CAOS E COMPLESSITÀ
La rivoluzione galileiana in fisica è consistita nello scegliere un solo particolare punto di vista per leggere il mondo: quello quantitativo. La sostanza del metodo è semplice: prescindiamo dalle caratteristiche qualitative degli oggetti e consideriamo come loro uniche proprietà intrinseche la dimensione corporea e il moto. Tali proprietà sono descrivibili in termini di grandezze geometriche alle quali, con opportuni apparati di misura, può essere attribuito un valore, sotto forma di numero. Per eliminare ogni ambiguità tra questi valori occorre raggiungere un consenso sul tipo di apparato con cui effettuare le misure. A questo punto i numeri possono stare univocamente in luogo degli oggetti e delle proprietà che li contraddistinguono. I numeri a loro volta sono messi in relazione dalla matematica, si organizzano cioè in equazioni, le cui soluzioni permettono di predire il futuro comportamento degli oggetti fisici così descritti. Leggere il mondo dal punto di vista quantitativo significa poter predeterminare il futuro. Dunque: mancanza di ambiguità e predicibilità sono le due caratteristiche di questo nuovo linguaggio, di questo modo di conoscere che fin dall'inizio si autolimita, escludendo di poter rispondere a domande che non ricadano nell'ambito del punto di vista prescelto.
Lo sviluppo delle scienze fisiche avvenne anche grazie all'introduzione di congetture suggestive che al momento della loro introduzione semplificavano la visione del mondo ma che in seguito si rivelarono elementi superflui, eliminabili dal corpo della fisica. Tali vanno considerati nel 18° secolo lo spazio e tempo assoluti di Newton, la cui critica sarà fatta da Einstein a partire dal 1905. Tale va inoltre considerata la ''fede'' deterministica che faceva dire a Laplace (1814): "un'intelligenza che potesse conoscere ad un certo istante posizione e velocità di tutte le particelle dell'universo conoscerebbe con certezza tutto il futuro dell'universo".
A livello degli oggetti della microfisica, questa fede fu smantellata dal principio di indeterminazione di Heisenberg (1927), che stabiliva l'impossibilità di una misura simultanea precisa di posizione e velocità di una particella. Tuttavia il determinismo sembrava conservare la sua validità a livello degli oggetti macroscopici, quelli che osserviamo ordinariamente con i nostri sensi.
La fine di questa fede deterministica anche a livello di oggetti macroscopici è rappresentata dal cosiddetto ''caos deterministico''. Sembra l'unione di due termini contraddittori; in effetti si vuol dire che il caos, o impossibilità di predizioni a lungo termine, non è una prerogativa dei sistemi molto complicati, ma si presenta già nella fisica di pochi oggetti: precisamente basta passare da un sistema a due corpi (il sistema Terra-Sole di Newton) a uno a tre corpi (Terra-Sole e un qualunque terzo corpo del sistema solare). Anche se il primo a rendersi conto di ciò fu Poincaré nel 1890, questa concezione del caos deterministico sta portando i suoi frutti sperimentali solo in questi ultimi anni. In altre parole, passando in meccanica celeste dal problema a due a quello a tre corpi, si constata che, pur essendo la traiettoria unica a partire da una certa condizione iniziale, basta in genere una incertezza minima per perdere la predicibilità sul futuro della traiettoria. Ora, queste incertezze minime sono intrinseche allo stesso metodo di misura. Nel tradurre gli oggetti in numeri, noi possiamo fissare con esattezza solo i numeri razionali (rapporti fra due interi) ma la stragrande maggioranza è costituita da numeri irrazionali, come Џ2, formati da un numero infinito di cifre. Siccome l'infinito non è catturabile dai nostri sistemi di misura, ne archiviabile nelle nostre memorie, la versione "troncata" di un numero infinito introduce una pur piccolissima incertezza iniziale i cui effetti diventano vistosi quando cerchiamo di estendere la nostra previsione oltre un certo tempo.
Possiamo renderci conto di ciò con una figura (fig. 1) che illustra come possiamo deviare dalla traiettoria ''unica''. Confrontiamo due traiettorie uguali ma con attorno un ''paesaggio'' diverso: la prima sia lungo un fondo valle, la seconda lungo il crinale di un colle.
La posizione iniziale ''esatta'' a dà la traiettoria voluta; una posizione iniziale lievemente sbagliata b dà una traiettoria che nel primo caso converge verso quella giusta (il tempo ripara al nostro errore) nel secondo diverge (il passare del tempo esalta il nostro errore iniziale). Orbene anche sistemi fisici semplici come il problema a tre corpi di Poincaré hanno traiettorie critiche che camminano su un crinale e pertanto possono dar luogo a caos deterministico.
Questa mancanza di predicibilità a lungo termine fu riscoperta dal metereologo E. Lorenz nel 1963 e chiamata ''effetto farfalla'': nel far le previsioni metereologiche basta trascurare un battito d'ali di farfalla nel Mar dei Caraibi per prevedere il giorno dopo il sole a Boston quando invece ci sarà la pioggia. Simili effetti sono oggi osservati in molte circostanze: reazioni chimiche, moto dei fluidi, laser, ritmi cardiaci, moto degli asteroidi, dinamiche economiche e sociali, ecc.
Perché mai si è dovuto attendere due secoli prima di scoprire che le traiettorie non sono sempre stabili ma spesso sono instabili? Il fatto è che (a parte i pochissimi problemi con soluzione esatta, come il problema Terra-Sole di Newton) i fisici si sono limitati a cercare situazioni di equilibrio stabile e poi a considerare solo dei piccoli moti attorno a questo.
Ora, i piccoli moti obbediscono a una dinamica lineare, cioè con forza di richiamo verso il punto di equilibrio che è proporzionale allo spostamento: "ut tensio sic vis", come diceva Hooke nel 17° sec.; e questa dinamica dà sempre traiettorie di fondo valle, cioè assicura la predicibilità del futuro. La dinamica non lineare, quella cioè per cui non risulta valida la proporzionalità, è invece il più comune comportamento della natura.
Entrare in quest'ambito equivale a scoprire l'universo della complessità. Il fatto che non si parta mai da un punto geometrico da cui emerge una sola linea del futuro (come credeva Laplace) ma si parta in genere da una piccola macchia, da cui emergono a ventaglio linee divaricate, può essere considerato un caso di complessità dinamica, cioè come una violazione dell'esigenza di semplicità che è alla base del metodo galileiano. Accanto alla complessità dinamica del caos deterministico, è emersa una complessità strutturale consistente nell'impossibilità di descrivere in modo soddisfacente un oggetto complicato riducendolo a un gioco dei componenti con le loro leggi elementari.
Il fisico Ph. Anderson (1972) criticò il ''costruzionismo'', cioè la presunzione di costruire concettualmente il comportamento di un oggetto complicato a partire dalla conoscenza dei componenti, con le seguenti parole: "L'ipotesi costruzionista vien meno quando la si confronti con la doppia difficoltà di scala e complessità. Il comportamento di grossi e complessi aggregati di particelle elementari non può essere capito in termini di una semplice estrapolazione delle proprietà di poche particelle. Invece a ciascun livello di complessità appaiono nuove proprietà e la comprensione di nuovi comportamenti richiede una ricerca che io penso sia altrettanto fondamentale nella sua natura quanto quella delle particelle elementari".
I due campi di problemi qui esposti, quello del caos deterministico e quello della complessità, cominciano a essere tradotti in parametri quantitativi. Precisamente la limitata predicibilità impone una continua introduzione di informazione per poter continuare a fare previsioni sul futuro. La velocità a cui l'informazione si consuma è indicata da un parametro K (iniziale del matematico A. N. Kolmogorov che ha dato contributi essenziali a questi problemi). Inoltre, tentativamente, si sta cercando di caratterizzare la complessità strutturale con un parametro C che indichi il costo di un programma di calcolo in grado di realizzare l'obiettivo complesso che ci si era prefissato. Nello schema seguente si presentano tre sequenze delle lettere a, e, o: la prima è casuale, la seconda è ordinata, la terza è come si estrae dai primi tre versi del 1° canto dell'Inferno di Dante.
I sequenza casuale a o e e a a a o a e...
II sequenza ordinata a e o a e o a e o...
III sequenza dalla prima terzina del 1° canto della
Commedia di Dante
e e o e a o a a
o a e a e a o a
e a a a e a a a
Conveniamo di definire come complessità il costo del programma di calcolo (lunghezza dell'istruzione per tempo di esecuzione) che permette di realizzare una delle tre sequenze. Nel primo caso il programma è semplice: ''scrivi a caso a, oppure e, oppure o''; nel secondo caso l'istruzione è molto breve; nel terzo caso non esiste nessun programma che sia più breve della stessa Commedia. Diciamo che il terzo caso è complesso e gli altri due semplici.
Per concludere, possiamo classificare le frontiere che la fisica oggi si pone con un diagramma C-K (fig. 2, p. 492).
Si noti il significato del diagramma. Cominciamo dall'asse orizzontale. K = O vuol dire sistemi predicibili, altamente ordinati (e ciò per due motivi: o perché sono statici e non cambiano nel tempo, o perché evolvono con leggi deterministiche). K molto alto vuol dire che l'informazione si perde rapidissimamente come nei sistemi a massima entropia considerati dalla termodinamica (es. tipico il gas di Boltzmann).
Nel mezzo, con gradi intermedi di K, stanno i vari sistemi dinamici affetti più o meno da caos deterministico. Mentre l'asse orizzontale dice come vanno le cose nel tempo, esso non dice niente circa la struttura dell'oggetto di studio. La struttura è rappresentata dalla complessità C. Gli oggetti della fisica tradizionale, dal sistema newtoniano fino ai buchi neri, sono relativamente semplici. Invece i sistemi che ammettono molti possibili stati di equilibrio sono oggetto di studio recente (a partire dagli anni Settanta). Essi sono da considerare come quei sistemi in cui esistono obiettivi da raggiungere in mutuo conflitto per cui, se se ne raggiunge uno, si è dovuto rinunciare agli altri. Esempio tipico il sistema immunitario del sangue, che produce gli anticorpi: se si orienta il laboratorio chimico del sangue per difenderci dal virus dell'influenza, si rimane scoperti rispetto ad altri virus.
Possiamo dire con linguaggio intuitivo che i sistemi complessi sono quelli in cui vanno operate delle scelte. Ovviamente, tutta la fisica del vivente trova la sua descrizione naturale in termini di questi modelli complessi. Il massimo di complessità è rappresentato dal cervello umano. Siamo ben lungi dal poter assegnare, non solo per esso ma anche per un batterio, una misura di C o K. L'unica cosa che sappiamo è che sono oggetti ben più ricchi (C alto) e meno prevedibili (K alto) di una galassia, o di altri oggetti della fisica ordinaria.
In conclusione, il passaggio dal singolo punto di vista alla molteplicità di legittimi punti di vista è pari alla rivoluzione copernicana rispetto al sistema tolemaico; prima di Galileo, Leonardo aveva cercato di investigare aspetti complessi della natura (le nubi, i vortici dei fiumi, l'anatomia di animali e piante) al di là della pura classificazione. Ebbene oggi il suo sogno si avvera: la fisica delle complessità comincia a proporre risposte anche per questi problemi, ben più complessi del pendolo o del sistema celeste Terra-Sole.
Bibl.: P. H. Anderson, More is different, in Science, 177 (1972), p. 393 ss.; P. Bergé, Y. Pomeau, Ch. Vidal, L'ordre dans le chaos, Parigi 1984; F. T. Arecchi, Caos e ordine nella fisica, in Il Nuovo Saggiatore (Soc. It. di Fisica), vol. 1, 1985, 3, p. 35; Id., I simboli e la realtà, in Synesis, vol. iv, 1987, 3/4, pp. 109-34; J. Gleick, Chaos-Making a new science, New York 1987.