CANNA da zucchero (fr. canne à sucre; sp. caña de azucar; ted. Zuckerrohr; ingl. sugar-cane)
È una grande pianta erbacea perenne, appartenente alla famiglia delle Graminacee, denominata dai botanici Saccharum officinarum L. Il fusto principale è un rizoma sotterraneo, dal quale partono più fusti aerei cilindrici, ordinariamente alti 3-4 m. e del diametro di 2-3 cm., di color verde, giallo, rossastro, violaceo, o variegati, secondo le varietà, pieni internamente, provvisti di tratto in tratto di nodi poco rilevati; questi sono cinti tutt'intorno da 2-3 serie irregolari di punti prominenti (abbozzi di radici avventizie), e ciascun nodo, alternativamente su due lati opposti del fusto, porta una grossa gemma. Questi fusti sono rivestiti da una sottile epidermide molto dura, ricca di silice, coperta presso i nodi da un sottile strato di cera, e costituiti da un parenchima carnoso nel quale sono sparsi dei fasci fibrovascolari, più numerosi nella parte esterna e radi nella parte interna; le cellule del parenchima contengono lo zucchero in soluzione acquosa. Le foglie sono disposte disticamente, ravvicinate fra di loro e inguainantisi l'una sull'altra; si distruggono presto dal basso in alto e i fusti adulti restano denudati per un lungo tratto sopra il terreno; constano di una lunga guaina, cinta alla base da un anello di fitti peli rigidi, e di una lamina erettopatente, lineare-attenuata, acuta all'apice, lunga fin oltre 1 m. e larga 3-6 cm., glaucescente di sotto, finissimamente serrulata ai margini, percorsa da un gran numero di sottili nervi longitudinali e sulla linea mediana da una costola incrassata scavata e bianchiccia sulla pagina superiore, convessa sulla pagina inferiore; al punto di distacco della lamina dalla guaina è una breve ligula intera, arcuata, munita ai lati di due ciuffetti di lunghi peli sericei. I fiori sono riuniti in una grande pannocchia piramidale, terminale, eretta, lunga 40-90 cm., divisa e suddivisa in numerosi rametti, densamente floribunda; le spighette sono disposte a paio sulle rachidi fragili che le portano, l'una sessile e l'altra brevemente pedunculata, e guarnite alla base di una ricca corona di lunghi peli bianchi e setacei che le superano e le avvolgono. Ciascuna spighetta è formata da 2 glume poco dissimili fra di loro, oblongo-lanceolate, acute, membranacee, le quali racchiudono un fiore, che consta di 2 glumelle, 2 minute squamette, 3 stami del solito tipo di quelli delle Graminacee e un ovario sormontato da due stili piumosi rossi; un secondo fiore, inferiore, abortisce e si trova ridotto a una sola glumella. Il frutto è una piccola cariosside oblunga.
La canna da zucchero non è stata trovata sicuramente spontanea in nessun luogo; specie affine, ma non produttiva di zucchero, è il S. spontaneum L. = S. aegyptiacum Willd., il quale cresce spontaneamente nelle regioni tropicali e in alcune contrade del Mediterraneo, fra cui la Sicilia.
La canna da zucchero si ritiene sia originaria dell'Asia orientale e delle isole del Pacifico meridionale; l'inizio della sua coltivazione è estremamente antico e si perde nelle leggende della mitologia indiana. I Cinesi la ricevettero dall'Ovest in epoca non molto remota. I soldati di Alessandro Magno furono i primi Europei che videro questa pianta; il mondo greco-romano aveva di essa una nozione approssimativa. Erodoto e Teofrasto parlano di un miele di canna, di un miele fatto dalla mano dell'uomo, diverso da quello delle api; Dioscoride (II, 104) menziona una specie di miele solido, che chiama σάκχαρον, che nell'India e nell'Arabia si trova sulle canne (εὑριςκόμενον ἐπὶ τῶν καλάμων); Plinio (XII, 8) ne parla negli stessi termini. Gli Arabi, nell'epoca in cui s'insediarono nel Mediterraneo, importarono qui la canna da zucchero, e la coltura di essa fu fiorente, e continuò a esserlo per molti secoli, in Egitto, nella Spagna, in Sicilia. I Portoghesi nel 1420 la portarono in Madera e susseguentemente nelle Azzorre, nelle Canarie, nelle Isole del Capo Verde e nell'Africa occidentale. Colombo nel suo secondo viaggio la trasportò a San Domingo; nella prima metà del sec. XVI fu introdotta nel Messico, nel Brasile, nel Perù e in altri paesi americani. L'introduzione della canna nel Nuovo Mondo segna la decadenza della coltura di essa nel Mediterraneo, dove tuttora sussiste in piccola quantità nella Spagna in provincia di Granata; in Sicilia era ancora di una certa importanza sino alla seconda metà del sec. XVIII e fino a pochi anni addietro si trovava ancora qualche pianta, ad Avola, in provincia di Siracusa. Oggi la coltivazione della canna è di grande importanza nei seguenti paesi. In Asia: Indie inglesi, Giava, Filippine, Formosa, Cina meridionale ed isole meridionali dell'arcipelago del Giappone. In Africa: Madera, Egitto, Natal e Zululand, Africa Orientale Portoghese, Maurizio e Riunione. In America: Stati Uniti (Luisiana principalmente, e qualche contrada in Arizona, Texas e Georgia), Messico e repubbliche dell'America Centrale, Antille, Guiana inglese e olandese, Venezuela, Brasile, Perù, Argentina, Paraguay. In Australia: Nuova Galles del Sud e Queensland, isole Figi e Hawaii.
Le varietà o razze della canna da zucchero si distinguono principalmente per i caratteri del fusto: lunghezza e grossezza di esso, posizione eretta o inclinata a maturità; colore, che può essere unito, verde, giallo, rosso e di tutte le gradazioni da rosso a viola scuro, o striato longitudinalmente a righe di due o anche di tutti e tre i detti colori o di due gradazioni dello stesso colore; internodî più o meno lunghi, cilindrici o rigonfî, nodi più o meno sporgenti; grossezza e forma delle gemme, forma della scanalatura sopra la gemma; presenza o assenza di cera; pelosità della guaina.
Varietà di canna ne sono state denominate un centinaio e più, ma molto spesso si tratta semplicemente di nomi diversi applicati a una medesima varietà nelle ripetute introduzioni e reintroduzioni da un paese a un altro. Secondo il Deerr, le varietà principali di canna coltivate fuori dell'India possono ridursi alle poche seguenti: Otaheite (Bourbon, Lahaina, Louzier); Batavian, Java o Cheribon (Transparent, Home Purple, Crystalina, Bamboo); Tanna o Caledonia; Cavengerie (Port Mackay); Salangore, Tip, queste ultime due di poco valore; ed Elephant, la più grossa di tutte, ma che non serve per l'estrazione dello zucchero e si adopera solo per foraggio degli elefanti. Quanto alle canne coltivate nell'India, lo stesso autore ritiene che siano molto distinte da quelle coltivate altrove e molto affini al Saccharum spontaneum, e su questa differenza fonda una sua ipotesi secondo la quale esse sarebbero originarie dell'India stessa, mentre le altre avrebbero origine indipendente nelle isole del Pacifico meridionale.
La canna da zucchero si propaga per talee, sotterrando pezzi di fusto portanti alcune gemme. Questo sistema di moltiplicazione agamica continuato per secoli ha quasi fatto perdere alla pianta la facoltà di riprodursi sessualmente. Sino a pochi decennî addietro era ritenuto generalmente che la canna non producesse mai seme ed era accolta con molta riserva la testimonianza contraria, del resto imprecisa, di qualche antico scrittore; in realtà però la canna produce qualche volta semi fecondi. La fertilità di essa fu annunziata positivamente per la prima volta nel 1858 e riscoperta definitivamente nel 1888. Questo fatto npn ha soltanto importanza scientifica, ma soprattutto pratica. Nella discendenza da selci, provenienti sia da fecondazione omogama sia incrociata, si sono presentate un gran numero di variazioni, talune delle quali, messe in coltura, sono state riconosciute utili per tenore di zucchero, tempo di maturazione, resistenza alle malattie, ecc. Ne è sorto quindi un grande lavoro di selezione e di ibridazioni, che ha contribuito a migliorare la produzione in diversi paesi. Accurate indagini in questi ultimi tempi hanno anche mostrato che la canna va soggetta a mutazioni, o sports, per via vegetativa. Questo fatto, insieme a quello della riproduzione per seme, che avviene talvolta anche naturalmente, dà lume sulla probabile origine delle tante varietà di canna coltivate.
La canna da zucchero per la sua utilizzazione viene tagliata al piede, sfogliata, privata della cima (che contiene poco o niente zucchero) e macinata. Dalla macinazione si ottiene un residuo fibroso (bagasse) e il succo (vesou), il quale contiene saccarosio cristallizzabile e zuccheri invertiti non cristallizzabili; questi ultimi sono presenti nella canna immatura come corpi intermedî per la formazione dello zucchero di canna, e nella canna sopramatura come prodotti di degradazione; essi costituiscono quello sciroppo denso viscoso scuro, detto melassa, che residua dall'estrazione dello zucchero dal succo della canna. Dalla melassa o dal succo intero fermentati e distillati si ottiene il rum. Nello sviluppo della canna vi è un momento nel quale il succo è della maggiore purezza e contiene un massimo di saccarosio e un minimo di zuccheri riduttori, trascorso il quale momento la composizione del succo peggiora più o meno rapidamente. È perciò di grande importanza mietere un campo di canna in questo miglior momento, che rappresenta il punto di maturità, a determinare il quale, si saggiano frequentemente dei fusti scelti sulla piantagione. Anche l'indugio fra la raccolta e la macinazione della canna porta diminuzione del saccarosio e aumento degli zuccheri riduttori.
Il periodo richiesto per maturare la canna dipende dalla razza e dalla località; vicino ai tropici in località marittima 13 mesi è il tempo ordinario, in montagna 21, in località equatoriali ne bastano 9.
La percentuale di zucchero nei fusti varia entro limiti molto larghi e dipende dalla razza e dalle condizioni di sviluppo. Nelle isole Hawaii la media nella produzione totale degli anni 1908-1915 fu del 14,18%, in Giava si ebbe come prodotto medio per gli anni 1906-1912 il 12,5%, in Cuba per l'anno 1914-15 il 12,98%, nell'isola Maurizio per il 1914 il 13,36%. Il 20% è raggiunto solo eccezionalmente. La media degli zuccheri riduttori, al mulino, varia da un minimo di 0,2 a un massimo di 2%.
La canna è una pianta che richiede necessariamente alta temperatura e grande quantità di acqua. È perciò preferibile per la sua coltura un tipo di terreno che abbia una considerevole capacità di trattenere l'acqua, come sono in generale i terreni argillosi. Nelle regioni dove non si hanno sufficienti precipitazioni, la coltura della canna è dipendente dall'irrigazione, come in Egitto, nelle parti aride delle isole Hawaii, nel Perù, nella piccola area della Spagna. La temperatura ha una grande influenza sia sullo sviluppo sia sul contenuto in zucchero della canna. Nelle regioni equatoriali, che hanno una temperatura uniformemente alta, senza stagione fredda, la crescenza vegetativa è continua e nel raccolto si hanno insieme canne in forte vigore vegetativo, canne mature e sopramature, sicché il succo nell'insieme risulta impuro e con alta percentuale di zuccheri riduttori. Nei climi extratropicali, come nella Louisiana, la canna non raggiunge la perfetta maturità e se ne ottiene un succo anche qui impuro e con bassa proporzione di zucchero di canna e alta di zuccheri riduttori. Il succo più puro e più dolce si ha in quelle località dove un periodo piuttosto lungo è richiesto per la maturazione e la stagione calda si alterna con una stagione sufficientemente fredda; queste condizioni s'incontrano sui confini dei tropici.
L'influenza combinata delle piogge e della temperatura determina le epoche della piantagione e del raccolto. La stagione piovosa è quella adatta per piantare. Il raccolto si effettua nella stagione secca; in quelle regioni che hanno una stagione fresca, il tempo del raccolto coincide con essa, e la sua durata è limitata al principio delle piogge, le quali non solo segnano il principio di ripresa dell'attività vegetativa, ma rendono impossibili le operazioni di raccolta. Il tempo del raccolto in Cuba e nelle Indie Occidentali è da dicembre o gennaio a giugno, nella Louisiana da ottobre a gennaio, nel Perù e nel Brasile da ottobre a febbraio, in Argentina da giugno a ottobre, nelle isole Maurizio e Riunione da agosto a dicembre, in Egitto da dicembre a marzo, nell'India inglese da gennaio ad aprile, in Giava da maggio a novembre. Al principio del raccolto la canna non è ancora tutta ben matura e quindi è di basso contenuto di zucchero; questo gradualmente cresce ed è d'ordinario al massimo al terzo o al quarto mese del raccolto, dopo il quale decresce, diventando la canna sopramatura; in Cuba la canna in dicembre può contenere 10-11% di zucchero, il massimo di 14-15% comincia a ottenersi in marzo e aprile, dopo di che avviene una caduta, che è molto rapida se il raccolto è prolungato dopo la pioggia stagionale di metà anno.
Dopo il taglio delle canne i rizomi cacciano nuovi polloni e così da una stessa piantagione si ricavano più raccolti sino anche a cinque o più, e anche questo secondo le varietà e le contrade, dopo di che la piantagione deve essere rinnovata. Agli estremi stanno Giava, dove il prodotto è quasi esclusivamente canna di primo e unico taglio, e Cuba, dove le piantagioni si conservano anche per decine di anni.
In alcune regioni (Cuba, isole Hawaii, Guiana Inglese, Perù) la canna forma l'unico prodotto del suolo adibito alla sua coltivazione; in altre (Giava, India inglese, Egitto, Louisiana) entra in rotazione con altre colture.
La quantità totale di zucchero di canna prodotto nel mondo è rappresentata dalla seguente tabella:
Delle colonie italiane si pratica la coltura della canna da zucchero in Somalia, dove fu introdotta nel 1923 dalla Società agricola italo somala. Fino a tutto il 1925 la coltura ebbe carattere sperimentale, nel 1926 si costituì la Società saccarifera somala con stabilimento per la lavorazione dei prodotti e sottoprodotti della canna. La coltivazione iniziale di 12 ettari si è successivamente estesa e oggi ha raggiunto la superficie di 600 ettari. La coltura è irrigua, ed è stato trovato che le condizioni climatiche consentono di potere eseguire le piantagioni in due epoche distinte, estate e inverno, e quindi di avere due raccolti in stagioni diverse. Dietro sperimentazione circa il tempo occorrente per la maturità e circa la resa, è risultato più conveniente piantare nella seconda metà di maggio e in settembre-ottobre, e tagliare le canne a circa 14 mesi di età, cioè rispettivamente in luglio-agosto e in dicembre dell'anno successivo. Dai risultati finora ottenuti si presume un raccolto medio di q. 630 di canna per ettaro, e cioè 750 per la canna di 1° anno, 650 per quella di 2° e 500 per quella di 3°.
Le varietà di canna sperimentate sono state: la Natal Uba, proveniente dalla colonia inglese del Kenya, la Whyte Transparent o Crystalina, proveniente anch'essa dal Kenya, e la Stripped Ribbon, proveniente dall'Egitto. Queste ultime due, che poco differiscono fra loro, si sono mostrate le più convenienti ed esse sono state scelte per la grande coltura; arrivano al 13% di saccarosio e a 85° di purezza, con circa il 12% di fibra. La Natal Uba, sebbene dia una maggiore resa di canna, difficilmente supera il 12% di saccarosio e gli 80° di purezza e ha circa il 14% di fibra; presenta inoltre grande difficoltà al raccolto per le numerose foglie verdi che ancora rivestono la canna matura; se ne è conservata la coltura in piccola quantità per misura di prudenza, poiché essendo questa varietà immune dal terribile male del mosaico, nel caso di un attacco di tale malattia al canneto, si potrebbe subito con essa rifare la coltura. Altre varietà sono in corso di sperimentazione.
La lavorazione del terreno, data la compattezza di esso, si fa con mezzi meccanici. Nella lavorazione si dànno al terreno 2 q. di perfosfato per ettaro; 1,5 di nitrato ammonico a 3 mesi di età delle canne e lo stesso quantitativo a 6 mesi. Le irrigazioni si praticano a distanza di 20 giorni e si eseguono o no a seconda dell'entità delle precipitazioni atmosferiche; si sospendono un mese prima del taglio, affinché il contenuto d'acqua nelle canne sia il minimo possibile.
Bibl.: Noel Deerr, Cane sugar, 2ª ed., Londra 1921; R. A. Quintus, The cultivation of sugar cane in Java, Londra 1923.