CANNETO
. Così chiamasi il terreno coltivato a canna comune (Arundo donax L.). Generalmente il canneto accompagna altre colture di piante che abbisognano di sostegno, specialmente il vigneto e l'orto, nell'Europa meridionale dove la canna trova favorevoli condizioni di clima. In Italia il canneto s'incontra frequentemente nella regione collinare del Monferrato ricco di vigneti, nel Lazio (zone viticole dei Castelli romani), negli Abruzzi, nel Napoletano e in molte località del continente meridionale e delle isole. Le canne che si ottengono in gran copia dal canneto, rappresentano il materiale più economico per dar sostegno alla vite bassa e alle piante ortensi a stelo debole, come pomodoro, fagioli rampicanti, piselli, ecc. Per essere di poco costo, leggiere e relativamente resistenti, le canne servono anche per costruire cesti e stuoie e per altri utili impieghi. Il canneto riesce bene in qualunque terreno, specialmente se fertile e fresco, purché non acquitrinoso. Per formare il canneto si lavora il terreno piuttosto profondamente, si concima se poco fertile, e, in febbraio o marzo, si piantano i rizomi di canna, detti occhi o barbocchi, distanziati 30 o 40 centimetri. Al primo anno si ottengono poche canne e piccole; al secondo anno il prodotto è soddisfacente per qualità e quantità, al terzo anno raggiunge il massimo. La produzione media annuale per ettaro può variare da 10.000 a 20.000 canne, di cui circa i due terzi bene sviluppate, il resto piccole. Dopo 3-4 anni conviene rifare l'impianto in terreno nuovo. Si può anche rinnovare gradualmente il canneto, come talora nel Monferrato, facendo la coltura a strisce strette che annualmente vengono rifilate da un lato per quel tanto che i rizomi avanzano nel terreno nuovo dal lato opposto. La raccolta delle canne si eseguisce d'inverno, recidendo con misurati colpi di zappone le canne alla loro inserzione col rizoma. Le canne vengono poi preparate spogliandole delle guaine foliari e asportandone il pedale e la cima sottile. Il largo impiego di filo di ferro per sostegno della vite e di altre piante ha tolto al canneto parte dell'antica importanza.
Canneto è anche un termine del linguaggio comune indicante i consorzî di graminacee, tifacee o anche ciperacee di grandi dimensioni, che crescono nelle stazioni riparie o paludose, o per lo meno fresche. I canneti sono tipicamente costituiti da noi dalla Arundo phragmites, la comune cannuccia, che prospera egualmente nelle acque dolci e salmastre. Formazioni analoghe sono costituite, nella regione mediterranea, da due altre graminacee, l'Arundo donax (v. sopra) e l'Erianthus Ravennae, però in stazioni meno umide delle precedenti. Sono poi notissimi i canneti costituiti, nella maggior parte delle nostre paludi, dalle specie del genere Typha.
I generi Typha, Sagittaria, Scirpus, Erianthus, Arundinaria formano anche i canneti nelle acque dolci dell'America Settentrionale abbastanza uniforme poi, almeno nei paesi temperati del continente antico e nuovo, è pure la florula delle monocotiledoni minori che accompagna il canneto e che in Italia comprende i generi Scirpus, Cyperus, Carex, Glyceria, Phalaris, Cladium, Alisma, Sagittaria, Iris (pseudacorus), ecc.
Due importanti fomazioni rientrano in questo tipo e sono proprie dei paesi tropicali: le vastissime colonie di Papiri (Cyperus papyrus) allineate lungo le sponde dei fiumi e dei laghi dell'Africa tropicale; e le boscaglie costituite nelle foreste fresche, specialmente montane, di tutta la zona intertropicale dalle numerose specie di bambusee.