GABRIELLI, Cante
Nacque nella prima metà del sec. XIV a Gubbio da Giacomo di Cante, del ramo dei Gabrielli di Cantiano (dal nome del castello di cui erano signori). Proveniva da una delle principali famiglie di Gubbio, alcuni membri della quale furono a tratti, nel corso del secolo, signori di nome o di fatto della città. Esponenti di punta del partito guelfo, molti dei Gabrielli erano stati anche rettori forestieri in importanti città dell'Italia centrosettentrionale o condottieri militari.
Le prime notizie che lo riguardano derivano dalla Cronaca di ser Guerriero da Gubbio che inizia la propria narrazione nel 1350, con il colpo di mano con il quale Giovanni di Cantuccio, dei Gabrielli di Frontone, approfittando dell'assenza del padre del G., Giacomo, allora rettore del patrimonio di S. Pietro, e dei suoi parenti più stretti, si insignorì della città. I familiari presenti a Gubbio - tra questi il G. - furono costretti a lasciare la città. In seguito i fuorusciti presero contatti con Perugia, che spinsero a intraprendere la guerra contro Giovanni, sostenuta anche dall'alleata guelfa Firenze. Dal luglio 1351 era inoltre scoppiata l'offensiva dell'arcivescovo Giovanni Visconti, diretta principalmente contro Firenze, offensiva che aveva presto ottenuto l'appoggio delle casate feudali e ghibelline della Toscana meridionale e dell'Umbria. Il conflitto fra Perugia e Gubbio divenne, quindi, parte del più generale scontro guelfo-ghibellino in atto in quegli anni, provvisoriamente interrotto con la pace di Sarzana del marzo 1353. Nel 1352, secondo ser Guerriero, il G. partecipò a operazioni contro Gubbio, ritornando a Cantiano e riconquistando Monte Santa Maria. Commise però, secondo il cronista, l'errore di affidare la rocca di Cantiano a ser Giovanni di Brichi che, riavvicinatosi a Giovanni di Cantuccio, si schierò in seguito contro il Gabrielli.
La riconquista dei territori dello Stato della Chiesa operata a partire dal 1354 dal cardinale Egidio Albornoz costrinse anche Giovanni di Cantuccio a venire a patti col legato, al quale consegnò la città di Gubbio a condizione che il G., al pari di suo padre e di altri cittadini, ne rimanesse fuori. Nel 1355 l'Albornoz, stando alla testimonianza di ser Guerriero, avrebbe chiesto a Giacomo Gabrielli la consegna di Cantiano e avendone ottenuto un rifiuto lo avrebbe fatto imprigionare insieme con il G. e con Giovanni di Cantuccio a Montefalco. La detenzione avrebbe indotto a più miti consigli entrambi, e in particolare Giacomo avrebbe trattato la liberazione sua e di suo figlio in cambio della consegna del "girone" di Cantiano, cioè della cinta di mura. In seguito il G., insieme con il padre si sarebbe trasferito a Cantiano. Anche negli anni successivi i rapporti con le autorità pontificie non furono sempre distesi: nel 1362 il G. sarebbe stato mandato al confino, insieme con il padre, da Blasco di Fernando di Belviso, vicario di Gubbio per nomina dell'Albornoz dall'aprile 1361.
Non si hanno notizie ulteriori sul G. per più di un decennio. Nel 1375 Firenze dette inizio alla guerra cosiddetta degli Otto santi contro la Chiesa, e una delle sue prime mosse fu il tentativo di far sollevare contro il papa le terre del Patrimonio. Dopo Orte, Viterbo, Città di Castello, Perugia, anche Gubbio, l'8 sett. 1376, si ribellò all'autorità pontificia. In quella occasione i Gabrielli di Cantiano, e in particolare il G., decisero di fare pace con gli esponenti del ramo di Frontone e a tale scopo si incontrarono con Ugolino e Gabriele, figli di Giovanni.
Nel frattempo nel quadro delle alleanze delineatesi nel corso della guerra, Antonio da Montefeltro riprendeva possesso della città di Urbino, grazie all'aiuto dei Fiorentini. Il cassero di Cagli, rimasto nelle mani della Chiesa, si era invece consegnato spontaneamente a Gabriele di Necciolo Gabrielli. Il 28 marzo 1376 i Fiorentini si rivolgevano ai cittadini di Gubbio chiedendo conto dell'occupazione da loro compiuta di Castiglione dei Ciccardi, di proprietà del loro alleato Montefeltro. Nel giugno il G. riferiva nei Consigli del Comune di avere assunto il controllo del castello. Secondo ser Guerriero, Antonio da Montefeltro e i Gabrielli si accordarono per la restituzione dei castelli di Castiglione dei Ciccardi e di Mezzieno al Montefeltro, al quale veniva anche garantito il controllo del cassero di Cagli. A suggellare tale intesa fu deciso il matrimonio di Nolfo da Montefeltro, fratello di Antonio, con la figlia del G., che gli avrebbe portato in dote la notevole somma di 6000 fiorini d'oro.
Nel 1377 il Comune deliberò che agli "esperti" popolari incaricati di mantenere la pace nello Stato si aggiungessero alcuni nobili, fra cui il Gabrielli. Nell'aprile di quell'anno fu eletto al seggio episcopale di Gubbio Gabriele di Necciolo Gabrielli e in tale occasione si svolsero grandi festeggiamenti durante i quali furono consacrati dal Comune quattro nuovi cavalieri, ai quali furono anche consegnati 200 fiorini "perché podessero meglio festeggiare"; fra questi fu il G. che, nominato per primo, divenne poi a sua volta "sindaco" del Comune per la nomina degli altri (Guerriero da Gubbio, pp. 19 s., riferisce erroneamente l'avvenimento al 1378, ma per l'insediamento di Gabriele Gabrielli cfr. Eubel, Hierarchia catholica, I, Monasterii 1913, p. 242). Nel 1378 il G. fu nominato podestà di Bologna nel primo semestre.
Il 28 luglio 1378 terminava la guerra fra Firenze e la Chiesa, che era durata tre anni, ma quasi contemporaneamente la città fu sconvolta dal tumulto dei ciompi, un episodio che avrebbe condizionato a lungo la storia fiorentina. I moti modificarono infatti il quadro politico cittadino, che conobbe una fase durata alcuni anni di regime "democratico" con la prevalenza delle arti minori, e produssero anche un clima incandescente di timore e di instabilità. Il ceto politico aveva bisogno che l'ordine fosse pienamente ristabilito e che si procedesse contro i responsabili dei tumulti in modo energico; niente di meglio, in una situazione del genere, che fare ricorso a un rettore forestiero di provata fedeltà nei confronti della città e dei suoi governanti guelfi. Ciò che appunto si fece procedendo all'elezione del Gabrielli. Grazie al titolo di cavaliere, necessario per la sua nomina a giusdicente, il 23 dic. 1378 i Consigli del Comune di Firenze deliberavano la sua elezione a capitano di Custodia della città, cioè a capitano del Popolo con poteri speciali di sorveglianza sull'ordine pubblico.
L'ufficio iniziò il 7 marzo 1379 e il G. si dimostrò subito molto efficiente ed energico, anche se brutale, nel compito che gli era stato affidato. Nel mese di aprile fece arrestare, sottoporre a tortura e giustiziare alcuni ciompi sospettati di congiurare contro il Comune. Nei confronti di alcuni sarebbe stato egli stesso a procedere all'esecuzione, per decapitazione o impiccagione. Nel maggio 1379 ottenne il permesso di tenere con sé, nel palazzo in cui risiedeva, il figlio Giovanni. Nel corso del suo incarico il G. sventò la congiura attribuita a Pagno Strozzi e Guerriante Marignolli. Il 5 luglio 1379, viste le sue benemerenze e in via del tutto eccezionale rispetto alla normativa, fu riconfermato per altri sei mesi. In questo secondo semestre sventò la congiura promossa da Giacomo Sacchetti e Benedetto Peruzzi. Il 3 genn. 1380 Firenze rispondeva al Comune di Gubbio di non poter permettere, come richiesto, che il G. facesse ritorno nella sua città natale per sedare le discordie che ne minavano la pace interna, a ragione del precario equilibrio politico della città toscana.
Il G. lasciò comunque Firenze il 25 marzo 1380 e tornò a Gubbio dove nel frattempo il vescovo Gabriele Gabrielli si era insignorito della città e stava affrontando una ribellione di parte del territorio. Qui, secondo ser Guerriero, il G. sarebbe stato nominato arbitro della pace fra la fazione dei "popolari" e il vescovo. Il 22 aprile partecipò tuttavia alla sollevazione che, approfittando di un'assenza del presule, riportò la città allo stato popolare. In quella circostanza avrebbe preso il gonfalone del Popolo e lo avrebbe portato per tutta la città, per poi restituirlo ai consoli. Il ritorno immediato del vescovo da Rimini (2 maggio) per riprendere il controllo della città avrebbe fatto sì che il governo popolare durasse meno di due settimane. Il G. lasciò allora Gubbio, con la famiglia e i suoi seguaci, e si recò a Carestello, rimanendo lontano da Gubbio anche dopo la consegna della città (10 sett. 1380) a Carlo d'Angiò Durazzo (futuro re di Napoli, terzo di questo nome), che poneva temporaneamente fine alla signoria di Gabriele Gabrielli.
Due anni dopo il termine del suo discusso incarico fiorentino, all'indomani della restaurazione oligarchica che aveva posto fine al predominio politico delle arti minori, il Comune di Firenze, timoroso per i pressanti tentativi dei ciompi di riconquistare il potere, decise di assegnare di nuovo al G. il ruolo di capitano di Custodia, nonostante la norma che imponeva un intervallo di dieci anni tra i due incarichi. Nell'aprile 1382 gli fu consegnata la nomina e il suo ufficio cominciò l'8 settembre. Alla fine di ottobre iniziarono nelle Consulte cittadine accese discussioni fra i seguaci della parte guelfa e gli esponenti più moderati dell'élite, in merito alla conferma dell'incarico. Benché si fosse dimostrato molto efficace nella repressione dei ribelli, i suoi metodi (aveva proceduto a numerose condanne capitali e alla tortura per estorcere confessioni) non si erano guadagnati il consenso di tutti i cittadini. Fino quasi alla fine di novembre si discusse a lungo per approvare la conferma del mandato, che passò infatti con una maggioranza ristretta. In tal modo il G. ricevette il rinnovo dell'incarico per altri sei mesi a partire dall'8 marzo 1383 e in questa veste contribuì a reprimere le ultime congiure dei ciompi. In particolare, il 9 dic. 1382 emanò una sentenza contro i promotori di un tumulto con il quale i ciompi speravano di ricostituire le arti già soppresse, e il 12 ag. 1383 comminò varie condanne contro i promotori di un'altra insurrezione scoppiata il 21 luglio per abbattere il governo.
Terminato l'ufficio, ritornò con tutta probabilità a Gubbio e poco dopo (febbraio 1384) il Comune di Firenze decise la piena liquidazione delle sue spettanze. Nell'aprile 1384, tuttavia, Gubbio si dette in signoria ad Antonio da Montefeltro (sotto il quale sarebbe rimasta fino al 1404), e a cui il G. si sarebbe opposto per anni insieme con gli altri membri della sua famiglia.
Si ignora l'anno della sua morte che comunque avvenne probabilmente entro il secolo.
Fonti e Bibl.:, Arch. di Stato di Perugia, Sez. di Gubbio, Armanni, I.C.10, c. 123v; Comune, Camerlengo, 1, c. 81v; Riformanze, 6, cc. 71v, 153v; Guerriero da Gubbio, Cronaca, a cura di G. Mazzatinti, in Rer. Ital. Script., 2ª ed., XXI, 4, pp. 10, 13 s., 18-21; Marchionne di Coppo Stefani, Cronaca fiorentina, a cura di N. Rodolico, ibid., XXX, pp. 337, 343 s., 350 s., 355, 357-359, 361, 365 s., 378, 402, 420, 424 s., 438; Il tumulto dei ciompi. Cronache e memorie, a cura di G. Scaramella, ibid., XVIII, 3, pp. 62, 65, 92-95; Matthaei de Griffonibus Memoriale historicum de rebus Bononiensium, a cura di L. Frati - A. Sorbelli, ibid., XVIII, 2, p. 75; G. Degli Azzi Vitelleschi, Le relazioni tra la Repubblica di Firenze e l'Umbria nel secolo XIV secondo i documenti del R. Archivio di Stato di Firenze, I, Perugia 1904, pp. 537, 566; II, ibid. 1909, pp. 158-160, 169 s., 173; Alle bocche della piazza. Diario di anonimo fiorentino (1382-1401), a cura di A. Molho - F. Sznura, Firenze 1986, p. 24; S. Ammirato, Istorie fiorentine, I, 2, Firenze 1647, pp. 739, 742, 759, 765; O. Lucarelli, Memorie e guida storica di Gubbio, Città di Castello 1888, pp. 401 s.; N. Rodolico, La democrazia fiorentina nel suo tramonto (1378-1382), Bologna 1905, pp. 377-379, 384, 445, 479, 481; G. Franceschini, Gubbio dal Comune alla signoria deiMontefeltro, in Storia e arte in Umbria nell'età comunale, Atti del Convegno (Gubbio 1968), Perugia 1971, p. 384; R. Davidsohn, Storia di Firenze, V, Firenze 1973, p. 609; G.A. Brucker, The civic world of early Renaissance Florence, Princeton 1977, p. 71; A. Zorzi, Aspetti e problemi dell'amministrazione della giustizia penale nella Repubblica fiorentina, in Arch. stor. italiano, CXLV (1987), p. 436.