CANNA (dal gr. κάννη, voce che attraverso l'assiro qanù rimonta al sumerico gin; in ebraico qàneh; lat scient. Arundo donax L.; fr. canne; sp. caña; ted. Schilfrohr; ingl. reed)
Pianta della famiglia Graminacee, tribù Festucee. Il genere è caratterizzato dai fiori ermafroditi, spighette con asse glabro, glume fertili trinervie coperte sul dorso di lunghi peli. Comprende 5 specie, delle quali tre nella nostra flora.
L'A. donax, L. è un arbusto che può raggiungere 10 m. di altezza con grosso rizoma strisciante ramoso, portante gemme (occhi di canna), formanti con facilità boschetti (canneti); ha caule semplice nodoso, pieno nei nodi, cavo negl'internodî del diametro fin di 6 cm.; le foglie sono distiche glauche con stretta guaina e lamine lanceolate larghe 3-5 cm.; la pannocchia terminale è bislunga, lunga fin 50 cm., assai densa e pelosa. La canna, nota agli Egiziani, Greci e Romani che la coltivavano per usi agricoli, per farne recipienti, canestri, e per sostenere le viti e per molti altri scopi, è oggi assai usata per la pesca con la lenza (canna da pesca) la cui terminazione è fatta con una canna speciale (cannino o canna di Marsiglia; v. pesca). La canna descritta da Plinio (Nat. Hist., XVI, 36) era dai Romani considerata ottima per la fabbricazione delle frecce. Questa canna pliniana (A. Plinii Turra) è assai frequente in tutta l'Italia peninsulare e insulare ed è certamente autoctona. L'A. donax, quantunque cresca spesso spontaneamente, è per l'Italia e per tutta la regione mediterranea una pianta esotica, la cui patria d'origine è incerta. Nell'epoca geologica terziaria esisteva in Europa e nell'America Settentrionale una forma assai affine all'A. donax, l'A. Goeppertii Heer, della quale furono trovati i rizomi, cauli e foglie fossili.
I botanici hanno distinto col nome scientifico Canna un genere di piante del tutto diverso dalla precedente (v. cannacee).