; M. Hauriou, Précis de droit constitutionnel, Parigi 1923; L. Duguit, Traité de droit constitutionnel, II, Parigi 1924; A. Esmein, Éléments de droit constitutionnel français et comparé, I, Parigi 1921; V. Campogrande, Lineamenti del nuovo diritto costituzionale italiano, Torino 1929.