CANOSA DI PUGLIA (Κανύσιον, Canusium)
Città àpula sita all'estremo limite della Daunia, al confine con la Peucezia, sulla riva destra dell'Ofanto, a circa 20 km dalla foce. Le corrisponde oggi, come estensione del territorio urbano, la moderna Barletta. Il suo porto sull'Ofanto, probabilmente identificabile con quello di Cannae, è ricordato da Strabone (vii, 283) come ἐμπόριον τῶν Κανυσιτῶν; forse il fiume era navigabile nel suo corso inferiore.
La città riannodava le sue origini al mito dell'eroe Diomede che vi avrebbe condotto a caccia i suoi cani. Al mito alludono, oltre che Strabone nel luogo citato, anche Servio (Ad Aeneid., xi, 246) e Orazio (Sat., i, 5, 92). Ancora una parte del territorio demaniale fuori della città era denominata Diomedes campi. La città inoltre è ricordata da Varrone (De re rustica, i, 8, 2), da Pomponio Mela (ii, 66), da Plinio (Nat. hist., iii, 102-104; vi, 217).
Della sua origine greca C. serbò sino all'ultimo la tradizione della lingua e l'uso, tanto che Orazio dice (Sat., i, 10, 30) Canusini more bilinguis. La città inoltre coniò monete di argento e di bronzo con leggenda greca (Garrucci, Monete d'Italia, 94, e Berliner Münzkatalog, iii, 1, 190). Questa circostanza dimostra la sua potenza economica derivatale dall'essere, oltre che il più importante centro dell'Apulia per la produzione e la lavorazione della lana, anche quasi sicuramente un centro di commercio di questo prodotto, una specie di borsa della lana, favorita dalla privilegiata posizione topografica, e dalla distesa dei pascoli. Plinio (Nat. hist., viii, 190) parlando delle lane ricorda le Canusinae fuscae; famosi erano inoltre i birri Canusini (Hist. Aug., Carin., 10).
Nell'Editto dioclezianeo (19-38) è citato un βίρρος Κανυσεῖνος κάλλιστος σημιωτός den. 4000. Ancora Plinio menziona un purpurissum Kanusinum vilissimum (Nat. hist., xxxv, 45).
C. perdette la sua indipendenza cadendo sotto il dominio romano nel 318 a. C. (Liv., ix, 20). Dopo la catastrofe di Canne i profughi e le truppe superstiti si rifugiarono a C. (Liv., xxxii, 52-54; Val. Max., iv, 8-2; Appian., Hann., 24-26; Polyb., iii, 107). Peraltro, dopo questi avvenimenti, C. restò fedele a Roma, ma si distaccò da essa durante la guerra sociale (Appian., Bellum civile, i, 42, 52, 84) e da allora sembrò aver perduto la sua originaria grandezza. Tuttavia C. continuò a fiorire economicamente fino alla tarda età imperiale.
Nel primo tempo della conquista romana fu eretta a municipio ed iscritta alla tribù Ufentina. Sotto Antonino Pio fu eretta a colonia ed ebbe il titolo: Colonia Aurelia Augusta Pia Canusium (C.I.L., iv, 344).
In questo periodo Erode Attico la ampliò dotandola d'un acquedotto (Philostr., Vit. Soph., ii, 1, 5, p. 551); è conservata anche una fistula con l'iscrizione r(ei) p(ublicae) C(anusinorum) cur(ante) P. Graec(idio) Firmo (Not. Scavi, 1894, p. 408). Al museo di Firenze è conservata la tabula bronzea di patronato canusina, dell'anno 223, già al Museo Naz. di Napoli (cfr. C. I. L., ix, 338 e vedi ancora C. I. L., ix, 324-413; 6186-6192). C. divenne una stazione molto importante della via Appia, poi della via Traiana (Cic., Ad Att., i, 13, 1; viii, 11D, 1; Caes., Bell. civ., i, 24; Appian., Bell. civ., v, 57; Itin. Ant., 117; Itin. Hyerosolym., 609). Ancora nel VI sec. d. C. è ricordata come una delle più famose città dell'Apulia (Procop., Bell. Goth., iii, 18; Paol. Diac., Hist. Rom., ii, 22; cfr. anche Ughelli, Italia Sacra, x, 35).
Della topografia della città poco possiamo sapere per l'andamento irregolare e saltuario degli scavi e delle esplorazioni condotte in varî periodi. Tuttavia restano alla superficie le strutture di parti di un acquedotto, un fornice di porta o un arco sulla via Traiana. Un importantissimo monumento della Canusium romana è il grandioso ponte sull'Ofanto. Infine la cosiddetta Torre di Casieri è un monumento sepolcrale di età romana. Avanzi dell'antica cinta murale poligonale e delle torri si trovano probabilmente sull'arce, in località di Castello, al di sotto delle strutture e delle opere di difesa normanne. Inoltre colonne di marmi rari e frammenti importanti di trabeazioni sparsi in molte chiese di C. attestano l'esistenza di un notevole gruppo di edifici sui quali si è avventata per secoli l'opera di spoliazione. Una particolare menzione suscitano gli ipogei canosini, scavati nel corso di più secoli e specialmente nei sec. IV-III a. C., che per il loro carattere architettonico di camere scavate nella roccia e per il loro aspetto decorativo sono paragonabili agli ipogei etruschi e alle tombe alessandrine. Queste tombe si presentano nei tre tipi, della tomba a cassa, della tomba a camera ed infine degli ipogei veri e propri scavati nella roccia; distinti da corridoi d'accesso con sistema di due o tre ambienti collegati come gli elementi d'una casa, sono nell'interno decorati col ricco ornamento delle stoffe tessute di oro a comporre la sontuosa cornice ai corpi deposti sulle klìnai. In queste camere funerarie erano deposti come mobilio, più che semplice suppellettile, i grandiosi vasi, le cosiddette anfore àpule che formano l'orgoglio del Museo Nazionale di Napoli, di Taranto, di Bari e che ancora si ammirano oltre che per l'arte, anche per la tecnica (v. àpuli, vasi).
Bibl.: Ch. Hülsen, in Pauly-Wissowa, III, 1899, c. 1501, s. v. Canusium; E. De Ruggiero, Diz., s. v.; A. L. Millin, Description des tombeaux de C., Parigi 1816; D. Romanelli, Topografia del Regno di Napoli, Napoli 1815; N. Jacobone, Ricerche sulal storia e la topografia di C. antica, Canosa 1905; V. Macchioro, Curiosità canosina, in Apulia, II, 1911; M. Jatta, Tombe canosine, in Röm. Mitt., XXIX, 1914, p. 99 ss.; R. Pagenstecher, Corredo funebre di C., in Apulia, III, 1912, p. 464; N. Jacobone, Canusium, Lecce 1929; C. Drago, Tombe di tipo siculo in Puglia, in Arch. St. Pugliese, IV, 1950, pp. 161-180.