cap
In finanza contratto stipulato fra due parti, una in posizione lunga e l’altra in posizione corta (➔ posizione). Il c., dall’inglese «tetto», nel senso di limite o confine superiore, indica un derivato sui tassi di interesse. Il contratto prevede che il soggetto in posizione lunga riceva dalla controparte in posizione corta un pagamento alla fine di ogni periodo, nel quale un tasso di interesse variabile di riferimento è stato superiore a una soglia prefissata. Il pagamento è proporzionale a 3 fattori: la differenza positiva fra il tasso variabile osservato all’inizio del periodo e il tasso soglia, la lunghezza del periodo di computo degli interessi rapportata ad anno, l’importo del debito residuo all’inizio del periodo sul quale si calcolano gli interessi.
Il contraente in posizione lunga è tipicamente un soggetto che ha contratto un debito sul quale paga, con cadenza semestrale, interessi a un tasso di riferimento variabile. La sua preoccupazione è quella di tutelarsi da rialzi di tale tasso e, in particolare, di porre un tetto agli esborsi, che diventerebbero eccessivi se superassero un certo livello soglia. Per raggiungere l’obiettivo, senza rinunciare ai possibili vantaggi derivanti da un basso livello del tasso variabile, il soggetto, pagando il relativo prezzo, può aggiungere alla sua condizione quella di una posizione lunga in un pacchetto di opzioni call (➔ call option) sul sottostante tasso variabile, con prezzo di esercizio (strike) al livello della soglia e scadenze per l’esercizio dell’opzione stessa all’inizio di ciascun periodo di conteggio degli interessi. Si ipotizzi, per es., che gli interessi siano pagabili al 30 giugno e al 31 dicembre di ogni anno e che il sottostante tasso variabile sia il LIBOR (➔), osservato rispettivamente al 1° gennaio (inizio del semestre che scade il 30 giugno) e al 1° luglio (inizio del semestre che scade il 31 dicembre); si ipotizzi inoltre che lo strike sia il 4% in ragione d’anno e il debito sia fisso per tutta la durata dell’operazione a un livello, detto nozionale, pari a 100.000 euro; si ipotizzi, infine, che al 1° gennaio di un dato anno il LIBOR sia del 3,50%: in tal caso l’opzione relativa al semestre considerato spira senza esito (non viene esercitata) e, alla scadenza del 30 giugno, il debitore pagherà 1750 euro di interessi, ovvero il prodotto del nozionale (100.000 euro) per il tasso variabile osservato (3,50%) per la lunghezza, misurata in anni (6 mesi=1/2 di anno o, più precisamente, rapporto fra 180, il numero dei giorni del periodo considerato per l’operazione e 360, il numero dei giorni convenzionali dell’anno commerciale), del periodo dal 1° gennaio al 30 giugno, sul quale maturano gli interessi. Si ipotizzi, invece, che il 1° luglio il livello del LIBOR sia balzato al 4,50%. In questo caso il soggetto eserciterà l’opzione, maturando il diritto a ricevere al 31 dicembre, dalla controparte in posizione corta nel contratto d’opzione (che molto spesso non ha nulla a che fare con la controparte del contratto di mutuo), l’importo di 250 euro, ottenuto come prodotto di 100.000 euro per la differenza fra il tasso variabile osservato e lo strike (0,50%=4,50%−4%) per 1/2. A fine anno, dovrà peraltro pagare al debitore gli interessi, che ammonteranno a 2250 euro (100.000×4,50%×1/2), parte dei quali saranno compensati dall’introito dell’opzione. Il suo esborso netto per interessi sarà dunque di 2000 euro, consentendogli di non sfondare il tetto del 2% su base semestrale. Più in generale, ogni osservazione di un tasso LIBOR superiore al 4% (qualunque sia l’eccesso) farà aumentare l’onere diretto degli interessi variabili, ma farà, contemporaneamente, scattare un introito legato all’opzione, che riporterà l’esborso semestrale al livello di 2000 euro. Osservazioni di LIBOR inferiori alla soglia del 4% determineranno invece, in assenza di effetti legati all’opzione, esborsi comunque inferiori a 2000 euro. L’obiettivo alla base del c. è così raggiunto. Va considerato che ognuna delle singole opzioni del pacchetto che compongono il c. è detta caplet e che si possono assumere posizioni lunghe in c. anche indipendentemente dalla posizione debitoria che motiva la scelta terminologica.