Canottaggio
Il canottaggio (dal francese canotage, derivato di canot "canotto"; inglese rowing) è la disciplina sportiva propria del gesto tecnico della voga, che consiste nel sospingere il più velocemente possibile un'imbarcazione usando come leva i remi. Può essere praticato sia a livello agonistico sia per puro diporto con barche diverse per costruzione, pesi e misure.
L'esercizio del remare, ossia di sospingere con la forza delle braccia una barca per mezzo di leve, è legato ai primi, rudimentali natanti costruiti dall'uomo. Fu probabilmente l'osservazione di tronchi d'albero galleggianti che suggerì ai nostri più antichi progenitori l'idea di dotarsi di un mezzo di locomozione in grado di trasportarli sull'acqua. I rami dell'albero, più o meno lunghi, divennero pertiche, poi pagaie e infine remi. Con il tempo l'uomo progettò e costruì modelli di imbarcazioni più evoluti, in grado di dominare con sempre maggior sicurezza onde e correnti: dalle zattere, composte di tronchi legati assieme, alle più complesse barche di canne, giunchi, pelli, otri gonfiati, diffuse ancora oggi presso alcune popolazioni cosiddette primitive. Secondo lo studioso tedesco di archeologia navale Olaf Hockmann, l'uomo fu in grado di costruire imbarcazioni mosse da remi già nel Paleolitico superiore (fino all'8500 a.C.). L'arte della navigazione cambiò radicalmente la vita dell'uomo rivelandosi fondamentale nel commercio, nel lavoro, nella pesca, nei trasporti e nella guerra. Prima dell'Età del Ferro le imbarcazioni erano spinte sia da pagaie (come nel caso degli egizi) sia da remi. Le cosiddette navi poliremi occupano un periodo lunghissimo della nostra storia: per circa trenta secoli queste navi spinte dalle braccia dei rematori attraversarono i mari del bacino mediterraneo, sia per il commercio sia come unità da guerra. Fino all'avvento delle navi munite di grandi velature, il remo rimase insostituibile specialmente nelle battaglie navali: dal famoso pentecontoro, galea munita di 50 remi (25 per lato), lunga e poco manovrabile, alla veloce e agile trireme, sospinta dalle braccia di 170 rematori disposti su tre livelli, capaci di imprimere alla nave una velocità di circa 13 km orari. Nel periodo compreso fra la morte di Alessandro Magno e la battaglia di Azio (323 a.C.-31 a.C.), essendo impossibile aumentare ulteriormente il numero dei livelli di rematori, si provvide ad accrescere la potenza delle navi incrementando il numero dei rematori per ogni remo. Nacque così la quinquereme.
Usata dai romani nelle guerre puniche, la quinquereme era costruita sempre su tre livelli di voga, con un uomo per remo al primo livello e due uomini per remo al secondo e al terzo livello. Nel 1° secolo d.C. i romani adottarono la liburna, nave in dotazione alla marina macedone ma nata nella Liburnia, regione costiera dell'Illiria, situata nella riviera interna del Carnaro. Era una nave leggera, veloce e manovriera, ideata forse dai pirati che infestavano l'Adriatico, resa ancora più potente nella successiva versione romana, azionata da due file di rematori. Prima dell'adozione romana, la liburna fu probabilmente usata dalla flotta cartaginese nella battaglia delle Egadi (241 a.C.) al termine della Prima guerra punica. Lo prova il ritrovamento da parte dell'archeologa inglese Honor Frost di un esemplare fenicio, affondato presso le isole dello Stagnone, sulla costa occidentale della Sicilia, fra Marsala e Trapani. La nave misurava 35 m di lunghezza, 4,80 di larghezza, con una stazza di 120 t; era dotata di un solo ordine di 17 remi per fiancata, con 68 rematori. Il fasciame era a doghe sovrapposte, simile nella costruzione alle attuali 'jole da mare'.
La galera cinquecentesca costituisce l'ultima e definitiva evoluzione delle navi poliremi dell'antichità. Ne esistevano di diversi tipi e dimensioni: galere bastarde e galeazze, mezzegalere e galeotte. Mosse da due o tre alberi a vele latine (triangolari), in battaglia venivano affidate alla forza muscolare e propulsiva di circa 200-250 rematori, capaci di imprimere all'imbarcazione una velocità variabile dai 5 ai 7 nodi nella voga veloce, la cosiddetta arrancata che poteva essere sostenuta per non più di un quarto d'ora. Malgrado i termini attuali di galera e galeotto derivino da queste navi, i rematori della Lega Santa che affrontarono la flotta turca a Lepanto (7 ottobre 1571) erano per la maggior parte uomini liberi e volontari assoldati con regolare stipendio. I turchi, invece, mettevano ai remi i prigionieri cristiani. L'era dei grandi vascelli, iniziata con le caracche e i galeoni cinquecenteschi, usati specialmente per le navigazioni oceaniche, aprì il rapido sviluppo dell'attrezzatura velica che rese obsoleta quella remiera.
Pitture tombali risalenti alla V dinastia dei faraoni (2480-2350 a.C.) mostrano scene di gare fra imbarcazioni a remi sul Nilo. Molti secoli dopo, il poeta latino Virgilio descrive nel V libro dell'Eneide, con l'efficacia di un provetto cronista sportivo, una gara di canottaggio indetta dal principe troiano Enea per onorare la scomparsa del padre Anchise: quattro imbarcazioni in gara impegnate in un difficile percorso con giro di boa, la perizia e lo sforzo dei rematori, il tifo della folla entusiasta e la vittoria di Cloanto, capovoga della barca Scilla. Pausania (2° secolo d.C.) scrive di competizioni che si svolgevano nell'antica Grecia sottolineando come si assegnassero premi per gare di nuoto e regate. Anche la scelta delle barche fu perfezionata. In base a un'attendibile iconografia sappiamo che dopo il 1° secolo venivano usate imbarcazioni assai più sottili e veloci delle triremi, con un numero limitato di rematori. La passione per le gare nautiche si sviluppò con il sorgere della potenza marinara di Roma. I romani consideravano l'esercizio della voga come la premessa necessaria per la conquista dei mari puntando quindi sull'addestramento dei giovani rematori. Lo storico greco Polibio (202-118 a.C.) racconta nel I libro delle Storie che nell'anno 260 a.C., durante la Prima guerra punica, i romani dovettero far fronte a notevoli spese per ingaggiare nella propria flotta rematori tarantini e napoletani: problema che venne successivamente risolto con la creazione di vere e proprie scuole tecniche di voga, gestite da allenatori specializzati nell'esercizio del remare. Regate di canottaggio si svolgevano annualmente a Roma, sul fiume Tevere, durante i Ludi piscatori in onore del dio Tiberino.
Un capitolo a parte meritano le naumachie, combattimenti navali spettacolari allestiti spesso su laghi artificiali, che esaltavano le qualità di manovra dei vogatori delle singole imbarcazioni. Giulio Cesare nel 46 a.C. le introdusse a Roma, impiegando come equipaggi i prigionieri di guerra e i condannati a morte. L'imperatore Claudio fece allestire una grandiosa naumachia con 19.000 combattenti sul Lago Fucino nel 52 d.C. (Tacito, Annales, XII, 56 sgg.). Altre naumachie furono organizzate da Nerone, Tito e Domiziano, spesso allagando gli anfiteatri, come il Colosseo (inaugurato nell'80 d.C.), quelli di Capua e Nîmes. Queste battaglie sull'acqua sono attestate anche in tempi recenti. Stendhal (1783-1842) narra di una naumachia con spettacolo acquatico organizzata nell'Arena di Milano, con la partecipazione di battellieri del Lago di Como, alla presenza di 30.000 persone. Nel 1807 nella stessa Arena milanese, la cui cavea centrale fu allagata con le acque del Naviglio Martesana, furono allestite feste nautiche in onore dell'imperatore Napoleone Bonaparte, con i battellieri di Varenna, Bellagio e Menaggio. Altri ludi remieri furono ospitati nel 1811, per la nascita del Re di Roma, figlio di Napoleone; il 17 agosto 1828 i gondolieri veneziani sfidarono e batterono i vogatori comacini e del Po; il 31 maggio 1891 l'ellisse dell'Arena, opportunamente allagata, ospitò tre gare fra i soci della neonata Canottieri Milano.
Tornando alle gare con barche a remi nell'antica Roma, queste con il declino dell'Impero caddero in disuso e furono ignorate fino al tardo Medioevo. L'esercizio della voga e la passione per le gare ripresero con vigore grazie alle Repubbliche marinare che organizzavano grandiosi eventi remieri popolari in occasione di festività religiose, civili o politiche, che rivivono ancora oggi nel ricordo di una tradizione millenaria. Basti ricordare che la Serenissima Repubblica di Venezia a partire dall'anno Mille celebrò con una spettacolare e storica regata l'antico rito delle nozze del doge con il mare. La Serenissima ha segnato un momento importante nella storia del canottaggio: fu proprio Venezia, infatti, che organizzò nell'anno 1315 la prima competizione a remi storicamente accertata. Di origine veneziana è il vocabolo 'regatta', che deriva da 'riga', termine che indicava la linea sulla quale si schieravano le imbarcazioni in attesa della partenza. Ricordiamo ancora che il 24 giugno 1462, sul Lago di Bolsena, venne disputata una regata fra cinque imbarcazioni a quattro vogatori, nobilitata dalla presenza di papa Pio II. Successivamente il canottaggio in Italia fu quasi dimenticato, per via delle difficili situazioni politiche del tempo.
La grande rinascita di questo sport, nella sua accezione attuale, si colloca nel 19° secolo e si deve all'Inghilterra, culla del canottaggio moderno.
Giulio Cesare, facendo il racconto nel De bello Gallico (libri IV-V) della sua campagna di conquista della Britannia (55-54 a.C.), fornisce notizie sulle imbarcazioni delle tribù locali, i coracles, costruiti con un'ossatura di vimini ricoperta di cuoio e manovrati con pagaie piuttosto che con remi. Nei secoli 11° e 12°, a causa dello stato di abbandono delle strade, impraticabili per carri e cavalli, iniziò a svilupparsi il trasporto sui fiumi di uomini e merci. Sul Tamigi, insieme alle barche private dei nobili, transitavano quelle di commercianti e artigiani, come testimoniato dagli statuti delle loro corporazioni. Il fiume divenne ben presto tra i più congestionati corsi d'acqua del mondo. Il re Enrico VIII (1491-1547), allarmato dai continui incidenti causati dall'eccessivo numero dei vogatori, decise che nessuno avrebbe potuto remare se non provvisto di una particolare autorizzazione (una specie di patente nautica dell'epoca). La nuova regola imposta dal re obbligò i destinatari a seguire veri e propri corsi di tecnica di voga. Prima della morte di Enrico VIII circolavano sul Tamigi più di 3200 vogatori muniti di regolare licenza, tra i quali un numero sempre crescente di studenti. Nel 1514 e 1555 la categoria dei barcaioli venne iscritta negli atti del Parlamento inglese in modo da definire la regolamentazione del loro statuto.
Parallelamente all'accresciuta abilità dei vogatori si sviluppò in Inghilterra la passione per il canottaggio, per le regate a livello agonistico e per le scommesse a esse legate. Circa la propensione degli inglesi verso questa disciplina, William of Malmesbury, vissuto tra 11° e 12° secolo, racconta che già il re degli anglosassoni Edgar il Pacifico (944-975) si dilettava a remare sul fiume Dee nel Galles. Un altro documento cita John Norman, Lord Mayor di Londra, che fu il primo a recarsi a Westminster nel 1454 con 'una barca dorata' vogando con gli amici sul Tamigi 'con remi d'argento'; l'aneddoto rimase nella memoria dei londinesi che, per onorare il ricordo di quella storica 'passeggiata sull'acqua' organizzarono ogni anno, fino al 1865, una grande processione di barche a remi sul Tamigi, con arrivo a Westminster.
All'inizio del 17° secolo non meno di 40.000 battellieri transitavano tra Windsor e Gravesend. Tutto ciò creò inevitabilmente un clima di agonismo e di competizione che gli stessi battellieri trasmisero ai giovani sportivi dilettanti, dando origine alle prime vere regate di canottaggio. Il più antico evento remiero del mondo ‒ nel senso proprio del termine ‒ è la Doggett Coat and Badge, una regata inaugurata nel 1715, anno della morte del suo fondatore, l'attore irlandese Thomas Doggett, il quale per ricordare i battellieri che ogni giorno lo traghettavano da casa a teatro e ritorno per via testamentaria destinò un premio annuale in denaro all'equipaggio vincitore. Negli anni a seguire, si decise di sostituire al premio in denaro la tradizionale livrea scarlatta e il bracciale d'argento. La gara si svolge ancora oggi, il 1° agosto, sul percorso di circa 4,5 miglia che va da London Bridge a Chelsea.
Il canottaggio inglese ha conservato a lungo la sua matrice dilettantistica, rigidamente definita nella seconda metà dell'Ottocento, in epoca vittoriana. Al tempo l'ARA (Amateur rowing association) nello stabilire le regole conferì lo status di dilettante solo ai gentiluomini. Operai, meccanici e artigiani, anche se non ricevevano alcun compenso, venivano esclusi dalle competizioni solo per il fatto di appartenere a un ceto sociale considerato inferiore. Questa regola discriminatoria creò molti problemi: in una gara a Henley un otto olimpico australiano fu espulso perché composto di 'semplici' poliziotti. L'incidente ebbe un seguito diplomatico e portò alla nascita, nel 1890, della NARA (National amateur rowing association), che abrogò quella norma antistorica sul dilettantismo ma che poi si vide rifiutare dall'ARA l'iscrizione dei suoi equipaggi a Henley. Solo nel 1952 questa restrizione fu cancellata con la fusione delle due associazioni di canottaggio. Oggi i più forti vogatori inglesi sono veri e propri professionisti, che possono dedicarsi al canottaggio a tempo pieno perché finanziati da vari sponsor, inclusa la Fondazione per l'assistenza allo sport.
Ai primi dell'Ottocento sulla spinta appassionata degli studenti universitari, ormai convinti della necessità di fare del canottaggio un vero e proprio sport, cominciarono a sorgere in Inghilterra i primi club di canottaggio: a Eton, Westminster, Londra, Henley, rispettivamente il Leander Club, lo Jesus, il Thames Rowing Club, il London Rowing Club. Si hanno notizie di regate in 4 senza timoniere da Westminster a Putney e da Putney a Kew; si gareggiava su barche a dieci, a otto e a sei vogatori.
In quegli anni nacquero le due regate più antiche e famose del mondo: la sfida Oxford-Cambridge (1829) e la Royal Henley Regatta (1839). Quest'ultima è di certo la più importante e blasonata manifestazione del canottaggio inglese, onorata più volte dalla presenza dei sovrani d'Inghilterra. All'inizio le gare vennero disputate con barche a quattro remi fra equipaggi di Henley e a otto remi fra vogatori provenienti da tutta l'Inghilterra. Il successo fu enorme e nel 1841 venne istituita la gara Steward Cup per imbarcazioni a quattro vogatori; nel 1844 fu la volta della Diamonds Sculls riservata a imbarcazioni singole (skiff). Il programma venne ulteriormente arricchito nel 1845 con l'aggiunta della Ladies Challenge Plate per otto vogatori e della The Pairs per barche a due vogatori. Nel 1908 fu ammessa la partecipazione di equipaggi stranieri alle gare più prestigiose di Henley. L'Italia fu degnamente rappresentata da Giuseppe Sinigaglia, campione della Canottieri Lario di Como il quale, il 4 luglio 1914, vinse la Diamonds Challenge Sculls, riservata ai più forti singolisti del mondo. Sinigaglia si presentò sul Tamigi con ottime referenze: aveva battuto a Parigi, nella Coppa delle Nazioni (sulla distanza di 4000 m), uno dei più forti vogatori del momento, l'inglese William Kinnear, il quale a sua volta aveva vinto la Diamonds Sculls nel 1910 e trionfato ai Giochi Olimpici del 1912. La finale della Diamonds Sculls si disputò tra Sinigaglia e la speranza inglese C.M. Stuard del Trinity Hall di Cambridge, su un percorso di gara di circa 2112 m in linea retta controcorrente. Il campione italiano piegò la tenace resistenza dell'avversario e si avviò in perfetta solitudine alla conquista del trofeo. Nel 1938 un altro equipaggio italiano, il doppio di Trieste composto da Giorgio Scherl ed Ettore Brosch si classificò primo ex aequo con gli olimpionici inglesi Jack Beresford e Dick Southwood.
L'altro evento remiero che appassiona l'Inghilterra è la tradizionale sfida tra gli otto delle università di Oxford e Cambridge: la Boat Race, la 'regata per eccellenza', come la chiamano gli inglesi, descritta da Steve Redgrave, il più medagliato canottiere (cinque ori olimpici in altrettante, consecutive edizioni, dal 1984 al 2000), come "la gara più entusiasmante del mondo, una fatica massacrante lunga sedici minuti". La sfida tra le due più illustri università del Regno Unito è seguita ogni anno da molte migliaia di spettatori assiepati lungo le sponde del Tamigi e da oltre 300 milioni di telespettatori nel mondo. Dal 1829, data della nascita ufficiale, sono state disputate 149 edizioni in 174 anni di storia. Quella del 6 aprile 2003, vinta da Oxford per soli 30 cm, è stata tra le più avvincenti. L'albo d'oro vede i Light Blues di Cambridge in vantaggio con 77 vittorie contro le 71 dei Dark Blues di Oxford.
La gara ebbe inizio quando Charles Merival, uno studente di Cambridge, sfidò un ex compagno di liceo finito a Oxford, Charles Wordsworth, nipote del grande poeta inglese William Wordsworth. Lo sport era (come è tuttora) materia privilegiata per i goliardi inglesi che potevano frequentare esclusivi e costosi atenei quali Oxford, Cambridge, Eton, Westminster, Rugby, Arrow, Winchester; il valore dell'esercizio fisico, del gioco, dell'agonismo erano visti come indispensabili per la formazione dei giovani e il canottaggio era tra gli sport più praticati. Il 12 marzo 1829 i due equipaggi si diedero battaglia partendo da Henley on Thames. Ventimila persone assistettero all'evento, sei ghinee il prezzo da pagare per un posto vicino al fiume. Vinsero i Dark Blues di Oxford e subito i Light Blues di Cambridge chiesero la rivincita. Un gesto, questo, rimasto nel protocollo della Boat Race che prevede che sia l'equipaggio sconfitto a sfidare quello vittorioso l'anno precedente. Nel 1836 la sfida si spostò a Londra da Westminster a Putney e solo nel 1845 si trasferì sul percorso attuale, da Putney a Mortlake: 4,25 miglia controcorrente (pari a 6,779 km) per entrare nella leggenda. Nella lunga storia della Boat Race, interrotta solo dai due eventi bellici mondiali, un episodio curioso riguarda l'edizione del 1877, conclusasi con un inaccettabile verdetto di parità. La salomonica decisione fu presa dal giudice di arrivo John Phelps che, intirizzito dal freddo e riscaldatosi con un bicchiere di alcol di troppo, mezzo addormentato, non vide l'armo di Oxford tagliare nettamente il traguardo per primo, con almeno mezza barca di vantaggio su quella avversaria. L'onore di partecipare a questa sfida esclusiva, ammantata di tradizione, mondanità e passione sportiva, è toccato anche a un vogatore italiano: nell'edizione 1997, vinta da Cambridge, l'ex azzurro Roberto Blanda (due Olimpiadi, 1992 e 1996, disputate nell'otto) ha gareggiato sulla barca di Oxford.
La passione degli inglesi per la Boat Race è enorme, pari se non superiore a quella provata per sport tradizionali come l'ippica, il rugby, il cricket, il calcio. Nel 1927 fu uno dei primi eventi sportivi a essere commentato in diretta per radio e nel 1938 fu trasmesso per televisione dalla BBC (British broadcasting company), che da allora dedica ai due equipaggi uno speciale giornaliero di mezz'ora; i maggiori quotidiani inglesi riservano alla sfida spazi importanti e le scommesse, gestite su tutto il territorio nazionale dallo sponsor ufficiale, i Ladbrokes, raggiungono cifre da capogiro.
L'ultima grande regata inglese sul Tamigi, in ordine cronologico, è la Head of the River Race, un vero e proprio campionato del mondo in otto riservato ai club. Nata nel 1926 e interrotta solo a causa della Seconda guerra mondiale, la gara è giunta oggi alla sua settantunesima edizione, disputata il 29 marzo 2003 e vinta per l'ennesima volta dai favoritissimi padroni di casa del Leander Club, trascinati dai due fuoriclasse, olimpionici e iridati, James Cracknell e Matthew Pinsent. L'Italia ha partecipato più volte a questa spettacolare regata che vede in acqua 420 otto (di cui 370 inglesi e 50 sfidanti stranieri per un totale di 3360 vogatori). Nel 2003 l'equipaggio delle Fiamme Gialle Sabaudia, guidato dall'olimpionico Alessio Sartori, ha migliorato il decimo posto dell'anno precedente di tre posizioni. Il percorso della Head of the River Race, che precede di una settimana la sfida fra Oxford e Cambridge, è di circa 7 km e va da Chiswich Bridge a Putney Bridge.
Negli Stati Uniti d'America il canottaggio apparve nel 1811, quando si disputò la gara fra il mercantile Adviser e una barca di proprietà di un certo Mr. Snyder; non esistono resoconti scritti sull'evento perché nessun cronista fu presente. Nel 1824 un'altra imbarcazione, l'American star, fu sfidata dal capitano della nave inglese Hussar, convinto che l'equipaggio della sua jole, la Sudden death ("morte improvvisa"), fosse superiore a quello della barca americana. Mille dollari la posta in palio. Più di 60.000 spettatori assistettero alla netta vittoria dell'American star, che fu successivamente utilizzata per trasportare il generale francese Lafayette nel porto di New York e che poi gli fu regalata. Il generale la inviò in Francia sollecitando i cantieri navali francesi a copiarne il modello perché il suo paese potesse sviluppare adeguatamente l'attività remiera. Negli Stati Uniti il canottaggio si diffuse poi nelle università: Yale (1843), Harvard (1845) e poi a seguire Cornell, Princeton, Washington.
Grazie ai frequenti contatti con l'Inghilterra, lo sport si sviluppò sin dal 19° secolo anche in Germania. I tedeschi assimilarono rapidamente la tecnica di voga degli inglesi e lo fecero così bene da battere nel 1894, ad Amburgo, i maestri d'oltremanica. Dal 1830 in poi fiorirono in Germania società e circoli: nel 1844 si disputò sull'Alster la prima regata; a Berlino, cinque tedeschi e un francese, Emile Bister di Rouen, fondarono il Berliner Ruder Verein. Poco dopo nacque ad Amburgo la prima Unione federale tedesca di canottaggio; nel 1868 si formò l'Unione tedesca del nord. Francoforte e Amburgo diventarono i maggiori centri di attività remiera e la loro rivalità agonistica fu all'origine del congresso di tutti i vogatori tedeschi che a Francoforte, nel 1882, fondarono la Federazione tedesca di canottaggio.
Il primo club francese di canottaggio è datato 1855. Fu fondato a Parigi da un gruppo franco-inglese e prese il nome di Rowing Club de Paris. Seguirono i club di Lione e Tours nel 1863.
Nel 1842 un cittadino inglese residente a San Pietroburgo organizzò la prima regata di canottaggio in Russia, evento che portò alla creazione nel 1864 dell'Arrow Boat Club, edificato su un terreno donato dallo zar Alessandro II.
L'Italia si affacciò sulla scena remiera solo nella seconda metà del 19° secolo, in ritardo rispetto a Inghilterra, Germania, Francia, Belgio e Olanda. La città che raccolse e diffuse in Italia la passione per il canottaggio fu Torino, anche se la prima società fondata fu la toscana Canottieri Limite (1861). Sulle rive del Po sorsero, nel 1863, la Eridano e la Cerea, l'Esperia (1866), poi l'Armida e la Sezione canottaggio della Società ginnastica (1878) e la Canottieri Caprera (1883); a Pavia la Ticino (1876); a Livorno la Alfredo Cappellini (1877); a Piacenza la Nino Bixio (1880) e la Vittorino da Feltre (1883); a Venezia la Bucintoro (1882); a La Spezia la Velocior (1883); a Ravenna la Canottieri Ravenna (1873); a Cremona la Baldesio (1887); a Roma la Società ginnastica canottieri del Tevere (1872), poi Reale club canottieri Tevere e, nel 1912, Reale club canottieri Tevere e Remo dopo la fusione con il Club del Remo (1884), rinominato infine Reale circolo canottieri Tevere Remo; sempre a Roma l'Aniene club nautico (1892), che diventò poi Reale club nautico nel 1902 per arrivare nel 1947 alla sua attuale denominazione di Circolo canottieri Aniene; a Trieste la Ginnastica triestina (1863) e a Mantova la Mincio (1888).
Il 16 luglio 1865 il Comune di Torino organizzò sul fiume Po un pomeriggio di regate sulla distanza di 1 km con il seguente programma: "quattro gare abbastanza estemporanee; quattro vogatori seduti, quattro vogatori in piedi, due vogatori, un vogatore".
La prima gara a carattere nazionale fu disputata nel 1875, a Genova, su iniziativa della Società ligure di salvamento: gareggiarono gli equipaggi della Società ginnastica canottieri del Tevere di Roma (che vinsero), della Canottieri genovesi e della Cerea di Torino. Un anno dopo, il 30 luglio 1876, folti gruppi di canottieri arrivarono a Genova da Torino, Roma, Napoli, Palermo, Venezia, Cagliari, Livorno, Pisa, La Spezia, Portoferraio, Isola della Maddalena, Civitavecchia, Chioggia, Ravenna, Rimini. Nel 1884 a Torino e nel 1887 a Venezia si disputarono i primi incontri internazionali. La Canottieri Lario di Como battezzò la sua nascita nel 1891 organizzando prima a Lodi (28 giugno) e poi a Villa d'Este (5 settembre) regate sociali di lance alla veneziana, di sandolini, di jole da passeggio e altre gare d'incoraggiamento su distanze che variavano dai 200 ai 2500 m; a Villa d'Este gareggiarono anche due equipaggi nel 2 con timoniere, su barche inglesi outriggers. Sempre il Lago di Como ospitò, il 7 settembre, regate di Campionato promosse dal Rowing Club italiano, istituito alcuni anni prima.
Essendo il movimento remiero italiano in piena crescita, infatti, si era avvertita l'esigenza di creare una Federazione nazionale delle società di canottaggio, un organismo in grado di propagandare, organizzare e disciplinare lo sport del remo in tutte le sue manifestazioni agonistiche. Un primo tentativo di concretizzare questa idea fu compiuto da alcuni appassionati della Società canottieri Cerea di Torino, Luigi Cappuccio, Giuseppe Bon, Luigi Albarello, Edoardo Hayd e Guglielmo Woolridge (tutti torinesi, anche se il cognome degli ultimi due lascia pensare a un'origine anglosassone). Dopo aver tentato invano di costituire a Torino la sezione dello Yacht club italiano, i cinque soci, dopo una lunga serie di riunioni serali al Caffè Nazionale di Torino, nel 1888 idearono il progetto per la nascita del Rowing club italiano. L'idea fu accolta con entusiasmo nel mondo del canottaggio torinese, e il presidente della Cerea, Amedeo Musy, inviò una lettera a tutte le società italiane di canottaggio chiedendone l'adesione. Il consenso fu unanime. La sera del 31 marzo 1888, alle ore 21,30, l'assemblea dei soci fondatori ‒ in rappresentanza delle Società di canottaggio Cerea, Armida, Esperia, Eridano e Ginnastica ‒ si riunì nella sala del Comizio agrario di Torino in piazza Castello. Nasceva così il Rowing club italiano, che tre anni dopo si sarebbe fregiato del titolo di 'Regio' concesso dal Re Umberto I di Savoia, il quale ne divenne in seguito presidente onorario. Primo presidente della neonata Federazione fu il conte Edoardo Scarampi di Villanova, segretario Luigi Cappuccio. Un mese dopo la costituzione vennero redatti il Codice delle regate e il calendario nazionale e internazionale; si scelsero i colori della bandiera federale: rettangolare con croce rossa in campo azzurro cupo e con il monogramma sormontato dalla corona reale.
Dal verbale della prima seduta del 29 aprile 1888 risultarono aderenti al Rowing Club italiano cinque società e 120 soci. Successivamente altre società si costituirono e si affiliarono alla Regia federazione: Cristoforo Colombo (Pavia, 1885), Baldesio (Cremona, 1887), Italia (Napoli, 1889), Libertas (Firenze, 1890), Genovese (Genova, 1890), Milano (Milano, 1890), Sicania (Palermo, 1890); nel 1891 aderirono le società Tanaro di Alessandria, Ichnusa di Cagliari, Lario di Como, Club nautico del remo di Livorno, Adda di Lodi, Sport club nautico di Napoli; nel 1894 il Circolo canottieri Barion di Bari.
La prima edizione dei Campionati nazionali si tenne a Stresa nel 1889, su distanze varianti dai 1250 m in linea retta ai 3500 m con giro di boa. I primi campioni italiani di canottaggio furono la Canottieri Armida nel 4 con (Alessandro Rigat, Vittorio Nicola, Edoardo Bosio, Giuseppe Cappellaro, timoniere Andrea Marchisio); la Canottieri Ticino di Pavia nella veneta a quattro vogatori (Giacomo De Vecchi, Camillo A. Baglioni, Gaetano Barbieri, Antonio De Felici); la Canottieri Esperia di Torino nel 2 con (Ernesto Quagliotti, Eugenio Quagliotti, timoniere A. Bressi); la Canottieri Caprera di Torino nel singolo (Antonio Masera); la Cerea di Torino (Piero Lange e Augusto Lange, timoniere V. Tagliano) nel 2 con. In quell'occasione il singolista Giovanni Resegari della Canottieri Esperia di Trieste (città ancora irredenta), non potendo correre per la propria società, vinse il titolo italiano juniores gareggiando con le insegne del Regio Rowing Club italiano, vestendo però la maglia scarlatta con l'alabarda di Trieste. Dal 1896 in poi il percorso di gara venne definitivamente portato sulla distanza attuale dei 2000 m in linea retta per tutte le categorie di vogatori.
Gli studenti universitari italiani, sull'esempio dei loro colleghi inglesi e francesi, diedero un contributo notevole alla causa del canottaggio. Nel 1891 venne organizzata una regata fra universitari e l'anno seguente il Ministero dell'Istruzione mise in palio un challenge tra tutti gli atenei e gli istituti superiori del Regno.
Alla Direzione generale della neonata Federazione italiana facevano capo le federazioni minori organizzate in sezioni di competenza. Nel 1897 le società in attività affiliate al Regio Rowing Club italiano erano 33, escluse quelle istriane, di Fiume e Dalmazia (allora sotto l'Impero austro-ungarico) riunite nella Società delle regate (Fédération d'aviron adriatique) fondata a Trieste nel 1884. Alla fine dell'Ottocento il canottaggio giuliano-dalmata era in forte sviluppo. Già nel 1754, comunque, si ha notizia di regate disputate a Capodistria fra equipaggi maschili e femminili locali e altri provenienti da Pirano, Isola e Muggia. Ferveva l'attività agonistica a Trieste con le società Canottieri Adria, Esperia, Canottieri Hansa, Saturnia, Turnverein Eintracht e Ginnastica; a Fiume con la Canottieri fiumani e il Nautico Quarnero; a Capodistria con la Libertas; a Parenzo con il Club parentino dei canottieri Adriaco e il Club nautico operaio Istria; a Pirano con la Canottieri Salvore; a Zara con la Canottieri Dalmazia, a Pola con la Pietas Julia.
A Torino c'era una Federazione subalpina (comprendente le sezioni Eridanea, Verbania e Cusiana); a Milano una Federazione lombardo-emiliana (con una sezione Ticinese); a Venezia una Federazione dell'Adriatico (sezione Veneta e sezione Apula); a Firenze una Federazione centrale mediterranea comprendente le sezioni Toscana e Romana; infine a Napoli una Federazione del Sud con le sezioni Partenopea e Palermitana.
Dopo la Prima guerra mondiale, durante la quale persero la vita campioni del remo di grandissimo talento quali Nanni Brunialti, Enrico Capelli, Enrico Fontanella, Teodoro Mariani e Giuseppe Sinigaglia, il canottaggio italiano cominciò a riprendere la sua attività. Nel 1919 si disputò il 26° Campionato nazionale, oltre a regate annuali classiche quali la Milano-Abbiategrasso e l'incontro Piemonte-Lombardia per la disputa della Targa Roggero, che erano state istituite rispettivamente nel 1903 e nel 1906. Il Regio Rowing Club italiano contava, nell'immediato dopoguerra, circa 90 società affiliate e tra queste vi erano anche le società delle province redente (Nettuno, Triestina e Adria di Trieste; Diadora e Dalmazia di Zara; Serenissima e Pietas Julia di Pola; Libertas di Capodistria; Pullino di Isola d'Istria; Eneo, Liburnia e Quarnero di Fiume; Ausonia e Nuova Grado di Grado; Timavo di Monfalcone; Forza e Valore di Parenzo; Redenta di Pirano). Nel 1923 lmutò il nome in Reale federazione italiana di canottaggio (RFIC).
Dopo la proclamazione della Repubblica fu assunta l'attuale denominazione di Federazione italiana canottaggio (FIC). La sede federale, che nel 1933 si era trasferita da Torino a Roma, tornò nel capoluogo piemontese nel 1946 per ripassare definitivamente nella capitale nel 1957. Al 2003 la FIC risultava strutturata sul territorio con 16 Comitati e Delegazioni regionali. Le 247 società affiliate sono così divise sul territorio nazionale: Piemonte 16, Lombardia 45, Veneto 17, Friuli-Venezia Giulia 12, Liguria 20, Emilia-Romagna 7, Toscana 23, Marche 5, Umbria 2, Lazio 26, Abruzzo e Molise 5, Campania 12, Puglia-Basilicata 11, Calabria 6, Sicilia 31, Sardegna 9. I tesserati della FIC sono circa 40.000, divisi fra agonisti e amatori; 30.000 i soci che frequentano abitualmente i circoli di canottaggio, 1500 i giovani che ogni anno si avvicinano a questa disciplina sportiva, capace di offrire un elevato standard di sviluppo fisico, forte personalità e una spiccata coscienza ecologica grazie al contatto con la natura, di cui il vogatore è da sempre uno strenuo difensore.
Oltre ai circoli tradizionali, esistono in Italia società militari e paramilitari, che rappresentano una validissima risorsa, offrendo ai loro atleti sia l'opportunità di svolgere con profitto l'attività agonistica di alto livello, sia la prospettiva di una carriera professionale al termine di essa.
Negli anni Cinquanta venne costituito il Gruppo sportivo corazzieri di Roma, le guardie del presidente della Repubblica. In verità la storia remiera di questo Gruppo, disciolto nel 1973, cominciò nel 1940 quando il singolista Giulio Biasin della Bucintoro di Venezia fu arruolato nei corazzieri e venne segnalato all'attenzione dei dirigenti sportivi del Circolo canottieri Aniene di Roma. Due corazzieri, Chiabai e Galiazzo, fecero parte della squadra azzurra di canottaggio ‒ allenatore Pietro Galli ‒ ai Giochi Olimpici di Monaco 1972. Oltre a Galli, tecnico storico della gloriosa Falck di Dongo, altri illustri personaggi del canottaggio italiano hanno allenato le barche dei 'giganti': da Antonio Ghiardello ad Angelo Fioretti, da Elio Morille ad Angelo Alippi, fino ad Angelo Delle Vedove, ex vogatore dell'otto dei corazzieri che prese parte agli Europei di Amsterdam 1954.
Quattro delle società militari e paramilitari operanti oggi in Italia hanno sede a Sabaudia (Latina): Marina Militare-Centro sportivo remiero, Gruppo nautico Fiamme Gialle, Gruppo sportivo Fiamme Oro, Gruppo sportivo Corpo Forestale dello Stato.
La società Marina Militare-Centro sportivo remiero è nata nel dopoguerra, a Roma, presso un'area del Tevere già destinata all'addestramento dei marinaretti della GIL (Gioventù italiana del littorio). Nel 1950 venne costituita la rappresentanza del canottaggio della Marina Militare, e nel 1952 due marinai parteciparono ai Giochi di Helsinki, come componenti dell'otto italiano. Nel 1958 tale rappresentanza (che comprendeva anche l'attività della canoa) fu trasferita a Sabaudia presso il Collegio Caracciolo, che ospitava orfani del personale della Marina Militare. Nel 1961, chiuso il Collegio, venne costituita la Scuola centrale remiera della Marina Militare cui seguì, nel 1963, la fondazione del Centro remiero Forze Armate. Datano al 1994 il trasferimento nella Caserma Piave di Sabaudia e la nuova denominazione di Distaccamento sportivo della Marina Militare (Maridistsport) alle dirette dipendenze dello Stato maggiore della Marina Militare, Ufficio educazione fisica e sport (Marisport e Marivela). Ai Centri sportivi interforze di canottaggio, canoa e vela, sono oggi associati i rispettivi Centri sportivi giovanili. Gli atleti di questi centri possono continuare l'attività agonistica nella Marina Militare e, al termine di questa, frequentando apposite scuole di formazione, possono concorrere per proseguire la carriera militare in qualità di istruttore marinaresco ed educatore fisico. Tra i vogatori della Marina Militare si possono ricordare Catello Amarante, Franco Berra e Franco Sancassani, tutti affermati campioni di livello internazionale.
Il Gruppo nautico Fiamme Gialle-Sezione canottaggio venne istituito nel 1953 presso la Scuola nautica di Gaeta con il nome di Centro nautico sportivo e lo stesso anno si affiliò alla FIC. Nel 1959, constatata l'impossibilità di allenarsi con profitto, a causa delle acque frequentemente agitate del Golfo di Gaeta, si decise di trovare una sede più idonea per preparare gli equipaggi e competere a livello nazionale e internazionale. Nel 1960, con la denominazione di Gruppo nautico Fiamme Gialle avvenne il trasferimento a Sabaudia dove, sulla riva del Lago di Paola, furono costruiti gli impianti sportivi. Nel 1963 fu costituito il settore giovanile Fiamme Gialle di canottaggio per avvicinare i giovani allo sport del remo e predisporre un vivaio di vogatori in grado di garantire nel tempo il necessario ricambio generazionale e di mantenere l'elevato standard di rendimento agonistico del Gruppo. Il medagliere internazionale delle Fiamme Gialle (1953-2003) è molto ricco: 5 ori olimpici, 2 argenti e 1 bronzo olimpici, 56 medaglie ai Campionati del Mondo assoluti e PL (19 ori, 19 argenti, 18 bronzi), 27 medaglie ai Giochi del Mediterraneo, 46 medaglie fra Campionati Europei, militari, Universiadi. Tra gli atleti più rappresentativi, Agostino Abbagnale, Alessio Sartori, Simone Raineri, Luca Agamennoni, Stefano Fraquelli, Carlo Grande, Nicola Moriconi, Marco Paniccia.
Il Gruppo sportivo Fiamme Oro nacque istituzionalmente come Gruppo sportivo del Corpo delle guardie di Pubblica Sicurezza il 12 agosto 1955 e iniziò l'attività nel 1956 presso il Reparto mobile di Bari, nelle strutture del Circolo canottieri Barion di Bari. I vogatori poliziotti furono poi assegnati al Centro remiero Forze Armate Sabaudia dove gareggiarono fino all'avvento della riforma della Polizia di Stato (1981), che ne decretò l'uscita dalle Forze armate. Dal 1982 il Gruppo ha una propria sede sulle sponde del Lago di Sabaudia. Datano al 1984 la prima affiliazione alla FIC come Gruppo sportivo e l'inizio dell'attività agonistica con i colori cremisi. Il bilancio internazionale delle Fiamme Oro al 2003 era di 2 argenti e 1 bronzo olimpici; 3 ori, 4 argenti e 5 bronzi ai Mondiali assoluti; 14 ori e 4 argenti ai Mondiali PL (pesi leggeri). Tra i campioni del Gruppo, Filippo Soffici, Nicola Sartori, Davide Tizzano, Valter Molea, Lorenzo Carboncini, Raffaello Leonardo, Andrea Re, Fabrizio Ravasi, Enrico Gandola, Salvatore Amitrano, Lorenzo Bertini, Enrico Barbaranelli, Roberto Romanini, Marco Penna, Massimo Guglielmi.
Il Centro sportivo Corpo Forestale dello Stato è anagraficamente il più giovane, essendo stato costituito nel 1974. La sezione canottaggio, al 2003, vantava un palmarès di prim'ordine con 18 medaglie d'oro mondiali, 1 argento olimpico, 2 ori ai Campionati del CISM (Conseil international du sport militaire) e uno ai Giochi del Mediterraneo, nonché 55 titoli italiani conquistati nelle varie categorie. Tra gli atleti più rappresentativi, Leonardo Pettinari, Stefano Basalini, Paolo Pittino, Carlo Gaddi, Filippo Mannucci.
Oltre alle società militari e paramilitari di Sabaudia operano sul territorio nazionale vari Gruppi sportivi dei Vigili del Fuoco: F. Ravalico (Trieste), G. Tomei (Livorno), M. Billi (Pisa), N. Montesi (Pesaro), Maggi (Ancona) e Carrino (Brindisi).
Dall'inizio degli anni Ottanta il canottaggio italiano primeggia in tutto il mondo. Sono diverse le cause, legate indissolubilmente una all'altra, che hanno determinato la crescita agonistica a livello internazionale di questa disciplina: l'organizzazione federale, l'aumentata possibilità di selezionare atleti grazie al lavoro delle società tradizionali, il contributo dei sodalizi militari e paramilitari, ma soprattutto la capacità operativa degli staff tecnici guidati prima da Thor Nilsen e poi da Giuseppe La Mura.
L'Italia del remo ha fatto grandi progressi, lasciandosi alle spalle il periodo più buio della sua storia agonistica che ha coinciso con gli anni Settanta. Si avvertì allora l'esigenza di creare una struttura tecnico-organizzativa di vertice, capace di impostare un lavoro ad ampio raggio su tutto il territorio nazionale, uniformando le varie tecniche di voga. Risalgono a quegli anni tentativi in successione di vari tecnici federali: da Angelo Alippi, lo stratega della Moto Guzzi, al primo allenatore straniero, l'ungherese naturalizzato americano Stephen Orova; dall'allenatore Pietro Galli, anima tecnica della Falck di Dongo, fino ad Armido Torri ex vogatore azzurro e apprezzato allenatore di club. Furono anni poveri di risultati. Dalle due medaglie conquistate ai Giochi Olimpici di Messico 1968 (oro nel 2 con di Primo Baran e Renzo Sambo, timoniere Bruno Cipolla; bronzo nel 4 senza della Falck) fino al 1979, gli azzurri ottennero solo un bronzo ai Mondiali di Bled, grazie al doppio pesi leggeri di Romano Uberti e Mauro Torta.
Dopo il 1980, anno dei Giochi Olimpici di Mosca, arrivò la svolta. Nel 1981 il presidente della FIC Paolo d'Aloja riuscì a far venire in Italia il norvegese Thor Nilsen, tecnico dalle eccellenti referenze internazionali (Premio FISA 2003 alla carriera), che portò spessore tecnico, capacità manageriali, organizzazione. Restò alla guida del remo azzurro per dieci anni (1981-90) durante i quali raggiunse ottimi risultati riportando la disciplina su posizioni di vertice. Intanto, a Castellammare di Stabia, un giovane medico ed ex canottiere, Giuseppe La Mura, cominciava ad attirare su di sé l'attenzione generale, allenando sul mare i due nipoti Giuseppe e Carmine Abbagnale, con i quali iniziò a scrivere una delle pagine più belle della storia del canottaggio italiano.
L'erede di Nilsen fu il tedesco Theodor Koerner, uno studioso di metodologia dell'allenamento che aveva guidato per oltre un ventennio la nazionale tedesco-orientale portandola alla conquista di 73 medaglie d'oro fra Olimpiadi, Mondiali e Campionati d'Europa. Il rapporto con Koerner finì però presto, subito dopo i Giochi Olimpici di Barcellona 1992. Dal gennaio dell'anno successivo l'incarico fu affidato a La Mura. La soluzione trovata 'in casa' si dimostrò quanto mai giusta: l'Italia di La Mura vinse e convinse in ogni campo di regata. Campioni quali i fratelli Giuseppe, Carmine e Agostino Abbagnale o come Francesco Esposito, tutti plasmati nelle acque di Castellammare di Stabia, non restarono fenomeni isolati. Nei suoi primi undici anni di gestione del canottaggio azzurro (1993-2003) La Mura (Premio FISA quale miglior tecnico del 2003) ha conquistato per l'Italia 65 delle 120 medaglie complessive (più della metà) ai Campionati del Mondo assoluti e pesi leggeri (1966-2003) e 5 (2 ori, 2 argenti, 1 bronzo) delle 31 medaglie vinte ai Giochi Olimpici.
Nato come progetto nel 1977 dalla proficua collaborazione fra il CONI, la FIC, la Regione Umbria, l'Amministrazione provinciale e il Comune di Terni e altri Enti locali, il Centro nazionale di Piediluco (Terni) costituisce una struttura remiera tra le più moderne e funzionali d'Europa. Costruito sulla sponda nord-est dell'omonimo lago, occupa un'area di circa 23.500 m2 che comprende spazi destinati ad attrezzature sportive e nautiche. L'impianto, semplice e razionale, progettato da Franco Bovo, figlio di Mario, tra i più stimati allenatori italiani di canottaggio, ha un'architettura che si integra felicemente con il paesaggio circostante. Le acque del lago, solitamente tranquille, permettono tutto l'anno il regolare svolgimento sia degli allenamenti degli atleti azzurri convocati ciclicamente al Centro, sia delle regate nazionali e internazionali che vi si svolgono.
Il Centro di Piediluco ha meritato negli anni il riconoscimento da parte degli organismi remieri internazionali: nel 1980 ha ospitato con successo la Coppa delle Nazioni riservata ai canottieri under 23 e nel 1982 il Campionato juniores della Federazione internazionale di canottaggio (FISA); dal 1985 è sede del 'Memorial Paolo d'Aloja', una manifestazione nata per ricordare lo scomparso presidente della FIC (al quale lo stesso Centro è intitolato) e che si svolge annualmente in primavera come regata di apertura del calendario remiero internazionale. Insostituibile punto di riferimento di tutta l'attività del canottaggio azzurro, il Centro di Piediluco assicura i rapporti con le Regioni, le società, gli allenatori e gli atleti. Oltre ad assolvere ai compiti prioritari finalizzati al raggiungimento del massimo risultato agonistico, il Centro ha un ruolo importante nella produzione di programmi didattico-formativi: corsi di aggiornamento, seminari, convegni di studio e altre iniziative vengono organizzati annualmente, ottenendo una buona risposta partecipativa. Il Centro è provvisto di attrezzature specifiche per il canottaggio: sala per i remoergometri (strumenti che simulano il movimento della voga consentendo l'allenamento in qualsiasi situazione meteorologica), palestra, sala per le valutazioni fisiologiche, sale massaggi, pronto soccorso, sauna, deposito per circa 80 imbarcazioni ecc.
Sotto la gestione di Thor Nilsen il Centro di Piediluco divenne un polo di riferimento internazionale, base permanente di stage tecnico-didattici a livello mondiale. Dal 1993 la struttura operativa fa capo al direttore tecnico La Mura, che si avvale della collaborazione di 28 allenatori, responsabili dei singoli settori (seniores, pesi leggeri, juniores e under 23) e delle varie specialità delle imbarcazioni. Il totale degli allenatori di canottaggio operanti sul territorio nazionale nelle 180 società remiere è di circa 400 unità, divise in fasce di primo, secondo, terzo e quarto livello. Uno staff medico federale affianca il lavoro dei tecnici del Centro.
La FIC nel 1982 ha realizzato anche l'idea comune, nata dall'allora presidente d'Aloja e dal direttore tecnico Nilsen, di un College per vogatori studenti delle scuole medie superiori, scelti in base a particolari caratteristiche fisiologiche e antropometriche. Lo scopo prioritario del College è quello di formare vogatori di alto livello, in grado di affermarsi in campo internazionale, fornendo ai giovani studenti un sostegno mirato ad accrescere la loro preparazione tecnica e atletica e, indirettamente, a stimolare e migliorare l'attività remiera dei rispettivi club di appartenenza. Sino a oggi oltre 200 giovani hanno frequentato il College, un serbatoio di atleti che hanno conquistato podi olimpici e mondiali nelle categorie seniores, juniores e pesi leggeri. Tra loro, alcuni sono diventati grandi campioni, come Davide Tizzano (oro olimpico nel 4 di coppia a Seul 1988 e oro olimpico nel doppio ad Atlanta 1996, più volte campione mondiale junior e senior), Alessio Sartori (oro olimpico a Sydney 2000, pluricampione del mondo junior e senior) e Simone Raineri, anch'egli medaglia d'oro a Sydney alla guida del 4 di coppia.
Negli anni 1982-83 e 1983-84 ha funzionato a Piediluco anche un College femminile frequentato da cinque atlete che hanno ottenuto ottimi risultati portando per la prima volta il canottaggio azzurro donne a una partecipazione olimpica. Raffaella Memo, Alessandra Borio, Donata Minorati, Antonella Corazza (che sostituì l'infortunata Paola Grizzetti), timonate da Roberta Del Core furono seste nella finale del 4 di coppia con timoniere a Los Angeles 1984, terze nel 1983 a Vichy ai Campionati del Mondo juniores e prime nella Coppa d'Europa 1984.
I vogatori del College gareggiano sempre per i colori delle loro società di origine. Va sottolineato che l'attività del canottaggio non condiziona il profitto scolastico dei ragazzi, grazie anche alla vigile presenza e al costante supporto di un tutor.
Nella seconda metà del 19° secolo la popolarità del canottaggio ebbe un forte incremento. Si moltiplicarono i club e le federazioni nazionali dei vari paesi. Mancava tuttavia un organismo internazionale che le rappresentasse e uniformasse le tante differenze esistenti fra i singoli codici delle regate. Ogni paese adottava percorsi di gara diversi, non esistevano regole uniformi nella costruzione e nell'armamento delle imbarcazioni, c'era assoluta libertà riguardo ai premi, con un preoccupante margine di iniziativa lasciato agli allibratori.
La Federazione belga di canottaggio, che nel 1890 aveva istituito un Campionato d'Europa (la regata per un'unica categoria di barche, il singolo, si svolse il 21 settembre su un percorso di 2840 m in linea retta sul canale di Terneuzen a Cluysen-Terdonck e la vittoria andò a Edouard Lescrauwet dello Sport nautique de Bruges), prese l'iniziativa di convocare in congresso i delegati delle varie nazioni. Il 21 luglio 1891, a Bruxelles, i rappresentanti di Belgio, Francia, Italia, Olanda e Svizzera si incontrarono sotto la presidenza di Hector Colard, della Federazione belga. Lo scopo era di arrivare a una definizione unica del vogatore dilettante. I convenuti decisero di riunirsi l'anno seguente a Torino per redigere un Codice internazionale delle regate. Il 25 giugno nella città piemontese erano presenti: Giovanni Giorguli (Austria) in rappresentanza della Società delle regate comprendente le Società di canottaggio dell'Adriatico; Colard, Aimé Duhot e J. De Dryver (Belgio) per la Federazione belga; R. Biscaretti (Alsazia-Lorena) per il Rowing Club di Strasburgo; P.V. Stock (Francia), il fondatore della rivista Aviron, per l'Union des sociétés d'aviron, la Fédération des sociétés nautiques du nord e l'Union des sociétés d'aviron du nord-est; M. Frilet (Francia) per la Fédération du sud-est; L. Guittard (Francia) per l'Union nautique du sud-est; Edoardo Scarampi di Villanova e Luigi Capuccio (Italia) per il Rowing Club italiano; A. Séguin (Svizzera) per la Société nautique de Genève. Il Real Club di Barcellona, sebbene non rappresentato, aderì alle decisioni del congresso, mentre l'Amateur rowing association (ARA) di Londra non poté inviare un suo delegato.
I lavori portarono alla creazione della Federazione internazionale di canottaggio (FISA, Fédération internationale des sociétés d'aviron), la prima in ordine cronologico di tutte le Federazioni sportive internazionali. Sulla paternità della Federazione belga riguardo alla fondazione della FISA, Mimmo Bombi, capo dell'Ufficio stampa del Regio Rowing Club italiano durante il periodo fascista, ebbe a manifestare i suoi dubbi sostenendo che la riunione di Torino era stata invece un'iniziativa della Federazione italiana, come citato ufficialmente nell'art. 1 dello Statuto della FISA. Lo stesso Bombi aggiunse che la Federazione adriatica era stata cancellata dall'elenco delle nazioni fondatrici, pur figurando nell'art. 1 dello Statuto, per evitare complicazioni politiche: le società giuliano-dalmate non intendevano essere considerate esponenti dello sport dell'Austria, né i dirigenti della neonata FISA volevano assumersi la responsabilità di considerarle italiane. Per trentun anni (dal 1958 al 1989, anno della sua morte) la FISA è stata presieduta dallo svizzero Thomas Keller. Eccellente vogatore in gioventù, Keller è stato campione elvetico nel doppio e nel singolo. In quest'ultima specialità fu medaglia di bronzo agli Europei di Milano del 1950.
Secondo i dati 2003, la FISA conta in tutto il mondo 115 federazioni affiliate. Il suo obiettivo primario è quello di promuovere il canottaggio facendone uno sport universale. Suoi compiti specifici sono mantenere l'etica del canottaggio; sviluppare la disciplina in tutte le sue forme; aiutare i club e le Federazioni nazionali; contribuire alla creazione di nuovi campi di regata; organizzare i campionati internazionali e le competizioni olimpiche; adottare le disposizioni necessarie per l'aiuto allo sviluppo e alla promozione di questo sport. La FISA difende i valori del canottaggio, il suo ruolo educativo, il suo contributo al rafforzamento della cooperazione internazionale, il suo essere uno sport ideale per tutti e per tutte le età. Combatte il doping e le manipolazioni tecniche, mira a evitare che eccessivi vantaggi siano ottenuti attraverso la costruzione di barche o di attrezzi.
Le date più importanti che hanno segnato il percorso della FISA sono connesse al varo delle grandi manifestazioni agonistiche e all'introduzione di nuove specialità e categorie di vogatori. I Campionati Europei maschili esordirono al Lago d'Orta nel 1893; le regate olimpiche a Parigi nel 1900 (le gare olimpiche indette ad Atene nel 1896 dovettero essere annullate per le avverse condizioni del tempo e per la scarsa partecipazione); i Campionati di canottaggio sudamericani a Montevideo nel 1931; i Campionati Europei femminili ad Amsterdam, nel 1954; i Campionati del Mondo maschili a Lucerna, Svizzera, nel 1962; la regata FISA per juniores a Ratzeburg, Germania, nel 1967; il Campionato FISA junior a Giannina, Grecia, nel 1970; la regata FISA per veterani a Vienna, nel 1973; i Campionati del Mondo femminili e il Campionato FISA pesi leggeri maschili a Lucerna, nel 1974; le gare femminili ai Giochi Olimpici di Montreal nel 1976; il Campionato FISA junior femminile a Belgrado nel 1978. Nel 1985 si inaugurarono il Campionato FISA pesi leggeri femminili e il Campionato Asiatico, e inoltre i Campionati FISA juniores e pesi leggeri diventarono Campionati del Mondo; nel 1992 si celebrò a Torino il centenario della Federazione internazionale e nel 1996, ad Atlanta, i pesi leggeri parteciparono per la prima volta ai Giochi Olimpici.
Altre date importanti riguardano interventi di tipo normativo. Una data fondamentale è il 1997 quando a Chambéry (Francia) il Congresso ordinario della FISA decise di cancellare il termine 'dilettante' e i suoi relativi richiami dallo Statuto e dal Codice delle regate. Tale provvedimento fu preso in considerazione della sempre più marcata incompatibilità tra il codice del dilettantismo e la crescente commercializzazione del canottaggio, emersa in più occasioni. Le norme vigenti sul dilettantismo vennero sostituite dalla regola nr. 14 sull'ammissione dei vogatori alle regate internazionali, secondo la quale i concorrenti possono ricevere premi in denaro o sotto altre forme e concludere contratti di patrocinio, a patto che le rispettive Federazioni nazionali li abbiano approvati e che siano in accordo con le regole della FISA e in particolare con quelle che attengono alla pubblicità. Queste regole prevedono che le barche partecipanti alle competizioni internazionali possano indicare il nome dello sponsor principale della manifestazione che potrà essere adottato anche dai vogatori. I fondi derivanti da queste concessioni vengono utilizzati per sostenere finanziariamente le nazioni partecipanti e per incrementare i programmi di sviluppo.
Sempre nel 1997 la FISA lanciò la Coppa del Mondo di canottaggio. La manifestazione, che si tiene a cadenza annuale, dal 2001 prevede per quattro week-end in altrettante sedi una serie di regate che sono parte integrante del calendario internazionale. Lo scopo della FISA è di fare della Coppa del Mondo un punto di riferimento per i migliori vogatori in una competizione di alto livello e di creare così un efficace veicolo per promuovere ulteriormente la disciplina attraverso il coinvolgimento di sponsor e media televisivi. Alla manifestazione partecipano le seguenti imbarcazioni: singolo, 2 senza, doppio, 4 senza, 4 di coppia e otto per la categoria senior maschile; singolo, 2 senza, doppio, 4 di coppia e otto per la categoria senior femminile; doppio e 4 senza per la categoria pesi leggeri maschili; doppio per la categoria pesi leggeri femminili.
Nel 1998 la FISA ha introdotto nel Codice delle regate internazionali una nuova opzione per quanto riguarda i marchi sulle imbarcazioni, concedendo che oltre al marchio del costruttore (massimo 20 cm di larghezza e 2 cm di altezza, apponibile su entrambi i lati dell'imbarcazione) possa essere pubblicizzato anche il nome della barca.
Un problema tuttora irrisolto riguarda il numero dei vogatori che partecipano ai Giochi Olimpici. Il CIO, dopo aver cancellato dal programma dei Giochi le prove del 4 con e del 2 con dopo le Olimpiadi di Barcellona 1992, ha ridotto ulteriormente il numero dei vogatori portandolo dai 606 di Atlanta 1996 ai 550 di Sydney 2000. Il ridimensionamento era conseguenza della critica mossa al canottaggio di non essere uno sport universale: ad Atlanta, infatti, più del 66% degli atleti in gara proveniva dall'Europa. Il gruppo di lavoro incaricato di rivedere le quote di partecipazione sottolineò che una simile situazione avrebbe potuto giustificare un ulteriore taglio del numero dei partecipanti, prospettiva che suscita legittime preoccupazioni in seno alla FISA, allarmata per il futuro olimpico dello sport da essa amministrato. Attualmente il programma olimpico prevede 14 classi di imbarcazioni.
Secondo il Codice delle regate della FIC le categorie sono divise in base all'età, riferita sempre agli anni compiuti al 1° gennaio. Allievo è il vogatore o la vogatrice dai 10 ai 14 anni di età, distinti nelle sottocategorie A, B, C; ragazzo è il vogatore o vogatrice dai 15 ai 16 anni; junior è il vogatore o vogatrice dai 17 ai 18 anni; under 23 è il vogatore o vogatrice dai 19 ai 22 anni; senior A il vogatore o la vogatrice che ha compiuto 23 anni. Un altro criterio di classificazione riguarda il peso degli atleti. Peso leggero (PL) è il vogatore o vogatrice, junior o senior, che partecipa a regate riservate a questa categoria (per gli uomini il limite di peso individuale è di kg 72,5, mentre per un equipaggio di due o più vogatori il peso medio non può superare i 70 kg escluso il timoniere; per le donne il peso individuale è di kg 59,5 e quello medio dell'equipaggio è di 57 kg); veterano è il vogatore che ha compiuto 27 anni e che nel corso dell'anno precedente e di quello corrente non ha partecipato a regate riservate alle categorie seniores A e B su 1500 e 2000 m (la categoria veterani si divide nelle sottocategorie A, B, C, D, E, stabilite in base all'età media dell'equipaggio). Il timoniere è soggetto alle varie categorie di vogatori: se è ragazzo o junior deve pesare al massimo 50 kg, se senior 55 kg; le timoniere, per ogni categoria sopra descritta, pesano 5 kg in meno dei maschi. A seconda delle classi di imbarcazioni il timoniere può trovarsi o a poppa o a prua dell'imbarcazione stessa.
Per le categorie maschili sono previste le specialità: 4 con (4+), doppio (2x), 2 senza (2‒), singolo (1x), 2 con (2+), 4 senza (4‒), 4 di coppia (4x), otto (8+). Le varie specialità non riguardano tutte le classi d'età. I seniores A (SA) svolgono tutte le specialità; gli under 23 tutte eccetto il 2 con; gli juniores tutte; i ragazzi tutte eccetto il 2 con; i pesi leggeri tutte eccetto il 4 con e il 2 con; gli allievi praticano soltanto il doppio, il singolo e il 4 di coppia, e i veterani unicamente il 4 con, il doppio e il singolo.
Per le categorie femminili (corrispondenti a quelle maschili, è assente però quella dei veterani) è previsto un numero inferiore di specialità in quanto non sono contemplati, per tutte le classi d'età, il 4 con, il 2 con e l'otto. Seniores A (SA), under 23, juniores e ragazze praticano le varie specialità a eccezione delle tre suddette. Più ridotto è il campo d'azione dei pesi leggeri, che non partecipano al 4 di coppia, e delle allieve, che non accedono al 2 senza e al 4 senza.
Queste regole si riferiscono solo all'attività remiera fissata dalla FIC. A livello internazionale esistono, infatti, alcune differenze: nelle categorie seniores e juniores femminili, oltre alle cinque specialità sopra indicate, è prevista anche la gara dell'otto con timoniere. Per quanto riguarda la categoria allievi, per la quale non esiste internazionale, oltre al singolo e al doppio è previsto l'uso del miniskiff, barca costruita appositamente per l'attività propedeutica dei giovanissimi vogatori.
Sulla base delle indicazioni della FISA, la FIC ha istituito gare sulla distanza dei 2000 m per le categorie ragazzi e juniores; di 1500 m per gli allievi C e i cadetti e di 1000 m per gli allievi A e B.
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Per molto tempo le regate si svolsero su jole da mare, barche pesanti con la chiglia, costruite con fasciame fatto di tavole di legno di cedro, con sedili fissi e con scalmi (parti terminali dei bracci in cui si infilano e si appoggiano i remi) sul bordo. Nel 1828 un carpentiere inglese di nome Ridley adattò a uno scafo degli scalmi sporgenti in legno e due anni dopo un altro britannico, Emet, costruì la prima barca con scalmi sporgenti in metallo: era nato l'attuale outrigger ("fuori scalmo"). Nel 1856 il carpentiere Mat Taylor inventò la prima imbarcazione da gara senza chiglia, leggerissima e dalla superficie perfettamente liscia; con questa barca lo stesso anno il Royal Chester Rowing Club vinse facilmente a Henley il Grand Challenge Cup. Altre fonti riportano che fu Harry Clasper di Newcastle il primo a realizzare una barca a quattro vogatori senza chiglia. Nel 1854 il tedesco Rettich diminuì il peso dei remi fabbricandone l'asta cava.
Infine, al 1857 risale l'ultima invenzione che rivoluzionò radicalmente la tecnica di voga, partendo dalla ormai radicata convinzione che insieme alle braccia e alle gambe anche il tronco del vogatore dovesse partecipare alla fase della passata in acqua del remo, allungando così l'entrata delle pale in acqua. A questo fine gli inglesi avevano adottato una soluzione singolare, allungando il carrello e spalmandolo di grasso per scivolarvi sopra indossando dei calzoncini di cuoio. Il problema fu risolto definitivamente dall'americano S.C. Rabkok di Chicago, che progettò un carrello mobile poggiante su due rotaie. L'idea fu successivamente perfezionata dal berlinese Schiller, il quale sostituì al carrello slittante un carrello rullante su piccole ruote d'acciaio, oggi universalmente adottato.
Il secolo successivo consegnò allo sport del canottaggio una tecnica di voga sempre più funzionale, grazie alle conoscenze e allo sviluppo della scienza biomeccanica. A questa evoluzione si affiancarono nuove metodologie di allenamento e la scoperta di nuovi materiali da costruzione che sostituirono gradatamente il legno, rendendo le imbarcazioni sempre più leggere, veloci e resistenti, mentre i remi cambiarono progressivamente la forma delle pale e migliorarono la loro elasticità, garantendo una sempre più efficace presa sull'acqua.
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Nel canottaggio si distinguono due tipi di imbarcazioni: quelle 'di punta', nelle quali ogni vogatore impugna, con entrambi le mani, un solo remo, e quelle 'di coppia', nelle quali ogni vogatore impugna due remi. All'interno di tale classificazione le imbarcazioni si suddividono ulteriormente in barche di tipo regolamentare (dette anche jole da mare) e barche di tipo olimpico.
Le imbarcazioni di tipo regolamentare differiscono profondamente dal tipo olimpico in quanto sono molto più larghe e pesanti, interamente costruite in fasciame costituito da liste di legno, e soprattutto hanno gli scalmi fissati ai bordi delle imbarcazioni (e non sporgenti come nelle outriggers). Vengono utilizzate in regate che si svolgono appunto sul mare, nell'ambito del calendario agonistico nazionale della FIC e cioè nella disputa annuale di uno specifico Campionato italiano. Possono essere sia di 'coppia' sia di 'punta'. Le prime comprendono il canoe singolo o canoino e il canoe doppio o doppio canoino; le seconde la jole a otto vogatori con timoniere, la jole a quattro vogatori con timoniere e la jole a due vogatori con timoniere.
Tra le imbarcazioni olimpiche si distinguono serie di coppia (singolo o skiff, due di coppia o doppio, quattro di coppia o quadruplo) e serie di punta (due, quattro e otto con timoniere, due e quattro senza timoniere).
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Guide e carrello. Il vogatore dispone in barca di uno spazio massimo di 1,3 m di lunghezza, occupato per metà circa dalle guide e per metà dalla pedaliera. La regolazione di queste misure dipende, in massima parte, dalle dimensioni dell'atleta, il quale, comunque, nello scorrimento del carrello non riesce mai a coprire l'intera lunghezza delle guide. Queste ultime sono di metallo, appoggiate su un supporto di legno in genere rialzato verso la prua dell'imbarcazione. La lunghezza normale delle guide è di 70-75 cm. Se sono regolabili, si fissano in modo che fra la linea della scalmiera e la fine corsa verso prua delle ruote posteriori del carrello vi siano 66 cm.
I carrelli, che variano nella forma ma non nelle parti meccaniche, al fine di agevolare ricambi e sostituzioni, sono muniti di due angolari laterali che li fermano alle guide durante le manovre a terra o nel caso di rovesciamento della barca in acqua.
Pedaliera. - Rappresenta la parte più delicata di tutto l'insieme delle attrezzature poiché dalla sua corretta regolazione dipende il posizionamento ottimale del corpo del vogatore. La distanza dal bordo inferiore della pedaliera (appoggio del tallone) al bordo superiore della parte più bassa del carrello, spostato tutto in avanti (ossia verso poppa) è generalmente di 18 cm; riducendola si precluderebbe al vogatore il migliore impiego delle gambe, che rappresentano il mezzo determinante di spinta per la velocità dell'imbarcazione. Le pedaliere vanno adattate alla struttura fisica dell'atleta: alla lunghezza del busto per l'altezza degli scalmi; alla profondità del puntapiedi per la lunghezza della tibia; al posizionamento del supporto del puntapiedi per la lunghezza degli arti inferiori. Nelle imbarcazioni moderne le pedaliere presentano scarpe al posto delle vecchie cinghie, a garanzia di un migliore assetto in barca del vogatore.
Bracci. Per anni nelle barche da competizione è stato adottato un sistema di bracci in tubi di ferro con aste di collegamento. Oggi le scalmiere sono state notevolmente semplificate e alleggerite, dotate di una serie di accorgimenti che permettono la regolazione dei bracci, consentendo di migliorare le condizioni di trasmissione dello sforzo in relazione alla taglia fisica del vogatore.
Scalmiere. - Lo scalmo è la parte terminale del braccio in cui si infila e si appoggia il remo. I primi scalmi erano costruiti in bronzo, sostituito successivamente da leghe leggere. Oggi gli scalmi sono realizzati interamente con materiali plastici. Anche questa parte dell'imbarcazione è dotata di slitte e di rulli che rendono possibili sia le operazioni di aggiustamento sia quelle di una rapida sostituzione. La principale regolazione dello scalmo riguarda la possibilità di inclinare il dorso del remo, così da consentirne la corretta angolazione nella fase della passata in acqua.
Timone. Sino a qualche anno fa i timoni venivano applicati alla estrema poppa dell'imbarcazione. In seguito alcuni studi, effettuati anche in Italia, hanno dimostrato che quella posizione provocava una notevole perdita di velocità globale dell'imbarcazione, pari al 15% della resistenza d'attrito, e si è quindi deciso di spostare i timoni sotto la chiglia, a contatto completo con l'acqua. Un'ulteriore evoluzione delle timonerie è rappresentata dal cosiddetto timone a pinna, adottato in tutte le imbarcazioni lunghe (4 senza, 4 con, otto). Nelle barche senza timoniere il timone è azionato da uno dei vogatori (solitamente quelli di prua) agendo con un piede su una parte mobile della pedaliera. In quelle con, per eliminare al massimo l'attrito con l'aria prodotto dal corpo del timoniere, questi sta completamente sdraiato nell'abitacolo costituito dalla cassa d'aria e situato a prua nelle imbarcazioni del 2 con e del 4 con.
Remi. - Il remo è costituito da un'asta, sulla quale si trovano l'impugnatura e il girone per l'appoggio nello scalmo, e da una parte terminale, detta pala. Per proteggere il remo nella zona di contatto con la scalmiera si usa una protezione di plastica fermata da un collare. Fino agli anni Ottanta del 20° secolo le pale erano in legno e di svariate forme, alcune asimmetriche in quanto l'asimmetricità garantisce un maggiore scivolamento della barca durante la fase di spinta, per la migliore tenuta della pala nella prima parte dell'attacco in acqua. Attualmente i remi vengono costruiti in materiali plastici e si adottano in genere pale a losanga, ideate negli Stati Uniti nel 1991, che rispetto ai remi tradizionali, hanno lunghezza del braccio in acqua ridotta, l'area del cucchiaio più larga e una forma asimmetrica. Così, a parità di forza e velocità all'impugnatura, si genera una forza maggiore sulla pala, il che significa maggiore velocità dell'imbarcazione. Inoltre le pale grandi sono più stabili in acqua e possono essere usate anche da vogatori non particolarmente dotati sul piano tecnico, poiché non necessitano di eccessiva sensibilità. Le pale oggi più usate sono le americane Big Blade e Smoothie.
Le imbarcazioni moderne offrono la possibilità di apportare regolazioni individuali ai banchi di voga sulla base delle caratteristiche tecniche e fisiologiche di ciascun vogatore. Ciò consente di migliorare il rendimento delle imbarcazioni, mentre lavorando su imbarcazioni mal regolate si creano problemi per i vogatori e non si ottiene un buon rendimento. Le possibilità di regolazione riguardano in particolare le pedaliere (angolo e altezza), la distanza della scalmiera dal centro delle imbarcazioni, l'altezza della scalmiera, i remi (leva interna ed esterna).
Il legno, materiale tradizionale legato alla storia della navigazione, è stato da tempo accantonato, superato dalla scoperta e applicazione di nuovi più duttili materiali. Le barche di alta competizione (di tipo olimpico) dell'ultima generazione, sempre più sofisticate, resistenti, leggere, veloci, sono costruite su misura, come abiti, per esaltare al massimo le caratteristiche antropometriche dei vogatori. Nel giugno 2003, un doppio interamente in fibra di carbonio, scalmi compresi, è stato realizzato dal cantiere Filippi di Donoratico per gli azzurri Leonardo Pettinari ed Elia Luini, campioni del mondo e vicecampioni olimpici a Sydney 2000 nel doppio pesi leggeri.
In generale si ha l'impiego coordinato e diversificato di tessuti con fibre di carbonio, kevlar e vetro, componenti usati dall'industria aeronautica. La costruzione procede mediante l'uso di stampi, sui quali, per prima cosa, si spruzza il colore; sul colore vengono successivamente stesi e impregnati con resine di altissima qualità tessuti di carbonio e kevlar di varie grammature e spessore, inframmezzati da pannelli in honeycomb o nido d'ape, oppure PVC (cloruro di polivinile). In sostanza lo scafo viene a essere composto da due strati di kevlar strutturati a 'sandwich', rinforzati con fibre di carbonio nei punti di maggiore sollecitazione quali il ponte portacarrelli, lungo la chiglia e attorno le ordinate. Tale composto di tessuti e nido d'ape garantisce all'imbarcazione maggiore velocità, robustezza, leggerezza e rigidità sia trasversale sia longitudinale. Per capire meglio la differenza tra legno e fibra basti pensare che un otto in legno costruito negli anni Settanta pesava 120 kg, mentre ora la stessa barca, in fibra, può pesare soltanto 86 kg.
Anche le strutture interne, come le sentine e i banchi voga, sono realizzate con tessuti di carbonio seguendo le stesse procedure sopra descritte. Una tecnologia evoluta si applica per bracci, scalmi, carrelli, guide e scarpe. I bracci sono costruiti in carbonio o in lega speciale; sono estremamente rigidi e leggeri e sono interamente regolabili; i carrelli sono in legno pregiato ultraleggero o in carbonio; le guide sono realizzate in lega speciale in alluminio anodizzato e sono regolabili; le scarpe vengono fornite da ditte specializzate. Infine, l'ultima versione delle scalmiere, cosiddetta ad ala, evita il trasferimento di sollecitazioni allo scafo riducendo le dispersioni di energia e aumentando la stabilità e la durata. I remi, una volta in legno, vengono costruiti in fibra di carbonio. I materiali usati oggi hanno una notevole incidenza sul costo di una imbarcazione, mentre su una barca in legno era la manodopera a incidere maggiormente.
I nomi dei costruttori di imbarcazioni da canottaggio attualmente più diffusi sul mercato mondiale sono Filippi e Salani (Italia), Ayling e Janousek (Gran Bretagna), Empacher e BBG (Germania), Stampfli (Svizzera); Vespoli (USA); Liangjin (Cina).
Buona parte della storia del canottaggio è legata alle imbarcazioni a sedile fisso, fino a quando la rivoluzionaria scoperta del sedile scorrevole, fatta da Rabkok, mutò radicalmente lo sport. Il canottaggio entrò allora nell'era moderna, utilizzando barche sempre più leggere e affusolate. Le imbarcazioni pesanti e robuste, costruite per sfidare le onde del mare e dei laghi, sono rimaste tuttavia radicate nella tradizione e nella vita lavorativa, nel folklore e nel costume di molte regioni italiane. Ne sono esempio i gozzi liguri, le 'Lucie' del Lago di Como, i galeoni delle Repubbliche marinare, le caratteristiche imbarcazioni venete: scafi interamente costruiti in legno per gare fra rioni in occasioni festive, come il Palio marinaro del Tigullio, il Palio del Golfo di La Spezia, quello dell'Argentario, le regate lombarde e venete.
L'attività agonistica del canottaggio a sedile fisso è gestita dalla omonima Federazione (FICsf), derivata da quella costituita nel 1911 nella sede della Canottieri Lario, sotto la presidenza onoraria del principe di Piemonte. La Federazione lariana di canottaggio crebbe notevolmente nel dopoguerra, grazie alla passione di Gaetano Rissotto, sotto la cui gestione l'attività remiera a sedile fisso ebbe i suoi primi campionati italiani sul mare ad Ancona. A Genova il canottaggio a sedile fisso era lo sport più popolare dopo calcio e ciclismo, tanto da spingere il Comune a istituire nel 1955 il Palio di S. Pietro e a dotare le società cittadine di gozzi in legno a quattro vogatori con il timoniere rigorosamente in piedi. Erano maturi i tempi per la costituzione di una Federazione nazionale e per la creazione di uno scafo comune alle varie realtà territoriali. Fu scelta la jole lariana (a 2 e a 4 vogatori) che divenne la barca ufficiale della neonata Federazione, fondata a Genova nel 1963. Nel 1986 venne progettata e realizzata una nuova imbarcazione in vetroresina, il gozzo nazionale a 4 vogatori con timoniere. Lo stesso anno il Comune di Genova sostituiva i tradizionali gozzi da palio (in legno) con i nuovi gozzi nazionali (scafo in vetroresina, remi in legno). Durante la presidenza di Alfredo Biondi la FICsf ottenne il riconoscimento di disciplina associata alla FIC e nel biennio 1995-1996 fu realizzata la prima imbarcazione propedeutica a sedile fisso, l'Elba, destinata ai giovani dai 10 ai 14 anni, che sino ad allora potevano gareggiare solo come timonieri.
La FICsf conta circa 150 società affiliate e circa 1500 atleti agonisti. Le imbarcazioni regolamentari riconosciute dalla Federazione sono: l'Elba, la jole lariana a 2 e 4 vogatori, il gozzo nazionale. Esistono poi scafi speciali che comprendono varie tipologie di imbarcazioni a marcato carattere locale quali le Venete, le Lucie, i gozzetti e il gozzo ligure. Le categorie di vogatori sono: esordienti (10-11 anni, maschi e femmine solo su barca Elba); allievi (12-13 anni, maschi e femmine, solo su barca Elba); cadetti (14-15 anni, maschi e femmine, su barca Elba e su jole); ragazzi (16-17 anni, maschi e femmine, su barca Elba e su jole); juniores (18-20 anni, maschi e femmine, voga di coppia e di punta); seniores (dal ventunesimo anno di età, maschi e femmine, voga di coppia e di punta); amatoriali. I timonieri possono appartenere a tutte le categorie di vogatori (eccetto quella amatoriale) e il loro peso non può essere inferiore ai 45 kg.
Il percorso di gara si svolge sulla distanza dei 2000 metri in linea retta per tutte le categorie di vogatori (seniores maschili e femminili, pesi leggeri maschili e femminili) con sei corsie riservate agli equipaggi e delimitate da boe.
Ogni regata prevede la disputa di batterie eliminatorie, recuperi, semifinali e finali. Nelle batterie eliminatorie i numeri d'acqua sono assegnati per estrazione a sorte, esclusi i casi nei quali viene adottato il sistema delle 'teste di serie'. Gli equipaggi designati come 'teste di serie' sono piazzati direttamente nelle corsie al centro del campo di gara. Per i recuperi, le semifinali e le finali, gli equipaggi che hanno ottenuto nelle fasi immediatamente precedenti i migliori risultati sono assegnati alle corsie centrali. Laddove le condizioni atmosferiche siano avverse e non sia possibile rinviare o annullare le gare, il Comitato esecutivo della FISA può modificare di sua iniziativa il sistema di attribuzione dei numeri d'acqua, allo scopo di concludere comunque le regate. Queste modifiche devono tenere conto degli esiti ottenuti nelle fasi precedenti delle medesime regate, così da piazzare gli equipaggi che hanno realizzato le migliori performance nelle corsie più favorevoli.
I recuperi sono riservati agli equipaggi che non sono riusciti a raggiungere, nelle batterie eliminatorie, la qualificazione diretta alle semifinali. Si tratta quindi di una seconda possibilità che, se fallita, comporta l'eliminazione definitiva dell'equipaggio. Accedono alla finale A i primi tre equipaggi classificati nelle due semifinali, mentre gli altri sei disputano la finale B, dal settimo al dodicesimo posto. Vanno sul podio i primi tre equipaggi classificati della finale A.
Alla partenza le imbarcazioni sono tenute ferme dalla poppa ai pontoni di partenza, mentre le prue sono affiancate sulla linea di partenza. Se un equipaggio non è pronto il vogatore di prua può alzare il braccio prima che il giudice proceda all'appello degli equipaggi. Quando l'ultimo equipaggio è stato chiamato il giudice alza una bandiera rossa e dà l'ordine "Attention"; a distanza di una breve pausa dice "Go" e contemporaneamente abbassa la bandiera. Fino a qualche anno fa lo starter dava la partenza in lingua francese: "Êtes-vous prêts?", "Partez!". Questa formula è stata poi abbandonata per la più concisa e funzionale terminologia inglese. In caso di falsa partenza lo starter agita una campana e sventola la bandiera rossa per richiamare gli equipaggi. Una doppia falsa partenza comporta l'eliminazione dell'equipaggio che la commette. Questo sistema di partenza sta per essere soppiantato da una sofisticata tecnologia, introdotta ai Giochi di Atlanta del 1996 e ora in uso sia alle Olimpiadi sia ai Campionati del Mondo: il nuovo sistema utilizza il semaforo, che passa dal rosso al verde come nelle partenze delle gare di Formula 1, ed elimina il ricorso alla bandiera dello starter; viene attivato dallo stesso starter mediante un pulsante che, contemporaneamente, abbassa le 'scarpe' che trattengono le prue delle imbarcazioni, dando inizio così al cronometraggio.
Se entro i primi 100 m si verifica un incidente a un'imbarcazione, la partenza viene ripetuta. Un equipaggio che esce dalla propria corsia può essere squalificato se danneggia l'equipaggio vicino. L'equipaggio che taglia per primo la linea dei 2000 m, una volta che il giudice di arrivo e il photofinish abbiano convalidato la regolarità dell'azione, viene dichiarato vincitore.
Le regate di canottaggio si svolgono su mari, fiumi, laghi e bacini artificiali. Le regate in mare sono riservate alle imbarcazioni di tipo regolamentare e si disputano sempre e comunque entro i porti; regate di outriggers, o fuori scalmo, sono difficili se non impossibili da organizzare, poiché l'irregolarità del moto ondoso impedisce la corsa di imbarcazioni leggerissime, che necessitano di una tecnica molto sofisticata. I fiumi non sono adatti per regate di alto livello, date le irregolarità dei loro alvei, le frequenti curve, la variabilità delle correnti; tuttavia il Po, il Tevere, l'Arno, il Ticino ospitano da sempre le sedi di società remiere storiche, che sulle loro acque allenano i propri equipaggi organizzando anche regate 'sprint' e di resistenza a livello zonale, interzonale e nazionale.
I laghi naturali sono ottimi campi per regate nazionali e internazionali di alto livello. Il più famoso è il Rot-see di Lucerna, in Svizzera, tempio del canottaggio internazionale sin dal 1933, che presenta le dimensioni ideali per il canottaggio: lungo 2,4 km, ha una larghezza minima di 136 m che permette di tracciare otto corsie regolamentari, ciascuna larga 15 m; la sua forma allungata inoltre garantisce a tutti gli equipaggi le stesse condizioni visive e le colline circostanti lo proteggono dai venti laterali. Il Rotsee è stato sede dei Campionati d'Europa del 1934 e del 1947, del primo Campionato del Mondo nel 1962 e delle successive edizioni del 1974, 1982 e 2001. Ospita anche, ogni anno, i migliori equipaggi del mondo, impegnandoli nella più classica e importante delle regate internazionali che precedono la disputa dei Campionati del Mondo. Vincere a Lucerna significa mettere una forte ipoteca sulla conquista del titolo iridato. Anche in Italia vi sono laghi che sono ottimi campi di regata: Candia (Torino), Piediluco (Terni), Gavirate (Varese), Naro (Agrigento), Sabaudia (Latina) e Albano (Roma), dove si sono svolte le regate olimpiche ai Giochi di Roma 1960.
I bacini artificiali progettati esclusivamente per il canottaggio sono lunghi circa 2200 m e larghi circa 150 m, con tribune capaci di accogliere migliaia di persone e strade che corrono parallele al percorso della gara, che così può essere seguita da vicino in ogni sua fase da spettatori in bicicletta o in auto. Tra i più noti di questi bacini artificiali citiamo quelli di Nottingham (Inghilterra), Duisburg e Monaco di Baviera (Germania), Amsterdam (Olanda), Mosca (Russia), Toda (Giappone), Xochimilco (Messico). Tra i più accreditati campi di regata internazionali figura l'Idroscalo di Milano che, costruito durante il periodo fascista, è stato sede dei Campionati d'Europa del 1938 e 1950, dei Campionati del Mondo del 1988 (juniores) e del 2003 (assoluti e pesi leggeri), e di numerose edizioni dei Campionati italiani.
Le regate sui laghi, ma anche quelle sui bacini artificiali seppure in misura assai minore, possono esser condizionate dal vento, in quanto si gareggia con imbarcazioni leggere che reagiscono al minimo soffio o corrente e sono sensibili alle condizioni dell'acqua. Se il vento soffia lateralmente con una componente contraria alla direzione della gara, la corsia più vicina alla riva da dove proviene il vento è protetta dalla sponda e quindi avvantaggiata; se invece il vento soffia a favore, la stessa corsia non beneficia della spinta del vento e quindi risulta svantaggiata rispetto alle corsie esterne che ne usufruiscono.
Secondo l'articolo 25 del Codice delle regate FISA, per il campo di regata vanno rispettate le seguenti condizioni generali: il percorso deve essere in linea retta e comprendere da un minimo di 3 a un massimo di 8 corsie; la profondità del bacino deve essere di 3 m nel punto meno profondo se il fondo è irregolare e di 2 m se il fondo è regolare; la zona del campo di regata deve essere il più possibile protetta dai venti e nessun tipo di ostacolo che possa creare condizioni di irregolarità nel percorso deve trovarsi in prossimità delle rive; non vi devono essere correnti e, in caso contrario, queste devono avere la medesima intensità tra le varie corsie; lo svolgimento delle regate non deve essere disturbato da onde naturali o artificiali e le sponde del bacino devono assorbirle e mai rinviarle o rifletterle.
Il regolamento FISA distingue varie categorie di campi di regata a seconda della qualità e quantità di attrezzature. Per il campo di regata di categoria A (per campionati FISA) le norme fissano le caratteristiche principali relativamente a zona di partenza, percorso e zona di arrivo. Nella zona di partenza è necessario l'uso di pontili mobili, solidi e stabili, per compensare le differenti lunghezze delle imbarcazioni. La torre di partenza viene dislocata a una distanza variabile da 30 a 50 m dietro la linea di partenza e a un'altezza dal pelo dell'acqua compresa tra i 2 e i 6 m. Uno spazio d'acqua di almeno 5 m di lunghezza e libero da ostacoli deve fiancheggiare ciascuno dei due lati del percorso. Le sei corsie, la cui larghezza può variare da un minimo di 12,50 m a un massimo di 15 m ciascuna (la misura più usata è di 13,50 m), vengono delimitate da un tracciamento tipo 'Albano', sistema utilizzato per la prima volta in occasione dei Giochi Olimpici di Roma del 1960 e oggi adottato in tutto il mondo, costituito da allineamenti di boe collocate ogni 10-12,5 m e ancorate a cavi sottomarini detti spighe, disposti longitudinalmente, dalla partenza all'arrivo, a una profondità di 1,50 m. Le boe, generalmente in polistirolo, hanno un diametro non superiore ai 15 cm e sono di colore (giallo-arancio luminoso) uniforme per tutte le corsie. Per delimitare la fine della zona di partenza, dopo 100 m, le boe vengono colorate in modo diverso e due bandiere bianche sono sistemate una per lato all'esterno del campo; una boa di colore differente viene inoltre posta ogni 250 m. Sempre ogni 250 m, tabelloni della dimensione di 2x1 m, fissati sulle rive o su cubi galleggianti, indicano la distanza esatta da percorrere sino all'arrivo. È consentito installare ogni 500 m un cavo trasversale al campo di regata su cui sospendere pannelli numerati per segnalare il centro della corsia. Questo tipo di attrezzatura è necessaria per i campi di regata di categoria inferiore, dove sono assenti le boe del sistema Albano. Dalla linea di partenza in poi, ogni 500 m, installazioni fisse con relativi traguardi consentono di prendere i tempi intermedi di tutti i concorrenti. La linea di arrivo deve essere esattamente indicata con due bandiere rosse collocate 5 m fuori del limite esterno del percorso e poste su boe bianche o direttamente sulla riva. Di fronte alla postazione dei giudici viene posizionato un apposito dispositivo che permette di traguardare con esattezza la linea di arrivo. Dopo aver oltrepassato la linea di arrivo i concorrenti devono disporre di uno spazio d'acqua libero non inferiore a 100 m. Per regate di minore importanza sono sufficienti dispositivi e strutture meno complessi.
In tutte le discipline sportive il gesto tecnico è parte fondamentale del bagaglio individuale dell'atleta. Nel canottaggio agonistico, che mira a far avanzare le imbarcazioni alla massima velocità possibile, una buona tecnica di voga significa utilizzare nella maniera migliore l'energia meccanica impiegata dall'atleta nella fase di propulsione, riducendo le forze negative che ostacolano la corsa dell'imbarcazione. Solo attraverso la padronanza di una buona tecnica di voga l'atleta è in grado di esprimere per intero il suo potenziale e di fruire di tutti i benefici prodotti dall'allenamento. Può infatti non essere sufficiente sviluppare la forza, la resistenza muscolare e il massimo consumo di ossigeno se tutte queste qualità non vengono supportate da un gesto tecnico redditizio, mirato a migliorare la velocità dell'imbarcazione.
Nelle imbarcazioni a remi il vogatore rappresenta la sorgente della forza motrice e occorre tener conto delle leggi fisiche che ne governano i movimenti e ne condizionano il rendimento. La forza propulsiva è fornita a intervalli, poiché il remo alterna i movimenti in cui è immerso nell'acqua (passata e finale) a quelli in cui è fuori dall'acqua (ripresa). Durante la passata il vogatore si muove all'indietro e produce la forza propulsiva attraverso la spinta delle gambe e la trazione del tronco e delle braccia (è il movimento che fa avanzare la barca). Durante la fase di ripresa il vogatore si muove da prua verso poppa e frena contro la pedaliera per fermarsi prima dell'attacco; durante tale fase, sull'imbarcazione sono presenti solo le forze resistive prodotte dall'acqua, che rallentano l'avanzamento della barca. L'obiettivo di una corretta e produttiva tecnica di voga è sviluppare le forze positive e ridurre quelle negative. Per ottenere ciò non si devono ridurre troppo i tempi della ripresa, così da sfruttare il guadagno di quantità di moto ottenuto dalla passata ed effettuare piuttosto una rapida entrata in acqua della pala per ridurre al minimo il tempo di azione delle forze negative.
Le fasi del ciclo di voga sono: entrata in acqua, passata in acqua e finale, uscita (estrazione della pala) e ripresa. Nella fase di entrata in acqua il carrello è tutto in avanti, il tronco del vogatore è flesso in avanti di circa 45°, le gambe sono piegate in modo che le ginocchia si trovino a contatto con il petto, le braccia distese in avanti formano un angolo maggiore di 90o rispetto al tronco; in questa posizione le pale vengono rapidamente e verticalmente immerse nell'acqua mentre il carrello inverte la corsa; l'immersione del remo in acqua deve avvenire in modo che la pala abbia componente orizzontale della velocità nulla rispetto all'acqua e quindi eguale ma di verso opposto rispetto a quella di avanzamento della barca: infatti, se il remo in questa fase avesse una velocità inferiore rispetto a quella della barca tenderebbe a frenarla, mentre se l'avesse superiore tenderebbe a 'tagliare l'acqua' con conseguente perdita di energia a scapito della propulsione. Nella fase di passata in acqua il vogatore distende le gambe e il movimento viene continuato dal tronco e dalle braccia, che lavorano isometricamente per trasmettere ai remi la spinta delle gambe: il tronco si raddrizza e si distende all'indietro, mentre le braccia si piegano. Nella fase di uscita il vogatore solleva le pale dall'acqua, tenendole in posizione verticale rispetto al vortice provocato dai remi durante la passata per evitare perdite di energia e di velocità. Nella fase di ripresa, il vogatore riavvicina il bacino alla pedaliera piegando le gambe, riporta il torace a contatto con le ginocchia ed estende gli arti superiori in avanti; la pala, rivolta verso l'alto, viene nuovamente girata di 90°, con un movimento del polso, solo prima della nuova azione di attacco. Tutto questo movimento, nel suo insieme, deve essere svolto con la massima fluidità.
I gesti fondamentali del canottaggio sono gli stessi sia per la voga di coppia sia per la voga di punta. Le due specialità si differenziano nell'impugnatura dei remi e nella diversa posizione del corpo rispetto ai remi stessi. Nella voga di coppia ciascuna mano impugna un remo all'estremità; i pollici esercitano una leggera pressione per far aderire i collari dei remi agli scalmi; gli indici sono posizionati alla fine dell'impugnatura. Quando le pale sono in verticale rispetto al pelo dell'acqua, avambracci e palmi delle mani devono essere in linea; qualsiasi angolazione dei polsi comprometterebbe l'economicità della trasmissione della forza durante la passata in acqua. L'impugnatura deve essere tale da permettere la migliore percezione possibile dell'effetto dell'acqua sulla pala: per questo è importante che il palmo della mano non avvolga, 'strizzandolo', il manico del remo. In Italia è consuetudine far passare la mano destra sotto la sinistra nei momenti di incrocio, in ripresa e in passata. È importante, ai fini della direzione della barca, che durante gli incroci le due mani siano perpendicolari, con la sinistra sulla destra.
Nella voga di punta non esiste differenza tra la voga sulla bordata di dritta (destra) e su quella di sinistra: l'una è speculare dell'altra. Le mani impugnano il remo a circa 15-20 cm di distanza l'una dall'altra, in modo che i pollici si trovino sotto il manico, con la mano esterna posta all'estremità dell'impugnatura; anche nella vogata di punta le dita non devono 'strizzare' il remo, soprattutto durante la fase di estrazione quando il polso della mano interna si estende facendo ruotare il remo, mentre le dita della mano esterna si rilassano, permettendo la rotazione del manico. Poiché il vogatore di punta trasmette la forza a un solo remo, effettua un attacco più forte di quello del vogatore di coppia. Essendo disposto lateralmente rispetto all'asse longitudinale della barca, nella fase di attacco il vogatore segue l'impugnatura del remo con il busto, assumendo una posizione leggermente angolata, che assicura il costante appoggio del collare del remo contro lo scalmo; anche le spalle si spostano in fuori ponendosi parallelamente all'impugnatura e di conseguenza il braccio esterno risulterà completamente disteso e quello interno leggermente flesso. Il braccio esterno compie un lavoro maggiore, in quanto descrive un arco di tiro più ampio di quello interno, al quale però spetta il compito di spalare dopo l'estrazione del remo dall'acqua. Durante il ciclo di voga le spalle mantengono sempre una posizione obliqua, parallela all'impugnatura, mentre il busto può effettuare una torsione verso il piano mediano della barca a metà passata in acqua.
Le principali tecniche di voga sono state, in ordine di tempo, l'ortodossa, la Fairbairn, la Conibear, l'Adam, la DDR, la Rosemberg.
Tecnica ortodossa. - La rivoluzionaria invenzione del sedile scorrevole da parte dell'americano Rabkok obbligò gli allenatori a ripensare radicalmente la tecnica di voga rispetto a quella applicata su barche a sedile fisso, il che portò alla formulazione del cosiddetto stile ortodosso, la classica tecnica di voga inglese. Coniugando la tradizione del sedile fisso con le nuove esigenze del sedile scorrevole, la tecnica dava rilevanza al lavoro del tronco che entrava in azione per primo, lavorando sempre in posizione rigida. Successivamente agivano le gambe, la ripresa era assai veloce e l'immersione e l'estrazione delle pale erano perfettamente perpendicolari al pelo dell'acqua. Con questo sistema le tre leve principali, busto, gambe e braccia, venivano usate distintamente in successione e l'azione del vogatore risultava frammentata, con conseguenze negative sull'efficacia del gesto tecnico che, così disperso, non permetteva di trasferire integralmente il lavoro meccanico compiuto sull'imbarcazione. Fu l'inglese Rudolph Lehman, nel suo The complete oarsman (1908) a sostenere che, per contrastare la resistenza dell'acqua, la fase di attacco dovesse essere eseguita con velocità maggiore di quella della barca, applicando e mantenendo in azione la forza e il peso del corpo sul maggior tratto d'acqua possibile durante la propulsione. Riguardo al 'finale' e al lavoro delle braccia, Lehman sosteneva che "quando il tronco, nell'inclinarsi indietro, oltrepassa la perpendicolare, le braccia devono incominciare a piegarsi; ma il corpo non ha ancora terminato l'inclinazione all'indietro e al carrello rimane ancora da compiere l'ultima parte dello slittamento: le mani devono essere avvicinate al petto, remando, mentre si porta a termine questo movimento". Da ultimo Lehman analizzava la ripresa: "Le mani devono essere allontanate dal corpo con rapidità fino a che le braccia siano distese, per poter mantenere il remo nel giusto equilibrio".
Tecnica Fairbairn. - Steve Fairbairn, australiano operante in Gran Bretagna, nel periodo successivo alla Prima guerra mondiale richiamò per primo l'attenzione sullo sfruttamento delle gambe, asserendo che una potente spinta degli arti inferiori sviluppa un lavoro meccanico superiore a quello del busto. Le gambe, pertanto, devono essere il primo elemento a entrare in azione onde superare al meglio la fase d'inerzia e assicurare alla pala un ingresso in acqua estremamente rapido. Il tronco deve spingere contro lo scalmo e l'azione delle braccia deve intervenire all'inizio del colpo: obiettivo finale, giungere alla fine della palata con gambe, busto e braccia contemporaneamente. "Lo scopo principale del mio metodo d'insegnamento ‒ dichiarava Fairbairn ‒ consiste nel cercare di far sì che il vogatore pensi con la propria testa e lavori in modo naturale. Io insegno ai vogatori non a fare bella mostra di sé ma a vincere le regate, a osservare il lavoro della pala e non la bella apparenza del loro corpo". In questa frase si può cogliere la differenza fra tecnica e stile di voga, ossia fra la ricerca di una palata il più possibile redditizia e la personale individualizzazione di una determinata tecnica di voga. Fairbairn sosteneva che la fase di attacco deve iniziare con una potente spinta delle gambe contro il puntapiedi, accompagnata dallo spostamento del busto verso prua e da una forte trazione delle braccia che cominciano a piegarsi quasi subito e avvicinano in modo continuo l'impugnatura al torace. Gambe, dorso e braccia devono agire contemporaneamente in un unico movimento che termina con "una sferzata finale che faccia ribollire l'acqua e dia nuovo slancio all'imbarcazione". La grande innovazione di Fairbairn, oltre all'uso più produttivo delle gambe, è stata quella di stimolare nel vogatore la percezione del rapporto fra il movimento del suo corpo e quello dell'imbarcazione. Massimo Giovannetti, subito dopo il suo insediamento alla presidenza della Reale federazione italiana canottaggio, nel 1935, sostenne la necessità di unificare al più presto in Italia lo stile di voga e propose l'adozione del 'Fairbairn', opportunamente adattato alle caratteristiche fisiopsicologiche degli italiani. L'appello di Giovannetti diede esiti positivi: nel 1938, dopo la disputa dei Campionati italiani, furono allestiti alcuni equipaggi misti, costituiti cioè da atleti di società diverse, e agli Europei di Milano il doppio formato da Ettore Brosch (Canottieri di Milano) e da Giorgio Scherl (Nettuno di Trieste) vinse l'oro, mentre il 4 con timoniere fu secondo, a un solo centesimo dalla Germania. Lo stile Fairbairn si diffuse fra i vogatori dell'intera Europa. Non tutti però rispettarono la purezza del metodo e spesso fu adottato un Fairbairn individualizzato, con le modifiche ritenute necessarie dai vari allenatori. In Francia si parlò di uno stile Dreyfus, basato soprattutto sulla forza e privo della 'ripresa dolce' propugnata dal tecnico australiano. Agli Europei di Lucerna, nel 1947, francesi, cecoslovacchi, ungheresi e austriaci basarono la propria tecnica esclusivamente sulla forza. Invece sul Rotsee impressionarono gli equipaggi svizzeri e italiani. Gli elvetici applicavano alla perfezione lo stile Fairbairn: passaggio in acqua sostenuto, rabbioso e ripresa dolce. Molti equipaggi, inoltre, nella fase della passata in acqua aggiunsero al finale un ulteriore 'strappo' della pala prima dell'estrazione della stessa. Questa tecnica, in verità, era stata già sperimentata ai Giochi Olimpici di Anversa, nel 1920, dal 4 con svizzero guidato da Hans Walter che vinse la medaglia d'oro: allora i tecnici 'ortodossi' gridarono allo scandalo, considerando un'eresia 'il colpo del Grasshopper', così chiamato dal nome della società dell'armo svizzero. Il segreto di quel colpo vincente, non a tutti accessibile, era nella perfetta estrazione della pala dall'acqua e nella perfetta sincronia dei movimenti. Oltre agli svizzeri, a Lucerna destarono grande impressione gli equipaggi italiani, il 4 senza della Moto Guzzi e l'otto della Canottieri Varese, rispettivamente trascinati alla vittoria da Giuseppe Moioli e Angelo Ferretti. La tecnica Fairbairn trionfò ai Giochi di Berlino del 1936 e fu applicata diffusamente fino ai Giochi di Londra del 1948.
Tecnica Conibear. Questa tecnica di voga prende il nome dal suo ideatore, l'americano Hiram Conibear, allenatore dal 1906 al 1907 della Washington University e dell'otto che vinse i Giochi Olimpici del 1924. La principale differenza fra la Conibear e la tecnica di voga praticata in Inghilterra (l''ortodossa' o la 'Fairbairn' o la loro combinazione) stava soprattutto nella riduzione dell'oscillazione pendolare del tronco sia in avanti sia indietro, accompagnata da un ritardo della flessione delle braccia e da uno scatto repentino delle gambe. Mentre i vogatori inglesi terminavano il colpo in acqua con il busto portato all'indietro, gli americani tenevano il busto quasi verticale. La validità dello stile Conibear è dimostrata dalle tante vittorie ottenute dall'otto, una specialità che gli americani hanno dominato per lungo tempo, imponendosi ai Giochi Olimpici dal 1920 al 1952. In realtà i tecnici americani potevano disporre di vogatori dotati di eccezionale stazza atletica. Fu così possibile allungare le guide del carrello e modificare l'inclinazione della pedaliera compensando l'oscillazione minore del busto con la maggiore flessione delle gambe e il maggiore percorso del carrello. Come era accaduto anni prima con lo stile Fairbairn, il Conibear ottenne giudizi entusiastici anche in Italia, dove se ne fece promotore il giornalista Arnaldo Ruggiero che alla vigilia dei Giochi Olimpici di Melbourne 1956 invitò la FIC ad adottarlo, ricorrendo alla collaborazione di un tecnico americano. C'è da dire che in quella Olimpiade l'Italia, pur senza tecnico straniero, si comportò egregiamente vincendo l'oro nel 4 senza e sfiorando il podio nel 4 con grazie ai vogatori della Moto Guzzi allenati da Angelo Alippi.
Tecnica Adam. - Alla fine degli anni Cinquanta si affermò in Germania il mito del Golden Achter, l'otto allenato da Karl Adam. Nativo di Hagen, Adam aveva praticato in gioventù il lancio del martello ed era stato campione mondiale studentesco di boxe; nel 1948 si iscrisse a un corso di allenatori di canottaggio e divenne uno tra i più grandi tecnici di questo sport. Il suo nome è legato alle tante vittorie dell'otto del Ratzeburger RC, campione d'Europa nel 1959, 1963, 1964, 1965 e 1967; campione olimpico nel 1960 e nel 1968, medaglia d'argento ai Giochi del 1964, campione del Mondo nel 1962 e nel 1966, oltre a vantare numerosissimi titoli nazionali. Secondo la tecnica di Adam lo sforzo della palata gravava in modo particolare sul lavoro delle gambe, ottenuto con l'adozione di guide più lunghe (oltre 80 cm). In attacco lo spostamento del busto appariva ridotto e la spinta delle gambe si esauriva insieme al movimento del busto solo nel finale della palata. Tale tecnica, conosciuta anche come IMS (International modern style) comportava però il rischio di inconvenienti patologici, per via delle estreme sollecitazioni a cui erano sottoposte le gambe (per l'accentuata compressione nella fase di attacco) e la zona lombare della colonna vertebrale (per la torsione del busto nella fase di entrata in acqua delle pale).
Tecnica DDR. - La tecnica adottata nella Repubblica democratica tedesca presentava qualche affinità con quella di Adam ma se ne discostava specie nella fase di attacco. Mentre la tecnica di Adam prevedeva che il busto rimanesse in verticale, i vogatori della Germania Est basavano lo sforzo della palata su un'accentuata distensione in avanti di tronco, spalle, collo e nuca; la spinta delle gambe era accompagnata durante l'intera palata da una costante e proporzionale trazione del busto, che nel finale subiva una marcata supinazione.
Tecnica Rosemberg. - La tecnica ideata da Allen Rosemberg, ex timoniere e poi allenatore dell'otto americano campione del mondo nel 1974 a Lucerna, somigliava in generale a quella della DDR, ma con alcune peculiarità. In sintesi, le principali caratteristiche di questa tecnica erano l'accentuata distensione in avanti del busto, insieme a una più modesta compressione delle gambe, in fase d'attacco; la spinta esplosiva delle gambe ottenuta con una scarsa o quasi inesistente trazione del busto; l'esaurimento della spinta delle gambe mentre il busto era ancora in trazione; la posizione inclinata all'indietro del busto al termine della trazione.
Tecniche del remo azzurro. - Il canottaggio italiano, dopo le scuole 'storiche' della Moto Guzzi di Alippi e della Falck di Galli, si riprese dalla crisi attraversata negli anni Settanta, grazie al contributo del tecnico norvegese Thor Nilsen, il quale fece propri i criteri ispiratori del Fairbairn, ossia la maggiore naturalezza possibile dei movimenti e il rispetto della migliore economicità biomeccanica. Il successore di Nilsen, Giuseppe La Mura, padrone di una metodologia di allenamento vincente, ha scritto un testo sulla tecnica di voga, di cui si riportano alcuni concetti significativi: "Esistono numerose tecniche di voga e numerosi stili (personali adattamenti delle tecniche di voga) ma tutti, al di là delle differenze a volta anche plateali, rispettano una regola comune: la direzione del tiro (del remo) deve essere orizzontale e parallela alla linea dell'acqua". E inoltre "[…] Non sempre il gesto più elegante è il più redditizio. Molte volte una tecnica usata con buoni risultati agonistici viene giudicata negativa perché la valutazione tiene conto di canoni estetici e non del rendimento del gesto sportivo". E infine "Esistono ricerche biomeccaniche che talora danno utili supporti a questa o a quella tesi tecnica, ma l'ultima parola spetta sempre al campo di gara, dove spesso si vedono prevalere atleti tecnicamente 'brutti'. In realtà, se si esaminano da un punto di vista biomeccanico quei gesti tanto discussi e li si rapporta al biotipo che li usa, ci si rende conto che sono i più idonei, nel caso specifico, a ottenere il miglior risultato. È quindi fondamentale adattare la tecnica alla tipologia dell'atleta che la deve adottare. Tra i tanti che potremmo citare è necessario sottolineare due elementi tecnici: la necessità di trasmettere senza punti di debolezza (braccia piegate, cedimenti del cingolo scapolare, gambe rilassate nel momento di chiusura della passata) un impulso costante durante tutta la fase di tiro; il cosciente rilassamento della muscolatura durante le fasi di ripresa, per ottenere il necessario stato di decontrazione per un gesto fluido e coordinato e per permettere al sangue ossigenato di trovare vasi pervi e non schiacciati da un eccessivo tono muscolare, ostacolo alla necessaria irrorazione ristoratrice" (La Mura 1999).
Sebbene sia possibile partecipare a gare di canottaggio già a 10 anni, l'età ideale per l'inizio di un'attività metodologicamente programmata si colloca sui 12-13 anni. Sono necessari dai 7 agli 8 anni di allenamento e di esperienze competitive per raggiungere le qualità richieste dalla prestazione agonistica; l'età del massimo rendimento è compresa fra i 20 e i 27 anni.
La statura e il peso hanno un'importanza determinante: i canottieri italiani hanno un'altezza media di 1,85 m e peso medio di 85,6 kg, con punte di 1,90 m di altezza media e 93 kg di peso per i canottieri seniores. Fattore importante è l'indice scelico, ossia il rapporto statura da seduto/statura in piedi, che se inferiore a 0,52 rivela arti inferiori molto lunghi e quindi capaci di produrre una spinta vigorosa. Altra caratteristica antropometrica dei migliori canottieri è il possesso di una grande apertura alare, che permette una efficace presa in acqua. La percentuale di grasso corporeo è ridotta rispetto all'altezza.
Il canottiere è dotato di una notevole forza muscolare con un indice dinamometrico globale molto alto, secondo solo a quello degli atleti più potenti, quali i lanciatori dell'atletica leggera. È necessario un eccellente rapporto forza/peso, intendendosi per forza specifica del canottiere la capacità di resistenza alla forza rapida ciclica con elevato carico per ciclo e con durata prolungata. Una comparazione della forza del muscolo quadricipite e della velocità di contrazione delle gambe, misurata con dinamometro isocinetico, evidenzia come detta forza sia molto elevata rispetto a quella prodotta da un ciclista o da un nuotatore, sia nell'uomo sia nella donna. La composizione delle fibre muscolari si correla molto bene con questo dato. Osservazioni bioptiche hanno rivelato un'accentuata prevalenza di fibre lente. Il muscolo in toto presenta alta capacità ossidativa mitocondriale ed elevata quantità di lattico deidrogenasi, che contrasta i possibili effetti negativi dell'acido lattico durante l'intensa e prolungata attività fisica.
Poiché il canottaggio è uno sport di resistenza, i meccanismi di produzione di energia innescati durante l'esercizio della voga sono di tipo sia aerobico (in presenza di ossigeno) sia anaerobico (in assenza di ossigeno). Il valore assoluto della massima potenza aerobica (VO2max) è considerato un parametro assai importante di selezione per gli atleti di canottaggio. Un vogatore provvisto di elevate capacità aerobiche riesce infatti a produrre più energia e a sviluppare una maggiore potenza evitando all'organismo il pesante affaticamento dovuto alla produzione di acido lattico. È indice importante soprattutto il massimo consumo di ossigeno al minuto assoluto, espresso in litri (VO2max l/min): i canottieri italiani finalisti ai Giochi Olimpici presentano un valore pari a 6. È inoltre rilevante conoscere il valore del VO2max ml/kg/min, che esprime la disponibilità di ossigeno per chilogrammo di peso corporeo e che in vogatori di alto livello supera i 60-65. I valori per i pesi leggeri sono 5,1 per il VO2max l/min e 65-75 per il VO2max ml/kg/min. La potenza massima aerobica dei canottieri è attualmente misurata attraverso l'uso di un ergometro specifico, usando un protocollo che simula una gara sulla distanza dei 2000 m o per 6 minuti.
Nello sforzo intenso e prolungato del canottaggio il 75% delle capacità di trasporto dell'ossigeno in periferia dipende dalla massima portata cardiaca e dalla concentrazione di emoglobina, mentre il 25% sarebbe dovuto a fattori periferici. Quindi l'apparato cardiovascolare rappresenta un fattore determinante per la prestazione del canottiere. In sintesi, il cuore di un canottiere allenato è ipertrofico e capace di svuotarsi e riempirsi in maniera rapida.
Come per gli altri sport, il canottiere deve saper resistere a stimoli psichici molto intensi, talora così violenti da mettere a dura prova la sua tenuta psicologica. Inoltre l'atleta deve mostrare grande duttilità specie nei rapporti interpersonali, poiché il canottaggio è soprattutto sport di squadra e di tipo particolarissimo: i componenti dell'armo assai spesso sono confinati per ore in uno spazio ristrettissimo, qual è quello della barca. Sono trascurabili qualità come l'intelligenza tattica e strategica mentre sono essenziali doti quali abilità (economicità del gesto, ad alto rendimento biomeccanico), destrezza (capacità di economizzare energia anche a ritmi e potenza elevati) e maestria (padronanza del movimento anche in caso di difficoltà improvvise). In sostanza, avendo il canottaggio come scopo di coprire la distanza di gara nel più breve tempo possibile, è necessario mantenere una velocità costante, limitando ogni dispendio energetico eccessivo.
Nel canottaggio agonistico i programmi di allenamento sono particolarmente impegnativi, con due sedute giornaliere di 2-3 ore ciascuna fino a 40 e oltre ore di allenamento settimanali, suddivise tra preparazione generale, specifica e potenziamento muscolare. A questo notevole dispendio energetico giornaliero deve corrispondere un adeguato apporto calorico alimentare: circa 5000-6000 kcal rappresentano mediamente il fabbisogno giornaliero per i seniores e 3000-3500 kcal per i pesi leggeri e per le donne seniores. L'esercizio fisico continuo e regolare impone esigenze nutrizionali specifiche ben distribuite, privilegiando naturalmente i glucidi (60%) rispetto ai lipidi (25-27%) e ai protidi (13-15%). La scelta degli alimenti è indirizzata verso i prodotti a più alto contenuto di carboidrati e a più basso contenuto di grassi e proteine. La quota di zuccheri semplici (saccarosio, glucosio, fruttosio ecc.) non dovrà superare il 10-15% della quota totale per non interferire con la risposta glicemica e insulinica dell'atleta. L'apporto proteico con cibi proteici animali (carni rosse, latte e formaggi) non deve essere eccessivo, per non obbligare l'organismo a un lavoro aggiuntivo per la loro metabolizzazione. Un'altra priorità nella strategia nutrizionale del canottiere è quella di garantire un livello ottimale di idratazione dell'organismo.
Strumento prezioso nella preparazione atletica è il remoergometro, che permette di simulare un gesto tecnico molto simile a quello effettuato in barca, consentendo ai canottieri di allenarsi in qualsiasi condizione meteorologica e con un carico di lavoro controllabile elettronicamente. La pratica del remoergometro viene definita indoor rowing o 'canottaggio a secco' e si può esercitare sia all'aperto sia all'interno di una palestra.
La nascita del primo remoergometro risale agli anni Ottanta, nella cittadina di Morrisville, nel Vermont (USA), e fu opera dei fratelli Peter e Dick Dreissigacker, componenti della squadra olimpica di canottaggio, che lo idearono per allenarsi durante un inverno lunghissimo, freddo e pieno di neve. Dotati di inventiva e sollecitati dalla difficile congiuntura, i due fratelli, entrambi ingegneri aerospaziali, costruirono il primo, rudimentale vogatore partendo dalla ruota di una sgangherata bicicletta. Dopo quell'iniziale apparecchiatura, assai rumorosa e poco sicura, fu realizzato un secondo modello molto più sofisticato: la ruota della bicicletta fu sostituita da una ventola chiusa dentro una gabbia metallica, venne montato un carrello scorrevole del tutto simile a quello delle imbarcazioni e fu applicato un sofisticato monitor per permettere all'atleta di misurare le sue prestazioni. Negli ultimi anni il monitor è stato perfezionato e consente di organizzare gare (individuali o a squadre), di collegare una macchina all'altra (fino a un massimo di 128) e di verificare in tempo reale le prestazioni degli atleti su uno schermo comune.
Gli elementi del remoergometro di ultima generazione sono costituiti da: una ruota libera che ha la funzione di volano, da un lato, e dall'altro di elemento atto a opporre la forza resistente al gesto dell'atleta; un meccanismo costituito da un manicotto, una catena e un rocchetto, che serve a simulare il movimento del remo trasferendo energia dall'atleta al volano; un sistema di raccolta aria, necessario a simulare l'attrito dell'imbarcazione con l'acqua (l'aria è convogliata all'interno della scatola che contiene la ruota libera); un meccanismo di richiamo della catena per riportare il sistema manicotto-catena nella posizione di attacco; un pianale su cui scorre il carrello per consentire al vogatore di simulare al meglio il gesto tecnico della voga; un computer programmato con un algoritmo di base che permette di leggere sul display una vasta gamma di dati, quali la potenza sviluppata, il tempo di copertura del tragitto effettuato, i metri percorsi, il numero delle 'palate' al minuto, le calorie bruciate e la velocità espressa in funzione dei minuti secondi impiegati a percorrere 500 m, la pedaliera.
Il remoergometro ha come principio basilare di funzionamento la trasformazione del moto alternato del sistema manicotto-catena in moto rotatorio della ruota libera. Il moto alternato è generato dall'atleta che si muove sul carrello; l'energia prodotta viene immagazzinata, sotto forma di energia meccanica, dalla ruota libera. La rotazione di quest'ultima genera, mediante il sistema di raccolta dell'aria, una forza resistente che tende ad arrestare il moto della ruota stessa facendole perdere parte dell'energia accumulata.
Le massime manifestazioni internazionali del canottaggio sono Olimpiadi e Campionati Mondiali. Il canottaggio maschile figura nel programma olimpico dal 1900, mentre il debutto del canottaggio femminile avvenne nell'edizione canadese di Montreal del 1976 e le prove riservate ai pesi leggeri furono introdotte nel 1996. Le gare olimpiche comprendono 14 classi di imbarcazioni: 6 per la categoria seniores maschili (4 senza, 2 senza, singolo, doppio, 4 di coppia, otto); 5 per la categoria seniores femminili (2 senza, singolo, doppio, 4 di coppia, otto); 2 per la categoria pesi leggeri maschili (4 senza e doppio) e una per la categoria pesi leggeri femminili (doppio). Dopo le Olimpiadi di Barcellona del 1992 sono state cancellate le specialità del 4 con e del 2 con maschili e del 4 senza femminile. Il 4 con è stato presente nel programma femminile in quattro edizioni olimpiche (1976, 1980, 1984, 1988).
Il Campionato del Mondo di canottaggio, istituito nel 1962 con cadenza quadriennale, dal 1974 si disputa ogni anno, eccetto quello dei Giochi Olimpici. Il programma attuale del Mondiale prevede 24 prove: 8 per la categoria seniores maschili (singolo o skiff, doppio, 4 di coppia, 2 senza timoniere, 2 con timoniere, 4 senza timoniere, 4 con timoniere, otto); 6 per la categoria seniores femminili (singolo o skiff, doppio, 4 di coppia, 2 senza timoniere, 4 senza timoniere, otto); 6 per la categoria pesi leggeri maschili (singolo o skiff, doppio, 4 di coppia, 2 senza timoniere, 4 senza timoniere, otto); 4 per la categoria pesi leggeri femminili (singolo o skiff, doppio, 2 senza timoniere, 4 di coppia).
Il barone de Coubertin nutriva una profonda passione per il canottaggio, sport che praticò a lungo e e al quale attribuiva un valore pedagogico particolare per la sua matrice prettamente ecologica, per lo sforzo virile dei vogatori, per l'armonia dettata dal ritmo sincronico dei remi. In un articolo pubblicato nel 1922, intitolato Sport e intelligenza, lo definì "la disciplina ideale". La sua era una passione che risaliva all'infanzia e a una imbarcazione chiamata Tam-Tam, sulla quale remava nelle acque vicine alla proprietà di famiglia a Mirville, in Normandia. Appena ventenne, il barone sostenne con forza l'introduzione del canottaggio nelle scuole francesi, facendosi promotore di iniziative all'interno di associazioni atletiche scolastiche e organizzatore di regate per gli allievi. Per rilanciare e diffondere a livello internazionale il canottaggio in Francia si adoperò affinché i vogatori francesi partecipassero alle tradizionali regate dei maestri inglesi, progetto che fu realizzato negli anni 1891-92 quando il primo vogatore francese si iscrisse, con successo, alle regate di Henley. De Coubertin consigliava la pratica anche come antidoto ai malanni fisici e allo stress causato dalla società moderna ed egli stesso fu il 'testimonial' più illustre del canottaggio remando, si dice, fino a poche settimane prima della morte.
Nel Congresso internazionale che si tenne alla Sorbona nel 1894, durante il quale fu assegnata ad Atene la prima edizione delle Olimpiade moderne (1896), al canottaggio fu riservato un posto di primo piano. Ma le prime gare di questa disciplina dovettero essere annullate per le condizioni proibitive del tempo e per il ridottissimo numero degli equipaggi partecipanti. In un articolo del 1908, de Coubertin analizzò le cause della crisi attraversata dal canottaggio agli inizi del Novecento, ravvisandole nella esagerata severità degli statuti inglesi sul concetto di dilettantismo e sugli eccessivi costi organizzativi delle regate. In proposito, auspicò una stretta collaborazione fra vogatori sul piano sia nazionale sia internazionale.
Parigi 1900. - Il canottaggio comparve dunque per la prima volta ai Giochi Olimpici di Parigi. Sulla Senna si presentarono otto nazioni, per un totale di 122 vogatori. Le regate si svolsero sulla distanza di 1750 m e compresero singolo, 2 senza, 2 con, 4 senza, 4 con e otto maschili. I 2 senza e i 4 senza erano iscritti come partecipanti a regate internazionali e quindi non valide per l'assegnazione delle medaglie olimpiche. Ci fu anche un piccolo 'giallo': nel 4 con furono disputate due finali distinte (complice una discutibile formulazione delle batterie eliminatorie), che portarono sul podio due terne di atleti. L'Italia non partecipò.
St. Louis 1904. - La terza edizione fu fallimentare. L'enorme distanza, i costi eccessivi e la durezza di un viaggio lunghissimo provocarono la totale rinuncia del mondo remiero internazionale. Gli equipaggi in gara erano tutti 'made in USA' tranne nell'otto, dove alle spalle dei vincitori del Vesper Rowing Club si piazzò un armo canadese. Il percorso di gara era di 2 miglia (3218 m), gli atleti in gara 46.
Atene 1906. - Nel 1905 il terzo Congresso del CIO, tenutosi a Bruxelles, approvò lo svolgimento dei Giochi internazionali olimpici di Atene, che si tennero in Grecia nella primavera del 1906 e furono chiamati anche Giochi Olimpici intermedi. Furono organizzati scrupolosamente, sostenuti dall'entusiastico appoggio delle casa regnante greca e superarono per qualità e per quantità quelli delle tre precedenti edizioni ufficiali, con 877 atleti in gara (dei quali più di 300 greci) in rappresentanza di 19 nazioni tra le quali l'Italia. Nel canottaggio gli equipaggi italiani si fecero onore vincendo la medaglia d'oro nel 2 con (sulla distanza di 1000 m) con i vogatori della Bucintoro di Venezia (Enrico Bruna, Emilio Fontanella, timoniere Giorgio Cesana) e il bronzo con l'equipaggio del Circolo canottieri Barion di Bari (Luigi Diana, Francesco Civerna, timoniere Emilio Cesarano). Ancora un oro nel 4 con sempre con la Bucintoro (Enrico Bruna, Emilio Fontanella, Riccardo Zardinoni, Giuseppe Poli, timoniere Giorgio Cesana), per finire con il successo della lancia Varese a sei rematori con timoniere sui 2000 m e con il bronzo ‒ sempre della Varese ‒ nella regata a 16 vogatori più timoniere sulla distanza di 3000 m.
Londra 1908. - Sul bacino di Henley confluirono 87 vogatori in rappresentanza di nove nazioni. L'Italia partecipò con un solo atleta, il singolista della Canottieri Arno di Pisa, Iginio Ciabatti, eliminato in batteria dall'inglese Levitz. Le specialità in programma furono quattro: singolo (skiff), 2 senza, 4 senza e otto; le regate si disputarono sulla distanza di 2414 m (1,5 miglia) a favore di corrente. Più equipaggi di una stessa nazione potevano partecipare alla medesima gara, norma che sarà abolita dal CIO a partire dai Giochi del 1920.
Stoccolma 1912. - Le regate furono disputate tutte sulla distanza dei 2000 m in linea retta, quella 'classica' in vigore ancora oggi. L'Italia rinunciò alla partecipazione a causa delle polemiche sorte durante le selezioni degli equipaggi. Clamoroso il rifiuto di Giuseppe Sinigaglia, l'atleta comasco che l'anno precedente aveva vinto il Campionato d'Europa nel singolo e nel doppio. Tra i vogatori si distinse il singolista inglese William Killear.
Anversa 1920. - Si gareggiò sul canale di Villeward, 144 gli atleti e 14 le nazioni partecipanti. Il programma prevedeva cinque specialità di imbarcazioni: singolo, doppio, 2 con, 4 con e otto. L'Italia si presentò con tre equipaggi: Nino Castelli, della Canottieri Lecco, nel singolo; Erminio Dones e Pietro Antonio Annoni, della Canottieri Milano, nel doppio; Ercole Olgeni e Giovanni Scatturin più il timoniere Guido De Filip, tutti della Canottieri Bucintoro di Venezia, nel 2 con. Castelli venne eliminato nella batteria (ancora non erano previsti i recuperi), ma gli altri due armi furono smaglianti nelle rispettive finali. Olgeni e Scatturin batterono seccamente i campioni europei uscenti (i francesi Gabriel Poix e Maurice Bouton) e conquistarono per l'Italia il primo oro olimpico 'ufficiale' della storia, non contando quello vinto nel 1906 ad Atene. Dones e Annoni, già campioni d'Europa nel 1912, cedettero solo alla fortissima barca statunitense di Paul Costello e John B. Kelly senior, il padre della futura principessa di Monaco Grace e di John junior, che avrebbe vinto la medaglia di bronzo ‒ sempre nel singolo ‒ ai Giochi Olimpici di Melbourne 1956. Ad Anversa, Kelly vinse l'oro anche nel singolo.
Parigi 1924. - Si gareggiò sul bacino di Argenteuil dal 13 al 17 luglio. Scesero in campo 195 atleti, in rappresentanza di 14 nazioni. La novità fu rappresentata dall'introduzione da parte della FISA dei recuperi, che consentivano agli equipaggi secondi classificati nelle batterie eliminatorie di disputare un'ulteriore gara valida per l'accesso alla finale. L'Italia partecipò con tre imbarcazioni, tra le quali il 2 con dei campioni olimpici uscenti Olgeni e Scatturin, che avevano cambiato società, passando dalla Bucintoro alla Querini, sempre di Venezia; inoltre al timone della barca azzurra Gino Sopracordevole aveva sostituito Guido De Filip. Olgeni e Scatturin, al comando per quasi tutta la regata, furono superati nell'ultima parte della gara dal sorprendente armo svizzero (terzo nel 1920), che li batté per un solo decimo di secondo. Nel 4 con il Rowing Club Genovese giunse quarto, mentre nell'otto l'armo della Diadora di Zara, campione d'Europa a Como nel 1923, fu protagonista di un'impresa eccezionale: il numero 6 della barca italiana, Pietro Ivanov, uscì maldestramente dalle guide del carrello e l'equipaggio fu costretto a fermarsi e venne superato da tutti gli avversari; poi ripartì e con una incredibile rimonta tolse il terzo posto alla barca inglese. La gara fu vinta dagli USA che in questa specialità sarebbero rimasti imbattuti per moltissimi anni.
Amsterdam 1928. - L'angusto canale di Stolen ospitò le regate di canottaggio della nona Olimpiade. Parteciparono 19 nazioni per un totale di 247 atleti. Gli equipaggi in gara furono costretti a gareggiare due per volta sobbarcandosi la fatica di quattro batterie eliminatorie. Nelle acque dello Stolen si affermò sulla scena olimpica uno dei più grandi equipaggi italiani: il 4 con della Canottieri Pullino d'Isola d'Istria, composto dai giovanissimi Valerio Perentin (19 anni), Giliante d'Este (18 anni), Nicolò Vittori (19 anni) e Giovanni Delise (20 anni), che si era messo in luce ai Campionati d'Italia di Pallanza, battendo i due volte campioni europei della Canottieri Argus di Santa Margherita Ligure guidati da Antonio Ghiardello. Perentin trascinò il suo equipaggio verso l'oro dopo aver battuto seccamente ogni avversario in batteria e semifinale. In finale gli italiani dominarono incontrastati, arrivando in 6′47,8″, infliggendo cinque lunghezze di svantaggio agli svizzeri, che giunsero stremati secondi a ben 16″ dalla barca azzurra. L'altra medaglia, questa volta di bronzo, venne all'Italia dal 4 senza della Vittorino da Feltre di Piacenza che cedette nel finale agli inglesi e agli americani; giunsero quarti il 2 senza della Baldesio Cremona e il 2 con dei fratelli Vestrini della Canottieri livornesi, sesto l'otto della Vittorino da Feltre, battuto in semifinale dall'invincibile corazzata statunitense. Furono invece eliminati il doppio e il singolista della Canottieri Milano Michelangelo Bernasconi, campione europeo in carica. Va segnalato il secondo oro olimpico consecutivo conquistato dall'americano Paul Costello nel doppio insieme a Charles McIlvaine, che aveva sostituito John Kelly senior, ritiratosi dallo sport dopo aver vinto tre medaglie d'oro olimpiche. Costello, cugino dello stesso Kelly, fu il primo vogatore a imporsi per tre volte come campione olimpico in altrettante edizioni.
Los Angeles 1932. - Nella baia di Alamitos si rafforzò la leggenda degli 'Scarronzoni', appellativo che accompagnò la splendida carriera agonistica di uno degli equipaggi azzurri più forti di sempre, l'otto dell'Unione canottieri livornesi. Erano tutti portuali di Livorno, scaricatori, operai, manovali: ragazzi potenti nella muscolatura, abituati a sopportare la fatica fisica. Gino Benini, allora presidente della Canottieri livornesi ed ex vogatore, ne avvertì subito l'enorme potenziale atletico e li iniziò al canottaggio. A tanta forza inizialmente non si accompagnava una tecnica di voga adeguata: alle prime uscite la barca sbandava lateralmente, cioè, secondo un'espressione dialettale, 'scarrozzava'. Il duello olimpico tra la barca italiana e quella statunitense dell'Università di California è tra le pagine più avvincenti della cronaca remiera. I due equipaggi diedero vita a un interminabile 'testa a testa' che si concluse nell'ultimo metro di gara: il photofinish premiò la barca statunitense che vinse per pochi centimetri (circa mezza palata). Il secondo argento italiano fu ottenuto nel 4 con dalla Libertas di Capodistria, che si era guadagnata la qualificazione olimpica battendo l'armo della Pullino ai Campionati italiani di Stresa. Medaglia di bronzo per il 4 senza del capovoga Antonio Ghiardello, passato dalla società Argus al Reale club nautico Aniene di Roma; dell'equipaggio romano facevano parte l'olimpionico Giliante d'Este, Francesco Cossu e Antonio Garzoni Provenzani. Quarti nel doppio Orfeo Paroli e Mario Moretti della Canottieri Milano. Nel singolo lo statunitense Ernest Pierce conquistò il suo secondo oro consecutivo.
Berlino 1936. - Sul bacino di Berlino-Grunau, si ripeté il duello fra gli 'Scarronzoni' e gli Stati Uniti, questa volta rappresentati dall'armo della Washington University. Anche in questa occasione prevalsero gli americani alla fine di una gara tiratissima che vide i due equipaggi appaiati fino alla fine. La medaglia d'argento premiò anche il 2 con della Bucintoro (Almiro Bergamo, Guido Santin, timoniere Luciano Negrini), mentre il 4 senza della Canottieri Aniene di Roma, sempre guidato da Antonio Ghiardello e che aveva dovuto sostituire Garzoni Provenzani, infortunato, con un altro vogatore arrivato dall'Italia all'ultimo momento, perse il bronzo per un'inezia, superato dall'armo svizzero. Il medagliere più ricco fu quello dei padroni di casa, che vinsero cinque titoli su sette e misero la prima, forte ipoteca sul predominio del canottaggio mondiale nel dopoguerra. Le regate di Grunau fecero registrare tempi di elevato spessore tecnico, in virtù di un'interpretazione sempre più scientifica del canottaggio dovuta soprattutto ai tedeschi, che a distanza di pochi anni avrebbero monopolizzato la scena internazionale grazie alla creazione di centri di studio e di allenamento quali Ratzeburg e, appunto, Berlino-Grunau.
Londra 1948. - Si gareggiò sulle celeberrime acque di Henley ma in contesti davvero non ideali: oltre alle precarie condizioni logistiche dovute alle conseguenze postbelliche, gli atleti dovettero subire i danni di un campo di regata non idoneo, che poteva accogliere in partenza solo tre equipaggi per volta. Anche la lunghezza del percorso non era a norma: 1883 m invece dei 2000 m regolamentari. L'Italia fu presente in tutte le specialità previste dalla FISA: singolo, 2 senza, 2 con, doppio, 4 senza, 4 con e otto. Il 4 senza della Moto Guzzi, allenato da Angelo Alippi e che l'anno prima si era affermato ai Campionati d'Europa di Lucerna, imitato dall'otto della Canottieri Varese, non ebbe avversari. Giuseppe Moioli, uno dei più grandi capivoga di sempre, si lanciò fortissimo, ben assecondato da Elio Morille, Giovanni Invernizzi e Franco Faggi. Furono primi in batteria, in semifinale e finale, dove la barca superò di 4″ i danesi e di quasi 9″ gli americani. Il 2 con della Libertas Capodistria, composto da Giovanni Steffè, Aldo Tarlao e dal timoniere Alberto Radi, rimase in testa fino ai 1500 m, quando l'inatteso crollo fisico di Tarlao relegò l'armo italiano al secondo posto, dietro la Danimarca. Altri due bronzi premiarono la spedizione azzurra: nel singolo, con l'atleta del Circolo canottieri Aniene di Roma Romolo Catasta; nel 2 senza grazie ai portacolori della Baldesio di Cremona, Felice Fanetti e Bruno Boni.
Helsinki 1952. - Le regate di canottaggio si disputarono a Meilahti, in pieno mare aperto, battuto dal vento, e furono quindi penalizzate da un eccessivo moto ondoso con solo cinque corsie disponibili. Per l'Italia il bilancio fu davvero modesto: dei sette equipaggi in gara presenti in tutte le specialità, solo il 2 con della Libertas Capodistria (Aldo Tarlao, Giuseppe Ramani, timoniere Luciano Marion) campione d'Europa nelle ultime tre edizioni, riuscì a entrare in finale dove giunse quarto. Per tutti gli altri i risultati furono molto meno soddisfacenti, a cominciare dai campioni olimpici della Moto Guzzi, eliminati addirittura nel recupero. Moioli e compagni erano l'ombra del magnifico equipaggio che aveva dominato quattro anni prima a Henley; alla palese debolezza si aggiunsero la beffa della corsia esterna invasa dalle onde e il danno provocato dal motoscafo della giuria che versò altra acqua sul bordo della barca italiana. La dura sorte dell'eliminazione toccò ad altri armi italiani: uscirono anzitempo il singolista della Canottieri Milano (Ugo Pifferi), il doppio della Canottieri Milano (Silvio Bergamini, Lodovico Sommaruga), il 2 senza della Canottieri Lecco (Bruno Gamba, Antonio Saverio), il 4 con e l'otto della Bucintoro Venezia.
Melbourne 1956. - Tornò ai vertici internazionali la Moto Guzzi, grazie al trionfo del 4 con delle giovanissime 'aquile rosse' Franco Trincavelli (21 anni), capovoga, Angelo Vanzin (24 anni), Romano Sgheiz (19 anni), Alberto Winker (24 anni), Ivo Stefanoni (20 anni), timoniere. La barca italiana si era cimentata in quello stesso anno negli Europei di Bled, giungendo terza in finale dopo aver vinto agevolmente batteria e semifinale. Si gareggiò sul lago australiano di Wendouree, nella cittadina di Ballarat, a circa 100 km da Melbourne. Anche questa volta la scelta del campo di regata da parte della FISA si dimostrò poco oculata: vento, pioggia, onde resero ancora più duro lo sforzo dei vogatori; le corsie agibili erano 4 su 6; c'era carenza di attrezzature e servizi e alcune semifinali programmate per il 24 novembre, sabato, dovettero essere rinviate al giorno successivo per impraticabilità del lago, dopo aver a fatica convinto le autorità ecclesiastiche del luogo a dare il nulla osta allo svolgimento delle gare nel giorno festivo dedicato alle pratiche religiose. Alla finale del 4 con la barca della Moto Guzzi si presentò con un assetto di voga singolare: Trincavelli, il capovoga, vogava dispari (con il remo sulla bordata destra della barca), Vanzin e Sgheiz, secondo e terzo carrello, vogavano entrambi pari (con il remo sulla bordata sinistra della barca) e Winkler, il prodiere, vogava dispari. Questa disposizione dei remi, ideata da Giulio Carcano di Mandello del Lario, progettista della Moto Guzzi, garantiva un migliore equilibrio della barca, contrastando le differenze tra una bordata e l'altra che provocavano sbandamenti e perdita di secondi preziosi lungo il percorso di gara. La barca partì velocissima ed era prima ai 1000 m, quando subì l'attacco della Svezia; ritornò in testa ma gli svedesi la ripresero e le barche si trovarono di nuovo appaiate; l'ultimo scatto consentì infine alle 'aquile rosse' di festeggiare il secondo oro olimpico della loro storia. Degli altri quattro equipaggi italiani in gara tre uscirono in semifinale: il singolista della Canottieri Varese Stefano Martinoli, il 2 senza della Canottieri Firenze formato da Alvaro Banchi e Maurizio Clerici, e l'otto della Marina militare. Il 4 senza della Moto Guzzi approdò invece alla finale ma non andò oltre il quarto posto. A capovoga c'era ancora Giuseppe Moioli, insieme ad Attilio Cantoni, Giovanni Zucchi e Abbondio Marcelli, quest'ultimo colpito da un malessere fisico proprio alla vigilia della finale. La spedizione azzurra in Australia fu funestata da un tragico lutto: Arrigo Menicacci, 23 anni, capovoga dell'otto della Marina militare perse la vita in un incidente d'auto a poca distanza dal campo di gara.
Continuava intanto l'ascesa dell'Unione Sovietica che presentò a Melbourne il singolista Vyacheslav Ivanov (che vinse il primo dei suoi tre ori olimpici consecutivi) e il doppio Juri Tjukalov e Aleksandr Berkutov. Ivanov non seppe trattenere la gioia e si tuffò nelle acque del lago con la medaglia al collo, ma quando riemerse questa non c'era più. I tentativi del vogatore sovietico di ritrovarla furono vani e fu la benevolenza del CIO a procurargli un duplicato del prezioso trofeo.
Roma 1960. - La scelta del campo di gara cadde sul lago di Albano, prevalendo sull'idea, per nulla peregrina e condivisa da molti, di realizzare un bacino artificiale nella zona della Magliana, progetto che sarebbe stato ripreso anni dopo e che rimane, ancora oggi, attuale. La squadra azzurra, uscita da una serie confusa di selezioni e di frequenti cambi di indirizzi tecnici, si presentò al gran completo. Gli occhi e le speranze italiane erano puntati soprattutto sul 4 con della Moto Guzzi, campione olimpico uscente, e sul 4 senza della Falck di Dongo. Le due barche non delusero: la Moto Guzzi si aggiudicò la medaglia di bronzo, la Falck conquistò un argento che avrebbe potuto essere oro se il sorteggio della corsia d'acqua fosse stato meno sfavorevole: alla barca allenata da Pietro Galli toccò infatti la sesta corsia, quella più esterna e più battuta dal vento. Comunque la Falck controllò la gara, respinse con autorevolezza gli attacchi degli avversari più vicini di corsia e sembrò volare verso una meritata vittoria. Renato Bosatta, Tullio Baraglia, Giuseppe Galante e Giancarlo Crosta non si accorsero però che in prima corsia (quella più riparata dalle raffiche di vento) gli statunitensi della Washington University stavano piazzando il 'serrate' vincente. Per quanto riguarda gli altri equipaggi italiani, il 2 con dell'Armida Torino (Renzo Ostino, Giancarlo Piretta, timoniere Vincenzo Bruno) giunse quinto; il singolista triestino Savino Rebek fu sesto così come l'otto della Marina militare; il 2 senza della Ginnastica triestina composto da Mario Petri e Paolo Mosetti fu quarto in semifinale, ma si sarebbe rifatto tre anni dopo a Copenaghen vincendo il Campionato d'Europa; il doppio di Severino Lucini e Cesare Pestuggia fu eliminato ai recuperi. Nell'otto trionfò l'eccezionale barca tedesca di Ratzeburg, curata e diretta da Karl Adam, che interruppe la lunga imbattibilità degli americani. Durante questa edizione, per la prima volta, un campo di regata internazionale fu allestito con il sistema 'Albano', da allora utilizzato nelle regate sia nazionali sia internazionali.
Tokyo 1964. - Il bacino artificiale di Toda ospitò le regate di canottaggio. Il giorno delle finali si scatenò il vento che infilò violentemente di traverso gli equipaggi che vogavano nelle corsie esterne (la 4a, 5a e 6a) a vantaggio di quelli che beneficiavano delle più protette corsie interne. Gli equipaggi italiani presenti in Giappone furono tre: il 4 con della Falck di Dongo, il 4 senza della Moto Guzzi e l'otto della Marina militare. Tutti conquistarono la finale, ma gli unici a salire sul podio, con la medaglia d'argento, furono quelli della Falck: Renato Bosatta, Franco De Pedrina, Giuseppe Galante, Emilio Trivini e il loro timoniere Giovanni Spinola cedettero solamente ai fortissimi tedeschi, campioni d'Europa uscenti. Dopo la finale del 4 con, gli organizzatori furono costretti a sospendere le gare perché il vento flagellava il campo di regata. Si riprese qualche ora dopo e le gare si conclusero a notte inoltrata, illuminate dalla luce di torce, razzi e bengala. La Moto Guzzi giunse solo quinta, l'otto finì sesto. Ivanov, il fuoriclasse sovietico, dominò per la terza volta consecutiva il singolo e vinse la sua terza medaglia d'oro.
Città del Messico 1968. - Anche in Messico i problemi non mancarono. I 2000 m di altitudine crearono difficoltà, paure e crolli fisici in molti vogatori impegnati sul bacino artificiale di Xochimilco. Vittima illustre fu il capovoga del doppio svizzero Martin Andrea Studach, campione d'Europa nelle ultime due edizioni (Duisburg 1965 e Vichy 1967) insieme a Melchior Rudolf Burgin. Colpito da malore, fu ricoverato in ospedale, escludendo in anticipo dai Giochi Olimpici l'equipaggio favorito per la vittoria finale. L'Italia, presente con quattro equipaggi, fornì un'ottima prestazione. Fu il grande momento dei portacolori del Dopolavoro ferroviario Treviso, Primo Baran e Renzo Sambo, che con il giovanissimo Bruno Cipolla al timone vinsero la medaglia d'oro del 2 con. La finale fu avvincente: alla prima boa, quella dei 500 m, transitò per prima la DDR, tallonata dall'Italia e dall'Olanda. Gli olandesi forzarono il ritmo a metà percorso portandosi al comando, ma l'Italia sferrò il colpo decisivo con un finale scandito da un altissimo numero di palate che lasciò gli olandesi a mezza imbarcazione di svantaggio. L'altra medaglia per l'Italia, di bronzo, arrivò dal 4 senza della Falck (Renato Bosatta, Tullio Baraglia, Pier Angelo Conti Manzini, Abramo Albini) in una finale dominata dal potente armo della DDR. L'altro equipaggio della Falck, il 4 con (Romano Sgheiz, Emilio Trivini, Giuseppe Galante, Luciano Sgheiz, timoniere Mariano Gottifredi) perse per pochi centesimi il bronzo, conquistato dalla Svizzera. Venne eliminato invece il 2 senza italiano, che chiuse al 10° posto.
Monaco 1972. - L'Italia ebbe una débâcle: nessuno dei quattro equipaggi in gara (2 con, 4 senza, 4 con e otto) giunse in finale. Esistevano problemi interni alla Federazione e il settore tecnico, dopo la negativa e breve parentesi gestita dall'allenatore ungaro-americano Stephen Orova, era tornato nelle mani di un italiano, Pietro Galli. All'allenatore della Falck era stato affidato il compito di preparare il 4 con e il 4 senza olimpici, per la prima volta composti da atleti di diverse società e non più di un solo club. La selezione non si dimostrò felice: il 4 senza, con l'olimpionico di Città del Messico Primo Baran capovoga, non si classificò che decimo; andò addirittura peggio al 4 con (undicesimo), che aveva a bordo l'altro olimpionico Renzo Sambo, mentre sia il 2 con delle Fiamme Gialle sia l'otto della Marina militare furono subito eliminati. Sul podio più alto salirono URSS e DDR con 2 e 3 ori ciascuna, mentre la Germania Ovest e la Nuova Zelanda vincevano il 4 con e l'otto.
Montreal 1976. - Un solo piazzamento in finale fu il bilancio modestissimo della squadra azzurra. Lo ottenne il 2 con composto da Primo Baran e Annibale Venier, equipaggio misto tratto dal Dopolavoro ferroviario Treviso e dalle Fiamme Gialle. Molto deludenti le altre prestazioni: settimo il doppio formato dal veneziano Umberto Ragazzi e dal livornese Silvio Ferrini; decimo il singolista della Canottieri livornesi Fabrizio Biondi, undicesimo il 4 senza e dodicesimo il 4 con. Sul bacino dell'isola di Notre Dame avvenne il debutto del canottaggio femminile ai Giochi Olimpici, sulla distanza ridotta di 1000 m. Sei le specialità presenti: singolo, 2 senza, doppio, 4 con, 4 di coppia con timoniere e otto. Fra le specialità maschili si registrò l'esordio olimpico della nuova, velocissima imbarcazione del 4 di coppia (4 vogatori con due remi ciascuno), già presente dal 1974 ai Mondiali. A Montreal, dopo il sovietco Ivanov, si affacciò alla grande ribalta internazionale il singolista finlandese Pertti Johannes Karppinen, che conquistò il primo dei suoi tre ori consecutivi olimpici ai danni del suo irriducibile avversario, il tedesco dell'Ovest Peter Michael Kolbe. Un altro equipaggio scandinavo stava per entrare nella storia della vogata di coppia: il doppio dei fratelli norvegesi Frank e Alf Hansen. Intanto la supremazia degli armi della DDR si faceva sempre più netta, grazie ad atleti come i gemelli Jorg e Bernd Landvoigt nel 2 senza, P.G. Jahrling e R. Ulrich nel 2 con e soprattutto Siegfried Brietzke, Andreas Decker, Stefan Semmler e Wolfgang Mager del 4 senza. A Montreal la DDR vinse 5 ori, 1 argento e 2 bronzi, trionfando anche nelle specialità femminili, con 4 ori, seguita dalla Bulgaria, con 2 ori.
Mosca 1980. - Al boicottaggio messo in atto dagli Stati Uniti per protestare contro l'invasione sovietica in Afghanistan si associarono i paesi latino-americani e la Germania Ovest; Francia, Gran Bretagna e Belgio accettarono di partecipare ai Giochi, ma senza bandiere né inni. Rispettando le scelte dell'Alleanza Atlantica, l'Italia non inviò gli atleti militari. Furono pertanto soltanto due gli equipaggi azzurri presenti sul canale moscovita Krilatskoje, entrambi societari: il 2 con del Circolo nautico Stabia composto da Giuseppe Abbagnale, Antonio Dell'Aquila e dal timoniere Giuseppe Di Capua; il 2 senza della Sisport Fiat di Antonio Baldacci e Franco Valtorta. Finirono rispettivamente settimo e undicesimo.
Los Angeles 1984. - Assente l'Est Europa, in risposta al boicottaggio da parte degli USA e dei suoi alleati ai Giochi di Mosca, fu l'Olimpiade del primo oro olimpico vinto dal 2 con di Giuseppe e Carmine Abbagnale e del loro timoniere 'Peppiniello' Di Capua. La barca italiana aveva già vinto ai Campionati del Mondo due titoli iridati consecutivi (Monaco di Baviera 1981 e Lucerna 1982) e un bronzo (Duisburg 1983), arrestando l'egemonia tedesco-orientale in questa specialità. Sul Lago Casitas i due fratelli di Pompei non ebbero avversari: partenza bruciante e passata in acqua elastica e potente; un ritmo che spense le velleità dei pur forti romeni Dimitrie Popescu e Vasile Tomoiaga. Quella degli Abbagnale fu l'unica medaglia dell'Italia, che comunque si comportò molto bene ottenendo due quarti posti nel 4 con e nel 4 di coppia e due quinti posti con due equipaggi del Sud cresciuti agonisticamente nella categoria pesi leggeri: il 2 senza del Posillipo di Napoli, composto da Pasquale Aiese e Marco Romano (campioni del mondo nel 4 senza pesi leggeri nel 1982 e futuri vicecampioni del mondo assoluti nel 1986) e il doppio misto Circolo canottieri Barion di Bari-Circolo nautico Stabia, formato da Ruggero Verroca e Francesco Esposito, i due atleti che tentarono un difficile salto di categoria dopo aver vinto insieme cinque Campionati del Mondo consecutivi fra i pesi leggeri. Questa edizione registrò anche l'esordio olimpico del canottaggio femminile italiano. La varesina Antonella Corazza disputò la batteria nel singolo, ma subito dopo fu dirottata sul 4 di coppia in sostituzione di Paola Grizzetti, infortunata. L'equipaggio, di cui facevano parte Raffaella Memo, Alessandra Borio, Donata Minorati e la timoniera Roberta Del Core fu sesto in finale. Nella stessa edizione dei Giochi l'inglese Steven Redgrave vinse nel 4 con la prima delle sue cinque medaglie olimpiche conquistate in cinque edizioni consecutive, che lo avrebbero consacrato, di diritto, il più forte atleta di tutti i tempi, mentre il finlandese Pertti Karppinen vinse il suo terzo e ultimo oro olimpico consecutivo e si iscrisse nell'albo dei più forti singolisti di sempre.
Seul 1988. - Il canottaggio italiano conquistò, per la prima volta in assoluto, due medaglie d'oro olimpiche. Se una, quella del 2 con, poteva essere pronosticata come assai probabile riferendosi alla barca dei fratelli Giuseppe e Carmine Abbagnale, quella che giunse dal 4 di coppia si rivelò una sorpresa. Fu un altro Abbagnale, Agostino, il più giovane di questa illustre famiglia di canottieri, a guidare verso la vittoria i suoi compagni Davide Tizzano, Gianluca Farina e Piero Poli. Gli azzurri vinsero batteria e semifinale e affrontarono in finale norvegesi e tedeschi dell'Est, dati almeno sulla carta come favoriti. Ma la realtà fu diversa: la barca italiana si impose relegando i suoi avversari alle piazze d'onore. Poco più di mezz'ora prima Giuseppe e Carmine Abbagnale avevano bissato l'oro olimpico di Los Angeles, esorcizzando lo 'spauracchio inglese' rappresentato da Steven Redgrave e Andrew Holmes. I britannici, che avevano già vinto la finale del 2 senza, tentarono un'impresa senza precedenti, convinti di poter ripetere il risultato del Mondiale del 1986 che li aveva visti prevalere sugli Abbagnale nel 2 con. Le loro speranze naufragarono presto. Gli Abbagnale impressero un ritmo elevato alla gara e si involarono indisturbati verso il traguardo, mentre gli inglesi subirono il prepotente 'serrate' della DDR e si dovettero accontentare del bronzo. Buoni i piazzamenti delle altre barche azzurre: il 4 senza fu quinto, mentre l'otto si impose nella finale B e fu settimo; nono il doppio, decimi singolo e 4 con. Per le donne il percorso di gara fu portato da 1000 a 2000 m e quindi omologato a quello maschile, inoltre fu eliminato il timoniere nel 4 di coppia.
Barcellona 1992. - Le gare si disputarono nel bacino di Banyoles. L'ex URSS gareggiò sotto la sigla CSI (Comunità degli Stati indipendenti). La FISA congedò definitivamente dalle barche olimpiche il 4 con e il 2 con che sarebbero state rimpiazzate, a partire dai Giochi di Atlanta del 1996, dal doppio e dal 4 senza pesi leggeri; scomparve anche il 4 con femminile al quale subentrò il 4 senza. Fu l'ultima partecipazione olimpionica nel 2 con dei fratelli Abbagnale che cercavano la terza vittoria consecutiva dopo le due precedenti e i sette titoli mondiali conquistati. Tuttavia, sebbene dominassero la gara dall'inizio e si presentassero primi negli ultimi 100 m, furono altri due fratelli a vincere, i britannici Jonathan e Greg Searle: un rabbioso finale e la prua della barca d'Oltremanica precedette di pochi centimetri quella della barca italiana. Vinse il bronzo il 4 di coppia che si presentò quasi del tutto rinnovato rispetto a Seul. Del quartetto d'oro era rimasto solo Gianluca Farina: Agostino Abbagnale aveva dovuto interrompere l'attività per una trombofeblite, Davide Tizzano aveva lasciato i remi per la vela, imbarcandosi sul Moro di Venezia e Piero Poli aveva lasciato il canottaggio per dedicarsi a tempo pieno alla sua professione di medico. I tre erano stati sostituiti dal fiorentino Filippo Soffici, già campione del mondo junior 1988 nel singolo e grande capovoga; dal padovano Rossano Galtarossa e dall'anconetano Alessandro Corona, entrambi campioni mondiali junior 1990 nel doppio. Gli altri piazzamenti della squadra di canottaggio italiana furono l'ottavo posto del 4 senza, il nono dell'otto e il tredicesimo posto del singolo. Steven Redgrave vinse il suo terzo oro olimpico ancora nel 2 senza e fu insignito del titolo di baronetto dalla Regina Elisabetta, mentre Thomas Lange festeggiò l'oro del singolo sotto la bandiera della Germania unificata, dopo aver vinto a Seul 1988 con i colori della Germania Est. Si notarono sul bacino olimpico spagnolo i remi cosiddetti a 'mannaia' (o a losanga, per la loro forma) dagli USA diffusi in tutto il mondo.
Atlanta 1996. - Le regate si disputarono sul lago Lanier. Questa Olimpiade vide per la prima volta la partecipazione dei pesi leggeri. Entrarono a far parte del programma olimpico il doppio e il 4 senza pesi leggeri maschili e uscirono definitivamente di scena il 4 con e il 2 con seniores maschili; per le competizioni femminili si registrò l'ingresso del doppio pesi leggeri e l'uscita del 4 senza seniores. Fu la prima Olimpiade di Giuseppe La Mura come tecnico della nazionale. L'ex allenatore dei fratelli Abbagnale aveva già riportato la squadra italiana a livelli di eccellenza, ottenendo risultati straordinari ai Mondiali di Indianapolis del 1994 e di Tampere del 1995. La squadra azzurra si presentò sul lago Lanier molto agguerrita, potendo contare sulla forza di due equipaggi, 4 senza e 4 di coppia, che negli ultimi due anni avevano dominato le rispettive specialità fregiandosi del titolo di campioni del mondo. I risultati furono deludenti. Il 4 senza guidato da Carlo Mornati finì solo sesto in una finale dominata dall'armo australiano che schierò al terzo e quarto carrello James Tomkins e Drew Ginn, futuri campioni del mondo in 2 senza; il 4 di coppia giunse quarto, dietro Germania, Stati Uniti e Australia. La duplice delusione azzurra fu compensata dalla superba prova del doppio di Agostino Abbagnale e Davide Tizzano. I dubbi sulle loro condizioni, sulla tenuta atletica e sul loro assieme, leciti dopo anni di assenza dalle gare, si dissolsero d'incanto alle prime, potenti palate. La barca volò imbattuta in finale e stravinse l'ultima sfida contro norvegesi e francesi: i due atleti azzurri salirono per la seconda volta sul podio più alto dei Giochi Olimpici. Fu l'unica medaglia italiana: il 2 senza di Marco Penna e Walter Bottega fu quarto in una gara che regalò al fuoriclasse britannico Steven Redgrave il suo quarto oro olimpico consecutivo; l'otto giunse al nono posto, mentre il doppio femminile pesi leggeri (Martina Orzan e Lisa Bertini) mancò il bronzo per 27 centesimi; solo ottavi il doppio e il 4 senza pesi leggeri.
Sydney 2000. - Il canottaggio fu ospitato dal lago Penrith. Le due blasonate barche azzurre, 4 senza e 4 di coppia, si riscattarono dopo le delusioni di Atlanta: medaglia d'argento per il 4 senza di Carlo Mornati, Lorenzo Carboncini, Riccardo Dei Rossi e Valter Molea nella finale che consegnò Steven Redgrave alla leggenda del remo e di tutto lo sport mondiale con la conquista del quinto oro olimpico consecutivo, impresa mai riuscita a nessun atleta. Il 4 di coppia italiano riuscì a ottenere una clamorosa rivincita contro l'armo tedesco di Andr Willms che finì solo terzo, superato anche dall'Olanda: Simone Raineri guidò i compagni Rossano Galtarossa, Alessio Sartori e Agostino Abbagnale alla vittoria. Con questa medaglia d'oro, la terza dopo quelle dei Giochi di Seul del 1988 nel 4 di coppia e dei Giochi di Atlanta del 1996 nel doppio, Agostino Abbagnale si affiancò a Jack Beresford (Gran Bretagna), Siegfried Brietzke (Repubblica Democratica Tedesca), Paul Costello (Stati Uniti), Vyacheslav Ivanov (Unione Sovietica), Pertti Karppinen (Finlandia), John Kelly senior (Stati Uniti) e agli italiani Enrico Bruna, Giorgio Cesana ed Emilio Fontanella. Le altre medaglie azzurre di Sydney portarono le firme del doppio seniores di Nicola Sartori e Giovanni Calabrese, che conquistarono il bronzo, e del doppio pesi leggeri di Leonardo Pettinari ed Elia Luini, argento dietro la fortissima Polonia. Luini sostituì Michelangelo Crispi delle Fiamme Gialle Sabaudia (3 ori e 3 argenti mondiali, un ottavo posto ai Giochi di Atlanta 1996 nel doppio con Marco Audisio), costretto da una seria malattia ad abbandonare l'attività agonistica.
Lucerna 1962. - Il 6 settembre 1962 50.000 persone affollarono le rive del Rotsee di Lucerna in Svizzera per la prima dei Campionati Mondiali assoluti, trasmessi in Eurovisione. Scesero in gara solamente equipaggi maschili. L'evento fu accompagnato da polemiche per la decisione della FISA di sostituire durante le premiazioni gli inni e le bandiere nazionali con l'inno e la bandiera della stessa Federazione internazionale. La Germania, divisa politicamente dal muro di Berlino ma ancora unita nello sport, conquistò ben cinque titoli degli otto in palio. Impressionò, fra le barche tedesche, l'otto di Ratzeburg creato da Karl Adam, già campione olimpico ai Giochi di Roma del 1960. L'Italia, presente in questa specialità con il misto Moto Guzzi-Marina militare, gareggiò con buoni risultati: gli azzurri, campioni d'Europa in carica, furono quarti dietro i tedeschi, i sovietici e i francesi, e il quarto posto ottenne anche nel 4 senza la Falck di Dongo. Solo ottavi (ossia secondi nella finale di consolazione dal settimo al dodicesimo posto) giunsero invece nel 2 senza i triestini Mario Petri e Paolo Mosetti, passati dalla Ginnastica triestina al Gruppo sportivo Ignis di Varese; tuttavia l'anno dopo, agli Europei di Copenaghen, i due atleti si presero la rivincita sui neocampioni del mondo, i tedeschi Günther Zumkeller e Dieter Bender, conquistando a loro spese il titolo continentale. Il bilancio della partecipazione italiana ai Campionati di Lucerna si chiuse con il settimo posto del 4 con della Falck e l'eliminazione ai recuperi del singolista Silvano D'Ambrosi. Sulle sponde del Rotsee continuò a imporsi il sovietico Vyacheslav Ivanov che, già detentore di due titoli olimpici (1956, 1960) e di due titoli europei (1959, 1961), si aggiudicò in quell'occasione il titolo mondiale. Ivanov si trovò nuovamente a competere con il suo più temibile avversario, l'australiano Stuart MacKenzie, passato a gareggiare l'anno precedente nella squadra britannica. Il sovietico si rivelò ancora una volta più forte del suo antagonista, che comunque si guadagnò la piazza d'onore.
Bled 1966. - La seconda edizione dei Mondiali assoluti si disputò sul lago di Bled in Iugoslavia. Per la prima volta si affacciò alla ribalta del canottaggio internazionale la Germania Est. Nel 1965 il Congresso straordinario della FISA aveva sancito la presenza di due rappresentative tedesche, una della Repubblica Federale e l'altra della Repubblica Democratica, alle quali però la FISA impose il divieto di esibire le rispettive bandiere nazionali durante le cerimonie protocollari. Iniziò allora il predomino della DDR in tutti i campi di regata, con l'Unione Sovietica e la Germania occidentale nel ruolo di grandi rivali. A Bled la Germania Est vinse tre titoli, presentando per la prima volta un equipaggio eccezionale, il 4 senza dell'Einheit di Dresda guidato da Frank Forberger, che prevalse in tutte le regate; in seguito avrebbe riconfermato la sua supremazia rimanendo imbattuto per undici anni, fino alla sua uscita di scena. Questa edizione assegnò la prima medaglia iridata all'Italia, grazie al bronzo conquistato dal 2 con dei trevigiani Primo Baran e Renzo Sambo con Enrico Pietropolli al timone; per la barca della società DLF di Treviso fu l'esordio di una brillante carriera, ricca di un titolo olimpico (1968), di uno europeo (1967) e di altri prestigiosi riconoscimenti. Raggiunse la finale anche il 2 senza dei triestini Ennio Fermo e Marino Specia, mentre otto, 4 senza e 4 con dovettero accontentarsi di posizioni di rincalzo. Sulle acque di Bled trionfò ancora nell'otto la Germania Federale; il doppio fu appannaggio della Svizzera, grazie a Martin Studach e Melchior Bürgin.
St. Catharines 1970. - Nel 1970 la rassegna mondiale si spostò sull'Ontario (Canada). L'Italia, fuori da ogni podio, raccolse a fatica come miglior piazzamento un quarto posto nel 2 con formato da Primo Baran e Angelo Rossetto, con Giorgio Sajeva al timone. Questa finale fu dominata da due astri nascenti della specialità, i romeni Petre Tudor e Stefan Ceapura. Andò in finale anche il singolista Giovanni Bombelli dei Vigili del Fuoco 'Galimberti' di Milano, in sesta posizione; 4 senza, 4 con e otto finirono rispettivamente al nono, decimo e undicesimo posto. La DDR dominò conquistando 3 ori e 4 argenti: in evidenza, ancora una volta, il 4 senza dell'Einheit Dresda, e poi il 2 senza e l'otto, in cui la Germania Federale non ebbe accesso al podio. Trionfò invece nel 4 con, vincendo con Peter Berger, Hans-Johan Färber, Gerhard Auer e Alois Bierl. Nel singolo si impose Alberto Demiddi, argentino di origini italiane, campione europeo l'anno precedente a Klagenfurt in Austria.
Lucerna 1974. - Nel 1974 si tornò a disputare le gare sul Rotsee, con importanti novità. Nel Mondiale assoluto fecero il loro debutto le donne e i pesi leggeri maschili. L'ingresso di questa categoria, appoggiato incondizionatamente dall'allora presidente della FIC Paolo d'Aloja, allargò i confini internazionali della disciplina e si rivelò molto vantaggioso per gli atleti azzurri. Solo la DDR fu restia a inserire la nuova categoria continuando a vincere esclusivamente a livello seniores, maschile e femminile. Fra le imbarcazioni esordì il 4 di coppia, una specialità che avrebbe regalato spettacolo ed emozioni al pubblico e una serie di grandi soddisfazioni al canottaggio italiano. A Lucerna però l'Italia restò ancora ai margini, senza ottenere nessuna medaglia. Gli unici riconoscimenti vennero dalle prove di Umberto Ragazzi nel singolo e di Primo Baran e Angelo Rossetto nel 2 con, concluse con due quarti posti; in finale arrivarono anche i due livornesi Fabrizio Biondi e Silvio Ferrini, sesti nel doppio. La DDR, inarrestabile, si aggiudicò sei medaglie d'oro sulle otto disponibili. La flotta tedesca orientale fu sconfitta solo nel 2 con, dove i sovietici Eshinov e Ivanov batterono nettamente Wolfgang Gunkel e Jörg Lucke, e nell'otto, dove fu preceduta da USA, Gran Bretagna e Nuova Zelanda. La Germania Est presentò altri due equipaggi eccezionali: il 2 senza dei gemelli Jorg e Bernd Landvoigt, che inaugurarono la loro lunga carriera senza sconfitte e ricca di due titoli olimpici e quattro mondiali, e il 4 senza di Siegfried Brietzke, Andreas Decker, Stefan Semmler, Wolfgang Mager, degni eredi dei loro predecessori dell'Einheit di Dresda.
Nottingham 1975. - Nel 1975 i Campionati del Mondo iniziarono la loro cadenza annuale ‒ salvo gli anni olimpici per le categorie seniores ma non per i pesi leggeri ‒ dopo che a Mosca, nel 1973, si era disputata l'ultima edizione dei Campionati d'Europa. A Nottingham partecipò per la prima volta la Cina. L'Italia ebbe risultati mediocri: nessuno dei quattro equipaggi seniores in gara (singolo, 2 con, doppio e 4 senza) e dei due pesi leggeri (singolo e 4 senza) approdò alla finale. La Germania Est collezionò 5 ori, 2 argenti e 1 bronzo (nelle otto specialità previste) fra gli uomini; 5 ori e 1 argento (nelle sei specialità previste) fra le donne. Il 2 senza dei gemelli Landvoigt e il 4 senza di Brietzke sbaragliarono tutti i concorrenti e anche l'otto tornò alla vittoria. In campo femminile per la DDR gareggiò una tra le più forti singoliste di sempre, Christine Scheiblich, che l'anno successivo avrebbe vinto l'oro ai Giochi di Montreal e in seguito avrebbe chiuso la carriera con quattro titoli mondiali. Solo tre equipaggi riuscirono ad arginare l'egemonia dei tedeschi orientali: il singolista tedesco occidentale Peter Michael Kolbe, che vinse il primo dei suoi cinque titoli mondiali, il doppio dei fratelli norvegesi Alf e Frank Hansen (tre titoli mondiali e un oro olimpico) e il 4 con dell'Unione Sovietica che, trascinato dai possenti Ivanov ed Eshinov, sorpassò di ben 5 secondi la barca della DDR.
Villach 1976. Essendo il 1976 anno olimpico, la rassegna iridata fu riservata solo ai pesi leggeri. Sul lago austriaco di Ossiach, in Carinzia, l'Italia presentò un atleta che finì allora solo undicesimo nel singolo, ma che in seguito si sarebbe affermato con molti successi: Francesco Esposito, vogatore del Circolo nautico Stabia, lo stesso club che, di lì a poco, sarebbe diventato famoso grazie alle imprese dei fratelli Abbagnale.
Amsterdam 1977. - Nel 1977 il Mondiale si disputò sul bacino olandese del Bosbaan, che 40 anni prima aveva ospitato gli Europei. Il canottaggio azzurro sembrava afflitto da una crisi tecnica dalla quale non riusciva ad affrancarsi. L'unico equipaggio capace di accedere alla finale fu lo sculler livornese Fabrizio Biondi, giunto sesto; un insuccesso il 4 con e fuori ai recuperi il 2 con. Deludenti anche gli esiti dei pesi leggeri, che risultarono settimi nel 4 senza e noni nell'otto. La DDR nelle gare maschili si aggiudicò lo stesso numero di titoli del 1975. Il finlandese Pertti Karppinen, da poco campione olimpico, dovette cedere il titolo iridato al tedesco orientale Joachim Dreifke, mentre la Germania Ovest, priva del singolista Kolbe, uscì dal Mondiale assai ridimensionata, conseguendo soltanto una medaglia di bronzo. In campo femminile le vogatrici della DDR realizzarono uno storico en plein, vincendo tutte e sei le finali.
Karapiro 1978. - Il Mondiale di Karapiro, in Nuova Zelanda, si rivelò un successo organizzativo con circa 35.000 spettatori alle finali. L'Italia partecipò solo con il singolista Fabrizio Biondi, che non andò oltre il dodicesimo posto. Peter Michael Kolbe si riappropriò del titolo nel singolo battendo il campione uscente Dreifke, ma comunque la Germania Orientale dominò ancora una volta la scena, vincendo 5 ori e 2 argenti. I soli che riuscirono a contrastarla furono, oltre a Kolbe, il doppio dei fratelli Hansen e il 4 senza sovietico, che batté il 4 senza di Brietzke al termine di una finale combattuta fino all'ultimo metro d'acqua: solo 27 centesimi di secondo separarono all'arrivo la prua della barca sovietica da quella della DDR. Fra le donne Christine Scheiblich vinse il suo quarto titolo mondiale. Per la prima volta il Mondiale pesi leggeri si disputò in una sede diversa da quella del Mondiale seniores, il lago Bagsvaerd di Copenaghen. L'Italia restò ancora fuori dal podio e chiuse con un sesto posto nel doppio (Mauro Torta, Romano Uberti), un nono posto nel 4 senza e un dodicesimo posto nel singolo (Francesco Esposito).
Bled 1979. - Il lago di Bled accolse nuovamente il Mondiale nel 1979. L'Italia, pur continuando a non brillare, diede segno di un certo risveglio. Arrivò finalmente una medaglia (bronzo), vinta dal doppio pesi leggeri di Mauro Torta e Romano Uberti. Sempre tra i pesi leggeri si registrarono l'ottavo posto del singolista Luca Migliaccio e il nono posto del 4 senza. A livello seniores il trend negativo del remo azzurro non accennò invece a diminuire: uscirono subito, ai recuperi, il 4 senza, il 4 con e l'otto; da segnalare però il settimo posto (cioè il primo della finale B) del 2 con di Giuseppe Abbagnale e Antonio Dell'Aquila, timonati da Giuseppe Di Capua. La DDR raccolse medaglie e titoli iridati, vincendo sei regate su otto in campo maschile e lasciando agli avversari solo due gare (in cui comunque ottenne due bronzi): il singolo, in cui il finlandese Karppinen batté il suo storico avversario Kolbe, e il doppio, dominio dei fratelli norvegesi Hansen. Come di consueto vinsero il titolo i gemelli Landvoigt e il 4 senza guidato da Brietzke, ormai entrati nella leggenda. In campo femminile il divario fu meno netto. Le tedesche orientali si aggiudicarono 3 ori e altrettanti argenti ma furono ben contrastate dall'URSS (2 ori) e dalla Romania, che vinse il singolo con la fortissima Sanda Toma e chiuse con 1 argento e 3 bronzi.
Hazewinkel 1980. - L'anno delle Olimpiadi di Mosca lasciò la rassegna iridata ai pesi leggeri che si contesero i cinque titoli in palio sul bacino belga di Hazewinkel. Finalmente per l'Italia arrivò una medaglia d'oro, con il doppio formato dallo stabiese Francesco Esposito e dal barese Ruggero Verroca, che avrebbero vinto cinque titoli mondiali consecutivi. Non fu meno valido l'otto, che a Hazewinkel iniziò la sua serie positiva, che l'avrebbe portato a conquistare dal 1982 al 1991 otto titoli mondiali, di cui gli ultimi sette consecutivi.
Monaco 1981. - Si gareggiò sullo specchio d'acqua artificiale di Feldmoching, lo stesso che nove anni prima aveva ospitato le regate olimpiche. Fu il momento dei fratelli Giuseppe e Carmine Abbagnale, guidati al timone da 'Peppiniello' Di Capua. Il loro esordio mondiale fu un vero trionfo. Il 2 con azzurro sbaragliò il campo, battendo nettamente i tedeschi orientali Schmeling e Seyfarth. L'Italia diede segni di ripresa anche in altre specialità: nel 2 senza, dominato dai fratelli sovietici Yuri e Nikolai Pimenov, Antonio Baldacci ed Ezio Pacovich conquistarono la medaglia di bronzo, mentre il 4 di coppia fu sesto. Il bottino della DDR risultò ridimensionato: 3 ori, 2 argenti e 2 bronzi, dando la sensazione, almeno temporaneamente, di una superiorità in declino. Il tedesco occidentale Kolbe si riprese il titolo iridato del singolo, l'URSS mise fine al dominio della DDR nel 4 senza, mentre in campo femminile Sandra Toma si riconfermò nel singolo dopo aver vinto l'oro olimpico di Mosca. Tra i pesi leggeri l'Italia si impose nel doppio con Esposito e Verroca e a questo successo si aggiunse l'argento nell'otto guidato dal capovoga toscano Leonardo Salani.
Lucerna 1982. - Furono introdotte due importanti novità: la definizione di un peso minimo per le imbarcazioni e l'avvento dei controlli antidoping. Teatro delle competizioni fu di nuovo il Rotsee. Nella cornice del lago svizzero il canottaggio azzurro scrisse una delle pagine più belle della sua rinascita: Giuseppe e Carmine Abbagnale dominarono vanificando ogni velleità di rivincita dei tedeschi orientali Schmeling e Seyfarth, mentre i pesi leggeri azzurri vinsero 3 medaglie d'oro e una di bronzo. Oltre al doppio Verroca-Esposito, al terzo titolo mondiale consecutivo, si aggiudicarono la vittoria l'otto di Leonardo Salani e il 4 senza di Pasquale Aiese, Paolo Martinelli, Daniele Boschin e Marco Romano. Da segnalare anche il buon piazzamento tra i seniores del 4 di coppia azzurro (quarto). La DDR si confermò al vertice del medagliere con 3 ori e 4 argenti.
Duisburg 1983. - Il Mondiale del 1983 a Duisburg, nella Repubblica Federale Tedesca, segnò quattro vittorie del doppio pesi leggeri di Verroca ed Esposito, e l'inattesa sconfitta nel 2 con dei fratelli Abbagnale, che finirono terzi alle spalle dei tedeschi orientali Thomas Greiner e Ulrich Diessner, già campioni del mondo l'anno prima nel 4 con, e dell'URSS. Greiner fu uno dei tanti fuoriclasse usciti dalla scuola remiera della DDR: nel corso della carriera collezionò un oro olimpico (Seul 1988, 4 senza) e 3 ori e 3 bronzi mondiali; per tale palmarès nel 1991 gli venne attribuita la medaglia Keller, l'onorificenza intitolata alla memoria del presidente della FISA, assegnata per la prima volta nel 1990 al norvegese Alf Hansen e con la quale in seguito sarebbero stati premiati anche Francesco Esposito (1996) e Giuseppe e Carmine Abbagnale (1997). Nell'edizione di Duisburg, oltre all'oro del doppio pesi leggeri, la squadra italiana vinse anche un bronzo con il 4 di coppia di Stefano Lari, Antonio Dell'Aquila, Renato Gaeta e Piero Poli. Le vogatrici italiane, al loro esordio mondiale, non andarono oltre i recuperi nel singolo con Raffaella Memo e l'undicesimo posto nel 4 di coppia. Peter Michael Kolbe conquistò il suo quarto oro mondiale nel singolo, mentre nel doppio si distinse Thomas Lange della DDR, che avrebbe vinto ancora con Uwe Heppner l'edizione 1985, affermandosi poi come uno dei più forti singolisti della storia con 2 ori olimpici e 3 mondiali. Tra le donne salì alla ribalta mondiale la sculler tedesca orientale Jutta Hampe. La DDR si confermò ancora al vertice: 3 ori e 4 argenti maschili, 4 ori, 1 argento e 1 bronzo femminili.
Montreal 1984. - Sul bacino artificiale dell'Isola di Notre Dame in Canada, si svolse il Mondiale pesi leggeri del 1984, anno dei Giochi Olimpici di Los Angeles. Ruggero Verroca e Francesco Esposito chiusero il loro sodalizio nel doppio con il quinto titolo mondiale consecutivo, mentre l'otto azzurro fu medaglia d'argento.
Hazewinkel 1985. - Nel 1985 si tornò in Belgio, a Hazewinkel. Giuseppe e Carmine Abbagnale, che avevano trionfato l'anno prima sulle acque di Lake Casitas conquistando il primo oro olimpico, in Belgio si ripresero il titolo iridato del 2 con, dominando romeni e tedeschi dell'Est. Ma se la loro vittoria era nei pronostici, la gara dell'otto riservò le emozioni più forti. La barca azzurra, modellata nel Centro tecnico nazionale di Piediluco da Thor Nilsen e dal suo staff, diede vita a una intensissima finale, chiusa con un pregevole argento alle spalle dell'URSS e davanti agli USA. Capovoga era il napoletano Pasquale Marigliano, un ex peso leggero di grande classe, mentre a prua sedeva il terzo e più giovane dei fratelli Abbagnale, Agostino, che in seguito avrebbe superato i celebri fratelli nel conto delle vittorie olimpiche. Non fu da meno la prova del nostro 4 con, che conquistò la medaglia d'argento chiudendo alle spalle dell'URSS e davanti alla DDR. La Germania Orientale iniziò la sua fase discendente a livello maschile (soltanto 1 oro, 1 argento e 3 bronzi), restando però saldamente al comando nel medagliere femminile, con 4 ori, 1 argento e 1 bronzo. Fu un'ottima edizione per i pesi leggeri azzurri: Verroca si dimostrò il più forte anche nel singolo e l'otto inaugurò la sua eccezionale serie di sette vittorie iridate consecutive. A queste vittorie si aggiunse l'argento per il 4 senza e per il doppio di Francesco Esposito e Carlo Gaddi.
Nottingham 1986. - Nel 1986, a Nottingham in Gran Bretagna, i fratelli Abbagnale trovarono sulla loro strada l'asso inglese Steven Redgrave. La finale del 2 con fu uno scontro fra titani, che premiò la barca di casa di Redgrave e Holmes e lasciò agli Abbagnale la piazza d'onore. Il titolo mondiale andò contro ogni aspettativa al doppio azzurro di Igor Pescialli e Alberto Belgeri che, partiti come outsider, sfruttarono abilmente la corsia interna superando Bulgaria e DDR. Fu una grande e meritata vittoria, seguita all'argento del 2 senza di Pasquale Aiese e Marco Romano, già vincitori di titoli nei pesi leggeri, dotati di una tecnica raffinata tale da attenuare l'evidente divario fisico con i giganti della categoria seniores, i fratelli sovietici Nikolai e Yuri Pimenov, vincitori della gara. Ottennero un certo successo anche gli altri armi azzurri in gara: l'otto fu quarto, il 4 senza quinto e il 4 di coppia sesto. Peter Michael Kolbe conquistò il suo quinto mondiale nel singolo precedendo il rivale di sempre, il finlandese Karppinen. Una nettissima vittoria italiana venne, fra i pesi leggeri, dal 4 senza e dall'otto; si chiuse invece con l'eliminazione ai recuperi la gara nel singolo di Ruggero Verroca. La DDR ebbe solo 1 oro e 4 bronzi in campo maschile; migliori i risultati delle donne che salirono sui sei podi disponibili con 3 ori, 2 argenti e 1 bronzo.
Copenaghen 1987. - Il Mondiale del 1987 si svolse in Danimarca, sul Bagsvaerd di Copenaghen. L'Italia festeggiò la prima medaglia nel canottaggio femminile grazie a Francesca Bentivoglio, che salì sul terzo gradino del podio del singolo pesi leggeri, categoria in cui gli azzurri cominciavano ad avere il predominio: il siciliano Giovanni Calabrese (che poi conquistò vari allori anche a livello assoluto) e il lombardo Enrico Gandola superarono nel finale i francesi Luc Crispon e Thierry Renault, secondi anche l'anno prima; l'otto guidato da Fabrizio Ravasi batté nettamente la Germania Ovest e si confermò campione, mentre il 4 senza e lo sculler barese Verroca furono medaglie di bronzo. Nella finale del 2 con si ebbe la rivincita sui britannici Holmes e Redgrave dei fratelli Abbagnale, che questa volta non si lasciarono sorprendere e vinsero il loro quarto mondiale, vanificando l'aspirazione dei due grandi avversari a realizzare una seconda vittoria dopo la conquista del titolo nel 2 senza. Altre due medaglie, entrambe di bronzo, premiarono il canottaggio azzurro: salirono sul podio il 4 con e l'otto. Ritornava tuttavia prepotentemente la Germania Est che con 3 ori, 1 argento e 1 bronzo si riportava al vertice del medagliere iridato maschile. Nel singolo la DDR presentò Thomas Lange, che sconfisse nell'ordine il tedesco occidentale Kolbe e il finlandese Karppinen, diventando 'l'uomo da battere' in questa specialità. Lange, già campione del mondo nel doppio nel 1983 e 1985 (con Uwe Heppner), si aggiudicò poi, da singolista, 2 ori olimpici e altri 2 mondiali. In campo femminile dominò la Romania con 3 ori, 1 argento e 1 bronzo.
Milano 1988. Nel 1988, anno dei Giochi Olimpici di Seul, il Mondiale dei pesi leggeri ebbe come campo di regata l'Idroscalo di Milano, già teatro di due Campionati d'Europa (1938, 1950). Insieme ai pesi leggeri gareggiarono per il titolo iridato anche gli juniores. L'Italia si aggiudicò quasi tutte le medaglie consolidando la sua superiorità in questa categoria: tre medaglie d'oro e una di bronzo sulle quattro disponibili. Sul podio iridato salirono il doppio, il 4 senza e l'otto, mentre Ruggero Verroca fu terzo nel singolo. Fra le donne si mise ancora in evidenza Francesca Bentivoglio, ottima quinta.
Bled 1989. - Ai Mondiali di Bled del 1989 l'Italia crebbe ancora, portandosi a ridosso della DDR nel medagliere. Giuseppe e Carmine Abbagnale, reduci dal secondo oro olimpico consecutivo conquistato a Seul 1988, ottennero il quinto titolo iridato. Il 4 di coppia, composto dall'ex campione di pesi leggeri Giovanni Calabrese e da Davide Tizzano, Filippo Soffici e Gianluca Farina, arrivò secondo dietro l'Olanda, dopo un duello emozionante deciso solo dal photofinish; non partecipò Agostino Abbagnale, neocampione olimpico della specialità insieme a Tizzano, Farina e Poli, che aveva dovuto sospendere l'attività agonistica a causa di una tromboflebite. L'otto pesi leggeri collezionò il suo quinto titolo mondiale consecutivo, mentre il 4 senza ottenne la medaglia d'argento. Francesca Bentivoglio si classificò quarta. In testa al medagliere fu sempre la DDR con 3 ori e 1 argento tra gli uomini; 4 ori e 2 argenti tra le donne, uno dei quali nel 4 senza, che da quella edizione sostituì il 4 con.
Tasmania 1990. Il 1990 portò per la seconda volta (dopo Karapiro 1978) il Campionato del Mondo agli antipodi. Si gareggiò in Tasmania sul lago Barrington. Giuseppe e Carmine Abbagnale aggiunsero al loro palmarès il sesto titolo mondiale, mentre il 4 di coppia, con Filippo Soffici capovoga, Alessandro Corona, Massimo Paradiso e Gianluca Farina, fu ancora sul podio con la medaglia di bronzo. I pesi leggeri guadagnarono 2 ori: Paolo Pittino, Massimo Guglielmi, Massimo Lana e Francesco Esposito (quest'ultimo al suo personale record di sette ori mondiali) dominarono nel 4 di coppia, mentre l'otto conquistò il suo settimo titolo iridato. Fu l'ultimo atto di Thor Nilsen alla guida del canottaggio azzurro, diretto poi fino ai Giochi Olimpici di Barcellona del 1992 da Theodor Koerner. Per la DDR (bilancio di 2 ori, 1 argento e 2 bronzi fra gli uomini e di 3 ori e 3 bronzi fra le donne) fu l'ultimo Mondiale; dal 1991 le Germanie unificate avrebbero gareggiato sotto un'unica bandiera. Complessivamente dal 1966 al 1990 la DDR si era aggiudicata 10 ori, 11 argenti e 3 bronzi in campo maschile e 9 ori, 5 argenti e 5 bronzi in campo femminile ai Campionati Europei; 52 medaglie d'oro, 25 d'argento e 16 di bronzo ai Mondiali assoluti maschili e 42 medaglie d'oro, 20 d'argento e 8 di bronzo ai Mondiali assoluti femminili, per un totale di 163 medaglie; 20 ori, 4 argenti e 7 bronzi in campo maschile e 13 ori, 3 argenti e 1 bronzo in campo femminile ai Giochi Olimpici, per un totale di 48 medaglie.
Vienna 1991. - Le acque del Nuovo Danubio a Vienna ospitarono il Mondiale 1991. Fu l'esordio sia di Theodor Koerner al timone della flotta azzurra, sia della Germania unita. Giuseppe e Carmine Abbagnale, insieme al timoniere Di Capua, conquistarono il settimo titolo mondiale assoluto nel 2 con, l'ultimo della loro inimitabile carriera agonistica. Il 4 di coppia di Soffici, Corona, Paradiso, Farina arrivò secondo dietro l'URSS che replicò il titolo conquistato in Tasmania. Escludendo il 4 senza che giunse quarto, il resto della spedizione azzurra seniores ottenne risultati modesti: decimo posto nel singolo, quattordicesimo nel 2 senza, undicesimo nel doppio, decimo nel 4 con e nono nell'otto. Thomas Lange vinse nel singolo, superando agevolmente il cecoslovacco Vaclav Chalupa, mentre Steven Redgrave, ben supportato dal nuovo compagno di barca Matthew Pinsent, ebbe l'oro nel 2 senza, portando a 10 il suo medagliere personale fra Olimpiadi e Mondiali. I pesi leggeri diedero all'Italia ancora due medaglie: l'otto vinse al termine di un durissimo duello con la Francia, risoltosi solo negli ultimi metri; il 4 senza fu medaglia d'argento dietro la Gran Bretagna. Quella del 1991 fu l'ultima apparizione dell'Unione Sovietica, divisa da allora in poi in tante Repubbliche autonome. Anche l'URSS chiudeva con un bilancio imponente: 11 ori, 14 argenti e 6 bronzi in campo maschile e 1 oro, 6 argenti e 3 bronzi in campo femminile ai Giochi Olimpici; 17 ori, 28 argenti e 17 bronzi fra gli uomini e di 18 ori, 16 argenti e 12 bronzi fra le donne ai Campionati del Mondo assoluti; 27 ori, 23 argenti e 13 bronzi in campo maschile e 67 ori (facendo l'en plein in quattro edizioni), 16 argenti e 9 bronzi in campo femminile ai Campionati Europei.
Montreal 1992. A distanza di una settimana dalla conclusione dei Giochi Olimpici di Barcellona si svolse in Canada il Mondiale riservato ai soli pesi leggeri. Questa volta per i vogatori azzurri la sfida fu più dura a causa del grande equilibrio fra le forze in campo. Comunque l'Italia si impose e vinse l'oro nel 4 di coppia e l'argento nel 4 senza. Apprezzabile il risultato del singolista Enrico Gandola (quarto), mentre l'otto campione del mondo uscente non andò oltre il quinto posto. Fra le donne, riuscirono sesto il 4 senza e ottavo il doppio.
Roudnice 1993. - Nella Repubblica Ceca esordì come direttore tecnico della squadra azzurra Giuseppe La Mura e il bilancio fu più che positivo: sei medaglie (2 argenti e 4 bronzi) fra seniores e pesi leggeri. Roudnice segnò l'epilogo della carriera agonistica di Giuseppe e Carmine Abbagnale. La finale del 2 con ripropose la sfida con i britannici Gregory e Jonathan Searle e gli Abbagnale speravano di ribaltare l'esito dei Giochi Olimpici di Barcellona 1992, ma dovettero accontentarsi della piazza d'onore. Il 4 di coppia ottenne la medaglia di bronzo; il 4 senza giunse settimo e quinto il singolista Giovanni Calabrese, in grado di tenere testa a sculler di prim'ordine come Derek Porter, Vaclav Chalupa e Thomas Lange. Nei pesi leggeri gli azzurri ebbero 1 argento (4 di coppia) e 3 bronzi (Esposito e Pittino nel doppio, 4 senza e otto). La Germania fu prima nel medagliere maschile (2 ori, 1 argento e 4 bronzi) e seconda in campo femminile (1 oro, 2 argenti e 1 bronzo), dietro alla sorprendente Cina (2 ori).
Indianapolis 1994. - Le regate si svolsero sull'Eagle Creek Park. La vigilia dell'Italia fu inquieta perché le regate internazionali di Lucerna, da sempre test attendibile dei risultati del Mondiale, non avevano dato al tecnico le risposte sperate. Ma questa volta la previsione fu smentita: gli equipaggi azzurri si aggiudicarono sette medaglie e vinsero la classifica per nazioni davanti alla Germania e ai padroni di casa. Tra i seniores furono eccellenti le prove del 4 di coppia e del 4 senza: il quadruplo azzurro (Alessandro Corona, Rossano Galtarossa, Alessio Sartori, Massimo Paradiso) tornò ai fasti di Seul 1988 superando l'Ucraina e la Germania; i tedeschi, campioni del mondo uscenti, non poterono avvalersi del capovoga André Willms, che preferì la vittoria nel singolo, gara in cui l'azzurro Giovanni Calabrese finì quarto. Il 4 senza italiano salì di nuovo sul podio più alto della specialità, quasi mezzo secolo dopo la straordinaria regata che aveva portato la barca delle 'aquile rosse' della Moto Guzzi all'oro olimpico di Henley, e fu un altro vogatore della Moto Guzzi, il capovoga Carlo Mornati, a condurre i compagni verso la grande impresa, ottenuta a spese di una Gran Bretagna mai domata e rinforzata dall'apporto dei fratelli Searle. Mornati aveva preso il posto di Carmine La Mura, figlio del tecnico azzurro, che il padre impegnò nell'otto timonato da Di Capua. Carmine Abbagnale vogò invece sempre nel 2 con, ma questa volta assieme a Gioacchino Cascone e al timoniere Antonio Cirillo, poiché Giuseppe Abbagnale era stato costretto a disertare l'appuntamento per un infortunio. La barca azzurra conquistò comunque un pregevole argento. I pesi leggeri azzurri salirono quattro volte sul podio. Michelangelo Crispi e Francesco Esposito (nono titolo mondiale) vinsero il doppio davanti alla Nuova Zelanda e ai temibili fratelli svizzeri Michael e Markus Gier; Carlo Gaddi e Leonardo Pettinari batterono russi e irlandesi nel 2 senza, mentre 4 di coppia e otto si aggiudicarono rispettivamente l'argento e il bronzo.
Tampere 1995. - Nella città finlandese di Tampere, sul lago Kaukajarvi, il canottaggio italiano dominò, aggiudicandosi 5 ori e 3 bronzi, una medaglia in più rispetto al Mondiale 1994. Tra i seniores arrivò la conferma del 4 senza e del 4 di coppia che bissarono il titolo iridato conquistato a Indianapolis. La finale del 4 senza vide il tentativo di rivincita dei fratelli Searle sulla barca di Carlo Mornati: l'armo britannico si lanciò fortissimo nello scatto finale, ma gli azzurri seppero resistere e al traguardo solo 31 centesimi di secondo separarono le due imbarcazioni. La vittoria del 4 di coppia si presentò più netta, con Sartori capovoga e Galtarossa, Corona e Paradiso al secondo, terzo e quarto carrello. La barca azzurra controllò agevolmente sia l'equipaggio tedesco (che aveva schierato nuovamente a capovoga Willms) sia quello argentino. Un altro Sartori, Luca (fratello di Alessio), conquistò con Giuliano De Stabile e il timoniere Antonio Cirillo il titolo del 2 con, mentre tornò sul podio a distanza di otto anni il 4 con, medaglia di bronzo. Giovanni Calabrese si confermò tra i migliori singolisti del mondo e fu quarto; stesso piazzamento per il 2 senza di Marco Penna e Walter Bottega; settimo l'otto, sul quale La Mura aveva trasferito per intero il 2 con, protagonista vincente per 13 anni: Giuseppe e Carmine Abbagnale al settimo e ottavo carrello, 'Peppiniello' Di Capua al timone. Il resto delle medaglie azzurre fu appannaggio dei pesi leggeri: salirono sul gradino più alto del podio Pasquale Marigliano e Carlo Grande (2 senza) e il 4 senza guidato da Carlo Gaddi; bronzo per il 4 di coppia e l'otto di Fabrizio Ravasi. Francesco Esposito, costretto a ritirarsi dal Mondiale per un'ernia del disco, chiuse la sua carriera, ricca di 11 medaglie mondiali (9 d'oro, 1 d'argento e 1 di bronzo) e una partecipazione olimpica (Los Angeles 1984, quinto nel doppio con Verroca).
Strathclyde 1996. - Nell'anno olimpico di Atlanta 1996 il Mondiale si disputò a Strathclyde in Gran Bretagna. Scesero in gara le due barche escluse dal programma olimpico (2 con e 4 con), singolo, 2 senza, 4 di coppia e otto pesi leggeri maschili; singolo, 2 senza e 4 senza pesi leggeri femminili (doppio maschile e femminile e 4 senza maschile erano stati ammessi ai Giochi). Vi fu una sola medaglia per l'Italia, quella d'oro vinta dal 4 di coppia composto da Paolo Pittino, Massimo Guglielmi, Lorenzo Bertini e Franco Sancassani.
Aiguebelette 1997. - In Francia, ad Aiguebelette, il Mondiale 1997 degli azzurri fu decisamente sotto tono. Mancarono all'appello atleti importanti, assenti o per ritiro dall'attività agonistica (come Giuseppe e Carmine Abbagnale, Giuseppe Di Capua e Davide Tizzano) o per esigenze personali, come Carlo Mornati che si era preso un 'anno sabbatico' per perfezionare i suoi studi di economia in Australia. Rientrarono invece tra i ranghi del 4 di coppia Agostino Abbagnale e Giovanni Calabrese, al posto di Alessio Sartori (dirottato sul singolo) e di Massimo Paradiso. Questi innesti vincenti consacrarono la barca azzurra al vertice mondiale della specialità. Si distinsero Mattia Trombetta e Lorenzo Carboncini nel 2 senza, secondi dietro il forte equipaggio francese, e ancora argento nel 4 con, sempre dietro i transalpini. Deluse invece il 4 senza, malgrado l'impegno del neocapovoga Marco Penna, chiamato a sostituire Carlo Mornati. La barca azzurra finì solo quinta, in una finale dominata dalla Gran Bretagna dei fuoriclasse Redgrave e Pinsent. Gli Stati Uniti risultarono in vetta al medagliere (3 ori e 1 bronzo), seguiti dalla Francia (2 ori, 1 argento) e da Germania e Italia a pari merito (1 oro, 2 argenti). Una sola medaglia, quella d'oro, fra i pesi leggeri: la vinse con autorevolezza il 4 di coppia di Pittino, Basalini, Guglielmi e Sancassani. Il bilancio azzurro deluse il tecnico La Mura che rassegnò le dimissioni, ma il gesto, forse più provocatorio che polemico, non ebbe seguito e La Mura riprese il posto di comando con il beneplacito della FIC.
Colonia 1998. - Il riscatto della flotta azzurra, dopo le delusioni di Aiguebelette, fu immediato. Nel Mondiale del 1998 a Colonia, in Germania, l'Italia festeggiò un medagliere record di nove medaglie: 3 ori, 3 argenti e 3 bronzi. Tra i seniores si registrò l'ennesima vittoria del 4 di coppia che schierò nuovamente Alessio Sartori capovoga, Rossano Galtarossa, Agostino Abbagnale e Alessandro Corona: una barca di eccezionale livello, degna dei quattro titoli mondiali consecutivi conquistati. La Germania fu ancora seccamente battuta e questa volta in casa. L'argento andò al 2 con di Gioacchino Cascone e Rosario Gioia timonati da Gianluca Barattolo; il bronzo al 4 senza, che, ritrovato il suo capovoga Mornati, riuscì a impensierire fino alla fine l'armo invincibile della Gran Bretagna e a sfiorare l'argento, perso per pochi centimetri contro la Francia. Sul terzo gradino del podio salì anche il 4 con, vinto dall'Australia che, forte dell'apporto dei fuoriclasse James Tomkins e Nicholas Green, ottenne 2 medaglie d'oro vincendo anche il 2 con. Tra i pesi leggeri, oro per il singolista Stefano Basalini, poliedrico e fortissimo vogatore, e per il 4 di coppia; argento nel 2 senza (Gaddi e Amarante) e nel doppio (Pettinari-Crispi); bronzo nell'otto, nel segno di una tradizione ritrovata.
St. Catharines 1999. - A distanza di 29 anni il Mondiale tornò a St. Catharines, in Canada, con 59 nazioni partecipanti. La flotta azzurra senior, pur aggiudicandosi una sola medaglia ‒ bronzo del 4 senza di Carlo Mornati, Riccardo Dei Rossi, Lorenzo Carboncini (che aveva sostituito Raffaello Leonardo passato sull'otto) e Valter Molea ‒ qualificò tutte le sue barche per i Giochi Olimpici di Sydney 2000. Uscì inaspettatamente in semifinale il nostro 4 di coppia, che perse la sua imbattibilità iridata dopo aver vinto quattro mondiali consecutivi. Sesto il singolista Nicola Sartori, quarto il 2 senza (Pasquale Panzarino, Dario Lari), quinto il 2 con (Marco Bizzozzero, Luigi Palmieri, timoniere Gianluca Barattolo), quinto il 4 con (Patrick Casanova, Giuseppe Musumeci, Francesco Mattei, Luigi Barborini, timoniere Daniele Sorice), decimo il doppio (Simone Raineri, Luca Ghezzi). Esordì nel mondiale assoluto la diciassettenne italo-sudafricana Gabriella Bascelli, da poco vice campione del mondo junior nel singolo: giunse al diciottesimo posto. Il medagliere premiò la Germania (3 ori, 5 argenti) e a seguire gli USA (2 ori), la Bielorussia (2 ori) e la Gran Bretagna (1 oro, 2 argenti). Straordinaria la prestazione dei pesi leggeri azzurri, dominatori indiscussi della categoria: 3 medaglie d'oro nel 2 senza (Paolo Pittino, Stefano Basalini), nel doppio (Leonardo Pettinari, Michelangelo Crispi) e nel 4 di coppia (Franco Sancassani, Mauro Baccelli, Daniele Gilardoni, Simone Forlani); una medaglia di bronzo nell'otto guidato da Carlo Grande, e il quarto posto nel 4 senza. Il clima nella squadra azzurra fu burrascoso: alcuni vogatori, guidati da Stefano Basalini, manifestarono apertamente la propria insofferenza per i metodi di lavoro adottati da La Mura, incapace ‒ a loro avviso ‒ anche di gestire al meglio i rapporti interpersonali, ma l'intervento deciso dei vertici federali ricompose lo 'strappo' confermando la piena fiducia al tecnico.
Lucerna 2001. - Chiusa la parentesi olimpica di Sydney 2000, il Mondiale tornò ancora una volta sul Rotsee di Lucerna. La Gran Bretagna dominò nelle categorie maschili, la Germania in quelle femminili. I vogatori britannici furono in testa al medagliere con 3 ori e 1 bronzo (vittorie nel 2 senza e 2 con di James Cracknell e Matthew Pinsent, e nel 4 senza). Per l'Italia 2 argenti e 2 bronzi: sul secondo gradino del podio salirono il 4 con e il 2 con; sul terzo, il doppio di Alessio Sartori e Rossano Galtarossa e il 4 di coppia, rinnovato per tre quarti rispetto all'equipaggio che aveva trionfato ai Giochi Olimpici australiani (con il 'superstite' Simone Raineri vogarono Franco Berra, Nicola Sartori e Mattia Righetti). Nel singolo il norvegese Olaf Tufte batté a sorpresa il quotato sloveno Iztok Cop, campione del mondo 1999 in doppio; nell'otto vinse la Romania davanti alla Croazia (terza a Sydney) e alla Germania. In campo femminile prevalse su tutte la Germania, dominatrice incontrastata nella vogata di coppia: le atlete tedesche si aggiudicarono le medaglie d'oro in singolo, doppio e 4 di coppia; vinsero anche il bronzo nell'otto e salirono in cima al medagliere davanti all'Australia che chiuse con 2 ori (4 senza e otto). Fra i pesi leggeri l'Italia riconfermò, anche se questa volta a fatica, la sua tradizionale leadership. Con un netta vittoria nel doppio, Leonardo Pettinari ed Elia Luini si presero l'attesa rivincita sui polacchi Tomasz Kucharski e Robert Sycz, che li avevano sconfitti l'anno prima ai Giochi Olimpici. Altrettanto meritato fu il successo del 4 di coppia (Daniele Gilardoni, Filippo Mannucci, Luca Moncada, Mauro Baccelli) che superò in finale Grecia e Giappone. Argento per Stefano Basalini nel singolo, alle spalle dell'irlandese Sam Lynch, e bronzo per Massimo Guglielmi e Giuseppe Del Gaudio nel 2 senza, vinto dall'Irlanda.
Siviglia 2002. - Sulle acque andaluse del Guadalquivir il canottaggio azzurro chiuse con il record di dieci medaglie iridate (una in più di Colonia 1998), di cui 3 ori, 4 argenti e 3 bronzi, risultato che permise all'Italia di attestarsi al secondo posto nella classifica per nazioni dietro alla Germania, tornata prepotentemente al vertice internazionale (5 ori, 4 argenti e 3 bronzi), ma davanti alla Gran Bretagna (3 ori, 1 argento, 2 bronzi) e all'Australia (3 ori, 1 argento, 1 bronzo). Ancora una volta furono i pesi leggeri a determinare lo straordinario bilancio degli azzurri: 3 ori e 3 argenti, circa il 60% dell'intero bottino. Artefici delle vittorie furono il 4 di coppia (Filippo Mannucci, Luca Moncada, Daniele Gilardoni, Emanuele Federici); il doppio di Leonardo Pettinari ed Elia Luini che si riconfermò campione del mondo battendo nuovamente la barca polacca; e l'otto tornato agli antichi fasti (Bruno Pasqualini, Stefano Fraquelli, Carlo Grande, Marco Paniccia, Nicola Moriconi, Giuseppe Del Gaudio, Alessandro Lodigiani, Luigi Scala, timoniere Vincenzo Di Palma). Sul podio d'argento il singolista Stefano Basalini, battuto, come già l'anno precedente, dall'irlandese Samuel Lynch; il 2 senza dell'intramontabile Carlo Gaddi e Franco Sancassani, secondi alle spalle del Cile, vincitore a sorpresa; il 4 senza guidato da Bruno Mascarenhas che inseguì fino all'ultimo la velocissima barca danese. Il resto venne dai seniores, dove per la prima volta nella storia un equipaggio femminile italiano salì sul podio di un mondiale assoluto. L'impresa riuscì al doppio di Gabriella Bascelli ed Elisabetta Sancassani, terze dietro le sorelle neozelandesi Caroline e Georgina Evers-Swindell e alle russe. Altre tre medaglie (1 argento e 2 bronzi) furono conquistate dagli uomini. Agostino Abbagnale tornò sul secondo gradino del podio, guidando con classe ed esperienza consumate il più giovane, bravissimo capovoga Franco Berra. Infine, le due medaglie di bronzo del 4 senza e del 4 di coppia: Carlo Mornati, ben assecondato da Lorenzo Carboncini, Raffaello Leonardo e dal suo fratello minore Niccolò, si prodigò al massimo, ma il tempo finale della barca azzurra, seppure eccezionale (5′44,12″), non fu sufficiente, polverizzato dalla Germania (prima in 5′41,35″) e dalla Gran Bretagna (seconda in 5′41,60″): bastò solo a battere di un soffio la pericolosa Slovenia, quarta in 5′44,99″. Ancora una volta la Germania fu imprendibile nel 4 di coppia, contrastata soltanto dalla barca polacca, mentre gli azzurri giunsero terzi con Simone Raineri capovoga, Rossano Galtarossa, Marco Ragazzi e Mattia Righetti.
Milano 2003. - Nel 2003 Milano e l'Italia ospitarono per la prima volta i Mondiali assoluti e pesi leggeri. Sulle acque dell'Idroscalo la posta in palio era altissima: non solo le medaglie ma anche, e soprattutto, un piazzamento che valeva la qualificazione diretta per i Giochi Olimpici di Atene 2004. L'Italia si trovò priva di una presenza importante, quella di Agostino Abbagnale, tre volte olimpionico, che aveva rinunciato per motivi personali. Il direttore tecnico degli azzurri, La Mura, modificò quindi l'assetto degli equipaggi: Alessio Sartori e Rossano Galtarossa tornarono nel doppio, barca che li aveva visti ottimi terzi ai Mondiali di Lucerna 2001; nel 4 di coppia sedette nuovamente a capovoga l'olimpionico di Sydney 2000 Simone Raineri, supportato da Luca Ghezzi, Mattia Righetti e Luca Agamennoni. Fu un'Italia incostante, a fasi alterne, che tuttavia centrò senza troppe difficoltà l'obiettivo primario di qualificare tutte e nove le barche olimpiche in gara (singolo, doppio, 2 senza, 4 senza, 4 di coppia e otto seniores maschili; doppio senior femminile; doppio e 4 senza pesi leggeri maschili). Il medagliere italiano risultò dimezzato (3 ori, 1 argento, 1 bronzo) in confronto a Siviglia 2002, ma bastò per ottenere il terzo posto nella classifica per nazioni dietro alla Germania (4 ori, 4 argenti, 7 bronzi) e agli USA (3 ori, 2 argenti, 1 bronzo). Il doppio senior di Sartori e Galtarossa diede un'eccellente prestazione: dopo un avvio incerto (solo quarti ai 1000 m), recuperò fino a vincere la medaglia d'argento. Nella finale del 2 senza, Dario Lari e Giuseppe De Vita, terzi ai 1500 m, cedettero alla fine ad Australia, Croazia, Sudafrica e Gran Bretagna. Deluse invece il 4 senza di Carlo Mornati, Lorenzo Carboncini, Raffaello Leonardo e Niccolò Mornati (quinto), poco competitivo, mai in lotta per una medaglia. Ancora un quinto posto andò al doppio delle azzurre Gabriella Bascelli ed Elisabetta Sancassani e giunse sesto il 4 di coppia guidato da Simone Raineri. Cimentandosi in una grande prova l'otto vinse, con decisione e carattere, la finale B e si aggiudicò l'unico posto disponibile in chiave olimpica, cosa che riuscì anche al singolista azzurro Marco Ragazzi, quarto nella finale B e promosso per Atene 2004. I pesi leggeri azzurri offrirono l'ennesima prova di superiorità. Il doppio di Leonardo Pettinari ed Elia Luini conquistò il terzo titolo mondiale consecutivo. Fu ammesso ai Mondiali in Grecia anche il 4 senza pesi leggeri (Bruno Mascarenhas, Salvatore Amitrano, Catello Amarante, Lorenzo Bertini), terzo in finale. Tra le barche non olimpiche arrivò il successo di Stefano Basalini nel singolo e quello del 4 di coppia composto da Filippo Mannucci, Luca Moncada, Daniele Gilardoni ed Emanuele Federici. Abdicava invece dal podio più alto di Siviglia 2002 l'otto azzurro che finì solo quinto, mentre Carlo Gaddi e Franco Sancassani (già argento nell'anno precedente) chiusero all'ultimo posto nel 2 senza. La Germania si confermò la più forte ma subì due cocenti e inattese sconfitte: nel singolo crollò l'imbattibilità di Marcel Hacker, bruciato negli ultimi 50 m dal norvegese Olaf Tufte, e giunse solo terzo il favoritissimo 4 senza, nettamente battuto dal Canada e dalla Gran Bretagna. Conferme iridate, fra i seniores, della bulgara Rumyana Neykova nel singolo, delle gemelle neozelandesi Georgina e Caroline Evers-Swindell nel doppio e del 4 senza danese fra i pesi leggeri.
I Campionati d'Europa nacquero un anno dopo la costituzione della FISA, avvenuta il 25 giugno 1892. Si cominciò in sordina, con un piccolo drappello di nazioni al via: Italia, Belgio, Francia, Svizzera e Alsazia-Lorena, una sorta di 'pentagonale'. Nel corso di ottanta anni se ne disputarono poi 57 edizioni.
Lago d'Orta 1893. - Si gareggiò in sole tre specialità: nel singolo sui 2000 m, nel 4 con e nell'otto sui 3000 m. L'Italia riuscì per tre volte seconda: Vittorio Leone, del Rowing Club genovese, cedette al forte belga Lescrauwaet; il 4 con della Canottieri Milano (Giulio Rebuschini, Giacomo Leva, Felice Teruzzi, Angelo Brambillasca, timoniere Ivo Bassano) alla Svizzera e l'otto della Cerea di Torino alla Francia.
Macon 1894. - L'anno dopo a Macon in Francia entrò in scena il 2 con che vide campioni i fratelli belgi Lescrauwaet davanti agli azzurri Vittorio Leone e Federico Costa. Leone fu ancora secondo nel singolo e secondi, dietro la Francia, si piazzarono anche i nostri 4 con e otto.
Ostenda 1895. - Alla 3a edizione di Ostenda in Belgio parteciparono circa 60 atleti. Il percorso di gara venne fissato definitivamente nei 2000 m in linea retta. Furono sempre Belgio, Italia e Francia a dividersi il medagliere, lasciando all'Austria soltanto il bronzo nel singolo. Sempre secondo Leone nel singolo. Il bilancio italiano si chiuse con i bronzi del 2 con (altra medaglia per Leone), 4 con e otto.
Ginevra 1896. - Nel 1896 gli Europei si spostarono in Svizzera, a Ginevra. Vittorio Leone continuò a collezionare argenti, battuto questa volta dal padrone di casa Ben Longchamp. Gli azzurri ottennero il bronzo nelle specialità 2 con, 4 con e otto, barca quest'ultima formata dai 'Montanari' (così chiamati ironicamente dai loro rivali della Libertas di Firenze), che costituivano l'equipaggio della Canottieri Lario campione d'Italia e vincitore della Coppa del Re.
Pallanza 1897. - La rinuncia di Praga riportò l'anno dopo il Campionato d'Europa in Italia. Si gareggiò sul lago di Pallanza, la cui profondità rese impossibile l'ancoraggio dei barchini di partenza. I giudici decisero per le partenze 'volanti' tra mille difficoltà nell'allineamento delle imbarcazioni. Fu un'edizione dominata dal Belgio che si aggiudicò singolo, 2 con, 4 con e otto davanti all'Italia e alla Francia.
Torino 1898. - Nel 1898 fu ancora l'Italia a ospitare gli Europei, questa volta sul fiume Po. Esordì una nuova imbarcazione, il doppio, portando a cinque il numero delle specialità. Nemmeno questa sesta edizione portò agli azzurri l'atteso oro. L'Italia guadagnò 3 argenti e 2 bronzi mentre il belga Deleplanque vinse il suo secondo titolo consecutivo nel singolo, battendo il vogatore dell'Esperia di Torino Pietro Umberto.
Ostenda 1899. - Alla vigilia del nuovo secolo si tornò in Belgio, a Ostenda. Un contrattempo turbò il clima della squadra italiana: le barche non arrivarono in tempo e i nostri vogatori furono costretti a montare quelle messe a disposizione dagli organizzatori. L'Italia vinse 3 medaglie d'argento e 2 di bronzo.
Parigi 1900. - Si gareggiò sullo stesso campo di regata che aveva accolto le competizioni della seconda Olimpiade. La spedizione italiana tornò a casa con 1 argento e 2 bronzi. Il milanese Luigi Gerli fu terzo nel singolo, mentre due barche della società Canottieri Barion di Bari, 4 con e 2 con, si classificarono rispettivamente seconda e terza. Il 4 con era quello dei 'Trabaccolanti' della Barion, atleti dallo stile di voga poco ortodosso, che insidiarono fino all'ultimo l'armo dei belgi.
Zurigo 1901. - Il canottaggio italiano realizzò la sua prima vittoria in Svizzera, a Zurigo, il 17 agosto 1901. Protagonisti della grande impresa furono i 'Trabaccolanti' della Barion di Bari: Paolo Diana, Giuseppe Nacci, Gaetano Caccavallo, Vittorio Narducci e Clemente Sbisa al timone. La rivincita contro l'equipaggio belga fu netta: il 4 con italiano tagliò il traguardo con quasi mezzo minuto di vantaggio. Paolo Diana e Vittorio Narducci, con Sbisa al timone, conquistarono anche il bronzo del 2 con, imitati dall'otto.
Strasburgo 1902. - L'anno successivo in Francia, a Strasburgo, i 'Trabaccolanti' della Barion fallirono nel tentativo di confermarsi campioni d'Europa, ma giunsero secondi dietro i francesi, protagonisti di un finale veemente. L'Italia recuperò nel singolo, dominato da Luigi Gerli, giovane vogatore della Canottieri Milano, la società fondata nel 1890 da Guido Alessandro Bonnet.
Venezia 1903. - L'undicesima edizione degli Europei si svolse in Italia, sul suggestivo canale della Giudecca a Venezia. L'affluenza di pubblico fu enorme e, novità assoluta per l'Italia, si scommise sulle gare di canottaggio. Al 4 con parteciparono ancora i vigorosi 'Trabaccolanti', che però dovettero accontentarsi della medaglia di bronzo in una finale vinta facilmente dal Belgio che conquistò quattro titoli sui cinque disponibili. Si distinsero Luigi Gerli ed Emilio Sacchini nel doppio e nell'otto italiano, entrambi secondi.
Parigi 1904. - In occasione della dodicesima edizione si tornò a Parigi. L'organizzazione non fu delle migliori: per citare un episodio emblematico, la disponibilità di una sola imbarcazione a motore costrinse i giudici a controllare la prima parte del percorso di gara a bordo di una macchina. L'Italia riportò un magro bilancio, solo 3 bronzi nel 2 con, nel 4 con e nell'otto. Soprattutto si distinse la prova dei napoletani Augusto Barbanti e Luigi Stolte, timoniere Angelo Guasco, nel 2 con: la barca italiana si batté bene arrivando a ridosso dei vincitori francesi e dei belgi campioni uscenti.
Gand 1905. - La cittadina belga di Gand ospitò la tredicesima edizione dei Campionati d'Europa. L'Italia ritrovò il suo smalto e chiuse con 2 argenti e 3 bronzi. Nel 4 con, rappresentato dai vogatori della Querini di Venezia, con capovoga Ercole Olgeni, l'Italia superò sul traguardo la Francia sottraendole il secondo posto. Si misero in luce gli equipaggi della Canottieri Milano. Emilio Sacchini fu secondo nel doppio insieme a Luigi Gerli e terzo nel singolo; terzo pure l'otto dei vogatori del Naviglio guidati da Enrico Capelli.
Pallanza 1906. - Nel 1906, a Pallanza, iniziò la grande tradizione italiana nel 2 con. Ercole Olgeni e Scipione Del Giudice, timoniere Giuseppe Mioni, divennero campioni d'Europa; nel singolo l'Italia fu rappresentata da Giovanni Brunialti, atleta del Reale circolo nautico Aniene di Roma, battuto solo dal fortissimo sculler francese Gaston Delaplane; Brunialti sedette pure al terzo carrello dell'otto dell'Aniene medaglia di bronzo. Un altro grandissimo vogatore guidò il 4 con italiano alla conquista della medaglia d'argento: Giuseppe Sinigaglia, che otto anni dopo avrebbe trionfato nel singolo a Henley, nella Diamonds Sculls. Si aggiudicò l'argento anche il doppio della Canottieri Armida di Torino composto da Giampiero Filippi e Costante Scalero.
Strasburgo 1907. - A Strasburgo i milanesi Emilio Sacchini ed Erminio Dones, detti il doppio 'Sibilante', sbaragliarono il campo infliggendo agli avversari forti distacchi. Lo stesso Dones fu terzo nel singolo; Sinigaglia conquistò l'argento nel 2 con insieme ad Annibale Beretta, timoniere Ninetto Cetti; l'argento andò anche al 4 con e all'otto romano della Canottieri Aniene guidato da Giovanni Brunialti. La FISA stabilì a partire dal 1909 in 55 kg il peso minimo dei timonieri; nel caso di peso inferiore, si sarebbe dovuto zavorrare la barca.
Lucerna 1908. - Ercole Olgeni portò il 4 con della Querini di Venezia alla medaglia d'oro, superando l'armo belga campione europeo da quattro anni, e si aggiudicò, insieme a Scipione Del Giudice, anche l'argento nel 2 con. Emilio Sacchini ed Erminio Dones guadagnarono la piazza d'onore nel doppio, terzo fu l'otto della Canottieri Aniene. Terzo titolo consecutivo nel singolo per Gaston Delaplane. In questa gara l'Italia schierò Teodoro Mariani della Canottieri Lario, altro vogatore che poi avrebbe fatto parlare di sé ma che a Lucerna fu squalificato per aver ostacolato durante il percorso lo stesso Delaplane.
Juvisy 1909. - Il 1909 fu un anno particolarmente favorevole per il canottaggio italiano. In Francia, a Juvisy (Parigi), Teodoro Mariani, della Canottieri Lario, cancellò l'imbattibilità di Delaplane e vinse nettamente il singolo; la Querini di Venezia conquistò 2 medaglie d'oro nel 2 con e 4 con e si piazzò seconda nell'otto, sempre trascinata dal capovoga Scipione Del Giudice.
Ostenda 1910. - L'anno dopo, a Ostenda, Delaplane trovò il suo riscatto e tornò ai vertici europei del singolo battendo lo svizzero Stockly e l'azzurro Enrico Bruna della Bucintoro di Venezia. Bruna, insieme a Olgeni fu argento nel doppio, vinto da Delaplane in coppia con François Rocchesani. Fu un grande momento per il canottaggio veneziano: la Querini si confermò campione d'Europa nel 4 con per il terzo anno consecutivo e conquistò il bronzo nel 2 con; la Bucintoro, guidata da Olgeni, vinse il suo secondo argento nell'otto.
Como 1911. - Sul lago di Como, nel 1911, il canottaggio italiano ottenne risultati straordinari con il bilancio di 4 ori e 1 argento. Fu l'anno di Giuseppe Sinigaglia. Il comasco vinse nel singolo il belga Polydore Veirman e il francese Delaplane, poi nel doppio con il compagno di club e maestro di voga Teodoro Mariani. Ercole Olgeni ed Enrico Bruna batterono nettamente il 2 con mentre la Querini di Venezia, dopo l'argento nel 4 con, divenne per la prima volta campione d'Europa nell'otto.
Ginevra 1912. - L'anno dopo si gareggiò in Svizzera, sul lago di Ginevra. Gli elvetici inaugurarono un sistema di cronometraggio tecnologicamente più avanzato, fornito dalla Longines. Erminio Dones e Pietro Annoni della Canottieri Milano vinsero il titolo nel doppio, la Canottieri Lario salì tre volte sul podio, nel singolo con Giuseppe Sinigaglia (argento), nel 4 con e nell'otto. Bronzo anche per la Canottieri Cerea di Torino nel 2 con.
Gand 1913. - Il bacino di Langerbrugge accolse la ventunesima edizione dei Campionati d'Europa. Entrò in scena la Germania e fu subito protagonista vincendo il singolo e l'otto, specialità in cui venne introdotto il sistema delle batterie eliminatorie. Sinigaglia, squalificato nel singolo per aver abbordato la barca del belga Veirman, conquistò l'argento nel doppio insieme a Nino Torlaschi; si aggiudicarono il bronzo la Canottieri Lario nell'otto e la Canottieri Cerea nel 2 con (Franco Lajolo, Giorgio Gianolio, timoniere Gustavo Cantoni).
Macon 1920. -Nel 1920, alla ripresa dopo l'interruzione bellica, mancò la Germania e i partecipanti furono solo 70, quasi 50 in meno rispetto all'ultima manifestazione del 1913. Il campionato fu una sorta di 'quadrangolare' fra Svizzera, Italia, Belgio e Francia. Gli equipaggi italiani furono solo due: il singolista dell'Armida di Torino Giovanni Di Vaio, medaglia d'argento, e l'otto della canottieri Lario, bronzo.
Amsterdam 1921. - L'anno dopo ad Amsterdam gli atleti partecipanti furono 115, un numero ben più elevato che comportò, di rigore, le batterie eliminatorie. L'Olanda, al suo debutto, vinse l'oro nel singolo e nel doppio; l'Italia invece, sotto tono, conquistò solo un argento con il singolista lecchese Nino Castelli mentre il 2 con e il doppio furono eliminati in batteria.
Barcellona 1922. - La Spagna organizzò il suo primo Campionato d'Europa che si svolse nelle vicinanze del porto di Barcellona nel settembre del 1922. Si distinsero la Svizzera (3 ori) e la Francia (2 ori); l'Italia conquistò tre volte l'argento grazie al 2 con della Bucintoro Venezia (Vincenzo e Francesco Fabiano, timoniere Gino Bettini), al doppio della Canottieri Milano (Erminio Dones, Francesco Salvini) e all'otto della Diadora di Zara, che insidiò sino all'ultimo la Francia.
Como 1923. - Teatro della venticinquesima edizione degli Europei fu Como, dove si assistette a una crescita del numero partecipanti (125) e all'ingresso in scena del Portogallo e della Cecoslovacchia. La Svizzera si aggiudicò quasi tutti i titoli (4 su 5) con Rudolf Bosshard che si confermò campione d'Europa nel singolo, specialità in cui Carlo Caccialanza della Canottieri Olona di Milano fu quarto. Il bilancio italiano registrò l'argento per il 2 con della Querini Venezia (Giovanni Scatturin, Giuseppe Tassan, timoniere Gino Sopracordevole) e il bronzo per il doppio dei milanesi Dones e Salvini. La grande impresa riuscì nell'otto, dove l'armo della società Diadora di Zara (Luigi Miller, Carlo Toniatti, Pietro Ivanov, Simeone Cattalinich, Giuseppe Crivelli, Bruno Sorich, Francesco Cattalinich, Vittorio Gliubich, timoniere Latino Galasso) batté sul filo del traguardo la Svizzera.
Zurigo 1924. - Zurigo ospitò gli Europei a pochi giorni dalla chiusura dei Giochi Olimpici del 1924 (Parigi, 13-17 luglio). Fu l'esordio della Iugoslavia e del nuovo sistema di partenza deciso dalla FISA, con l'obbligo dei barchini di ancoraggio. Due nuove imbarcazioni entrarono in gara, il 2 senza e il 4 senza, anche se quest'ultima specialità dovette rinviare il suo debutto per mancanza di concorrenti. Partecipò un solo equipaggio italiano, il 2 con dei campioni olimpici di Anversa 1920, Ercole Olgeni e Giovanni Scatturin, timoniere Gino Sopracordevole, che si piazzarono terzi.
Praga 1925. - Praga organizzò con estrema cura l'edizione datata 1925. Si gareggiò sulle acque della Moldava. L'Italia colse una magnifica vittoria nel 4 con, grazie ai vogatori della società Timavo di Monfalcone (Remigio Genzo, Alberto Privileggi, Mimmo Montegnacco, Elio Grio, timoniere Mario Martinelli). A questo successo si aggiunse il bronzo per il 4 senza del Barion di Bari (Renato Petruzzelli, Luigi Arciuli, Rolando Gantes, Giuseppe Magaletti), nell'esordio ufficiale di questa specialità. Eliminato in batteria il doppio della Canottieri Lario e ritirato il 2 con del Rowing Club genovese.
Lucerna 1926. - Dopo la rinuncia forzata della Federazione portoghese, l'organizzazione del Campionato d'Europa venne assegnata per la seconda volta a Lucerna. Entrò in scena uno dei più grandi vogatori italiani, Antonio Ghiardello dando subito dimostrazione di quel talento innato che ne avrebbe fatto un capovoga eccezionale e in seguito un apprezzato allenatore. Nella finale del 4 con, insieme al fratello gemello Andrea, all'altro fratello Mario e al cugino Giovanni Battista Pastine, con Ugo Giangrande al timone, Ghiardello impose alla gara un ritmo sostenutissimo, facendo il vuoto e distanziando di 11 secondi la Svizzera. L'Italia espresse il suo alto livello atletico conquistando 4 medaglie d'argento: nel doppio (Michelangelo Bernasconi, Sandro De Col della Canottieri Lario), nel 2 senza (Massimo Ballestrero, Jean Cipollina del Rowing Club genovese), nel 2 con (Pierluigi e Renzo Vestrini della Unione canottieri livornesi) e con l'otto della Bucintoro Venezia guidato da Vincenzo Fabiano.
Como 1927. - L'edizione 1927, disputata sulle acque 'amiche' del lago di Como, con partenza da Villa Erba e arrivo nei pressi di Villa Olmo, esaltò la grande tradizione della Canottieri Lario. Michelangelo Bernasconi vinse il singolo e conquistò l'argento nel doppio insieme a Sandro De Col. Trionfarono anche l'Unione canottieri livornesi e L'Argus di Santa Margherita Ligure: la prima con 2 medaglie d'oro dei fratelli livornesi Renzo e Pierluigi Vestrini nel 2 senza e 2 con; la seconda con la vittoria dei liguri nel 4 senza (Palmiro Lago, Agostino Massa, Andrea Cattoni, Giuseppe Maggio) e nel 4 con guidato da Antonio Ghiardello. L'Italia chiuse con un ottimo bilancio aggiudicandosi anche la gara dell'otto con l'equipaggio della Vittorino da Feltre di Piacenza.
Bydgoszcz 1929. - La trentesima edizione dei Campionati d'Europa si svolse in agosto a Bydgoszcz, in Polonia. La FISA ammise gli Stati Uniti, la cui Federazione, fondata nel 1872 a New York, contava 140 società affiliate con circa 30.000 soci; rimandò invece a data da destinarsi l'introduzione del canottaggio femminile. L'Italia sbancò il medagliere. Romeo Sisti e Nino Ultimo Bolzoni della Canottieri Baldesio Cremona vinsero l'oro nel 2 senza; Renzo e Pierluigi Vestrini si confermarono i migliori nel 2 con; l'armo della Vittorino Da Feltre di Piacenza (Cesare Rossi, Pietro Freschi, Umberto Bonadè, Paolo Gennari) fu primo nel 4 senza; Valerio Perentin, Giliante d'Este, Nicolò Vittori, Giovanni Delise (timoniere Renato Petronio), campioni olimpici l'anno prima ad Amsterdam, festeggiarono il titolo europeo nel 4 con. La quinta medaglia d'oro per l'Italia venne conquistata dall'otto degli 'Scarronzoni' di Livorno: Vittorio Cioni, Enrico Garzelli, Guglielmo Del Bimbo, Roberto Vestrini (fratello di Renzo e Pierluigi), Dino Barsotti, Eugenio Nenci, Mario Balleri, Renato Barbieri, timoniere Cesare Milani. Un mese prima i vogatori-portuali avevano vinto il loro secondo titolo nazionale battendo nettamente l'otto della società Pullino di Isola d'Istria (forte dei suoi quattro olimpionici), della Vittorino da Feltre e della Canottieri Pallanza. A Bydgoszcz superarono nettamente Iugoslavia e Polonia. Il bilancio delle barche italiane si chiuse con l'argento del doppio di Michelangelo Bernasconi e Sandro De Col.
Liegi 1930. - L'anno dopo l'Europeo fu assegnato a Liegi, un omaggio al centenario dell'indipendenza del Belgio. Arrivò l'otto degli Stati Uniti e fu subito aspra battaglia con gli 'Scarronzoni' di Livorno, la prima delle tante sfide fra i due grandi equipaggi. Vinsero gli USA davanti ai livornesi. La Vittorino Da Feltre conquistò per l'Italia 2 ori nel 2 con (Guglielmo Carubbi, Arturo Moroni, timoniere Angelo Polledri) e 4 senza (Cesare Rossi, Pietro Freschi, Umberto Bonadè, Paolo Gennari, cui si sommarono le medaglie d'argento di Vincenzo Giacomini della Canottieri Sile nel singolo, del doppio Bernasconi-De Col e del 4 con della Pullino di Isola d'Istria, battuto dalla Danimarca. Liegi registrò il record di iscritti (197 atleti in gara) e l'esordio, solo a titolo dimostrativo, del canottaggio femminile.
Parigi 1931. - Si gareggiò sulle acque della Senna, a Parigi. Nel singolo il comasco Enrico Mariani, figlio del grande Teodoro, fu secondo dietro al francese Edouard Candeveau. Si aggiudicarono l'argento tre altri equipaggi: Rino Galeazzi (padre di Giampiero, futuro canottiere e telecronista RAI) e Vittorio Lucchini, della Canottieri Pallanza, nel 2 senza; Romeo Sisti, Zemiro Siboni, timoniere Guido Spernazzati, nel 2 con, e gli 'Scarronzoni'nell'otto. L'unico oro italiano arrivò dal 4 con della società Aniene di Roma, per la quale vogarono allora campioni di prim'ordine come Antonio Ghiardello e Giliante D'Este, ben sostenuti da Francesco Cossu e Antonio Garzoni Provenzani, e dal timoniere Carlo Giacinti. Bronzo per il doppio della Lario formato da Michelangelo Bernasconi ed Enrico Mariani.
Belgrado 1932. - Nel 1932, anno olimpico, l'Europeo si spostò in Iugoslavia, a Belgrado. Enrico Mariani conquistò il titolo nel singolo, imitato dal 4 con della Pullino di Isola d'Istria guidato da Valerio Perentin. L'Italia chiuse con altri 4 argenti: quelli del 2 senza della Canottieri Pallanza (Galeazzi-Lucchini); del 2 con del Reale circolo Ruggero di Lauria di Palermo (Gustavo e Angelo Sorge, timoniere Livio Armando); del doppio della Ginnastica triestina (Ettore Brosch, Livio Curto) e del 4 senza della Canottieri Intra (Mario Leofler, Giulio Berteletti, Giuseppe Livorno, Giovanni Monteggia).
Budapest 1933. - L'appuntamento successivo degli Europei fu fissato in Ungheria, a Budapest, sul Danubio. Si gareggiò sulla distanza, insolita, di 2200 m. L'Italia vinse ancora con la Pullino d'Isola d'Istria nel 4 con, e fu l'unico oro. Una medaglia di bronzo andò al singolista Vincenzo Giacomini della Canottieri Milano, club che conquistò l'argento nel doppio grazie a Orfeo Paroli e Mario Moretti. Si aggiudicarono la piazza d'onore anche gli 'Scarronzoni' livornesi, battuti dagli ungheresi padroni di casa.
Lucerna 1934. - Ai Campionati Europei di Lucerna, nel 1934, si gareggiò sul Rotsee. Vinse il suo terzo titolo europeo consecutivo il 4 con della Pullino (Valerio Perentin, Francesco Chicco, Nicolò Vittori, Umberto Vittori, timoniere Renato Petronio), che si aggiudicò il trofeo 'Eugène Baud' della FISA. L'Italia chiuse con il bronzo conquistato dall'otto della Canottieri Aniene guidato da Antonio Ghiardello. La FISA decise definitivamente sulla lunghezza del percorso di gara: 2000 m in linea retta e larghezza tale da consentire l'allineamento di almeno tre equipaggi. In quell'occasione tornò in lizza la Germania dopo la lunga assenza seguita al Primo conflitto mondiale.
Berlino 1935. - L'anno successivo, vigilia dei Giochi di Berlino 1936, negli Europei si collaudò il bacino olimpico di Berlino-Grunau. Un impressionante incidente occorse in allenamento all'azzurro Antonio Offredi, iscritto con Ferruccio Mascherpa nella gara del doppio: la prua della barca del singolista francese Victor Saurin, spostata forse da un'onda anomala, gli si conficcò nel polpaccio sinistro, fortunatamente senza provocare un'emorragia letale. Offredi, dotato di grande sangue freddo, tentò di liberarsi del troncone di legno con una tenaglia prima di essere portato sul pontile da un motoscafo. Il suo posto fu preso da Massimo Giovannetti, eletto quell'anno alla presidenza della Reale Federazione italiana di canottaggio. A Berlino-Grunau l'Italia si aggiudicò la vittoria nel 2 con, grazie all'equipaggio della Bucintoro Venezia (Almiro Bergamo, Guido Santin, timoniere Luciano Negrini). Conquistarono il bronzo il 4 senza della Canottieri Olona Milano e il 4 con della Pullino di Isola d'Istria guidato da Valerio Perentin. Solo quinto giunse l'otto degli 'Scarronzoni'.
Amsterdam 1937. - Nel 1937 si gareggiò sul nuovo bacino artificiale del Bosbaan di Amsterdam. La Germania, tornata concorrente molto temibile, chiuse con 4 ori e 1 argento. Ma anche l'Italia salì varie volte sul podio. Gli 'Scarronzoni' furono nuovamente campioni d'Europa, battendo i tedeschi nell'otto; il 2 senza della Canottieri Olona (Mario Lazzati, Ermenegildo Manfredini) vinse nettamente la finale, distaccando per 10 secondi la Danimarca. Argento per Santin e Bergamo nel 2 con, bronzo per il doppio 'misto' Canottieri Milano-Nettuno Trieste di Ettore Brosch e Giorgio Scherl e ancora bronzo per il 4 con del 'misto' Timavo Monfalcone-Dopolavoro ferroviario Genova (Aldo Pellizzoni, Lucillo Bobig, Guglielmo Del Neri, Francesco Pittaluga, timoniere Eugenio Suzzi).
Milano 1938. - L'Idroscalo di Milano ospitò il suo primo Campionato d'Europa mentre incombeva lo spettro del Secondo conflitto mondiale. In gara scese ancora una Germania molto forte (4 ori e 2 argenti), ma l'Italia si difese bene e fu l'unica nazione a opporsi concretamente alla supremazia tedesca. Santin e Bergamo, timoniere Gino Bettini, riconquistarono il titolo nel 2 con, mentre Ettore Brosh (Canottieri di Milano) e Giorgio Scherl (Nettuno di Trieste) dominarono nel doppio aggiudicandosi l'oro. Tre argenti (2 senza, 4 senza, 4 con) e un bronzo (otto) chiusero il medagliere dell'Italia.
Lucerna 1947. - Finita la guerra, nell'agosto del 1947 gli Europei ricominciarono dal Rotsee di Lucerna. Qui nacque il mito della Moto Guzzi: Giuseppe Moioli, Elio Morille, Giovanni Invernizzi e Franco Faggi portarono alla vittoria il 4 senza, superando Cecoslovacchia e Svizzera. Un altro grande capovoga, Angelo Fioretti, che aveva abbandonato la boxe per il canottaggio, guidò al successo l'otto della Canottieri Varese, la società nata nel 1927 e ubicata nell'area della Schiranna. Fioretti e il timoniere Alessandro Bardelli seguirono poi, da tecnici, l'otto dei Corazzieri che trionfò nel 1954 ai Giochi del Mediterraneo. A Lucerna l'Italia vinse anche due argenti: nel 2 con (Giovanni Steffè, Aldo Tarlao e il timoniere Albino Grio della Libertas Capodistria) e nel 4 con (Reginaldo Polloni, Francesco Gotti, Renato Macario, Riccardo Cerutti, timoniere Domenico Cambieri, tutti della Canottieri Sebino-Lovere). Un buon quarto posto ottenne il singolista del Circolo canottieri Aniene di Roma, Romolo Catasta. Quell'anno la FISA ammise la Gran Bretagna nella Federazione internazionale.
Amsterdam 1949. - Nel 1949, dopo la parentesi dei Giochi Olimpici, il canottaggio italiano raggiunse risultati anche migliori. Ad Amsterdam il 4 senza della Moto Guzzi, oro olimpico a Henley l'anno prima, si confermò campione d'Europa battendo i forti danesi dell'Aarhus; stesso esito per l'otto della Canottieri Varese: l'equipaggio guidato da Angelo Fioretti, sfortunato protagonista alle Olimpiadi (battuto in semifinale dagli Stati Uniti, poi vittoriosi in finale), riuscì nuovamente primo; Giuseppe Ramani e Aldo Tarlao (timoniere Luciano Marion) vinsero nel 2 con e i vogatori della Timavo di Monfalcone nel 4 con; argento per il doppio misto Ginnastica Triestina-Canottieri Milano di Mario Ustolin e Silvio Bergamini; bronzo per Felice Fanetti e Bruno Boni (Canottieri Baldesio) nel 2 senza. John Kelly senior stravinse nel singolo, mentre la presenza degli USA e dell'Uruguay avviava il processo di trasformazione degli Europei in un vero e proprio Campionato del Mondo. Dell'edizione di Amsterdam si ricorda un episodio curioso riguardante gli azzurri: tra tante vittorie e tanta giustificata euforia, i dirigenti italiani si accorsero di aver dimenticato in Italia il disco dell'Inno di Mameli; l'incidente venne superato grazie a un gruppo di coristi che cantarono sul posto le note dell'inno italiano.
Milano 1950. - Nel 1950, sulle acque 'amiche' dell'Idroscalo di Milano, si celebrò il terzo successo europeo consecutivo per il 4 senza della Moto Guzzi e per l'otto della Canottieri Varese, e si impose per la seconda volta il 2 con di Ramani e Tarlao. Antonio Balossi e Ludovico Sommaruga della Canottieri Milano furono medaglia d'argento nel doppio; stesso piazzamento per il 2 senza del CRAL Redaelli di Dervio, composto da Erio Bettega e Nicolò Simone.
Macon 1951. - La quarantaduesima edizione del Campionato d'Europa si svolse a Macon, sul fiume Saona. Si avvicinava omai il grande momento del canottaggio femminile, che in quell'occasione si esibì in tre prove dimostrative. A Macon subì un primo arresto il 4 senza della Moto Guzzi, eliminato in semifinale, mentre si aggiudicò il terzo titolo europeo il 2 con della Libertas Capodistria (Giuseppe Ramani, Aldo Tarlao, timoniere Luciano Marion). Reginaldo Polloni, dopo aver guidato magistralmente alla vittoria il 4 con della Sebino di Lovere, fu premiato quale miglior vogatore dei Campionati. Argento nel doppio per i milanesi Silvio Bergamini e Antonio Balossi.
Copenaghen 1953. - Il ventoso Bagsvaerd di Copenaghen ospitò la quarantatreesima edizione che registrò un record di presenze: 267 atleti in gara. Fu stabilito che dal 1954 si sarebbe dato il via agli Europei femminili. A Copenaghen l'Italia fu presente solo con due barche, il 4 con della Libertas Capodistria (con i tre volte campioni d'Europa Ramani e Tarlao) e l'otto della Moto Guzzi, che finirono entrambe quarte. L'URSS cominciò ad accumulare titoli e medaglie.
Amsterdam 1954. - Nel 1954, ad Amsterdam, tornò sul gradino più alto del podio europeo il 4 senza della Moto Guzzi; il capovoga fu ancora Giuseppe Moioli ma con nuovi compagni: Giovanni Zucchi, Marco Carri e Attilio Cantoni. Furono invece eliminati i nostri 2 senza, 2 con, 4 con e otto. L'URSS esordì prepotentemente in campo femminile, vincendo in tutte e cinque le specialità previste, cioè singolo, doppio, 4 con, 4 di coppia con timoniera e otto.
Gand 1955. - Nel 1955 a Gand, in Belgio, la FISA ammise la DDR in qualità di membro straordinario ma confermò che un solo equipaggio avrebbe potuto rappresentare la Germania ai Giochi Olimpici e ai Campionati d'Europa. L'Italia affondò nel canale belga: solo il 2 senza della Canottieri Firenze (Alvaro Banchi, Maurizio Clerici) approdò alla finale, finendo quarto. A Bucarest si svolse la seconda edizione degli Europei femminili che videro ancora l'URSS primeggiare in tutte le specialità.
Bled 1956. - Nell'anno dei Giochi Olimpici di Melbourne, ritornò al vertice europeo del 4 senza la Moto Guzzi con Giuseppe Moioli, Attilio Cantoni, Giovanni Zucchi e Abbondio Marcelli. Nella finale del 4 con, le 'aquile rosse' di Mandello del Lario (Franco Trincavelli, Angelo Vanzin, Romano Sgheiz, Alberto Winkler, timonati da Ivo Stefanoni) furono medaglia di bronzo: due mesi dopo, sulle acque olimpiche australiane, avrebbero vinto l'oro più ambito. Con una buona prova, l'otto della Marina militare si piazzò quarto. Nel singolo, un ragazzo sovietico non ancora diciottenne, Vyacheslav Ivanov, ottenne il primo successo di una lunga carriera. Tra le donne, si disputò la solita lotta fra le nazioni dell'Est europeo con l'URSS sempre in primo piano.
Duisburg 1957. - L'otto della Moto Guzzi guidato da Franco Trincavelli batté l'URSS vincendo l'oro nella barca più prestigiosa. Stuart McKenzie, australiano, superò nel singolo il tedesco Klaus von Fersen e il sovietico Ivanov con il quale iniziò una lunga e affascinante sfida. Il fortissimo doppio dei sovietici della Krasnoe Znamja di Leningrado, Juri Tjukalov e Aleksandr Berkutov, si confermò campione d'Europa, mentre la Germania, ancora unita, si aggiudicò tre titoli sopravanzando nettamente l'URSS nel medagliere maschile. I sovietici dominarono in campo femminile dove realizzarono il terzo 'grande slam': cinque vittorie in cinque gare.
Poznan 1958. - L'anno dopo a Poznan in Polonia, partecipò ancora la Moto Guzzi ottenendo un'altra splendida vittoria nell'otto, che ritrovò all'ultimo carrello Giuseppe Moioli. La barca italiana batté in finale quella statunitense, guidata da John Kelly jr. e timonata da Allen Rosemberg, che poi, da tecnico, avrebbe legato il suo nome a una modalità di voga ammirata e imitata in tutto il mondo. Giovanni Anselmi e Renzo Ostino della società Armida di Torino conquistarono l'argento nel 2 con. Nel singolo si ebbero i medesimi piazzamenti dell'anno prima: l'australiano McKenzie batté nell'ordine il tedesco von Fersen e il sovietico Ivanov. Nel doppio i sovietici Tjukalov e Berkutov conquistarono la terza medaglia d'oro consecutiva, mentre le fortissime vogatrici sovietiche si aggiudicarono quattro titoli su cinque.
Macon 1959. - L'Italia non andò oltre l'argento del 2 con, conquistato da Renzo Ostino e Giovanni Anselmi (timoniere Vincenzo Bruno) della Canottieri Armida di Torino. L'otto della Moto Guzzi, solitamente ai vertici, uscì ridimensionato dalla competizione giungendo solo quarto. La Germania vinse quattro titoli su sette e si aggiudicò il 'Challenge Glandaz', il prestigioso premio vinto dall'Italia nel 1949. Ivanov dettò legge nel singolo battendo il tedesco von Fersen, mentre l'australiano McKenzie finì quarto. I sovietici dominarono anche nel doppio grazie a Tjukalov e Berkutov. Le sovietiche fallirono l'ennesimo en plein aggiudicandosi 'soltanto' quattro gare su cinque. La vittoria nel singolo andò all'ungherese Jenone Papp.
Londra 1960. - Di segno tutto femminile gli Europei 1960 di Londra, a causa della concomitanza con i Giochi Olimpici di Roma. Era la prima volta che la Gran Bretagna ospitava questa manifestazione. In primo piano vi furono sempre le sovietiche con tre vittorie su cinque. Papp confermò la sua superiorità nel singolo.
Praga 1961. - A Praga, sulla Moldava, nella cinquantesima edizione l'Italia espresse al meglio il suo talento agonistico. L'otto misto Moto Guzzi-Marina militare Sabaudia, allenato da Angelo Alippi e Mario Bovo, batté con un 'serrate' travolgente la Germania: solo 15 centesimi di secondo divisero all'arrivo le due imbarcazioni. Fu l'ultima grande affermazione di un otto italiano in una grande competizione internazionale. Protagonisti della straordinaria impresa furono Romano Sgheiz, Giovanni Zucchi, Raffaele Viviani, Giuseppe Palese, Fulvio Balatti, Giampietro Gilardi, Vinicio Brondi, Sereno Brunello e il timoniere Ivo Stefanoni. A questa si aggiunse un'altra vittoria: l'Italia salì sul gradino più alto del podio anche nel 4 senza, vinto dalla Falck di Dongo (Renato Bosatta, Tullio Baraglia, Giancarlo Crosta e Giuseppe Galante) che superò URSS e Germania. I sovietici guadagnarono 2 ori, nel singolo e nel doppio, grazie al fuoriclasse Ivanov e ai collaudati Tjukalov e Berkutov. In campo femminile, ancora una volta la singolista ungherese Papp (terzo titolo europeo consecutivo) negò alle sovietiche la possibilità di accaparrarsi l'intero medagliere. Quell'anno il Congresso FISA approvò definitivamente l'istituzione dei Campionati del Mondo, da tenersi, a partire dal 1962, ogni quattro anni e con la partecipazione esclusiva (almeno inizialmente) delle categorie maschili; decise anche che, in coincidenza con il torneo iridato, gli Europei dovevano essere disputati solo dalle donne.
Berlino 1962. - Sul campo di regata di Berlino-Grunau, in coincidenza con il primo Campionato del Mondo di Lucerna e in linea con le decisioni della FISA, gli Europei furono disputati solo dalle categorie femminili. Tre titoli andarono all'URSS (doppio, 4 di coppia e otto), uno alla Romania (4 con) e uno alla Cecoslovacchia (singolo).
Copenaghen 1963. - Sul Bagsvaerd di Copenaghen entrarono in gioco le piccole finali (che decidono i piazzamenti dal settimo posto in poi) già sperimentate in occasione del primo Campionato del Mondo disputato l'anno prima a Lucerna. Fu il grande giorno dei triestini dell'Ignis di Varese Mario Petri e Paolo Mosetti che vinsero il titolo nel 2 senza. La Moto Guzzi guadagnò l'argento nel 4 senza, in una gara condotta sotto la pioggia battente. La Germania chiuse con un bilancio di 4 ori, 1 argento e 1 bronzo. Si raggiunse il record di partecipanti con 346 atleti in gara, tra i quali i vogatori di Stati Uniti, Giappone e Repubblica Araba Unita. Le donne gareggiarono a Mosca, sul lago artificiale di Khimki, e le padrone di casa questa volta non si lasciarono sfuggire l'occasione, aggiudicandosi 5 medaglie d'oro nelle cinque specialità previste.
Amsterdam 1964. - Nel 1964 gli Europei si spostarono sul Bosbaan di Amsterdam. La FISA presentò la sua nuova bandiera: cinque remi con i colori olimpici dipinti sulle pale, su sfondo blu. L'Italia ottenne 2 bronzi: nel 4 senza con la Moto Guzzi (Romano Sgheiz, Fulvio Balatti, Giovanni Zucchi, Luciano Sgheiz) e nel 4 con con la Falck di Dongo (Renato Bosatta, Emilio Trivini, Giuseppe Galante, Franco De Pedrina, timoniere Giovanni Spinola). I campioni d'Europa uscenti Mario Petri e Paolo Mosetti furono eliminati ai recuperi per un'improvvisa indisposizione di Petri. Ivanov dominò ancora nel singolo mentre nel doppio la forte tradizione sovietica continuò con Tjurin e Boris Dubrowski. Tra le donne si interruppe il monopolio delle sovietiche nell'otto, battute per la prima volta dalle tedesche.
Duisburg 1965. - Nel 1965, sulle acque di Wedau a Duisburg, si mise in luce un equipaggio italiano, che in seguito avrebbe fatto molto parlare di sé, formato da due giovani atleti del Dopolavoro ferroviario Treviso: Primo Baran e Renzo Sambo, su barca 2 con, timonata nell'occasione da Giorgio Conte. Arrivarono secondi alle spalle dell'URSS e fu l'unica medaglia per l'Italia. Baran era il prototipo del vogatore moderno: una tecnica di voga che sfruttava per intero l'ampiezza dell'angolo della palata, più lunga rispetto a quella degli altri. In finale andarono anche il 4 senza della Falck (Renato Bosatta, Andrea Giorgi, Pier Angelo Conti Manzini, Emilio Trivini) e l'otto, entrambi quinti. L'URSS realizzò un risultato eccezionale, salendo sul podio in tutte le specialità maschili e femminili e conquistando tutti e quattro i trofei in palio: 'Challenge Glandaz', 'Challenge Carlo Montù', 'Challenge Gaston Mullegg' e 'Challenge femminile Moulin à Vent'. Nel doppio si affermavano gli svizzeri Martin Andrea Studach e Melchior Rudolf Burgin.
Amsterdam 1966. - Agli Europei femminili di Amsterdam, nel 1966, la DDR esordì molto bene aggiudicandosi la vittoria nel doppio, nel 4 di coppia e nell'otto, relegando così per la prima volta l'URSS a un ruolo di secondo piano.
Vichy 1967. - La cinquantaquattresima edizione si svolse a Vichy, sul fiume Allier. L'Italia si aggiudicò una sola medaglia, questa volta d'oro, conquistata sempre dal 2 con di Primo Baran e Renzo Sambo, guidati dal giovanissimo Bruno Cipolla. Andò male per tutti gli altri armi azzurri, esclusi dalle rispettive finali. Il tedesco orientale Achim Hill scalzò Ivanov dal primato nel singolo; gli statunitensi del Potomac Boat Club di Washington, Larry Hough e Tony Johnson, dominarono il 2 senza e gli svizzeri Martin Andrea Studach e Melchior Rudolf Burgin il doppio, mentre nel 4 senza iniziò la leggenda della Einheit di Dresda guidato da Frank Forberger. Una sfida fino all'ultimo colpo di remo impegnò le sovietiche e le tedesche orientali, con successo delle prime per 3 vittorie a 2 al termine di una splendida finale dell'otto.
Berlino 1968. - Nel 1968, anno olimpico, gli Europei femminili a Berlino-Grunau videro la netta supremazia delle padrone di casa che si aggiudicarono 3 ori, 1 argento e 1 bronzo.
Klagenfurt 1969. - Il lago Worther, nell'austriaca Carinzia, ospitò l'edizione successiva del Campionati d'Europa, dopo la rinuncia della Federazione spagnola. La FISA ufficializzò la regola per la quale in caso di incidenti tecnici o di abbordaggi, verificatisi entro i primi 100 m dalla partenza, la giuria poteva richiamare gli equipaggi per una nuova partenza e decidere se squalificare o meno i responsabili delle irregolarità. Primo Baran (da poco campione olimpico) gareggiò con due nuovi compagni di barca: Angelo Rossetto e il timoniere Giorgio Sajeva. Il 2 con italiano lottò fino alla fine per la vittoria ma dovette cedere nel finale al violento attacco dei fratelli cecoslovacchi Oldrich e Pavel Svoianowski. L'argentino (di padre romano) Alberto Demiddi vinse il singolo; il 2 senza USA di Hough e Johnson si riconfermò campione, mentre nel 4 con si affacciò alla ribalta un altro equipaggio eccellente, il 'misto' della Germania Ovest formato da Peter Berger, Hans Johann Färber, Gerhard Auer e Alois Bierl, timoniere Stefan Voncken. In campo femminile URSS e DDR si spartirono il medagliere.
Tata 1970. - A Tata in Ungheria scesero sul campo di regata solo le donne. La DDR superò nel medagliere l'Unione Sovietica (3 vittorie a 1), con la Jager e la Schmidt che si imposero nuovamente nel doppio.
Copenaghen 1971. - Un'Italia modesta mise in finale un solo equipaggio, un 4 senza 'misto' formato da DLF di Treviso, Vigili del Fuoco di Trieste, Dopolavoro ospedaliero di Treviso e Fiamme Gialle di Sabaudia (Primo Baran, Ennio Fermo, Renzo Sambo, Abramo Albini), che si classificò al sesto posto. Eliminate tutte le altre barche azzurre, Demiddi fu ancora il migliore nel singolo, specialità che vide l'italiano Giovanni Bombelli uscire in semifinale. La finale del 2 con si disputò fra giganti e si concluse con l'oro ai tedeschi orientali Gunkel e Lucke, l'argento ai fratelli Svoianowski e il bronzo ai sovietici Eshinov e Ivanov. Le finali del 4 senza e del 4 con ‒ gare senza storia, prive di imprevisti e colpi di scena ‒ furono dominate rispettivamente dalla DDR e dalla RFT. Le vogatrici dell'URSS si presero una secca rivincita sulla DDR chiudendo con il risultato di 3 vittorie a 1.
Brandeburgo 1972. - Nelle gare disputate solo dalle categorie femminili sul Beetzee di Brandeburgo le sovietiche si confermarono vincendo 3 ori e 1 argento.
Mosca 1973. - L'ultima edizione degli Europei si svolse a Mosca nel 1973. Nessun equipaggio italiano fu presente. Erano gli anni bui del remo azzurro che avrebbe cominciato a risollevarsi all'inizio degli anni Ottanta. Il tedesco occidentale Peter Michael Kolbe iniziò la sua luminosa carriera di singolista. La DDR vinse tre volte (doppio, 4 senza, otto), l'URSS due (2 con e 4 con). L'URSS recuperò fra le donne, vincendo per 3 ori a 1 la sfida con le rivali della Germania Est.
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