cantilena
Il termine appartiene tanto al linguaggio tecnico-musicale quanto a quello letterario in senso lato. Prima di assumere il significato specifico attribuito a esso in VE II VIII 8, era stato usato nei modi più diversi, per designare ora la poesia cantata in senso generico, ora la poesia su cui si regge la danza (quasi un sinonimo di ‛ ballata '), ora persino componimenti di intonazione satirica o denigratoria, detti anche ‛ gabbi '. Nel De vulg. Eloq., c. è adoperato per chiarire i modi dello stile comico, in contrapposizione con lo stile tragico che è proprio della canzone. Si comprende quindi l'uso di c., presso vari scrittori dei secoli XII e XIII, per designare anche le canzoni di gesta, le quali, per il loro carattere narrativo e scorrevole, appartengono al genere comico, e sono ben lontane dall'epopea, cui pertiene di diritto il genere tragico.
Oltre all'impiego in senso letterario, c. si trova frequentemente anche presso gli scrittori di cose musicali. Se nella maggior parte dei casi il termine ha valore generico, e sta semplicemente per " canto ", esistono più luoghi in cui è evidente il significato più specifico e ristretto di " canto liturgico ". G. Lote (Histoire du vers français, Parigi 1949, I 79 n. 4) sostiene addirittura che c. ha il significato esclusivo di canto ecclesiastico: il che sembra difficile da sostenere. Il carme cantabrigense citato dal Viscardi allude assai probabilmente a musiche profane; e anche l'Ars cantus mensurabilis di Francone (metà sec. XIII) contrappone cantilene e Tondelli ai canti ecclesiastici (E. de Coussemaker, Scriptorum de musica nova series..., I, Parigi 1864, 130).
In ogni modo, l'accezione di c. per " canto sacro " è prevalente. E in questo senso ristretto D. usa c. in Pd XXXII 97, ove il saluto dell'arcangelo Gabriele, Ave, Maria, gratia plena è indicato col termine specifico divina cantilena.
Bibl. - A. Viscardi, C., in " Studi Mediev. " n.S., IX (1936) 204 ss.; Id., Le origini, Milano 1939, 482 ss.