cantare (verbo; cante, in rima, II singol. pres. indic.)
A un'analisi statistica, sono assai rari, ma non univoci, gli esempi di questo verbo nella prima cantica, sei in tutto (Scartazzini: " nell'inferno non si canta, ma si stride "); di gran lunga prevalenti (trentanove), e con più vari significati, nel Purgatorio, che è il regno della musica, umanamente intesa, anche come atmosfera colloquiale e affettuosa; un po' meno numerosi nel Paradiso (venticinque), dove peraltro la musica e il canto rappresentano una componente strutturale quasi obbligata, come la luce, inclinando perciò a un lessico monocorde e allusivo, in moduli fissi e in aree di più angusta semanticità. Sporadici invece i casi di c. nelle Rime (appena quattro rispetto alle settanta occorrenze della Commedia) e in prosa (cinque): il verbo sembra non trovarvi agevole cittadinanza.
1. Intransitivo, senza determinazione di complemento, sta per " modulare armonicamente la voce secondo un motivo o un tema musicale ", " emettere voce con melodia ", " intonare, eseguire un canto ": Cv IV XIII 11-12 li miseri mercatanti... quando sanza esse [ricchezze] sono, pieni di sicurtade, cantando e sollazzando fanno loro cammino più brieve. E però dice lo Savio: " Se voto camminatore entrasse ne lo cammino, dinanzi a li ladroni canterebbe " (nel secondo caso tuttavia assumendo un valore più pregnante, quasi di " rimanere spensierato al punto di cantare di fronte al pericolo ", non implicito nella fonte dantesca, cioè Boezio [Cons. phil. II pr. 5, § 22]: " Tu igitur qui nunc contum gladiumque sollicitus pertimescis, si vitae huius callem vacuus viator intrasses, coram latrone cantares "; ma per il motivo, cfr. anche Iacopone O amor de povertate 2-3). Altri esempi: Pg XIX 17 cominciava a cantar; XIX 19; XXVII 55 una voce che cantava; XXVIII 41 una donna soletta che si gia / e cantando e scegliendo fior da fiore; Pd XVIII 77 sante creature / volitando cantavano; XIX 97 Roteando cantava.
2. Con specificazione dello strumento con cui ci s'accompagna, in Pg IX 144 quando a cantar con organi si stea. I commentatori moderni lo intendono come infinito sostantivato (Sapegno: " trovandosi ad ascoltare un canto accompagnato dall'organo "; Vivanti: " si assiste a una funzione con coro e organo - canta altri, non colui che sta - "; Andreoli: " quando si stia dove si canti in sull'organo "); ammette un'alternativa il Serravalle (" quando ad cantandum cum organis demoretur, vel quando homo stat ad audiendum cantum organorum "), mentre la chiosa di Benvenuto sembra orientarci verso il significato verbale: " et dicit, a simili, quod intelligebat cantum confuse, sicut cantus qui fit simul cum sono organi, in quo aliqua verba intelliguntur, aliqua non ".
3. Transitivo, ma con reggimento pronominale, là dove D. prega Matelda di avvicinarsi quanto basti per lasciargli cogliere le parole del suo canto: tanto ch'io possa intender che [‛ quid ' , " che cosa "] tu canti (Pg XXVIII 48).
Con oggetto determinato, per " intonare certa poesia ", " ripetere la musica di alcuni versi ": la ballata Per una ghirlandetta, in Rime Lvl 23 qual uom la canterà, / che li facciate onore; la prima canzone del Convivio, Voi che 'ntendendo (Cv. II XI 2) dove, al passivo, si allude più propriamente al costume di ‛ sonum dare ' a quel metro o meglio, tecnicamente, a una " determinata articolazione d'armonia " legata alla ‛ volta ' e distinta dal motivo della ‛ fronte ' (Busnelli-Vandelli).
Più generalmente, sta per " recitare musicalmente un testo preciso ", " intonare un canto determinato o una preghiera o un salmo ", " dire, esprimere col canto, eseguire cantando, pronunciare secondo una melodia qualche brano ritmico ": significato caratteristico e costitutivo della temperie musicale della seconda cantica. Così in Pg II 47 ‛ In exitu Israel de Aegypto ' / cantavan tutti insieme ad una voce; V 24 cantando ‛ Miserere ' a verso a verso; VII 83 ‛ Salve, Regina '... / cantando anime vidi; XI 11 cantando osanna; XII 111 ‛ Beati pauperes spiritul ' voci / cantaron; XXIII 10 piangere e cantar [dittologia inconsueta, per antitesi in endiade, ribadita al v. 64 e in XXVI 142] s'udìe / ‛ Labïa mëa, Domine '; XXV 122 ‛ Summae Deus elementïae ' ... / udi' cantando (gerundio in funzione di participio [" cantanti ", " spiriti che cantavano "] o d'infinito [" udii recitare "] secondo una nota costruzione antica); XXVII 8 e cantava ‛ Beati mundo cordel '; XXIX 51 la virtù ch'a ragion discorso ammanna, / sì com'elli eran candelabri apprese, / e ne le voci del cantare ‛ Osanna ' (brachilogia un po' oscura, se non s'attribuisca all'infinito un valore sostantivo, sulla scia del Lana - " Sì come lo senso del viso foe desganato, cussì l'audito se certificò che 'l sono era sillabicato de questa parola: osanna " -, come fa ad esempio il Sapegno: " e riconobbe nel canto le parole della salutazione evangelica ", rinviando a Matt. 21, 9; mentre Benvenuto non resta scevro di ambiguità: " quasi dicat: ‛ Intellexi in vocibus canentium quod cantabant hosanna ' "); XXIX 85 Tutti cantavan: " Benedicta tue... "; XXX 11 ‛ Veni, sponsa, de Libano ' cantando / gridò tre volte; 82 li angeli cantaro / di sùbito ‛ In te, Domine, speravi '; XXXII 62 l'inno che quella gente allor cantaro. Ma anche in If XII 88 Tal [Beatrice; e il richiamo celeste spiega l'uso del verbo, eccezionale nella prima cantica] si partì da cantare alleluia; e Pd III 122 (replicatamente) cominciò ‛ Ave, / Maria ' cantando, e cantando vanto; XIII 25 Lì si cantò non Bacco, non Peana, / ma tre persone in divina natura; XXIII 128 ‛ Regina coeli ' cantando sì dolce; XXXII 95 cantando ‛ Ave, Maria, gratïa plena ';135 non move occhio per cantare osanna. Anche al passivo: Pg XV 39 ‛ Beati misericordes! ' fue / cantato; Pd XIV 31 Quell'uno e due e tre che sempre vive / ... tre volte era cantato da ciascuno; XXIV 114 risonò per le spere un ‛ Dio laudamo ' / ne la melode che là sù si canta, " cum summa dulcedine cantus, quae non potest hic manifestari ", Benvenuto.
Apparentemente intransitivo, con lo stesso valore, ma in realtà transitivo con ellissi dell'oggetto, in prevalenza nella seconda cantica: il ‛ Salve Regina ' in Pg VII 113 e 125, il ‛ Labia mea ' in XXIII 64, il ‛ Summae Deus ' in XXV 133, il ‛ Beati quorum ' in XXIX 1; infine l'‛ Osanna ' in Vn XXIII 7, Pd VII 5 e IX 23.
4. Di qui l'infinito sostantivato viene a significare " canto ": Rime LVI 8 e 'n suo cantar sottile / dicea; Pg XXVII 12 e al cantar di là non siate sorde; XXX 92 anzi 'l cantar di quei (gli angeli); Pd XII 23 'l tripudio e l'altra festa grande, / sì del cantare e sì del fiammeggiarsi / luce con luce (forse con un'aggiunta di valore reciproco, riverberata dall'infinito coordinato); XIII 28 Compié 'l cantare e 'l volger sua misura. Anche in Detto 417, per rima equivoca con l'arabismo omografo, che vale invece " cantaro ": non ti pesi il cantare / quanto pesa un cantare (v. voce precedente).
5. Intransitivo, per " accompagnarsi col canto ", registrandosi una prima divaricatura semantica, in due luoghi del poema: Pg XXVII 99 e cantando dicea; XXXI 112 Così cantando cominciaro. Più specificamente (senza determinazione di complemento) per " comporre versi ", " parlare in poesia ", " poetare accompagnandosi col canto ", nel provenzale di Arnaut Daniel (per cui cfr. Cantar); cui accosteremmo (ma non per la dittologia) la grande metafora di Pd II 3 dietro al mio legno che cantando varca. Con maggiore indeterminatezza, varrà invece " intonare i salmi o le lodi del Signore ", in Pg X 60 a' due mie' sensi / faceva dir l'un ‛ No ', l'altro ‛ Sì, canta '; e nella terza cantica se ne avrà una naturale estensione al concetto di " intonare canti divini o paradisiaci ", nell'intransitivo o nel passivo impersonale: Pd X 76 sì cantando, quelli ardenti soli / si fuor girati; XVIII 79 Prima, cantando, a sua nota moviensi; XXI 62 qui non si canta per quel che Bëatrice non ha riso; XXIV 151 così, benedicendomi cantando, / tre volte cinse me.
6. Sempre intransitivo, è adibito a indicare genericamente il canto degli uccelli (" fare versi ", " emettere suoni "): in Pg XVII 20 l'uccel ch'a cantar più si diletta; XXVIII 17 l'ore prime, / cantando, ricevieno intra le foglie; Pd XX 74 Quale allodetta che 'n aere si spazia / prima cantando; Rime dubbie XXII 12 e 14. Anche in Fiore CLXXXIII 10 Vedi l'uccel del bosco quand'è 'n gabbia: / e' canterà di cuor, ciò vi fi' avviso, / ma no gli piace vivanda ch'egli abbia.
È anche detto delle piante, con efficace linguaggio allusivo, in un unico luogo del Convivio (III III 4), e però vedemo certe piante lungo l'acque quasi cantarsi, almeno a dar credito alla lezione accolta dalla Simonelli con lieve ritocco dell'archetipo, corretto invece da Busnelli-Vandelli in can[s]arsi e dal Parodi nell'ediz. '21 in c[ontent]arsi (cfr. anche Quaglio, Appendice, p. 484). Quanto all'interpretazione del passo, osserva giustamente la Simonelli che " Qui Dante usa un linguaggio affettivo che si adegua a quel hanno amore detto in precedenza. Scaturisce così l'immagine dell'amico e del viver quasi triste e di questo cantarsi che vuole esprimere la gioia di una vita piena "; per parte nostra escluderemmo energicamente la possibilità di una metafora attestata solo nella lingua del Novecento (" spiccare vivacemente ", per nota di colore in un paesaggio).
7. Transitivo, può isolatamente riferirsi a uccelli (come " emettere ", " gridare ") nel celebre paragone di lf V 46 E come i gru van cantando lor lai; ma il passaggio semantico più notevole, preparato in qualche modo dall'esempio precedente (se si pensa al duplice valore di lai, " strida ", " lamenti " o " flebili racconti ", " versi in forma di lamentazione " [Boccaccio], genere diffuso nella letteratura oitanica), principia ad avvertirsi nei luoghi dove c. varca al significato di " celebrare col canto " (valore proprio del latino canere): Pd XVIII 99 vidi... altre luci... lì quetarsi / cantando, credo, il ben ch'a sé le move, cioè " celebrando Dio ", " cantando un inno a gloria del Signore "; XXXI 4 volando vede e canta / la gloria di colui che la 'nnamora. Ancor più vicino al semantema latino, sta per " narrare col canto ", " raccontare in versi ", " menzionare in poesia ", " esprimere per ritmi ", " nominare in modo solenne ": If XX 112 Euripilo ebbe nome, e così 'l canta / l'alta mia tragedia in alcun loco; Pg XXII 55 tu cantasti le crude armi / de la doppia trestizia di Giocasta; XXXIII 137 i' pur cantere' in parte / lo dolce ber che mai non m'avria sazio; Pd XXIII 59 cantando il santo riso / e quanto il santo aspetto facea mero. L'infinito sostantivato può così assumere, francamente, l'accezione di " poesia ", cioè " l'atto del c. ", " il c. in atto ", come in Pd XXX 30 non m'è il seguire al mio cantar preciso, " non è stato negato alla mia poesia di giungere a descrivere Beatrice ", o (Torraca) " mai non è stato impedito al mio cantar di seguire la sua bellezza: non vuol dire che non facesse altro che cantarla; ma che non gliene mancò mai la capacità, la forza ".
8. Breve è il passo per approdare al valore autonomo di " ricordare ", " descrivere ", " narrare ", " riferire ", legato al ‛ contenuto ' di certi episodi e pertanto esente da nessi tecnici col ‛ canto poetico ': If XXI 2 altro parlando / che la mia comedìa cantar non cura; e Pd V 139 mi rispuose / nel modo che 'l seguente canto canta; XI 96 [la vita di s. Francesco] meglio in gloria del ciel si canterebbe.
Parecchi dei moderni intendono: " meglio che a gloria della sua persona si celebrerebbe a gloria di Dio, che con la sua grazia rese così mirabile quella vita " (il Torraca, addirittura: " meglio sarebbe cantarla, a guisa d'inno, a lode del cielo "); altri, anche fra gli antichi, chiosano troppo sottilmente: " meriterebbe d'esser intonata dagli angeli in cielo piuttosto che celebrata in terra dai chierici "; ultimo, il Sapegno proporrebbe di vederci " una dichiarazione d'umiltà " da parte di s. Tommaso: " la vita di Francesco è degna d'esser cantata nell'Empireo dai cori degli angeli e dei beati, meglio che non illustrata minutamente da me solo ". Il Bosco intende: la biografia di s. Francesco è " tanto alta, che meglio andrebbe cantata per glorificare il cielo, anziché semplicemente detta ", e cita un passo di s. Bonaventura (Epistula ad omnes praedicatores et minores, in S. Antonii Opera omnia, 1739, II 6): " ut ad gloriam Dei loquamur, non nostram, duo magna lumina... ".
Retto dal ‛ si ' passivante, con similare accezione, in Pg XXXII 61 Io non lo 'ntesi, né qui non si canta / l'inno (degli angeli nel Paradiso terrestre); peraltro molti esegeti (Grabher, Sapegno, ecc.) propendono per altra interpretazione (" non è di quelli che si cantano dagli uomini sulla terra ") ravvisandovi il più normale valore di c. (§ 3). Transitivo nel Fiore CIV 7 ogne tua tradigion tu sì ci cante.
9. Anche con complemento d'argomento (latino de e ablativo), per " scrivere in poesia intorno a qualcuno ", " descrivere in versi qualcosa ", " comporre un'opera su un determinato soggetto ": Rime dubbie XIX 1 Visto aggio scritto e odito cantare / d'Amor; If I 73 Poeta fui, e cantai di quel giusto / figliuol d'Anchise; Pg I 4 e canterò di quel secondo regno; XXI 92 cantai di Tebe, e poi del grande Achille; 126 quel Virgilio dal qual tu togliesti / forte a cantar de li uomini e d'i dèi; né varrebbe quasi la pena - tanto è evidente - di rilevare il parallelismo stilistico e l'analogia concettuale fra l'autopresentazione di Virgilio e quella di Stazio, uniti per tanti motivi rispetto a D. personaggio-poeta, ma soprattutto nel nome che più dura e più onora.
10. Con altra preposizione, c. trapassa al senso di " scrivere in poesia polemicamente ", in Rime LXXXIII 7 i' canterò così disamorato / contra 'l peccato. Transitivo, può valere infine " proclamare apertamente, con forza, senza reticenze e riguardi di sorta ", " esprimere in modo chiaro, risoluto ed energico ": Vn XII 10 3 sì che la scusa mia, la qual tu cante, / ragioni poi con lei lo mio segnore; che il Casini glossa, appiattendo malamente il testo: " affinché Amore possa esporre alla mia donna le ragioni di quella giustificazione che tu le canterai ". A questo valore può anche sovrapporsi una screziatura ironica (quasi di " rimproverare in tono ingiurioso ", " inveire con violenta libertà ") in un luogo isolato e proverbiale: E mentr'io li cantava cotai note (If XIX 118). Ne coglie l'acuminata modernità il Torraca: " Quest'uso di cantare dura ancora. Il tono si abbassa: il poeta non dubita più di essere stato troppo folle; è contento di sé, e manifesta la sua compiacenza con una locuzione del linguaggio familiare "; ma già quel sapore popolaresco non era sfuggito al vecchio Lombardi (" cantare, qui, per: parlar francamente ").