CANZONIERI
. Con questo nome (da canzone, il più comune appellativo del canto lirico di qualsiasi forma) si suole intendere la raccolta di poesie di uno o più poeti, ma particolarmente hanno assunto tale denominazione le grandi sillogi di rime prevalentemente d'amore, ma anche d'argomento politico, morale e satirico e talvolta religioso, delle letterature romanze: provenzale, francese, portoghese, spagnola, catalana, italiana. Come si venissero formando non sappiamo con precisione, ma è facile immaginare che le più antiche fossero dai compilatori, o cultori essi stessi della poesia o copisti di professione, messe insieme dalle raccolte parziali di ciascun poeta, scritte in fogli di pergamena che si avvolgevano. Alcuni di questi rotuli si sono conservati, ma ne abbiamo anche testimonianze evidenti nelle miniature dei codici, in cui si vede il trovadore col rotulo in mano in atteggiamento di scrivere o leggere o cantare.
Nell'ordinamento delle poesie entro i canzonieri si osserva una grande varietà che ha la sua ragione nella molteplicità dei generi e delle forme della lirica in ciascuna letteratura. Comune a tutte l'aggruppamento per autori e talvolta secondo una cronologia almeno approssimativa. Questo è forse il più antico come il più semplice e più spontaneo ordinamento. In altri casi invece si ha pure la distribuzione secondo i generi lirici: canzoni, sirventesi, tenzoni, per i provenzali; canzoni, stampite, giuochi-partiti, pastorelle, ballate, ecc., per i francesi; cantigas de amor, cantigas de amigo, cantigas de escarnho per i portoghesi. I canzonieri italiani sono ordinati o secondo le forme metriche: canzoni e sonetti; o secondo la scuola cui appartengono i poeti: siciliana, del dolce stil non (e vi abbondano ora quelli dell'una, ora quelli dell'altra, secondo il gusto prevalente al tempo della compilazione); o infine, come in qualche caso anche i francesi, secondo la provenienza dei poeti: meridionali, bolognesi pisani, lucchesi, fiorentini. Un esempio tipico di quest'ultimo genere ci offre il canzoniere Vaticano-Barberiniano 4036 che contiene per la maggior parte sonetti di poeti di Perugia e provincia.
Ma non mancano canzonieri formati, in età più tarda, senza alcun criterio prestabilito, nei quali le poesie sono trascritte come via via capitavano al compilatore da fonti diverse, tanto che non è raro il caso che vi si trovi ripetuto uno stesso componimento. Canzonieri contenenti poesie di un sol poeta se ne trovano più spesso tra i francesi, e qualche esempio ci è offerto anche dai catalani. Il portoghese contenente le Cantigas de Santa Maria di Alfonso X el Sabio, re di Castiglia e León, e l'insigne autografo delle Rime del Petrarca debbono considerarsi come edizioni, per così dire, procurate dai rispettivi autori.
Le poesie generalmente sono trascritte, per economia di spazio, ln forma di prosa con la lettera iniziale più grande, coi versi distinti da un punto o da una breve linea verticale, e le strofe con l'a capo e l'iniziale maiuscola. Non sono frequenti gli esempî di vera e propria punteggiatura, in ogni caso limitata a pochissimi segni. Il nome del poeta è scritto in rosso o nero, e similmente le iniziali delle stiofe sono colorite o no, secondo il grado d'eleganza della copia.
La lirica romanza del Medioevo era destinata al canto, con l'accompagnamento di uno strumento ad arco, per cui l'unità artistica risultava dai versi e dalla musica, sia che questa fosse compogta dal poeta stesso, sia che egli adattasse alla sua composizione una melodia già nota. Ed ecco che come i primitivi rotuli, così anche i canzonieri erano corredati delle note musicali. Ma di quelli che sono giunti fino a noi, non tutti hanno le melodie, anzi la maggior parte ne sono privi, e il difetto si spiega considerando che le copie avanzate sono di quelle che rappresentavano ormai più che altro libri di lettura. Le melodie non erano trascritte dal copista delle poesie, il quale o lasciava interamente bianco lo spazio riservato alle note musicali, o tutt'al più tracciava le linee per esse. Poi un altro amanuense, che spesso conosceva la musica, poneva le note, ma solamente ai versi della prima strofa, giacché per quelli delle altre si ripeteva sempre lo stesso motivo musicale.
Come tante altre opere del Medioevo, anche i canzonieri, negli esemplari non comuni, erano illustrati da miniature. Sotto questo aspetto se ne conservano di bellissimi, sia per la qualità della pergamena e per gli ampî margini, sia per l'accuratezza della scrittura, ma soprattutto per le miniature che inquadrano la prima pagina e adornano le iniziali, o anche fuori del testo si distendono, per una pagina intera: vere copie di lusso eseguite per qualche nobile personaggio. Anche per le miniature il copista lasciava lo spazio bianco all'alluminatore, e per le iniziali soleva scrivere nel margine in carattere minutissimo la lettera che doveva essere disegnata e colorita, aggiungendo talvolta particolari istruzioni sul soggetto che vi doveva essere rappresentato. Le lettere miniate più interessanti sono sempre la prima di ogni poesia o la prima di un gruppo appartenente allo stesso poeta; le iniziali delle altre strofe si adornavano soltanto con arabeschi. L'artista s'ispirava al testo, che si sforzava d'illustrare, cogliendone qualche accenno particolare, o ritraendo la figura del trovatore a piedi o a cavallo, con fogge diverse di vestito secondo la classe sociale a cui apparteneva, e in vario atteggiamento o di leggere o di cantare o di scrivere, come si disse, col rotulo davanti; e non manca in alcuni canzonieri qualche scena particolarmente realistica: documenti interessanti per la storia del costume. Fra i canzonieri conservati si possono ricordare come bellissimi, il provenzale Vaticano 5232, il francese parigino Cangé, che è pure corredato delle note musicali, e soprattutto il portoghese delle Cantigas de Santa Maria, già ricordato. Di questo si hanno quattro esemplari, tre in Ispagna e uno nella Biblioteca Nazionale di Firenze, dei quali il più bello e il più importante, perché il solo completo, è quello che si conserva nel palazzo dell'Escorial; non solo perché più bella e corretta che nelle altre copie è la scrittura e veri gioielli sono le iniziali miniate, ma anche perché le Cantigas sono accompagnate dalla musica e illustrate da pitture fuori testo che occupano pagine intere e sono degne di essere segnalate tra i capolavori artistici del sec. XIII. Esso meglio ancora che il già ricordato cod. Cangé, pur tanto bello, ci dà un esempio veramente insigne della bella unità in cui si armonizzavano le tre arti, poesia, musica e pittura, per offrire allo spitito umano uno dei più alti godimenti.
Questo canzoniere mariano ci è stato conservato in esemplari provenienti dalla Camara di Alfonso X; ma a noi non sono giunte sempre le compilazioni primitive; quelle che abbiamo sono per lo più copie e non tutte derivate direttamente dal più antico esemplare, anzi non di rado attraverso una lunga genealogia e intrecci di raccolte diverse che non è facile sempre districare e donde risultano varietà di attribuzioni e di lezioni, fra le quali è arduo talvolta scernere criticamente la primitiva. A queste difficoltà s'aggiunga che il copista di professione, quando è abile, trascrive con scrupolosa diligenza, e tanto più se è persona colta; ma accade pure che sia ignorante, che non intenda sempre il modello che ha davanti o non riesca a leggere la scrittura antica o equivochi sulle abbreviazioni, e allora introduce errori. Peggiore è il caso di copisti saccenti, che correggono quel che a loro riesce oscuro per forme e costrutti sintattici che non hanno familiari o che sono fuori d'uso al loro tempo. Un altro caso non raro è che il copista colorisca o alteri il suono e le forme della lingua delle poesie, che non è la sua, secondo la propria parlata. Così, per esempio, alcuni canzonieri provenzali sono sparsi d'italianismi o di gallicismi, qualche altro è catalanizzato. Le poesie italiane che appartengono alla scuola siciliana e che furono scritte, come ormai dopo tante discussioni si può dire dimostrato, in un linguaggio sostanzialmente siciliano, sebbene nobilitato d'influssi latini o comunque letterarî, ci sono giunte in canzonieri che per essere stati copiati da Toscani, hanno un colorito diverso dall'originale. E lo stesso può dirsi dei canzonieri francesi, nei quali talvolta si ravvisano le tracce o le caratteristiche fonetiche di territorî diversi da quelli a cui appartengono gli autori delle poesie. Ma in tutti questi casi di alterazione del linguaggio, non è difficile determinare l'idioma originale, se si esaminano le rime che per la loro natura resistono a ogni mutamento. Proprio le rime hanno offerto l'argomento discriminante per risolvere le questioni sorte intorno alla lingua originaria degli antichi poeti italiani.
Se molti canzonieri antichi andarono perduti, per varie vicende, altri furono distrutti quando, specialmente nel sec. XV, cominciò a prevalere la cultura umanistica e con essa nelle scritture l'uso del latino che, specialmente in Italia, fece spregiare le opere in volgare. Di alcuni di essi è avvenuto che si siano scoperti fogli superstiti, perché nello smembramento furono adoperati nella legatura di altri codici o come coperte di libri d'archivio.
Col sec. XIV, finito il periodo di produzione di quella poesia lirica e cessato l'interesse ch'essa aveva suscitato come cosa viva nelle classi colte del Medioevo, i canzonieri che sfuggirono alla distruzione o alla dispersione, giacquero dimenticati e sconosciuti nelle biblioteche. Spetta agli eruditi italiani del Rinascimento il vanto di averli per i primi ripresi in considerazione, e non soltanto quelli contenenti rime italiane, ma anche i provenzali, i francesi e perfino i portoghesi, iniziando il lavoro filologico per l'interpretazione e l'illustrazione dei singoli poeti, e il confronto dei provenzali e dei francesi con gl'italiani, onde cominciò a illuminarsi e chiarirsi l'espansione e l'azione esercitata dalla poesia provenzale in Italia e in tutto il territorio romanzo. L'ardore per tali studî, in Italia, portò alla ricerca specialmente dei canzonieri italiani e provenzali, dei quali alcuni letterati si contendevano il possesso come di preziose rarità. Si deve a un tale fervore di studi, se molti canzonieri da quel momento poterono essere salvati.
Nei due secoli seguenti l'amore e lo studio di queste raccolte senza tuttavia cessare del tutto, diminuirono, ma risorsero nella prima metà del sec. XIX per impulso del movimento romantico, che fece rivolgere l'attenzione ai prodotti del Medioevo, e per i nuovi metodi instaurati da Federico Diez nell'esplorazione delle lingue e letterature romanze. Allora la Germania e la Francia, che nel Rinascimento avevano scarsamente partecipato all'illustrazione dei poeti medievali, entrarono nell'arringo con maggiore alacrità che non facesse l'Italia, la quale però nella seconda metà del secolo cominciò a riprendere il posto che già aveva tenuto. Così i canzonieri, depositarî di tutta la lirica romanza del Medioevo, universalmente apprezzati, furono studiati in sé stessi e nei loro rapporti, per determinarne al possibile la derivazione e la genealogia, e per dare alla ricostituzione critica del testo dei singoli poeti un solido fondamento. Per effetto di questo movimento di studi molti canzonieri sono stati integralmente riprodotti per la stampa nella forma cosiddetta diplomatica, e in qualche caso fotografica, per metterli a disposizione di tutti gli studiosi, di altri sono stati pubblicati gl'indici e stampate almeno le poesie al momento riconosciute inedite. E come il testo così anche la musica, per l'innanzi del tutto trascurata, cominciò a essere oggetto di studio. Oggi si può dire che di quasi tutti i canzonieri conosciuti delle letterature romanze, si hanno ampî o almeno sufficienti ragguagli, e di quelli provenzali, francesi e catalani, anche ottime bibliografie. Ecco qui appresso alcune notizie sommarie per ciascuna letteratura.
Canzonieri provenzali. - Se ne conservano, fra interi e frammentarî, una settantina, con un numero complessivo di poesie che va sulle tremila, di più che 450 poeti. Circa la metà si trovano in Italia, e alcuni, pur tra quelli che sono in Francia o in Inghilterra, risultano copiati da mano italiana, il che non fa meraviglia quando si pensi che nel sec. XIII la poesia provenzale ebbe in Italia, oltre che diffusione, una larga fioritura, e nel Rinascimento, come si è detto, fu molto studiata. Ve ne sono di membranacei e cartacei; i più antichi risalgono alla metà del sec. XIII, altri sono dei secoli XIV, XV, XVI. I più ricchi contano fino a un migliaio circa di poesie. Alcuni ci hanno conservato le Vidas, biografie dei trovatori, composte nel sec. XIII, e le cosiddette Razos, racconti aneddotici, volti a chiarire allusioni delle poesie o le occasioni in cui queste furono composte. Documenti le une e le altre se non di valore storico, come ormai è dimostrato almeno per molte, certo interessanti per la storia dei costumi trovadoreschi e delle prime interpretazioni dei canti. Di tutti quelli che si conoscono, solo quattro canzonieri contengono le melodie, e di essi uno è nella Biblioteca Ambrosiana di Milano.
Canzonieri catalani. - Per varie ragioni geografiche, storiche, soprattutto per l'affinità del catalano col provenzale e per la forza di espansione che ebbe la poesia provenzale, i primi poeti catalani modellarono il proprio linguaggio su quello d'oltre Pirenei, anche se non sempre l'usavano correttamente. Perciò le loro rime si trovano mescolate nei canzonieri propriamente provenzali. Ma più tardi fu usato lo schietto catalano, e allora si formarono canzonieri che sono in parte del sec. XIV, in parte del sec. XV, o di poeti varî, o, in qualche caso, di poeti singoli come, p. es., quello di Ausias March. Se ne hanno una quarantina circa, conservati in Spagna, in Francia, in Germania, in Italia; qualcuno si trova in America.
Canzonieri francesi. - Sono una quarantina, tra interi e frammentarî, con un numero complessivo di oltre 2000 poesie di più che 200 poeti. Quattordici contengono anche le melodie, e di essi, due sono in Italia, rispettivamente nella Biblioteca Estense di Modena e nella Vaticana.
Canzonieri portoghesi. - Se ne conoscono soltanto tre, che complessivamente ci hanno conservato 1700 poesie di più che 150 poeti. Il più antico, denominato d'Ajuda dalla Biblioteca del Palazzo reale omonimo presso Lisbona ove si conserva, è membranaceo del sec. XIV; gli altri due, assai più ricchi, e coi nomi dei poeti che mancano all'altro, sono cartacei della fine del sec. XV o principio del XVI, e si trovano uno nella Vaticana, l'altro, che dai successivi possessori italiani si chiama ColocciBrancuti, nella Nazionale di Lisbona. Ambedue questi ultimi sono copie tratte da esemplari perduti assai più antichi, per cura di A. Colocci, che su di essi fece i primi studî che si conoscano sull'antica poesia portoghese, e che possedeva o almeno poté esaminare altre raccolte che al suo tempo erano in Roma e poi andarono disperse o distrutte, probabilmente nel Sacco del 1527. Al Colocci si deve dunque la conservazione di quasi tutto il patrimonio della lirica d'arte portoghese del Medioevo. A questi tre canzonieri è da aggiungere un rotulo pergamenaceo del sec. XIII, scoperto in questi ultimi anni e importantissimo, perché insieme con le poesie di Martim Codax contiene le melodie, unico saggio del genere che si sia conservato in Portogallo. Oltre i canzonieri profani sopra indicati, abbiamo il grande canzoniere sacro mariano di Alfonso X el Sabio, di cui già s'è parlato, ricco di 420 composizioni, la maggior parte narrative di leggende della Vergine, e una quarantina di liriche sul genere delle laudi sacre italiane. Dopo questi canzonieri primitivi si può ancora ricordare il Cancioneiro geral che va sotto il nome del compilatore Garcia de Resende, cortigiano del re don Manuel (1495-1521), a cui è dedicato, contenente un migliaio di poesie di 100 poeti. Esso rappresenta una nuova fase della lirica portoghese, che pur facendo sentire ancora qualche eco della tradizione medievale, si distacca da questa per l'ispirazione fortemente influenzata dalla contemporanea scuola spagnuola, specchio della società raffinata e frivola di corte. Insieme coi poeti portoghesi, il Cancioneiro contiene una trentina di poeti di lingua spagnuola.
Canzonieri spagnuoli. - I poeti compresi nei tre canzonieri d'Ajuda, Vaticano e Colocci-Brancuti non appartengono solo al territorio proprio della lingua portoghese, ma anche a quello di lingua castigliana, giacché quanti fra il sec. XII e il XIV, nella Spagna centrale e occidentale componevano liriche, usavano tutti il portoghese. Perciò in castigliano non si hanno canzonieri di poeti medievali. La lirica d'arte in questa lingua appare sì sporadicamente in qualche saggio sacro o profano del sec. XIV, inserito in opere di carattere diverso, come nel Libro de Buen Amor di Juan Ruiz, l'Arcipreste de Hita, ma ebbe la sua prima fioritura nel sec. XV e nel principio del seguente, sotto l'influenza della scuola italiana. Questa lirica ci è stata conservata in parecchi Cancioneros che ebbero molta diffusione e si trovano un po'dappertutto in Spagna, in Francia, in Inghilterra e in Italia; ma non di tutti si hanno ancora notizie precise. Qui si ricordano alcuni dei più noti e studiati. Il più antico è quello compilato da Alfonso de Baena verso il 1445 e dedicato a Giovanni II, ricco di più che 500 poesie di 54 poeti, documento interessante del gusto letterario della corte di quel monarca, ma scarso di originalità. Un altro è quello che si conserva a Londra, messo insieme dopo il 1471, con circa 350 poesie di un'ottantina di poeti, vissuti dopo il regno di Giovanni II fino a quello di Ferdinando e Isabella, i re cattolici. Un terzo che dal primo poeta che vi s'incontra è chiamato di Lope de Stúñiga, fu compilato dopo la morte di Alfonso V il Magnanimo (1458; due copie si conservano in Italia rispettivamente alla Marciana di Venezia e alla Casanatense di Roma) e ci fa conoscere l'ambiente letterario del re aragonese nella corte di Napoli. Poesie di questi tre insieme con altre si trovano in varî canzonieri posteriori, fra i quali il più ricco, che contiene un migliaio di poesie di 200 poeti, è il Cancionero general, compilato da Hernando del Castillo, il quale rappresenta specialmente la produzione lirica dei tempi dei re cattolici. Pubblicato la prima volta nel 1511, ebbe parecchie successive ristampe con sempre nuovi accrescimenti.
Canzonieri italiani. - I canzonieri che ci hanno conservato il patrimonio delle antiche rime italiane d'amore, morali, politiche e satirico-burlesche sono moltissimi, e parecchi di cui si hanno testimonianze o che si può indurre siano esistiti, sono andati perduti. I più antichi non risalgono oltre la fine del sec. XIII. A questa data appartiene il più ricco e il più importante, il Vaticano 3793, membranaceo, contenente un migliaio di poesie di circa 100 poeti. Esso ci rappresenta la lirica anteriore al dolce stil novo, e per la sua ortografia si rivela d'origine fiorentina. Simile a questo per l'età e per il contenuto, e pur esso membranaceo, ma assai meno ricco, è il Palatino 418 della Nazionale di Firenze, con 180 poesie di 44 poeti, adorno di belle miniature di stile bizantino. Una particolar fisionomia ha il Laiurenziano-Rediano 9, perché insieme con poesie meridionali e toscane di varî ci conserva quasi tutta l'opera di Guittone d'Arezzo, le Rime e le Lettere. Anch'esso è membranaceo della fine del sec. XIII, e fu trascritto in parte da un pisano e in parte da un fiorentino. Uno dei più ragguardevoli delle biblioteche romane è il Chigiano L. VIII, 105, oggi nella Vaticana, che si può dire completi il Vaticano 3793. In questo si ha, come s'è detto, la lirica fino al dolce stil novo, e perciò a Dante: in quello da Dante fino al Petrarca, di cui vi son trascritti alcuni sonetti; cosicché l'uno e l'altro ci delineano la storia della lirica italiana dalle origini fino all'inizio del Rinascimento. Fra i canzonieri compilati nel secolo XIV, spetta un posto a parte al Vaticano-Barberiniano 4036, perché è l'unico canzoniere, le cui poesie ci siano giunte nella lingua in cui furono scritte primitivamente dai rimatori perugini senza alcuna alterazione da parte dei copisti. Infine merita d'essere ricordato il Vaticano-Barberiniano 3953, se non per la bontà della lezione e l'attribuzione delle poesie, non sempre esatta, almeno per i molti componimenti che esso soltanto ci ha conservato, e per il fatto che essendo stato trascritto nel Veneto ci attesta la diffusione della lirica in una regione dove per l'innanzi avevano avuto principal fortuna la lirica provenzale e l'epica francese.
Altri canzonieri sono del sec. XV, ma specialmente del sec. XVI; perché, per il grande amore con cui, nell'intenso movimento di studî che contrassegnò il Rinascimento, le antiche rime, come dicemmo, erano avidamente ricercate dai letterati, si formarono nuove raccolte che per le moderne indagini risultano derivate talvolta da fonti antiche e di grande importanza. Di una famiglia di questi canzonieri cinquecenteschi è riconosciuto essere il capostipite un canzoniere pergamenaceo della prima metà del sec. XIV, di cui purtroppo è arrivato a noi un frammento soltanto, che è nella Biblioteca dell'Escorial, molto importante per le rime di Dante, di Cino da Pistoia e di altri poeti minori.
I canzonieri di cui s'è parlato comprendono poesie che in grandissima maggioranza appartengono a poeti dell'Italia meridionale e centrale, le regioni in cui fiorì la lirica antica. In Lombardia (nel largo significato che si attribuiva allora a questa denominazione), dove nel sec. XIII i poeti scrivevano in provenzale, nel sec. XIV la lirica fu coltivata con spiriti e forme diverse dal resto d'Italia, ed è in gran parte d'ispirazione realistica e di tono popolare non senza pretese artistiche. Essa è rappresentata in canzonieri, di cui il più notevole, quello di Franceseo di Vannozzo padovano e dei poeti che furono in relazione con lui, ci ritrae la vita scapigliata di giullari e poeti anche nelle corti, nelle quali gl'ideali cavallereschi precedenti si trasformavano sotto l'influenza di un senso più realistico della vita. Nel sec. XV parecchi sono i canzonieri che raccolgono la lirica contemporanea, e alcuni notevoli per eleganza di scrittura; varie le poesie per l'argomento e per le forme metriche, ma con esse siamo ormai fuori della tradizione dei primi secoli.
La lirica romanza raccolta nei canzonieri sopra indicati non ha tutta lo stesso valore artistico. La provenzale che fu la prima ad apparire nel sec. XI, dopo i saggi dei più antichi trovatori, non privi di originalità, finì col fossilizzarsi nel convenzionalismo della poesia cortese, e solo in qualche canto d'amore e in qualche serventese politico o satirico fa sentire di quando in quando accenti personali non senza efficacia espressiva. Lo stesso deve dirsi della francese pur essa amorosa, che dopo i primi documenti, ispirati a motivi popolari, subì l'influenza provenzale e divenne imitazione di essa. Sorte non dissimile toccò alla poesia portoghese. Le Cantigas de amigo, poesie d'amore in nome di donne, che hanno tono popolare, rivelano sentimenti schietti di anime ingenue con espressioni estranee al frasario convenzionale della poesia cortese; ma le Cantigas de amor che finirono col prevalere, svolgono anch'esse i soliti motivi provenzali. Insomma la poesia provenzale, con la sua influenza dominò a settentrione e a mezzogiorno, in tutto il territorio romanzo. Anche in Italia. Ma qui alla poesia lirica era riserbata alla fine miglior sorte. Le canzoni e i sonetti italiani della cosiddetta scuola siciliana, imitazione della provenzale, sono in genere ben povera cosa. Ma da quando, nella seconda metà del secolo XIII, Guido Guinizelli fece vibrare per primo le corde dell'anima sua e seppe fermare nel verso le immagini vivaci della sua fantasia, i canti d'amore del dolce stil novo rivelarono la prima poesia lirica veramente degna del nome, come si vede nei maggiori rappresentanti, Guido Cavalcanti, Dante, Cino da Pistoia e qualche altro. Ma c'è di più. Come la materia epica francese, diffusa ed elaborata in Italia da autori popolari nei secoli dal XIII al XV, levata poi in quest'ultimo dal Pulci e dal Boiardo a dignità di arte, trovò nel Rinascimento l'Ariosto che seppe rinnovarla in un'opera imperitura di poesia, che chiuse per sempre il ciclo di vita delle leggende cavalleresche; così nel sec. XIV il Petrarca, nel Canzoniere, diede all'amore, alla fede religiosa, al sentimento patrio la più alta e originale espressione, suggellando con l'opera sua la lirica medievale. Poi vennero i petrarchisti di cui sono piene le carte dei canzonieri dei secoli XV e XVI. (V. tavv. CXCIX e CC).
Bibl.: Per i rotuli di pergamena anteriori ai canzonieri: V. De Bartholomaeis, in Annales du Midi, XIX; C. Michaëlis de Vasconcellos, in Revista de filología española, II; J. Beck, Les chansonniers des troubadours et des trouvères publiés en facsimilé et edités, texte et musique, I, Parigi 1927. Per la musica: A. Restori, Per la storia musicale dei trovatori provenzali, in Rivista musicale italiana, 1895 e 1896; J. Beck, op. cit.; id., Melodien der Troubadours, Strasburgo 1908; id., La musique es troubadours, Parigi s. a.; P. Aubry, Trouvéres et troubadours, Parigi 1910. Per le miniature: J. Anglade, Les miniatures des chansonniers provençeaux, in Romania, L; J. di Beck, Les chansonniers cit., ov'è riprodotto il codice Cangé; A.G. Solalinde, El codice florentino de las "Cantigas de Santa Maria", in Revista de filología española, V; N. Aita, Miniature spagnuole in un codice fiorentino, in Rassegna d'arte, XIX, p. 149. Sui rapporti fra i canzonieri, per i provenzali: G. Gröber, in Romanische Studien, II, e le prefazioni ai canzonieri pubblicati integralmente; per gl'italiani: N. Caix, Le origini della lingua poetica italiana, Firenze 1880, pp. 5-32; M. Barbi, Studi sul Canzoniere di Dante, Firenze 1915; per i portoghesi: E. Monaci, Il canzoniere portoghese della Vaticana messo a stampa, Halle 1875. Per gli studî sui canzonieri nel Rinascimento: M. Barbi, op. cit.; G. Bertoni, G. M. Barbieri e gli studi romanzi nel sec. XVI, Modena 1905; V. De Bartholomaeis, Le carte di G.M. Barbieri, Bologna 1927; S. Debenedetti, Gli studi provenzali in Italia nel Cinquecento, Torino 1911; id., Tre secoli di studi provenzali, in Provenza e Italia (Miscellanea per le onoranze a F. Mistral), Firenze 1930; E. Monaci, op. cit. Bibliografie dei canzonieri: A. Jeanroy, Bibliographie sommaire des chansonniers provençeaux, Parigi 1916; J. Massó Torrents, Bibliografía dels antics poetes catalans, in Anuari del Institut d'Estudis Catalans, 1913-14; Seccio Literaria, Barcellona, pp. 3-276; G. Raynaud, Bibliographie des chansonniers français des XIIIe et XIVe siècles, Parigi 1884; A. Jeanroy, Bibliographie sommaire des chansonniers français du Moyen Âge, Parigi 1918; C. Michaëlis de Vasconcellos, Cancioneiro da Ajuda, Halle 1904, II; I. J. Nunes, Cantigas d'amigo dos trovadores galego-portugueses, I, Coimbra 1928. Le Cantigas de Santa Maria di Alfonso X sono state pubblicate dalla R. Accademia di Madrid (1892) a cura del marchese di Valmar. La prima edizione del Cancioneiro Geral di Garcia de Resende è quella di Lisbona, 1516, riprodotta in facsimile nel 1904 a cura di A.H. Huntington; più accessibile quella di Stoccarda (1846-1853), curata da E.H.V. Kaussler. Per i Cancioneros spagnuoli, di cui manca la bibliografia, v. Amador de los Rios, Historia critica de la literatura española, VI, pp. 527-73; Gallardo, Ensayo de una Biblioteca española de libros raros y curiosos, I, p. 451; II, pp. 316-37; Ticknor, Histoire de la littérature espagnole, I, note in fine al volume (l'originale inglese manca di queste note, aggiunte dal traduttore francese); A. Mussafia, Per la bibliografia dei cancioneros spagnuoli, nelle Memorie dell'Accademia di Vienna, XLVII, ii (1900); Cancionero de Baena: l'unico manoscritto conservato è stato riprodotto in facsimile per cura di H. Lang (New York 1926); edizioni: a cura di Pidal, Madrid 1851 e del Michel, Lipsia 1860; Canzoniere di Londra: ediz. a cura del Rennert, Erlangen 1895; Canzoniere de Stúñiga: ediz. a cura di Fuensanta del Valle e J.S. Rayón, nella Colección de libros españoles raros, IV (1872); Canzoniere de Hernando del Castillo: prima ediz. Valencia 1511 (riprodotta in facsimile per cura di A.H. Huntington, New York 1920), ristampata nel 1882 con l'appendice degli accrescimenti posteriori dalla Società dei bibliofili spagnuoli. Per i canzonieri italiani di cui manca pure la bibliografia, v. G. Bertoni, Il Duecento, Milano 1930, dove sono indicate anche le singole edizioni; M. Barbi, op. cit.; E.F. Langley, The Poetry of Giacomo da Lentini, Cambridge 1915, p. xxvii segg. Il Canzoniere dei poeti perugini, in gran parte ancora inedito, sarà prossimamente pubblicato per intero; un saggio ne ha dato E. Monaci, Dai poeti antichi perugini, ecc., Roma 1905. Il canzoniere autografo del Petrarca è stato pubblicato in forma diplomatica dalla Società filologica romana a cura di E. Modigliani, Roma 1904; il canzoniere di Francesco di Vannozzo da A. Medin, Bologna 1928. Per i canzonieri del sec. XV v. F. Flamini, La lirica toscana del Rinascimento anteriore ai tempi del Magnifico, in Annali della R. Scuola normale superiore di Pisa, XIV, Pisa 1891.