CANTORIA
. La Chiesa cristiana conobbe fino dalle lontane origini la pratica del canto (v. canto liturgico e canto) che, dovendo rispondere a esigenze artistiche maggiori, richiese presto la presenza di cantori bene esercitati, scelti anche fuori del clero. Nei secoli XIII e XIV il gruppo dei musici s'accrebbe ancora; fu allora che per evitare che il pubblico e gli stessi officianti fossero distratti dal gesticolare del maestro concertatore e dagli atteggiamenti che venivano ad assumere i cantori, e ancor più per accrescere il senso mistico e l'effetto del canto, si sottrasse alla curiosità degli assistenti alle sacre funzioni il gruppo dei cantori. Questa l'origine - di carattere pratico - delle prime cantorie. Sul principio nelle chiese gotiche i cantori furono raggruppati nelle gallerie del presbiterio o raccolti in palchetti provvisorî nel transetto, o in qualche cappella presso l'altare, o nel fondo della navata sulla tribuna del grande organo. Quest'uso agl'inizî del sec. XV era già diffuso: è del 1429 la loggia della cattedrale di Amiens, e ai primi anni del '400 appartengono pure le più belle cantorie italiane, fra cui famosissime quelle di Donatello e di Luca della Robbia già in S. Maria del Fiore a Firenze ora nel Museo dell'opera. Ma queste cantorie rappresentano, tanto nei paesi del Nord ove anche durante il '400 continuò lo sviluppo dell'architettura gotica, quanto nelle chiese italiane e specie toscane, tutte legate e logiche nella struttura, un qualche cosa di aggiunto, di posticcio. Apparentemente una maggiore connessione delle cantorie con l'organismo architettonico si riscontra nelle cattedrali gotiche di Francia, Germania e Inghilterra, perché in esse le cantorie vennero quasi sempre costruite in legname e seguendo uno stile e una linea che più da vicino somigliavano a quelli delle costruzioni in cui venivano collocate; e anche perché in esse veniva sapientemente sfruttato l'elemento decorativo dell'organo, disposto sì da ricordare nella linea ascensionale e tutta graduata delle canne il sesto acuto delle vòlte e delle grandi vetrate. In Italia, dunque, durante il '400 si crearono principalmente delle cantorie a forma di poggioli, a volte miracoli di scultura a rilievo, addossate alle pareti delle chiese in maniera più o meno felice. Ma già nella brunelleschiana chiesa di S. Lorenzo a Firenze e nella Madonna del Calcinaio di Francesco di Giorgio Martini a Cortona è manifesto il tentativo di inserire nel logico sviluppo dell'architettura la cantoria, che in queste due chiese, posta dietro l'altar maggiore, è una loggetta che prende tutta la lunghezza della parete di fondo e che si tende seguendo la linea orizzontale della cornice che divide in due piani l'organismo architettonico dell'edificio.
Nel Cinquecento anche in Italia si comprese quale enorme valore decorativo potesse acquistare per l'interno di una chiesa la selva argentea delle canne dell'organo (nel '400 gli organi erano quasi sempre nascosti da portelle, spesso su tutte e due le facce).
È del Peruzzi la cantoria della chiesa di S. Maria della Scala a Siena, ove un loggiato, nel mezzo sporgente, poggiato su mensole riccamente intagliate, sostiene, sulla parete d'ingresso della chiesa, il grande organo con le canne in vista. E fu nel '500 che si diffuse l'uso di situare l'organo grande e quindi la cantoria addossati alla parete anteriore della chiesa al di sopra delle bussole d'entrata, sicché, quando le cantorie erano in legno, risultavano stilisticamente e strutturalmente connesse con le bussole. Nella prima metà del Seicento è ancora diffuso quest'uso, e specie nell'Italia centrale sono esempî veramente mirabili di questo tipo di cantoria; basterà citare, fra i meno noti, quello della badia Morronese a Sulmona, e l'altro della Madonna del Ruscello a Vallerano.
Col rinnovamento dell'architettura nel periodo barocco, anche il problema architettonico della cantoria diviene di nuovo un problema d'attualità, dando lo spunto a infinite soluzioni decorative e scenografiche. Il Bernini, che tende a trasformare tutto ciò che è suppellettile chiesastica in elemento decorativo, giunge a concepire per le cantorie della Chiesa di S. Maria del Popolo in Roma (disegno nella biblioteca Vaticana) un poggiolo sostenuto da un angelo in volo e dal quale si eleva la rovere chigiana, con nei rami intrecciate le canne dell'organo; e i suoi seguaci, che, anche a non ripeterne i modelli, ne colsero almeno lo spirito, crearono in Roma le cantorie più fantasiose che ci sia dato vedere. Lo stucco, il legno, l'oro, gruppi d'angeli ad ali tese, cumuli di nubi, putti, cariatidi, cartigli, volute, mensoloni arricciati, aderiscono alle pareti delle chiese per sostenere le argentee canne degli organi e rendono magnificamente quel senso di vita sonora che dalla cantoria si sprigiona e che nei putti cantori di Luca della Robbia aveva avuto, nel nostro Quattrocento, la più ideale rappresentazione. Nel Sei e Settecento gli architetti delle cantorie romane hanno creato gl'insuperati capolavori di questo mobile chiesastico, che nel glorioso rigoglio della vita musicale italiana veniva ad acquistare un senso e un significato tutto nuovo ed importantissimo. Le Cantorie a S. Francesco di Paola, a S. Maria della Vittoria, nella chiesa della Maddalena, son da considerare come gli esempî tipici di questo elemento decorativo divenuto essenziale per l'edificio.
Nell'oratorio dei Filippini, a S. Ivo alla Sapienza, nell'Oratorio di Propaganda Fide, nella stessa chiesa di S. Agnese, il Borromini cerca di ricavare il posto per la cantoria nello stesso organismo architettonico dell'edificio. E crea delle logge che sono pause, non soste per la linea ascensionale delle sue nervature ferrigne, nicchie d'ombra che rilanciano verso le vòlte sonore l'ampio respiro delle arcate sottostanti.
Per tutto il resto d'Italia e d'Europa, queste due concezioni diverse e opposte ma egualmente logiche e perfettamente aderenti al nuovo spirito informatore dell'architettura, vengono ripetute e variamente riecheggiate. Nell'Italia Settentrionale, a Bologna nel S. Pietro e a Piacenza nel S. Antonio, sono cantorie splendide per linee decorative e intaglio, e un po' dovunque se ne incontrano mirabili esempi. A Napoli e in Sicilia, grande sfarzo di stucchi e d'oro sostengono delicati trafori in legno e squisitissime trine di ferro battuto. L'Ottocento, sia in Italia che fuori, portò anche nelle cantorie elementi neoclassici, che, a prescindere dall'intrinseco valore di qualche esemplare, qui più che altrove appaiono anacronistici ed illogici. (V. tavv. CXCVII e CXCVIII).
Bibl.: A. Gastoué, La vie musicale de l'Église, Parigi 1929.